Mostra fotografica: Missione Colombia

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Comunicato Stampa

Medici per i Diritti Umani

MOSTRA FOTOGRAFICA:
“MISSIONE COLOMBIA”
Intervento sanitario nella Comunità di Pace di San Josè Apartadò

Medici per i Diritti Umani (MEDU) inaugura il 20 Febbraio 2009 alle 21.00 presso la libreria/ centro culturale BIBLI — Via dei Fienaroli 28, Roma - la mostra fotografica “Missione Colombia”.

Intervengono: Gianni Tognoni (Segretario generale del Tribunale Permanente dei Popoli, Fondazione Basso-Sezione internazionale), Andrea Proietti (Presidente, Associazione Colombia Vive!), Carla Mariani (Volontaria, Associazione Colombia Vive!), Alberto Barbieri (Coordinatore generale, Medici per i Diritti Umani)

Il 21 febbraio del 2005, presso le località Mulatos e Resbalosa, 8 persone appartenenti alla Comunità di Pace — tra cui tre bambini — sono stati massacrate da gruppi paramilitari. Per questo crimine sono attualmente indagati 84 membri dell’Esercito colombiano.

“En memoria de los que caen para construir algo diferente”
( scritta su una pietra della comunità di pace di San Josè Apartadò)

La mostra sarà allestita fino al 27 febbraio. Orario: lunedì 17.30/24 -  da martedì a domenica 11/24 – ingresso libero

 


Mostra fotografica: Missione Colombia

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Comunicato Stampa

Medici per i Diritti Umani

 

MOSTRA FOTOGRAFICA:
“MISSIONE COLOMBIA”
Intervento sanitario nella Comunità di Pace di San Josè Apartadò

Medici per i Diritti Umani (MEDU) inaugura il 20 Febbraio  2009 alle 21.00 presso la libreria/ centro culturale BIBLI — Via dei Fienaroli 28,  Roma - la mostra fotografica “Missione Colombia”.

Intervengono: Gianni Tognoni (Segretario generale del Tribunale Permanente dei Popoli, Fondazione Basso-Sezione internazionale),  Andrea Proietti (Presidente, Associazione Colombia Vive!), Carla Mariani  (Volontaria, Associazione Colombia Vive!), Alberto Barbieri (Coordinatore generale, Medici per i Diritti Umani)

Il 21 febbraio del 2005, presso le località Mulatos e Resbalosa, 8 persone appartenenti alla Comunità di Pace — tra cui tre bambini — sono stati massacrate da gruppi paramilitari. Per questo crimine sono attualmente indagati 84 membri dell’Esercito colombiano.

 

“En memoria de los que caen para construir algo diferente”
( scritta su una pietra della comunità di pace di San Josè Apartadò)

La mostra sarà allestita fino al 27 febbraio. Orario: lunedì 17.30/24 -  da martedì a domenica 11/24 – ingresso libero


Silvio Berlusconi ironizza sui voli della morte: il video

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Ringrazio i bravissimi amici di Qui News per l’ottimo lavoro svolto e mi associo alle scuse che porgono a tutti gli argentini e alle vittime di tutte le dittature. Sperando di non dover includere  anche noi stessi, di nuovo…


La incredibile e triste storia dei fratelli Cerezo

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I fratelli Cerezo, detenuti nel Centro di Rieducazione Sociale di Atlacholoaya, Morelos, in Messico, sono stati liberati ieri, 16 febbraio 2009, dopo aver scontato una condanna a  sette anni e mezzo di reclusione con   le false accuse di terrorismo, associazione a delinquere, possesso di armi ed esplosivi e criminalità organizzata.
 
La loro storia ha quasi dell’incredibile ed è emblematica dei metodi di giustizia sommaria tutt’ora vigenti in Messico. Antonio, Héctor e Alejandro Cerezo, insieme a Sergio Galicia, un indigeno nahuatl (liberato pochi mesi dopo l’arresto)   e a Pablo Alvarado,  furono arrestati il 13 agosto del 2001 e accusati di essere i responsabili delle esplosioni avvenute l’8 agosto dello stesso anno  in tre banche Banamex a Città del Messico. 
 
