9 agosto: giornata internazionale dei popoli indigeni

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Ancora lontana la firma per la Dichiarazione dei diritti dei Popoli Indigeni. A bloccare l’accordo Stati Uniti, Colombia, Canada, Australia e Nuova Zelanda.
 
Fonte A Sud
Si celebra quest’anno la 14° giornata internazionale dei popoli indigeni, indetta dalle Nazioni Unite nel 1994, per ricordare l’importanza delle culture originarie e la necessità di difenderle dalle continue violazioni subite e dall’incombente rischio di estinzione. L’apporto delle popolazioni indigene all’umanità va ben oltre il folklore delle loro tradizioni. Le culture originarie infatti rappresentano nella storia umana il più importante esempio di rispetto per la vita e per l’ambiente, oltre che di spiritualità e di valori non individuali ma collettivi.In una fase come quella attuale, in cui il pianeta è minacciato da catastrofi naturali, guerre e dall’incedere della povertà, è quanto mai importante riflettere sull’insegnamento proveniente dai popoli che hanno vissuto e convissuto per migliaia di anni – in assoluta armonia – con l’ambiente circostante, riconoscendo l’importantissimo ruolo che i popoli indigeni svolgono nella difesa della madre terra e delle risorse naturali, contro gli interessi economici dei governi e delle imprese transnazionali che portano avanti uno sfruttamento irrazionale e spesso selvaggio delle risorse disponibili. La celebrazione della Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni è un’ulteriore occasione per esprimere loro, ancora una volta, il nostro riconoscimento per le storiche lotte portate avanti in diversi angoli del mondo. Contemporaneamente, è un’occasione per riaffermare la necessità di dare nuovo impulso alla battaglia mondiale per il pieno riconoscimento dei diritti di questi popoli, che continuano, per effetto del pregiudizio, della discriminazione, dell’esclusione sociale, ad essere vittime di continui soprusi, perpetrati in nome della cosiddetta civiltà o del mercato.Nonostante i secoli di tradizioni, cultura, insegnamenti tramandati, i popoli indigeni continuano infatti ad essere tra le comunità più povere ed emarginate del pianeta.Ancora oggi, e nonostante anni ed anni di attesa, le Nazioni Unite continuano a rimandare la firma della sospirata Dichiarazione dei Diritti Universali dei Popoli Indigeni, che dovrebbe ribadire e tutelare il diritto dei popoli all’autodeterminazione, alla sovranità territoriale ed alimentare, alla salvaguardia della cultura tradizionale. Il progetto è attualmente bloccato per mancanza di volontà politica e per gli ostacoli posti da Paesi come – tra gli altri – il Canada, gli USA, la Nuova Zelanda, la Colombia e l’Australia, preoccupati delle conseguenze giuridiche che tale dichiarazione potrebbe avere rispetto alle numerosissime ed atroci violazioni da essi compiute contro le popolazioni indigene negli ultimi decenni.In Colombia, per fare solo alcuni esempi, delle oltre 85 etnie indigene presenti ben 18 corrono a tutt’oggi rischio di totale estinzione. In Ecuador, le scellerate politiche portate avanti dalla multinazionale Texaco, hanno portato alla completa estinzione di ben 3 etnie indigene. In Nigeria, l’oltre mezzo secolo di estrazione petrolifera portata avanti da multinazionali come l’ENI e la Shell, ha ridotto drasticamente la popolazione degli Ogoni, lasciando i sopravvissuti nella povertà più estrema. Ancora in Canada, Nuova Zelanda, Australia i Governi e le imprese private sono colpevoli di gravissime violazioni dei diritti delle popolazioni indigene.Nel febbraio 2007 è stato presentato dal relatore speciale delle nazioni unite Rodolfo Stavenhaugen, in applicazione della risoluzione 60/251 dell’Assemblea generale dell’ONU, il rapporto sulla situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali dei popoli indigeni.Nel rapporto veniva sottolineato che: “Nonostante i progressi nell’adozione di norme che riconoscono i diritti dei popoli indigeni, esse continuano ad essere pressoché inapplicate. Per dare visibilità alle rivendicazioni dei propri diritti e delle proprie legittime necessità, i popoli originari hanno fatto ricorso a differenti forme di organizzazione e mobilitazione sociale, che risultano essere frequentemente l’unica strada per rendere pubbliche le denunce indigene. Tuttavia, in troppi casi tale forma di protesta sociale viene criminalizzata dai governi, dando luogo alcune volte a gravi violazioni dei diritti Umani”.Secondo il rapporto “La tendenza alla diminuzione delle risorse naturali destinate ai popoli indigeni è rimasta invariata. I territori delle popolazioni ancestrali sono diminuiti, così come anche il controllo dei popoli sulle proprie risorse naturali ed in particolare sulle foreste. Particolarmente colpiti risultano i popoli che vivono in isolamento, come ad esempio nella zona amazzonica o nelle zone aride o semi-aride delle Ande”.Senza ombra di dubbio, la crescente tendenza migratoria di persone indigene è una delle espressioni della globalizzazione e della disuguaglianza e povertà de essa generate. I migranti indigeni sono particolarmente esposti al rischio di violazioni dei diritti umani, in particolare nelle miniere e nei lavori agricoli.Mancano ancora politiche adeguate per la protezione dei diritti umani dei popoli indigeni, ed in particolare delle donne indigene, che meriterebbero una legislazione molto più attenta alle problematiche della differenza di genere.Secondo il rapporto Stevenhaugen, i problemi dei popoli indigeni sono il prodotto di lunghi processi storici e di cause strutturali, che non possono essere risolti soltanto con l’adozione di un testo di legge o con la creazione di un organismo pubblico ad hoc, ma richiedono un approccio multidimensionale, di volontà politica e di partecipazione diretta delle stesse rappresentanze indigene, con alla base il rispetto per la diversità e la sensibilità interculturale. Tale prospettiva esige il concorso di diversi attori, iniziando appunto dagli stessi popoli originari, dai governi, dalla società e dalla rete delle organizzazioni internazionali.Per tale ragione, la condizione dei popoli originari nel mondo non può e non dev’essere una problematica rimandabile. Occorre pensare a misure pratiche per garantire loro non solo la sopravvivenza, ma il diritto alla dignità, all’autodeterminazione, al controllo dei propri territori e delle risorse naturali, per fare in modo che popoli che rappresentano una tale ricchezza culturale, umana, antropologica e politica smettano finalmente di ingrossare le fila dei meno protetti, degli esclusi, dei dimenticati.
 

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