La manifestazione al Casilino a Roma contro la riforma Gelmini, in duemila in piazza
Non so quanti eravamo, ho poca dimestichezza con i numeri, so che eravamo in tanti, tante mamme, tantissimi bambini e tante maestre, perchè nonostante si continui a parlare di “maestro unico” , nella scuola elementare insegnano quasi esclusivamente maestre.
Una manifestazione allegra e colorata che ha paralizzato e coinvolto un’intero quartiere e quello che sta offrendo in questi giorni la Iqbal Masih un bellissimo esempio da seguire: una scuola che resiste.
Fonte Il Manifesto
«No a Gelmini» La Iqbal Masih scende in strada
Eleonora Martini
ROMA
Un corteo così gaio, festoso e pieno di vita non lo avevano ancora mai visto, nelle strade della periferia est di Roma. Attorno all’ormai famosa scuola elementare Iqbal Masih, capofila da due settimane della protesta contro il decreto 137, si sono riuniti ancora una volta una quarantina di istituti della capitale e insieme hanno portato la Scuola («quella con la S maiuscola, quella che la ministra Gelmini vuole distruggere», dicono) nel quartiere. Dopo una settimana di occupazione senza interruzione della didattica e una di presidio del plesso, durante le quali gli abitanti del quartiere Casilino sono entrati per la prima volta nella struttura e hanno preso contatto con il luogo dove cresce la generazione futura, ieri la visita è stata ricambiata.
Con centinaia di bambini provenienti da ogni parte della città che, dalla scuola intitolata ad un loro coetaneo pakistano ucciso per essersi ribellato allo sfruttamento, hanno attraversato alle cinque della sera chiassosi e felici, assieme a genitori e maestre, le vie dei quartieri limitrofi.
Doveva essere una fiaccolata, ma data l’ora si è trasformata in una «Fioccolata». Fiocchi rosa, rossi e azzurri al collo — «fastidioso, lo posso togliere», piagnucolano i più piccoli — per richiamare l’idea del grembiule, della divisa che metterebbe un po’ d’ordine in classe, secondo il pensiero restauratore. «Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini», hanno scritto sulle magliette che indossano grandi e piccini. Dietro lo striscione di apertura «Non rubateci il futuro», che è ormai diventato lo slogan di questa rivolta fai-da-te che non conosce colore politico, gli striscioni e i cartelli sono tanti e creativi: «Jurassic School? No grazie», «Siamo già tutti maestri unici» , «Gelmini vergogna, una donna stronca il futuro dei nostri figli». Appena partiti da via Ferraironi, appare anche una bandiera dei Comunisti italiani. Gentilmente ma fermamente viene fatta arrotolare e portare via. «Perché qui a manifestare non ci sono solo persone di sinistra, c’è tanta gente di ogni pensiero politico e ogni colore», dice soddisfatta del risultato Simonetta Salacone, infaticabile direttrice scolastica della Iqbal Masih. «La nostra scuola da oggi non è più sola», constata Riccardo Rozzera, portavoce del Comitato dei genitori.
E infatti c’è chi spiega di essere «venuta qui perché questa scuola è l’unico punto di aggregazione a Roma per chiunque voglia fare qualcosa contro questo decreto che non ci piace». «La protesta si sta estendendo in tutto il paese — aggiunge Salacone — la nostra non è ideologia ma la giusta rivolta contro una riforma che mostra un misto di ignoranza e insipienza, a meno che non sia malafede. La ministra Gelmini persegue il suo progetto di portare la sussidiarietà nell’istituzione scolastica — continua la direttrice, attorniata dai bambini — Il concetto è: dove il privato non arriva allora semmai entra in gioco lo stato. Ma non può essere così, passare dal diritto pubblico a quello privato significa rovesciare la Costituzione italiana. Si tratta esattamente di un’idea sovversiva». Ai genitori, quello che proprio non va giù di questa riforma è il passaggio dalle 40 ore di insegnamento settimanali alle 24. «Sul decreto c’è scritto questo e niente altro — spiega Salvatore Sasso, direttore del 138¢ª circolo didattico Basile di Torre Angela, estrema periferia est — e nella mia scuola, dove il 30% dei bambini sono figli di immigrati, la fine del tempo unico fa davvero molta paura.
