L’ isteria statunitense per la visita di Ahmadinejad in America latina è di matrice sionista?
Fareed Zakaria, prestigioso giornalista, redattore di Newsweek International , nel 2008 scriveva che gli Stati Uniti sono una “nazione consumata dall’ansia, dalla paura dei terroristi, degli Stati canaglia, dei musulmani, dei messicani, dalle imprese straniere, del libero scambio, degli immigranti, delle organizzazioni internazionali”.
Le molte preoccupazioni (e altrettanti isterismi) che sta scatenando la visita del presidente iraniano Ahmadinejad di questi giorni in America latina (Venezuela, Cuba, Ecuador e Nicaragua) per la stipula di nuovi accordi economici e commerciali e per il consolidamento di nuove relazioni bilaterali, fanno pensare che sia tremendamente vero quello che scrive il giornalista indiano.
Tuttavia, analizzando le reazioni, le mosse e le contromosse che gli Stati Uniti stanno mettendo in atto come reazione alla visita del presidente iraniano in zona ALBA, quello che invece risalta maggiormente è che la matrice di tale isteria si origina nei settori dell’estrema destra venezuelana e cubana che agiscono in sinergia o su mandato di elementi della potente lobby sionista statunitense.
Tutto ciò appare evidente per esempio nella vicenda che si è conclusa con l’espulsione dal paese nei giorni scorsi, come persona non grata, da parte del dipartimento di Stato degli Stati Uniti, del console venezuelano a Miami, Livia Acosta.
Il principale artefice della campagna mediatica che ha portato all’espulsione del console è stato Roger Noriega, di origini cubane e legato ai settori più radicali dell’opposizione anticastrista in Florida, che fu sottosegretario di Stato degli Stati Uniti nel governo di George W. Bush tra il 2003 e il 2005 nonché ex ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) tra il 2001 e il 2003.
Noriega ha definito pubblicamente in varie occasioni Livia Acosta una “terrorista” e nei mesi scorsi aveva accusato dalle pagine del Washington Post il presidente venezuelano Hugo Chávez di dirigere una “rete del terrore” in America latina.
Secondo il giornalista canadese Jean Guy Allard “la decisione di espellere la console venezuelana a Miami avviene alcuni giorni dopo la presentazione di un documentario di propaganda antivenezuelana prodotto proprio per “dimostrare” che Acosta dirigeva un cyber complotto tra Cuba, Iran e Venezuela per sabotare il sistema informativo niente di meno della Casa Bianca, della CIA, dell’FBI, del Pentagono, della NSA e delle centrali nucleari”.
Il documentario, dal titolo “La Minaccia iraniana” è stato prodotto e diffuso da Univision, colosso delle telecomunicazioni in lingua spagnola di proprietà dell’ imprenditore multimiliardario israeliano nazionalizzato statunitense Haim Sabam.
A tutto ciò si aggiunge la campagna volgare e rozza portata avanti da alcuni congressisti statunitensi tra cui solo per citarne una, Ileana Ros-Lehtinen, cubana-statunitense, presidente della commissione Esteri della Camera, congressista repubblicana della Florida, secondo la quale “ampie alleanze economiche e in materia di difesa dell’Iran con i regimi di Castro, Chávez, Ortega, e Correa presumono un pericolo per la democrazia e la stabilità nella regione”.
Alcuni terroristi, quelli veri, fanno da sottofondo a questo scenario. Roger Noriega, che da mesi in pubblico e in privato rilascia illazioni sulla ormai (secondo lui) prossima morte di Chávez a causa del suo cancro, fu tra gli artefici principali della libertà di Luis Posada Carriles (terrorista reo confesso di numerosi attentati a Cuba). In qualità di sottosegretario di Stato degli Stati Uniti invece organizzò un incontro presso il Dipartimento di Stato con George W. Bush con rappresentanti dell’estrema destra cubano-americana al quale partecipò anche Ernesto Díaz Rodríguez, segretario generale dell’ organizzazione paramilitare anticastrista Alpha 66 con sede in Florida.
Una considerazione generale e forse banale implicita in una domanda: gli Stati Uniti e il mondo sono pronti per per nuovi assetti geopolitici? Paesi isolati politicamente (ed anche in varia misura economicamente) dall’occidente hanno necessità di implementare, anche per far fronte alla crisi economica globale in atto, nuove relazioni commerciali, hanno bisogno di trovare nuovi mercati per le loro merci o come nel caso di Cuba, colpita da un criminale embargo ormai cinquantennale, di approvvigionarsi di materie prime ma soprattutto prodotti finiti di varia natura.; hanno bisogno di implementare politiche energetiche comuni, piani di sviluppo e di investimenti reciproci e non solo accordi militari come la stampa mainstream globale vuole farci credere.