Alejandro fu rimesso in libertà, con piena assoluzione,   dopo tre anni e mezzo di detenzione, il 1 marzo del 2004.
Il 13 agosto del 2006 viene rimesso in libertà invece Pablo Alvarado, dopo 5 anni di carcere ingiusto, il quale in una conferenza stampa rilasciata dopo la sua scarcerazione ha denunciato pubblicamente di essere stato costantemente oggetto di torture e maltrattamenti durante tutto il periodo di detenzione.
 
Agli altri due fratelli Cerezo, Héctor e Antonio,   fu  confermata invece la condanna a sette anni e sei mesi di reclusione, sebbene ci fossero state fin dal primo momento  prove evidenti della loro innocenza e  sebbene le accuse fossero le  stesse anche per gli altri indagati successivamente rilasciati. Va rilevato inoltre che gli attentati del 2001 furono rivendicati dalle Forze Armate Rivoluzionarie del Popolo (FARP) attraverso un comunicato trasmesso ai media.
 
Al momento del loro arresto, i fratelli Cerezo, erano poco più che ventenni, tutti studenti dell’Università Nazionale Autonoma del Messico. Dal carcere hanno continuato a seguire i loro studi, mentre da  più parti della società civile messicana si sono levati in questi anni appelli e proteste per la loro  liberazione  in quanto il loro arresto si sospetta sia stato  un atto di intimidazione e di ricatto rivolto ai veri obiettivi delle forze di Pubblica Sicurezza e cioè i loro genitori: Emilia Contreras Rodríguez y Francisco Cerezo Quiroz, membri dell’  Esercito Popolare Rivoluzionario  (EPR), latitanti da anni  e che almeno dal 1990 non hanno più nessun contatto con  i loro figli, se non epistolare,  essendo partiti un bel giorno, “per non si sa dove” dice Alejandro.
 
Secondo il CISEN (Centro di Investigazione e Sicurezza Nazionale) Francisco Cerezo Quiroz sarebbe uno dei massimi dirigenti del EPR ed è proprio per questo che i suoi figli sono stati sempre tenuti sotto stretto controllo dai servizi di sicurezza messicani anche precedentemente al loro arresto.
 
Alejandro nel 2002 scrisse una lettera ai suoi genitori, pubblicandola in internet. Qualche mese dopo, “da un luogo qualsiasi  della Repubblica Messicana” essi risposero: “Toño, … ci dici che non dobbiamo sentirci responsabili per il vostro sequestro, ed hai ragione figlio mio, nonostante tutto lo siamo perchè lo Stato, mantenendovi come prigionieri vi sta giudicando perchè noi, mamma e papà, abbiamo trascorso circa metà delle nostre vite solidarizzando con molte delle cause legittime e nobili del nostro popolo e per questo siamo perseguitati, al fianco dei più deboli, degli indigeni, degli operai e dei contadini”.
 
Emilia nella lettera, chiede “resistenza”  ai suoi figli, specialmente ad Antonio ed  Héctor che hanno pagato più duramente degli altri l’impegno politico dei loro genitori.   In carcere sono stati torturati fisicamente e psicologicamente come è stato più volte denunciato da varie organizzazioni per la difesa dei diritti umani e dall’Organizzazione Mondiale Contro la Tortura che, rallegrandosi oggi per la loro liberazione,   esprime tuttavia profonda preoccupazione per la situazione legale e per la sicurezza e l’integrità personale delle altre persone che si trovano ingiustamente detenute nelle prigioni messicane.

Berlusconi ironizza sui “voli della morte” in Argentina

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“erano belle giornate e li facevano scendere dall’aereo” ironizza Silvio Berlusconi in Sardegna concludendo la sua campagna elettorale, riferendosi ai desaparecidos argentini…

Qui l’articolo di Marco Bucciantini de l’Unità nel quale è riportata la frase.

