Sibia, Liria. Inquietante cuneo dentro le primavere arabe

0 commenti

di Marinella Correggia

Fonte: Contropiano 

Sibia e Liria. Possiamo mescolare le sillabe di Siria e Libia. Perché due paesi così diversi da un anno hanno molto in comune. Poco importano le responsabilità dei due governi nazionali. Il copione internazionale ne prescinde. Così come le agende geopolitiche delle potenze esterne coinvolte.

Sibia e Liria. Due sollevazioni che hanno richiesto e richiedono un’incredibile operazione di demonizzazione dei due governi e santificazione degli oppositori, da parte dell’Onu, di tanti governi e dei media, con menzogne e omissioni così da spacciare per “protezione dei civili e dei diritti umani” quella che è un’operazione politico-militare di cambio di regime. In Libia una vera congiura fra più attori – interni e internazionali, governativi e non governativi – radicò nell’inconscio dell’opinione pubblica mondiale la convinzione che Gheddafi e i suoi “mercenari” avessero fatto seimila o diecimila morti civili nei primi giorni di scontri; erano stati in realtà poco più di cento come riconobbe la stessa Amnesty, e distribuiti fra le due parti (con atti efferati da parte dei “ribelli”). Nel caso siriano la conta dei morti da parte di Onu e media e le notizie di massacri e atrocità su bambini e adulti provengono da fonti di parte (“attivisti dei diritti umani” dell’opposizione, “disertori” ecc.). I media si collegano con combattenti definendoli “attivisti” (Rainews24 il 28 febbraio). Oppositori esterni al paese i quali sostengono di avere centinaia di informatori sul campo (questi ultimi mandano liste di vittime, e “video amatoriali” sempre riportati dai media seppure con l’irrilevante precisazione “non possono essere indipendentemente verificati”); l’opera è completata da media presenti nel paese ed embedded nell’opposizione armata. Inoltre, sia nel caso libico che in quello siriano, sono definiti “civili disarmati” quelli che invece sono gruppi armati e violenti (tale è la confusione che c’è chi considera “pacifista” e “umanitario” un possibile intervento dalla parte degli oppositori armati). I rapporti Onu (anche la più recente stima di fine febbraio che parla di “ben oltre 7.500 persone morte negli 11 mesi di rivolte) danno a intendere che si tratti a) di vittime disarmate, b) fatte tutte dalle forze del governo. Inoltre si basano so “rapporti credibili” che provengono in realtà dall’opposizione. Onu, Ong e media òe prendono sempre per buone e obiettive, senza prove, con corredo di video che spesso non mostrano nulla, nomi e circostanze spesso verificatisi falsi e perfino grossolanamente “copiati”, a un minimo controllo (vedi “Guerra mediatica”, dossier a puntate per Contropiano, in particolarehttp://www.contropiano.org/it/esteri/item/6818-siria-guerra-mediatica-sesta-puntata). Certamente in Siria i civili muoiono, ma come risultato dello scontro fra esercito e oppositori armati. Anche solo la domanda “cui prodest?” induce a ritenere che il governo siriano non abbia convenienza ad attirarsi addosso ancor più le ire del mondo colpendo deliberatamente i civili. In Libia gli unici “civili” (fra virgolette) che la Nato ha davvero difeso sono stati i “ribelli”, armatissimi e responsabili di atti molto violenti contro i civili (si pensi all’assedio feroce a Sirte, agli abitanti di Tawergha deportati, ai detenuti torturati e uccisi). In Siria cd “Esercito libero” è responsabile di uccisioni di soldati e civili (ci sono elenchi nominativi documentati; v. http://www.forumpalestina.org/news/2012/Febbraio12/12–02-12GuerraMediatica3.htm) e atti di sabotaggio e terrorismo. Anche a Homs nella fase attuale (http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/7707-homs-un-testimone-racconta-il-terrore-gruppi-armati-non-damasco.html). Questo è sottolineato anche dal rapporto degli Osservatori della Lega Araba (http://www.peacelink.it/conflitti/a/35517.html) che per questa ragione Arabia Saudita e Qatar hanno occultato. Omissione totale da parte dei media e della “comunità internazionale”(asse Occidente-petromonarchie) dei quotidiani resoconti di uccisioni, rapimenti, sabotaggi per opera dei gruppi armati che come nel caso della Libia il ministero dell’informazione siriano diffonde quotidianamente, come fa il Siryan Observatory on Victims of Violence and Terrorism-Sovvt, da non confodersi con il citatissimo Osservatorio siriano sui diritti umani basato a Londra e fonte privilegiata dei media e della stessa Onu.

