Martin Almada: “Il Condor vola ancora, è un Condor globalizzato.”
Jean Ziegler nella prefazione del libro “Paraguay il carcere dimenticato” scritto da Martin Almada, definisce l’avvocato e difensore dei diritti umani paraguaiano come un “profeta e testimone” e parla della sua vita come di “esempio di non assoggettamento alla dittatura”.
Martin Almada, quest’uomo piccolo e minuto, stupisce per la grande forza e serenità che riesce ad trasmettere. Difficile capire dove trovi entrambe, conoscendo la sequenza di eventi terribili e dolorosi che ha affrontato nel corso della sua vita proprio per non essersi mai piegato alla dittatura. Quella del generale Alfredo Stroessner, una delle più violente e sanguinarie dell’America latina. Anche una delle più lunghe, durata 35 anni, dal 1954 al 1989, che è costata a Martin Almada tre anni di carcere, dal 1974 al 1977, durante i quali ha subito terribili torture , che lo ha costretto all’esilio e che gli ha portato via sua moglie, Celestina Pérez, morta di infarto dopo aver ricevuto una telefonata in cui i carcerieri di suo marito gli avevano fatto ascoltare le sue grida durante le torture.
Almada è stato recentemente in Italia invitato dall’ONG Terre Madri e ha tenuto una conferenza presso l’Università Roma Tre con la partecipazione della Prof.ssa Maria Rosaria Stabili e di María Stella Cáceres, giornalista argentina.
Martin Almada è stato lo scopritore, nel 1992, dell’archivio della polizia segreta, meglio conosciuto come “archivio del terrore”, considerato di fondamentale importanza in quanto unica testimonianza delle violazioni dei diritti umani avvenute in Paraguay durante gli anni della dittatura (1954–1989). Questo archivio è la prova “regina” delle relazioni internazionali tra regimi militari che stavano alla base del Plan Condor ma anche e soprattutto è la prova del coinvolgimento diretto della CIA e di Henry Kissinger, ex– segretario di Stato statunitense, la “cabeza (testa) del Condor, anche lui premio Nobel per la Pace, come Obama”, dice Almada.
Il Plan Condor fu un patto criminale tra le dittature militari negli anni ’70 in America latina, stipulato proprio in Paraguay tra il novembre e il dicembre del 1975, che fu creato, come disse il dittatore cileno Pinochet “per salvare la civiltà occidentale e cristiana dalle grinfie del comunismo”. Costò all’America latina più di centomila morti tra il 1975 e il 1985 tra dirigenti sindacali, studenti, giornalisti, religiosi, artisti, politici.
“La memoria è uno spazio di lotta politica” spiega Martin Almada ai giovani universitari presenti a Roma Tre. Partire dalla conoscenza del passato anche per prevenire orrori futuri perché, come Almada è solito ripetere nel corso delle sue interviste e conferenze, “il Condor vola ancora”. Un Plan Condor 2 “globalizzato” è stato ripristinato infatti già a partire dal 1997. Allora, un colonnello paraguaiano di nome Francisco Ramón Ledesma scrisse a un suo pari ecuadoregno comunicandogli una lista di nomi di “sovversivi” del suo paese, da aggiungere alla lista completa dei sovversivi latinoamericani. Il colonnello Ledesma chiamato a rendere dichiarazioni di fronte a un giudice, ha ammesso che a capo di tali operazioni ci sono ancora una volta gli Stati Uniti e che le operazioni sono dirette dalla Conferenza degli Eserciti Americani (CEA) che si riunisce ogni due anni e che controlla “la sovversione” nella regione.
Rispetto alla situazione attuale che vive il Paraguay, dove sembra esserci una situazione politica interna simile a quella dell’Hondura pre-golpe, Almada ci spiega che in effetti il presidente Fernando Lugo ha una minoranza assoluta e che nel governo c’è perfino un nipote del dittatore, il senatore Gustavo Alfredo Stroessner. Inoltre il vice presidente Federico Franco agisce apertamente contro il presidente Lugo, fomentando una sorta di golpe interno.
Lugo ha fatto molti errori dall’agosto del 2008, quando ha assunto la presidenza. L’ultimo in ordine di tempo è stato quello di aver ceduto alle pressioni interne dichiarando uno stato d’assedio in cinque regioni nel nord del paese, della durata di 30 giorni a partire dalla fine di aprile, con lo scopo di sconfiggere la guerriglia. Guerriglia praticamente inesistente, dice Almada,
I fatti violenti registrati negli ultimi tempi sono da ricondursi ad episodi di criminalità legata al traffico di stupefacenti ma che l’opposizione vuole vincolare invece al gruppo armato Ejército del Pueblo Paraguayo.
Lugo ha dovuto cedere in questo senso anche per le accuse che gli erano state mosse di avere amicizie tra alcuni membri del EPP e sebbene come si è detto, abbia commesso errori e sia debole nei confronti dell’opposizione, gli si deve comunque il merito di aver ribaltato la situazione politica del paese in cui il Partido Colorado dominava lo scenario da oltre 70 anni. Si è impegnato molto inoltre rispetto a un tema urgente quale era quello della salute pubblica ma molti paraguaiani non gli perdonano di non aver fatto nulla per una riforma agraria: “se affronta il tema della riforma agraria lo cacciano” spiega Martin Almada. Forse in pigiama all’alba, come hanno fatto in Honduras con Manuel Zelaya gli oligarchi spaventati da una virata a destra troppo decisa.
Leggi anche:
Intervista a Martin Almada di Gianni Tarquini
qui invece l’articolo di Mauro Pigozzi dove è possibile leggere per intero anche quello di Pablo Stefanoni tratto da Il Manifesto.
Siamo in contatto telepatico Annalisa… anch’io ho trattato il tema Paraguay sul blog stamane, ispirato dall’articolo di Pablo Stefanoni sul Manifesto!
grazie Mauro, anche di aver postato l’articolo di Stefanoni dal quale si capisce bene perchè Almada abbia detto che se Lugo affronta il tema della riforma agraria viene cacciato dal paese.