Aggiornamento:
(AGI) Buenos Aires, 18 feb. — Il governo argentino ha convocato l’ambasciatore italiano a Buenos Aires, Stefano Ronca, a cui ha espresso “preoccupazione e disagio” per le affermazioni sui “desaparecidos” attribuite dal “Clarin” a Silvio Berlusconi. Lo hanno riferito fonti del ministero degli Esteri argentino. Il corrispondente del giornale argentino, Julio Alganarez, ha ripreso dall’”Unita’” una frase pronunciata nel comizio di chiusura della campagna elettorale in Sardegna, con cui il presidente del Consiglio avrebbe ironizzato sul dramma dei dissidenti lanciati in mare dagli aerei. “Erano belle giornate, li facevano scendere dagli aerei..”. L’ambasciatore italiano si e’ impegnato con Alberto D’Alotto, capo di gabinetto del ministro degli Esteri, a “verificare le frasi attribuite a Berlusconi e a informare a breve il governo argentino”. In precedenza fonti del governo italiano avevano negato che il premier volesse minimizzare i cosiddetti “voli della morte”, di cui al contrario intendeva denunciare l’efferatezza. La frase riportata dal “Clarin” ha suscitato anche la protesta di Estela de Carloto, presidente delle Nonne di Plaza de Mayo, l’organizzazione a favore delle 30mila vittime dell’ultima dittatura militare argentina, quella dal 1976 al 1983. “Siamo offese, soprattutto perche’ gli argentini hanno sempre avuto una grande solidarieta’ dall’Italia, sia dai governi precedenti che dalla magistratura”, ha dichiarato. Una delle responsabili delle Madri di Plaza de Mayo, Taty Almeida, ha espresso sdegno per quelle che ha definito “dichiarazioni terroristiche”: “Offende e insulta la memoria dei nostri figli”, ha affermato.
  La polemica e’ scoppiata mentre la magistratura italiana sta valutando se chiedere l’estradizione dell’ex ammiraglio Emilio Massera, figura di spicco della dittatura militare.
 


Gianfranco Fini e Roberto Menia: fascisti erano…

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Roberto Menia e Gianfranco Fini

Quello alle spalle di Gianfranco Fini con il braccio alzato nel saluto romano è Roberto Menia, il promotore della legge che ha istituito il 10 febbraio come “Giorno del Ricordo” dedicato ai martiri delle Foibe .

Qui, ripuliti e soddisfatti al governo…  : - (


Roberto Menia e Gianfranco Fini: e fascisti rimangono…

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Roberto Menia e Gianfranco Fini

sono sempre loro, dalla strada al palazzo, il fascismo al governo. Ormai Menia può tenere le braccia incrociate… complimenti Italia! 


Foibe: Revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica

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“Quello che oggi viene chiamato revisionismo ha radici lontane, che risalgono al periodo finale della Seconda Guerra Mondiale quando il movimento partigiano divenne un pericolo mortale per le classi dominanti che avevano messo al potere il fascismo, abbandonandolo solo quando divenne chiaro che i sogni imperiali si stavano trasformando in una catastrofe che minacciava di travolgere il loro stesso ruolo dominante perchè gran parte degli uomini e delle donne che erano diventati partigiani le armi non le avevano prese soltanto per liberarsi dall’occupazione nazista e fascista ma anche per spazzare via chi del fascismo era stato il padrino e per costruire un mondo diverso che sembrava possibile a portata di mano…” Ascolta qui l’intervista realizzata da Radio Onda Rossa a Sandi Volk (storico, Trieste) sulle Foibe e il revisionismo di Stato.

Riferimento: Foibe: Revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica. Atti del convegno Foibe: la verità. Contro il revisionismo storico


Giornalismo Partecipativo: Intervista a Gennaro Carotenuto

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Gennaro Carotenuto insegna Storia del Giornalismo presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Macerata, dove promuove il Master in Giornalismo Partecipativo, la prima e unica iniziativa in Italia di formazione alternativa al giornalismo commerciale.