Sibia e Liria. Due sollevazioni armate incuneatesi nella “primavera araba” diventata “inverno islamico” secondo la definizione del movimento palestinese Hamas finanziato da Fratelli musulmani e Qatar, e lieto di questa svolta che spazza via i regimi laici (potremmo parlare anche di inverno atlantislamico). Le componenti maggioritarie di queste opposizioni appoggiano e fiancheggiano i gruppi armati. E’ successo in Libia e succede in Siria dove il Consiglio nazionale siriano (Cns), enfant chéri degli Occidentali e petromonarchi, ha un patto di cooperazione con la nebulosa chiamata “Free Syrian Army-Fsa (Esercito siriano libero) con basi in Libano e Turchia. Come nel caso libico, la cosiddetta opposizione siriana è eterodiretta: appoggi e suggerimenti internazionali (vedi oltre), ruolo di espatriati nell’avviare la protesta (e nel dirigerla, quanto al caso del Consiglio nazionale siriano: basato in Turchia e diretto da un professore siriano della Sorbona, da decenni in Francia), e perfino presenza di combattenti stranieri jihadisti. Certo se in Siria ci fossero basi militari statunitensi si direbbe che Assad sta difendendo il paese da terroristi. Migliaia di libici sarebbero addestrati in Giordania, per 1.000 dollari al mese forniti da Qatar e Arabia Saudita(http://rt.com/news/jordan-syria-intelligence-training-859/). Oltre ai libici (http://www.corriere.it/esteri/11_novembre_24/olimpio-scenario-siria_baea5e0a-166c-11e1-a1c0-69f6106d85c1.shtml) a quelli che giungono dall’Iraq (come ha affermato il ministro dell’interno iracheno (New York Times 12 febbraio 2012,”For Iraqis, Aid to Rebels in Syria Repays a Debt »). Direttamente da Al Qaeda arriva l’appello di solidarietà lanciato dal capo della rete terroristica, Al Zawahiri, e della presenza della Rete terrorista ha riferito invano al Congresso Usa il direttore della National Intelligence Usa James Clapper(http://www.mcclatchydc.com/2012/02/16/139139/top-us-intelligence-officials.html), e ribadito dal generale statunitense Martin Dempsey: “La Siria è un’arena con molti attori e ciascuno cerca di rafforzare la propria posizione. Non parla di bombardamenti sui civili (http://www.lesdebats.com/editions/220212/les%20debats.htm).L’Occidente si prepara a fare da aviazione ad Al Qaeda come in Libia? Come nel caso libico e in precedenza in Afghanistan, in Siria Occidente/petromonarchie e Al Qaeda/islamisti lavorano insieme ognuno contro il comune nemico (Bashar al Assad), sperando di avere la meglio gli uni sugli altri in seguito (http://rt.com/news/us-al-qaeda-syria-otrakji-635/). I gruppi armati sono responsabili di uccisioni di molti civili e militari e di sabotaggi. Le uccisioni per vendetta sono rivendicate dagli stessi gruppi armati (reportage del libanese Daily Star dal titolo “FSA soldier in Lebanon discloses tactics ») ; sgozzamenti stile Al Qaeda sono stati mostrati su un video dai combattenti anti-governativi all’inviato della Bbc a Homs – che non si è scandalizzato troppo (http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-16984219).

Sibia Liria. Due sollevazioni le cui componenti maggioritarie chiedono (e nel caso della Libia hanno ottenuto) l’intervento armato estero diretto. “Se il mondo ci abbandona dichiareremo la Jihad” ha dichiarato un ufficiale del cosiddetto Esercito siriano libero Abdel Razzak Atlas a Jonathan Littell di Le Monde. Nel caso della Siria, l’opposizione interna e progressista che rifiuta risolutamente l’ingerenza esterna e la lotta armata, è schiacciata dal Consiglio nazionale siriano. Da notare anche che il quest’ultimo ha avuto il primo (surreale) riconoscimento come “legittimo rappresentante del popolo siriano” da parte proprio del Cnt libico, arrivato al potere sulle ali della Nato.

