Muri vecchi e nuovi
Proprio mentre si consolida a livello mondiale la globalizzazione, mentre l’economia e i mercati si liberalizzano, proprio mentre si firmano nuovi trattati di libero commercio, e allorchè il raggiungimento di tutti questi obiettivi pare il fine ultimo o il sogno finalmente realizzato degli economisti neoliberisti di mezzo mondo, ecco che si assiste ad un fenomeno che in un certo modo si pone in maniera contraddittoria rispetto a tutto questo.
E se sulle nostre tavole è sempre più facile trovare cibi esotici, se possiamo perfino gustare una tazza di Caffè Rebelde stando comodamente seduti in salotto a Roma, se l’acqua francese attraversa le Alpi e arriva in Italia e quella italiana fa altrettanto e arriva in Francia, succede sempre più spesso che a questo “dilatarsi” o “espandersi”, che a mio avviso non necessariamente è sinonimo di progresso, si contrapponga una tendenza ad opera di quelle stesse forze che promuovono questa espansione, nella direzione di una involuzione che si manifesta nei modi più disparati ma con un unico comun denominatore che può essere riassunto con la parola “rinchiudere”. Se da una parte all’economia americana fa comodo la manovalanza del Centro America, nello stesso tempo lungo i confini con il Messico si costruisce un muro che contenga il suo migrare. Se le nostre imprese viaggiano all’estero in cerca di manodopera più a buon mercato, quando questa arriva in Italia viene riunchiusa nei cpt o in quartieri ghetto che poi vanno circondati da muri, come a Padova.
Se la caduta del muro di Berlino era stata salutata come l’inizio di una nuova fase storica, a quale fase storica precludono tutti i muri che vengono costruiti sempre più spesso?
Israele, costruisce un muro imprigionando i palestinesi e sottraendogli terre, con il muro “vengono cancellati gli attenti, complicati e pazienti gesti di ascolto, comprensione, negoziazione e compromesso, che sono tutti necessari per generare una soluzione possibile per Israele e la Palestina. Divide il modo tra nero e bianco. Concretizza l’aggressione ed invita alla violenza” (Mina Hamilton).
Se da un lato si chiede alle donne musulmane di togliersi il velo, invitandole a liberarsi da quel “muro” che le separa dall’occidente, quanti muri vengono creati ogni volta per separare l’occidente dall’oriente, il nord dal sud?
E se nel 1979 in The Wall i Pink Floyd raccontavano di un muro immaginario ma pur sempre percepibile, creato dall’alienazione ma condito anche di schizofrenia, i muri odierni sono reali, fatti di cemento e adornati da filo spinato, torrette di controllo e videocamere, creano essi stessi alienazione e sono il frutto di una moderna schizofrenia secondo la quale gli esseri umani, alcuni esseri umani vanno rinchiusi , nascondendo la vista delle loro miserie, debolezze e misfatti a tutti gli altri.
Proprio come si è fatto nella Repubblica Dominicana dove, quando in occasione della visita del Papa fu costruito un muro affinchè non vedesse la miseria della gente.O come il muro dei ricordi di Adolfo Pèrez Esquivel, premio Nobel per la pace nel 1980, il muro cioè che la dittatura argentina di cui egli stesso fu prigioniero, fece costruire nella città di Rosario affinchè le delegazioni straniere ospiti per i mondiali di calcio del 1978 non potessero vedere le miserie di Villa Las Flores, uno dei quartieri più poveri dell’intero paese.
E probabilmente in questi giorni c’è già chi sta pensando di costruire muri nello spazio, perché, citando Adolfo Pérez Esquivel “si continuerà a costruire i muri della stupidità e della crudeltà umana che oggi dividono il mondo. Dobbiamo riscattare l’umanità, riscattandoci a noi stessi e condividendo il cammino dei popoli nella diversità e nell’unità; dobbiamo saper ascoltare la Madre Terra e tutta la natura cui apparteniamo e che abbiamo il dovere di salvaguardare in questo piccolo pianeta chiamato Terra”.