Oltre ad aver lavorato o collaborato con grandi media come El País di Madrid, Radio3RaiLa Stampa,Latinoamerica, dal 1995 gestisce uno dei blog più frequentati in Italia ed è in uscita il saggio “Giornalismo partecipativo — La storia dell’informazione come bene comune”.

Proprio di Giornalismo Partecipativo parliamo con lui in questa intervista in esclusiva ad   Annalisa Melandri

A.M. — Professor Carotenuto, lei gestisce da anni con notevole successo di pubblico un sito chiamato Giornalismo Partecipativo. Perchè questo nome?
G.C. — Più che il nome del mio sito, l’importante è il Giornalismo Partecipativo in sé, quella nebulosa di migliaia di siti che contribuiscono a spostare quote dell’opinione pubblica dal pensiero unico imposto dai media tradizionali che lavorano in sinergia con il potere, politico ed economico. Il mio sito è un pulviscolo di questa nebulosa informativa che sta cambiando il giornalismo del XXI secolo
A.M. — Secondo lei, questo modo diverso rispetto al tradizionale di fare giornalismo, può influenzare e come lo fa praticamente, i media mainstream e quindi l’opinione dei lettori?
G.C. — Intanto ci sono i numeri. La mia esperienza personale è quella di singoli articoli che sono stati letti da più di 30.000 persone, il che corrisponde al numero di lettori di editoriali di quotidiani medi. Questo impone ai media mainstream di fare i conti con la nebulosa, anche se non lo ammettono, anche se diffondono posizioni di chiusura netta ai limiti del diffamatorio. Di recente Gianni Riotta, il direttore del TG1, tutto un simbolo del giornalismo mainstream è arrivato ad affermare che chi sceglie di informarsi con i blog sottomette ad un pericolo mortale i mass media e la democrazia stessa. Per Riotta l’opinione pubblica è tale ed esiste solo se filtrata dai mass media, non esistono altre forme possibili di sviluppo di un’opinione pubblica meno concentrata su poche voci. Gli autori dei blog, se riusciranno (ma è questo il punto?) a cancellare i mass media, secondo lui cancelleranno l’opinione pubblica critica e di conseguenza la democrazia. Io credo che questa sia la posizione di chi per secoli ha imposto all’opinione pubblica cosa doveva e cosa non doveva sapere, anche in democrazia, e adesso sente questo immenso potere scemare.
A.M. — E’ un giornalismo che gode di una qualche forma di autorevolezza? A volte si ha come l’impressione che venga visto con una certa aria di sufficienza da parte degli operatori del settore…


G.C — Dipende. C’è chi lavora seguendo tutti i principi del miglior giornalismo, per accuratezza e verifica delle fonte e chi no. Anche nel grande giornalismo c’è chi lavora in maniera infedele. La differenza è che il Giornalismo Partecipativo non ha padroni come invece hanno i giornalisti mainstream spesso lottizzati.

A.M. Questa forma di fare giornalismo, intesa come processo di democratizzazione dell’informazione, sembra che trovi al momento come unico luogo di espressione soltanto la rete, è possibile che in un futuro il Giornalismo Partecipativo possa offrire il suo contributo anche agli altri media tradizionali?
 
G.C — Succede già, stanno crescendo televisioni che vanno via satellite, perfino su Sky, oppure sulle radio, pensiamo al circuito delle radio universitarie. Non stiamo inventando nulla, solo abbiamo oggi uno straordinario strumento in più.
A.M. — Una volta immaginavamo il grande giornalista nelle vesti di inviato di guerra o comunque direttamente presente sul campo, cioè “nella notizia”. Oggi questo lavoro può svolgersi comodamente seduti da casa davanti a uno schermo di un computer. Perchè dovrebbero essere disposti ad investire in viaggi e reportage gli editori se comunque c’è sempre qualcuno disposto a mettere a disposizione di tutti il suo contributo direttamente dal luogo dove ha luogo la notizia anche non essendo un giornalista nel senso classico del termine?
G.C. — Questo è un problema drammatico. Il modello economico del giornalismo mainstream non regge più. Finora stanno tagliando i costi e la qualità. Cosa succederà poi?
A.M. — Lei è docente di Storia del Giornalismo presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Macerata, che consiglio si sente di dare ad un giovane che voglia intraprendere oggi la carriera di giornalista?
 