Usciti da un mondo bipolare sembrerebbe non esserci altro spazio che per la polarità a stelle e strisce condivisa dall’occidente, Unione Europea in testa.
Tuttavia vale la pena domandarsi, come suggerisce Jean-Guy Allard: “chi comanda a Washington”?
la mia impressione è che sia “sbagliata” la prospettiva.
Gli Sati Uniti sono ben consapevoli che il terrorismo internazionale altri non è che una foglia di fico con la quale ammantare un giustificazionismo interventista panmedioorientale che esaurirà la sua “propellente” fase storica al termine del consolidamento dei nuovi assetti politici in un’area estremamente delicata.
Resta da definire, naturalmente, la questione iraniana che da un punto di vista politico, geopolitico, militare, economico etc. è un attimino assai più complicata.
La ventilata ipotesi di un diretto/indiretto coinvolgimento cinese in quell’area è, certamente, un deterrente molto forte alle smanie interventiste della casa bianca.
Ciò detto, dunque, il tour di Ahmadinejad si pone in una ottica che esula la mera stipula di accordi commerciali bilaterali quanto, invece, mira alla creazione di un fronte opinionista ostile ad un eventuale intervento a stelle e strisce in Iran.
Ahmadinejad è ben consapevole che i media statunitensi hanno operato alacremente in questi anni per screditare il regime iraniano ed equipararlo all’ennesimo impero del male di saddamhusseiana memoria onde per cui ha capito che, prima ancora che sul fronte militare in senso canonico, la battaglia contro gli Stati Uniti la si deve giocare su quello mediatico.
E sta giocando la sua partita.
Ciao
Caro Christian ciao. Sicuramente la questione iraniana e nello specifico la questione iraniana in America latina e’ assai più’ complicata di quanto da me scritto nelle poche righe di un articolo. Io ho solamente analizzato una parte dell’aspetto traendo spunto dalla domanda che si pone il giornalista Jean Guy Allard, quella cioè’ legata alle influenze che certi settori potenti (israeliani ma anche di mafie cubane e venezuelane) hanno ancora oggi, nonostante Obama, su alcune scelte di politica estera, nello specifico l’espulsione del console venezuelano. Rispetto alla politica statunitense verso l’Iran e’ innegabile che Israele abbia una fortissima influenza, sembrerebbe quasi la “mano armata” del governo degli Stati Uniti, come gli israeliani stanno diventando sempre piu recentemente un po’ la “mano armata” di ogni guerra sporca, guerra civile, destabilizzazione etc etc,… l’attentato di queste ore nel quale e’ stato ucciso l’ingegnere nucleare iraniano ne e’ la dimostrazione visto che “huele a Mossad” (puzza di Mossad) come dicono da queste parti, in AL.
Credo anche che tuttavia sia un attimino superficiale e banale classificare il viaggio di Ahmadinejad come esclusivamente “mediatico”, intanto incontra quattro paesi dei quali già gode di incondizionato appoggio, quello di Cuba ce l’ha da sempre e Fidel Castro ha visitato l’Iran sin dal 2001 credo, poi Venezuela, Nicaragua e Ecuador già sostengono l’Iran e in caso di conflitto non si tirerebbero indietro come hanno fatto per esempio nel caso della Libia.
Sul piano pratico e logistico non vedo cosa possa aspettarsi l’Iran in caso di attacco da questi paesi. Possiamo presumere che attraverso questi cerchi consenso in altri paesi con i quali pero’ non ha previsto incontri in questo ultimo viaggio, molto più’ grandi e potenti, molto pi’ “vicini” a Washington come Brasile e Argentina? Mah… Il Brasile di Lula sosteneva il programma nucleare iraniano e appoggiava l’Iran, Dilma un po’ meno…
L’aspetto economico ed energetico secondo me non e’ in secondo piano. Con il Venezuela l’Iran ha in piedi circa 300 accordi economici di varia natura bilaterali, e il Venezuela ha interessi in Iran. Le sanzioni internazionali contro l’Iran in questi mesi si sono inasprite parecchio e la ricerca di nuovi mercati secondo me ha urgenza prioritaria tanto quanto quella politica o mediatica. Non dimentichiamo il petrolio, Iran e Venezuela insieme raggiungono se non erro il 10% della produzione mondiale che non e’ poco, possono entrambi influenzare le quotazioni del greggio e questo probabilmente per un paese non produttore come gli Stati Uniti rappresenta una minaccia più seria del nucleare.
Insomma come dici anche tu, la questione e’ complessa. Sicuramente si e’ trattato di un mostrare i muscoli, baci e abbracci tra Chavez e Ahmadinejad sono senza dubbio provocatori e mediatici, Ahmadinejad non piace a tanti, anche tra gli elettori di Chavez, ma anche Santos, il colombiano, non piaceva eppure … e’ il mercato a dettare le regole, come sempre