Vicenza non fa rima con violenza, caro Pierluigi Battista.
Nonostante Pierluigi Battista dalle pagine del Corriere della Sera di ieri (8/2) pare che si sia dato un gran da fare per criminalizzarla, gli organizzatori, cioè l’Assemblea permanente dei cittadini di Vicenza, credono che la manifestazione nazionale contro l’allargamento della base USA di sabato 17 febbraio sia “pacifica e colorata, determinata e rumorosa”.
Il suo articolo di fondo di questa mattina, dal titolo inequivocabile “Vicenza e Violenza” (scelto non solo per la rima baciata) infatti preannuncia “scenari di nuove violenze e irruzione di frange che puntano alla metamorfosi della protesta in chiave guerrigliera”. Ora per intenderci meglio, Pierluigi Battista è quello che per esempio parla di “commedianti della rivoluzione” latinoamericani o “despoti populisti” e consiglia di ascoltare Mario Vargas Llosa per capire il fenomeno della “maledizione latinoamericana” o che butta nello stesso calderone Chávez, Lenin, Mao, Stalin, Hitler, Mussolini e Fidel Castro.
Si comprende benissimo quindi perché utilizzi inappropriatamente il termine “protesta in chiave guerrigliera” in questo contesto, se non con lo scopo, evidentemente in mala fede di associare ben noti fenomeni di teppismo e violenza con le proteste guerrigliere che con i primi nulla hanno a che vedere. In effetti il suo articolo è una aperta critica alla manifestazione e alla sinistra radicale e alla sua “anima estremista che si sente parte dell’ideologia e della fraseologia dei movimenti”, quelli con la bandiera della pace e la maglietta del Che, per intendersi.
E questa è la prima precisazione. La seconda riguarda il paragone della situazione attuale con il 1977 e la contestazione di Luciano Lama all’Università di Roma. L’unica cosa che accomuna eventi e contesto forse è la data, infatti l’episodio dell’Università di Roma accadde il 17 febbraio, episodio che secondo Battista “rese drammatica la deriva terroristica di un ribellismo caotico e primitivo, consegnò le piazze italiane al predominio delle P38 e degli stregoni della lotta armata”. Egli pare aver cancellato tutti gli avvenimenti precedenti e gli anni difficili anteriori al 1977. La conclusione ovvia caro Battista è forse che la manifestazione di Vicenza consegnerà le piazze al predominio delle P38 e rappresenterà l’anticipazione di una nuova ondata di violenza magari di stampo terroristico? Francamente mi sembra esagerato. Forse anche più esagerato di Giampaolo Pansa che pur definendo la sinistra italiana un “pulviscolo di piccoli gruppi presenti un po’ dovunque, cellule di esaltati” li vede “per fortuna lontani mille miglia dalla geometrica potenza dei loro gemelli di un trentennio fa.”
La giornata di Vicenza caro Battista non sembra imporre dilemmi analoghi a quelli di Lama e del PCI di allora e non è simile la disponibilità di strati estesi della protesta a lasciarsi sedurre dalle lusinghe della radicalizzazione violenta. Che fondamento ha questa sua affermazione? Sarà pur vero che una parte della sinistra va a manifestare contro una decisione del suo stesso governo ma sicuramente non lo farà sedotta dalla violenza, ma forse, al contrario lo farà sedotta dalla pace. E se dovesse capitare che frange estreme di delinquenti dovessero dar luogo a episodi di violenza sicuramente non saranno con questi elementi che si identificherà il movimento di Vicenza. Già e qui viene la terza riflessione, l’Assemblea permanente di Vicenza è un movimento, proprio come quelli a noi tanto cari dell’America Latina, un movimento dal basso, che rappresenta la precisa volontà dei cittadini di essere proprietari del territorio in cui vivono e partecipi delle decisioni importanti che li riguardano. I movimenti e le assemblee e i presidi permanenti non rappresentano solamente una “fraseologia della sinistra” come Pierluigi Battista riduttivamente li definisce ma sono l’anima stessa del territorio e la democrazia partecipativa dei cittadini che lo abitano. Ha idea di cosa si stia parlando Sig. Battista?
Vicenza non fa rima con violenza.
Leggi qui l’articolo di Pierluigi Battista
La malafede di alcuni giornalisti, che si presentano pure come moderati, equilibrati ed “equidistanti”, sembra non avere limiti.