G.C — Di consolidare la propria autorevolezza con lo studio indipendentemente dal media per il quale lavora o aspira a lavorare. Solo così potrà mantenere quote d’indipendenza.

 

 


Entrevista a Pablo Romo sobre la mediación entre el EPR y el gobierno de México

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El 24 de abril 2008, el Partido Democrático Revolucionario-Ejército Popular Revolucionario, a través de un comunicado propuso un diálogo con el gobierno mexicano pidiendo la reaparición con vida de Edmundo Reyes Amaya y Gabriel Alberto Cruz Sánchez, dos militantes desaprecidos en Oaxaca en mayo de 2007. Fueron designados como intermediarios,  respectables personalidades de la sociedad civil mexicana que formaron entonces  una Comisión de Mediación.
Hemos hablado del avance de ese proceso con Pablo Romo, coordinador del Observatorio de la Conflictividad Social y miembro de Servicios y Asesoría Para la Paz (Serapaz) el pasado  mes de agosto en Ciudad de México, cuando los diálogos estaban en un momento de pausa por la escasa voluntad del gobierno de avanzar en las negociaciones. Lamentablemente, aunque el gobierno haya por fin admitido que se trata de un caso de desapareción forzada, no se han logrados hasta la fecha “avances serios en la ruta de la presentación de los desaparecidos” y  como expresado por la Comisión de Mediación en su último comunicado del 22 de enero “la falta de voluntad política por parte del Estado mexicano constituye un serio motivo de preocupación”.  Recordamos que la desaparición forzada es un crimen de lesa humanidas cometido por las autoridades del Estado y que por ningún motivo debe quedar impune.
 
 
Annalisa Melandri - La mediación entre el Gobierno Federal y el EPR empezó el 24 de ese  año (la entrevista ha sido realizada en el DF EN gosto de 2008 n.d.a.) cuando el grupo insurgente hizo a través de un comunicado la propuesta de formar una Comisión de Mediación para la presentación con vida de sus dos militantes desaparecidos en Oaxaca el 25 de mayo de 2007. ¿Qué se ha logrado obtener desde entonces?
       
Pablo Romo —  Podemos reconocer una gran evolución en este período en lo que se ha generado la Comisión de Mediación.
Hay varios momentos. Un primer momento es cuando nace la mediación, cuando el grupo constituido de los cuatro más tres aceptan. Son cuatro invitados directos y un movimiento social que es el Frente Nacional contra la Represión. 
 
Es importante reconocer cuáles son los tre miembros del Frente: Enrique Gonzales Ruiz, Juan de Dios Hernández Monge, Rosario Ibarra de Piedra. Los demás invitados son: el obispo Samuel Ruiz García, Carlos Montemayor que se convirtió después en vocero y Gilberto Lopez y Rivas que es un antropólogo muy reconocido, el cuarto es un periodista que se llama Miguel Ánguel Granado Chapa. Éstos siete se constituyen en un grupo de trabajo y la reacción por parte del Gobierno Federal entonces va evolucionando.
 
En un primer momento llamandolos “testigos sociales” y bloqueando la presencia de Rosario Ibarra porqué no querían alguien del PRD. Decián que se iba a politicizar, como si no fuera esto político… Eso no lo comunicaron nunca directamente pero siempre por medio de la prensa. Inmediatamente el grupo de trabajo pide al gobierno que aclare porqué son llamados “testigos sociales”. Ellos no querían ser “testigos sociales” porqué esa expresión  fundamentalmente la utiliza el gobierno cuando indica grupos civiles para dar fe en las licitaciones públicas y en las privatizaciones de las empresas para que sean legales o transparentes, es una utilización de la sociedad civil para sus propios beneficios.
 
