Scuola piena o scuola vuota? Oggi fiaccolata di protesta alla scuola Iqbal Masih a Roma
La manifestazione sarà seguita in diretta da Radio Onda Rossa
“Fioccolata” di protesta
venerdì 26 settembre, ore 17, da Via Ferraironi (scuola Iqbal Masih) a Largo Agosta
Tempo pieno o tempo vuoto? O, meglio, scuola piena o scuola vuota?
Il decreto 137 del 1 settembre 2008 del ministro Mariastella Gelmini dal prossimo anno vuole una scuola vuota. Vuota di cosa?
v Di insegnamento. Il decreto prevede 24 ore di lezione a settimana, contro le 40 attuali del tempo pieno e le 31 del modulo. E il pomeriggio? Partirà il doposcuola a pagamento. Un parcheggio che sarà attivato solo su richiesta delle famiglie e solo se le singole scuole acconsentiranno. Altrimenti, tutti a casa. Ma con chi se i genitori lavorano?
v Di conoscenza. Il maestro unico insegnerà tutto: italiano, matematica, geografia, storia, inglese (sì, pure inglese), educazione alla cittadinanza, educazione alimentare… Per conoscere bene tutte queste materie ci vorrebbe Leonardo da Vinci. Non lasciamoci ingannare dal fatto che si tratta della scuola primaria o elementare: “elementare” non significa facile, significa “fondamentale”. Anche noi, da piccoli, abbiamo avuto il maestro unico, è vero. Ma non desideriamo sempre che i nostri figli abbiano qualcosa di meglio?
v Di esperienze. I tempi ristretti di insegnamento impediranno un apprendimento con tempi distesi e attraverso l’esperienza diretta. E le gite? Addio! Per ragioni di sicurezza un insegnante non potrà uscire da solo con 25 bambini.
v Di aiuto. Le poche ore a disposizione per l’insegnamento non permetteranno di individuare e risolvere casi di difficoltà nell’apprendimento. Ai nostri tempi chi era “lento” ad imparare veniva considerato poco intelligente e senza speranza di miglioramento. In ogni famiglia c’era un caso del genere. Oggi sappiamo che molti, moltissimi casi di difficoltà possono essere affrontati e risolti. Ma ci vuole tempo.
v Di garanzia. Ogni insegnante si troverà solo di fronte alla classe. Pensiamo al caso di un maestro stanco o alla prima esperienza. I maestri e le maestre italiane sono di ottimo livello, ma anche loro sono uomini e donne, non macchine. E allora? Come faranno i nostri figli?
v Di eccellenza internazionale. La scuola primaria è l’unico grado di istruzione in Italia “promosso” anche dall’ultimo rapporto internazionale annuale dell’Ocse. Perché, allora, cambiare qualcosa che funziona?
Non svuotiamo la scuola.
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Alle elementari (1952–1957), in classe eravamo in cinquantuno e il maestro, unico, insegnava tutte le materie previste dai programmi di allora e anche qualche cosa di più. Ad esempio, come si compilano i vaglia e i contocorrenti postali, a cosa serve la Carta d’identità, cos’è il Consiglio comunale. Leggeva e spiegava la Costituzione e i Promessi sposi commentandoli. In quinta parlò dell’evoluzione dell’uomo, il parroco s’inquietò e venne in classe ogni settimana per l’ora di religione. Il maestro, che non si chiamava Leonardo ed era nato in un paesino delle vicinanze, da dove ogni mattino giungeva a piedi, non parlò più dell’evoluzione dell’uomo, ma di quella degli animali. Il parroco risparmiò di annoiarci e noi imparammo tante cose interessanti. In quinta, il maestro spiegò anche le frazioni, ma quelle cose lì non mi interessavano perché mia mamma non diceva “un ottavo di torta”, ma “una fettina di torta”. Aveva anche i suoi lati negativi il maestro, non gli piacevano i miei disegni per i colori che usavo, mentre a me piacevano così. E non gli erano simpatici i comunisti. Di ciò non capivo il motivo, perché il padre di un mio amico era il segretario della sezione PCI, ed era una persona gentile e simpatica.
Parecchi anni dopo ho letto gli scritti di Tolstoj sulla pedagogia antiautoritaria, Mario Lodi, Francisco Ferrer Guardia, Célestin Freinet, Lev Vygotsky e infine “Descolarizzare la società” di Ivan Illich. Ora non sono per la scuola né di Berlinguer, né della Moratti, né della Gelmini. Sono per “I bambini che fantasticano di volare con le loro astronavi lontano da una terra al crepuscolo”.
Caro Gavino, grazie per la bellissima testimonianza!