E’ la morte della ‘scuola amica’, quella che è vicina alle famiglie soprattutto meno agiate». Il professor Sasso è anche psicologo e docente presso l’università di Chieti e boccia senza mezzi termini anche il voto in condotta: «Si torna ai tempi in cui il bambino problematico o era malato o era cattivo». I bambini in corteo, invece, festanti e felici sanno solo che non vogliono «perdere le maestre a cui vogliamo bene». Perché? «Io se mi faccio male e esce sangue vado dalla maestra Paola che non gli fa impressione, se invece trovo un verme in giardino lo porto dalla maestra Giovanna perché a lei non fanno schifo», dice Anna, una tenerissima bambina di quarta elementare. «Le aule oggi si sono aperte alla città — fa notare Paola, insegnante della Iqbal Masih — la scuola si è trasformata in punto di aggregazione, una scuola da vivere». Per questo il prossimo 20 ottobre un istituto della periferia romana rimarrà aperto tutta la notte, un tempo pieno senza limite d’orario. Il No Gelmini Day sarà una notte bianca, per riprendersi il futuro.
Con centinaia di bambini provenienti da ogni parte della città che, dalla scuola intitolata ad un loro coetaneo pakistano ucciso per essersi ribellato allo sfruttamento, hanno attraversato alle cinque della sera chiassosi e felici, assieme a genitori e maestre, le vie dei quartieri limitrofi.
Doveva essere una fiaccolata, ma data l’ora si è trasformata in una «Fioccolata». Fiocchi rosa, rossi e azzurri al collo — «fastidioso, lo posso togliere», piagnucolano i più piccoli — per richiamare l’idea del grembiule, della divisa che metterebbe un po’ d’ordine in classe, secondo il pensiero restauratore. «Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini», hanno scritto sulle magliette che indossano grandi e piccini. Dietro lo striscione di apertura «Non rubateci il futuro», che è ormai diventato lo slogan di questa rivolta fai-da-te che non conosce colore politico, gli striscioni e i cartelli sono tanti e creativi: «Jurassic School? No grazie», «Siamo già tutti maestri unici» , «Gelmini vergogna, una donna stronca il futuro dei nostri figli». Appena partiti da via Ferraironi, appare anche una bandiera dei Comunisti italiani. Gentilmente ma fermamente viene fatta arrotolare e portare via. «Perché qui a manifestare non ci sono solo persone di sinistra, c’è tanta gente di ogni pensiero politico e ogni colore», dice soddisfatta del risultato Simonetta Salacone, infaticabile direttrice scolastica della Iqbal Masih. «La nostra scuola da oggi non è più sola», constata Riccardo Rozzera, portavoce del Comitato dei genitori.
E infatti c’è chi spiega di essere «venuta qui perché questa scuola è l’unico punto di aggregazione a Roma per chiunque voglia fare qualcosa contro questo decreto che non ci piace». «La protesta si sta estendendo in tutto il paese — aggiunge Salacone — la nostra non è ideologia ma la giusta rivolta contro una riforma che mostra un misto di ignoranza e insipienza, a meno che non sia malafede. La ministra Gelmini persegue il suo progetto di portare la sussidiarietà nell’istituzione scolastica — continua la direttrice, attorniata dai bambini — Il concetto è: dove il privato non arriva allora semmai entra in gioco lo stato. Ma non può essere così, passare dal diritto pubblico a quello privato significa rovesciare la Costituzione italiana. Si tratta esattamente di un’idea sovversiva». Ai genitori, quello che proprio non va giù di questa riforma è il passaggio dalle 40 ore di insegnamento settimanali alle 24. «Sul decreto c’è scritto questo e niente altro — spiega Salvatore Sasso, direttore del 138¢ª circolo didattico Basile di Torre Angela, estrema periferia est — e nella mia scuola, dove il 30% dei bambini sono figli di immigrati, la fine del tempo unico fa davvero molta paura.
E’ la morte della ‘scuola amica’, quella che è vicina alle famiglie soprattutto meno agiate». Il professor Sasso è anche psicologo e docente presso l’università di Chieti e boccia senza mezzi termini anche il voto in condotta: «Si torna ai tempi in cui il bambino problematico o era malato o era cattivo». I bambini in corteo, invece, festanti e felici sanno solo che non vogliono «perdere le maestre a cui vogliamo bene». Perché? «Io se mi faccio male e esce sangue vado dalla maestra Paola che non gli fa impressione, se invece trovo un verme in giardino lo porto dalla maestra Giovanna perché a lei non fanno schifo», dice Anna, una tenerissima bambina di quarta elementare. «Le aule oggi si sono aperte alla città — fa notare Paola, insegnante della Iqbal Masih — la scuola si è trasformata in punto di aggregazione, una scuola da vivere». Per questo il prossimo 20 ottobre un istituto della periferia romana rimarrà aperto tutta la notte, un tempo pieno senza limite d’orario. Il No Gelmini Day sarà una notte bianca, per riprendersi il futuro.