A.M. — Pero después los llaman “ciudadanos en pleno ejercicio de sus derechos civiles”…
 
P.R. — Después   los llaman “ciudadanos en pleno ejercicio de sus derechos”; eso es en un segundo momento. Cambia entonces la figura de ser “testigo social” a “ciudadano”. Es muy importante ver que gobernación no quiere una mediación  delante de “ciudadanos” porqué eso quisiera reconocer al otro actor un estatus de beligerancia.
 
A.M. — En el documento del 14 de agosto, parece que por primera vez la la Gobernación reconoce la desaparición forzada. ¿Cómo se explica eso?
 
P.R. — El documento del jueves tiene tres errores fundamentales. Uno de ellos es de carácter tipográfico, repite el párrafo primero en el segundo. El segundo error representa un problema para ellos, o sea reconocen la existencia de la Comisión de Mediación. Nunca lo habían hecho antes, a menos que no sea  deliberado.
 
Es la primera vez  en todo este proceso que se reconoce cómo instancia mediadora la Comisión de Mediación. Entonces el proceso pasa por tres etapas, primera etapa “testigos sociales”, luego “ciudadanos en pleno ejercicio de sus derechos civiles” y luego Comisión de Mediación. Esto puede tener una razón porquè el lunes anterior, hace nueve dias, el EPR sacó un comunicado en el que exije que Gobernación reconozca a los siete no cómo “testigos sociales” sino cómo Comisión de Mediación . 
 
El tercer error, que creo es un error de la Secretaría de Gobernación es muy bueno, porqué finalmente el Estado reconoce por primera vez la desapareción forzada, es decir el gobierno nunca había reconocido a lo largo de todo este proceso y antes tampoco, que había cometido el Estado cómo tal, desapareción forzada.
 
A.M. — ¿Y porqué Usted lo llama error?
 
P.R. — Porqué siempre la Gobernación había hablado de secuestro, entonces en la prisa recuperan las palabras y dicen : es desaparición forzada. Los que están redactando digamos que cometen el error. Este comunicado se realiza en muy poco tiempo. Nosotros, la Comisión, elaboramos el documento el jueves, antes de la conferencia de prensa y fue entregado a las 11 de la mañana a las oficinas de Gobernación. Ellos tienen   muy poco tiempo para leerlo, ( porqué es un documento muy largo), y elaborar una  respuesta, porqué más que leerlo les interesa ganar mediáticamente. Entonces tuvieron que sacar un documento antes de la conferencia de prensa del grupo de mediación para ganar la atención mediática. Nosotros estábamos en la conferencia de prensa cuando llegó el comunicado de ellos, hubo un periodista de Reuters que lo tenía en la mano, no sabíamos de su existencia y nos quedamos sorprendidos.
 
Eso demuestra mucho de lo que es el Gobierno actual, es propaganda, no es una meditación profunda que de una respuesta pertinente y adecuada.
 
A.M. — ¿Cómo evaluaron entonces ustedes lo de la desaparición forzada?
 
P.R. - Es estupendo, nosotros creemos que finalmente el gobierno mexicano acepta que hay desaparición forzada. Un particular no realiza desaparición forzada, en este caso sería un homicidio o secuestro, la desapareción forzada la realiza solamente el Estado. Es un crimen perpretado por el Estado.
 
Tenemos nosostros entonces, primero el crimen cometido o sea la desaparición forzada, segundo el reconocimiento de la Comisión de Mediación y tercero tenemos también que hay un documento que está pendiente al que el gobierno no ha respondido, por eso estamos en este momento cómo en pausa, porqué no se avanza hacia lo que significaría realmente una expresión de voluntad política. La Comisión de Mediación está solicitando entonces una voluntad política para la aparición con vida de los dos desaparecidos.
 
A.M. — ¿Cómo han evaluado en estos meses la posición del Gobierno Federal?
 
P.R. - Yo creo que es una posición que evoluciona en los papeles, y hasta ahora ha evolucionado en los papeles, positivamente hay que decirlo, pero por la otra parte no evoluciona en lo sustancial. No está avanzando tanto en una voluntad política para aparecer con vida los desaparecidos,   cómo para demostar su intención de perseguir y acusar e incriminar los responsables.
 
