Rabbia contadina nel Bajo Aguán

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Homenaje a las victímas del Bajo Aguán — Foto Annalisa Melandri

Articolo per il manifesto  - 21 febbraio 2012
TERRA TERRA
Rabbia contadina nel Bajo Aguán 
ANNALISA MELANDRI
Tocoa, nella regione del Bajo Aguán, una delle più fertili dell’Honduras.
Oltre 1.300 persone hanno partecipato qui, a un Incontro Internazionale di solidarietà che si è concluso domenica. L’incontro, così come la costituzione nel novembre scorso di un Osservatorio permanente dei diritti umani, sono un tentativo di reagire al clima di violenza e di sistematiche violazioni dei diritti umani contro i contadini organizzati in questa regione.
Non si tratta ormai di casi isolati: omicidi, minacce, militarizzazione del territorio e delle comunità, detenzioni arbitrarie sono diventate una vera e propria politica, una strategia economica di stato.
È che queste terre fanno gola, e i tre latifondisti più potenti del paese, Miguel Facussé, René Morales e Reynaldo Canales, produttori di palma africana, stanno conducendo con la complicità dello stato una vera e propria guerra alle comunità e associazioni contadine.
La rabbia delle comunità contadine è palpabile. Illusi dalla riforma agraria del 1974, che aveva assegnato molte terre dell’Aguán ad alcune organizzazioni contadine perché le lavorassero, sono stati poi ingannati, vessati, defraudati del diritto a vivere degnamente con le proprie famiglie.
Le banche, con prestiti usurai, col tempo li hanno condannati alla fame e quindi a svendere le terre che gli erano state concesse anni prima — e che così sono state accaparrate dai latifondisti della zona. I quali, quando non hanno potuto accedere per vie “legali”, gli hanno sottratto le terre con la violenza, uccidendo, minacciando, costringendoli ad abbandonare la regione per andare ad aumentare il numero dei poveri e senza tetto che vivono nelle aree più urbanizzate dell’Honduras.
Quelli che sono rimasti resistono, rioccupano le terre, e muoiono. Soltanto negli ultimi due anni oltre 50 contadini sono stati uccisi dai sicari dei tre grandi latifondisti, o dai militari e agenti di polizia al loro servizio.
Delegati da tutto l’Honduras e da 19 paesi hanno potuto ascoltare le testimonianze dalle vedove e gli orfani dei contadini uccisi dai sicari.
L’ex presidente honduregno Manuel Zelaya, destituito da un golpe nel giugno del 2009 e adesso coordinatore del Fronte nazionale di resistenza popolare, ha visitato l’Incontro sabato, denunciando l’aumento delle violazioni dei diritti umani nel paese proprio a partire dal golpe.
Tonio dell’Olio, responsabile del settore internazionale dell’associazione Libera, ha suggerito di far pressione sullo stato perché le terre confiscate ai narcos siano assegnate alle comunità contadine organizzate, come avvenuto in Italia con i beni confiscati alla mafia. Sono state ricordate le vittime dell’incendio nel carcere di Comayagua, martedì scorso, dove sono morti oltre 350 detenuti. L’Incontro si è concluso chiedendo la fine del conflitto in Bajo Aguán, la libertà per José Isabel Morales detenuto ingiustamente senza processo da tre anni, e la smilitarizzazione della regione.
Militarizzazione di cui abbiamo avuto ampia dimostrazione quando una Brigata Internazionalista (tra cui chi scrive), è stata fermata a un posto di blocco mentre si dirigeva dalla città di Tocoa agli asentamientos, i territori occupati dove i contadini vivono e lavorano: un commando dell’esercito composto da oltre 13 militari con fucili d’assalto M16 ha rivolto le sue “attenzioni” a Gerardo Argueta, coordinatore della comunità di Marañones e appartenente al Movimiento Unificado Campesinos del Aguán, e altri membri della stessa comunità. Da oltre un anno Gerardo riceve continue minacce di morte e la sua vita corre serio pericolo — ma stavolta, presenti tanti osservatori internazionali, giornalisti e difensori dei diritti umani, la cosa è finita senza ulteriori problemi. (Per maggiori info sull’Incontro:

 

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