Asì es la cosa que por los detenidos que tenía la Policía Federal como presuntos sospechosos, no pudo sustentar las averiguaciones previas, es decir la investigación y los tuvo que liberar noventa días después del arraigo, un arraigo que para cualquier persona , no solamente para ellos, es absolutamente ilegal, contra los derechos humanos. Estas personas que estubieron en el arraigo fueron torturadas por la Policía Federal y a pesar de esto no pudo sustanciar la responsabilidad, es decir que detienen personas para generar publicidad, nuevamente propaganda, para decir que están investigando, sin embargo cuando llega el momento de presentarlos ante un juez no tienen capacidad para hacerlo.
 
Es decir demuestran incompetencia, falta de voluntad politíca, y sobre todo un nivel muy bajo en el interés, en la interlocución para que aparezcan con vida esas personas.
 
 
A.M. - ¿No se puede entonces hablar todavía de un reconocimiento politico del EPR e de su reconocimiento de estado de beligerancia?
 
P.R. — No, por supuesto que no.  En un primer momento que responde en abril, la Gobernación plantea un diálogo en donde se sientan en una mesa, de un lado el EPR y por el otro lado la Gobernación, y ellos habiendo entregado las armas.
 
En todo tipo de conflicto bélico de cualquier naturaleza, el estado tiene que exigir la rendición del movimiento armado, para poder entrar en un proceso de negociación y de diálogo. Realmente tiene que mostrar mucha fuerza, pero nunca ha demostrado voluntad de reconocimiento oficial. Sin embargo hay que decirlo y el documento de la Comisión de Mediación lo dice, ha habido búsqueda de acercamiento, con este movimiento armado, en varios momentos de su historia, ha habido un interés de establecer contactos, no para destruirlo, sino para almenos construir pactos de no agresión, cómo en todos los movimientos de guerra, que existen en el mundo, siempre hay una parte visibile y las partes invisibles que tienen relación, contactos. Hasta la rendición de Hitler se estaba pactando mientras que había bombardeos visibles, había mensajeros de un lado y del otro lado,   buscando pactos. Yo creo que oficialmente no hay un reconocimiento de facto del movimiento armado, y hay búsquedas para establecer contactos dentro de esta guerra que existe.
 
Es una guerra silenciada, silenciosa, y en este momento en pausa, porqué hay que decirlo, la Comisión de Mediación logró por su propia insistencia, cómo primer punto pidió a las partes acciones de buena voluntad, al EPR que mantuviera una tregua unilateral y por el otro lado, al Gobierno Federal también que dejara los hostigamientos que pero no ha cumplido, que se manitienen cómo en el caso de los hermanos Cerezo etc.
 
A.M. - En México esiste un marco de impunidad histórico. ¿Cómo se mueve y entre qué dificultades la Comisión de Mediación respecto a ese tema?
 
P.R. - La impunidad es prevaleciente, es permanente, es constante, es desgraciadamente parte de la desconfianza a las autoridades y parte de la corrupción y de los intereses que se han creado dentro de los crimenes, dentro de cualquier tipo de crimen, en ese caso de los políticos.  Con mucha mayor razón, en los casos de lo crimenes normales, que se dan todos los dias es impresionanate como la ineptitud, la corrupción, la incapacidad generan impunidad. Yo creo que es uno de los paises con más niveles de corrupción y con los más altos niveles de impunidad, comparados seguramente con Congo o  con Burundi.
 
La realidad es que México colinda con la potencia más grande del mundo, en busqueda de seguridad y presume de tener tratados comerciales con este país, con esa potencia, en el mismo tiempo no es capaz de hacer una investigación seria y responsable de cualquier tipo de crimen. .
 
A.M. —  ¿Se puede decir qué esa es la primera vez que el EPR actúa de manera política?
 
P.R. — Siempre ellos han generado espacios de expresión política a través de sus comunicados, de sus volanteos. Todo ese conjunto de acciones que realizan permanentemente sóno expresiones políticas. La mayor parte de estos 44 años de presencia del EPR son expresiones políticas, pacíficas, de presión, y rara vez, muy rara vez, a lo largo de estos 44 años, han habido expresiones de confrontación armada o militar, bombas cómo por ejemplo el año pasado, confrontaciones a policías, ataques a cuarteles. Pequeñas acciones militares, exporadicas.
 
Esta es la primera vez en la historia del EPR que tiene, para empezar simpatias por parte de una gran parte de la población de México, porqué les desaparecen a sus gentes, eso es importantisímo. No solamente simpatia, tienen primeras planas en los periodicos de circulación nacional y editoriales a favor. Nunca en la historia del EPR los periodistas en los editoriales, sea de derecha que de centro izquierda, han sido realmente simpaticos con el movimiento del EPR. El lenguaje del EPR es un lenguaje muy rudo, muy old fashion, es una guerrilla clásica, no es una guerrilla como la del EZLN, con un lenguaje mucho más post moderno, mucho más contemporaneo, mucho más joven.
 
Tampoco es la primera vez que desaparece gente del EPR. A lo largo de sus 44 años muchas veces han desaparecidos miembros del EPR, pero esta es la primera vez que ellos los revindican cómo miembros del EPR. Es un cambio de actitud dentro del EPR. Cuando desaparecián nunca decía el EPR que eran militantes para no generarles problemas si estaban vivos todavía. Esta es la primera vez que revindican sus militantes.
 
A.M. — Una de las condiciones por la mediación es el cese de la violencia de parte del EPR pero por otro lado no ha cesado el hostigamiento del Estado hacia los familiares y las asociaciones solidarias con ellos. ¿Cómo Comisión cómo ven eso?
 
P.R. — Lo vemos muy mal y lo denunciamos en una conferencia de prensa. Vemos con mucha preocupación qué continúan los hostigamientos y las amenazas en contra de los familiares. Es algo realmente preocupante y es algo realmente que demuestra muy bien una esquizofrenia del gobierno cuando promete por un lado que no habrà y por el otro lado actúa de esa manera.
 
A.M. – ¿Y cómo piensas que están actúando los medios de comunicación?
 
P.R. – Yo creo que en estos ultimos cien días desde abril a la fecha hayan respondido con muy buen nivel y   se han comportado con mucha responsabilidad.   El EPR   tiene que posicionarse por su parte, posicionarse adecuadamente a la prensa para que el público que la recibe tenga un cierto conocimiento adecuado. Hay mucha fantasía en ciertas expresiones de la prensa, relacionan por ejemploel EPR con Al Qaeda, con las FARC, los San Papier, las Brigadas Rojas, con todo lo leninismo. Esta es verdaderamente ignorancia , mala voluntad por generar confusión.
 
Hay una prensa que se dedica fundamentalmente a la desinformación, que siempre es existida. Y yo creo que es parte de lo que siempre se ha hecho en todas las guerras, para generar terror. También tiene mucho la culpa el EPR de no mostrarse más claramente y no me refiero   a la clandestinidad, me refiero al posicionamiento hacia otros movimientos. Quizás porqué la misma clandestinidad en la que viven no les permite tener discusiones más abiertas y tener un posicionamiento más claro.
 
A.M. — ¿ La Comisión alcanza a tener objetividad entre el Gobierno y el EPR?
 
P.R. — Yo creo que nunca se ha pretendido ser como la Cruz Roja. Es una fantasía de ideologías extrañas que vienen de Occidente, en Europa en el siglo XIX. No existen las comisiones de mediación asépticas, neutrales y angelicales. Yo creo que la Comisión se establece de todas maneras entre personas de izquierda, de una izquierda reconocida, de una izquierda con reputación,   entre una izquierda serena, clara y fuerte y lo más plural o amplio dentro del espectro que hay.
 
Tu corazón está a la izquierda por supuesto y no está a favor de un gobierno panista neoliberal, pero tampoco  es una Comisión que va armada o atacando al Gobierno. Yo creo que es una Comisión clara en sus posiciones políticas, clara en sus tareas.
 
Annalisa Melandri
Ciudad de México, agosto 2008
Página de la Comisión 

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