Sibia e Liria. Due sollevazioni le cui componenti maggioritarie hanno goduto e godono del totale appoggio da parte dell’Occidente e delle petromonarchie del Golfo, con il pretesto del sostegno alla democrazia e della protezione dei civili ma con un segreto di Pulcinella: l’obiettivo del cambio di regime. Per questo, gli alleati internazionali degli oppositori boicottano qualunque tentativo negoziale. Nel marzo 2011 si riunirono a Parigi (e poi in Qatar) i cosiddetti “Amici della Libia”, franco–anglosassoni e petromonarchi in testa, seguiti da alleati minori. Poco meno di un anno dopo, a Tunisi decine di paesi di riuniscono come “amici della Siria”. Nel caso libico ci fu un’ alleanza armata diretta, con bombardamenti Nato/Qatar e invio di armi e commandos. Nel caso siriano (per ora) c‘è un sostegno indiretto all’opposizione armata. I servizi segreti russi dichiarano alla Itar Tass che da Libano, Iraq e Turchia arrivano non ufficialmente (cioè non attraverso i governi) fucili di precisione (per i cecchini), lanciarazzi, MACHINE GUNS. Finanziamenti e forniture di armi (http://rt.com/news/syria-opposition-weapon-smuggling-843/) da parte sono sostenuti dalle petromonarchie (Qatar e Arabia Saudita che chiedono all’Occidente di ufficializzare l’appoggio). La base logistica alla Free Syrian Army è offerta dalla Turchia. Forze speciali di consiglieri ed esperti militari britanniche, francesi, giordane e del Qatar nella base turca di Iskenderun addestrerebbero i combattenti insieme ai militari di Ankara. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha dichiarato ufficialmente la presenza di agenti inglesi del M16 già sul terreno in Siria. L’esercito siriano ha catturato diversi combattenti e consiglieri stranieri, in numero tale da innescare grandi trattative per il rilascio (http://www.haaretz.com/news/middle-east/report-u-s-drones-flying-over-syria-to-monitor-crackdown-1.413348). Secondo il Réseau Voltaire, una dozzina di francesi hanno chiesto lo status di prigioniero di guerra fornendo la loro identità, il grado e il corpo di appartenenza. Uno di questi è un colonnello del servizio trasmissioni della Dgse (Direction générale de la sécurité extérieure): “Nell’armare la rivolta wahhabita e nel fornirle informazioni satellitari, la Francia ha dunque condotto una guerra segreta contro l’esercito siriano, che ha portato, in dieci mesi di combattimenti, all’uccisione di circa 3.000 militari e oltre 1.500 civili”. In Libia come in Siria l’ingerenza esterna ha fomentato gli scontri e impedito la riconciliazione e l’avvio di un percorso di pace senza interferenze. Del resto, secondo rivelazioni della Press Tv (iraniana), nel 2008 l’ambasciatore saudita e quello degli Stati Uniti in Libano idearono un piano per detronizzare il governo siriano.

Sibia e Liria. Due sollevazioni di fronte alle quali la frase “manifestanti inermi uccisi da un regime che massacra il suo stesso popolo” accomuna il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon con l’ultimo militante della “sinistra umanitaria” occidentale. Uniti ieri nella demonizzazione di Gheddafi, oggi nel biasimare Cina e Russia che in sede di Consiglio di Sicurezza dell’Onu hanno posto due volte il veto a una risoluzione proposta dall’Occidente e dai petromonarchi e fatta apposta per permettere un intervento armato “umanitario” in Siria sulla falsariga di quello in Libia. Il 16 febbraio una nuova alleanza si è delineata: all’Assemblea dell’Onu, Russia e Cina e altri 9 paesi – i cinque paesi dell’Alleanza Bolivariana per l’America-Alba, Venezuela, Cuba, Ecuador, Bolivia, Nicaragua, e poi Iran, Bielorussia, Zimbabwe, Corea del Nord – oltre ovviamente alla Siria sono stati gli unici al mondo a votare contro una risoluzione proposta dall’Arabia Saudita, che condanna delle sole violenze governative e propone l’appoggio all’opposizione siriana in nome della protezione della popolazione. Ricordiamo che i paesi dell’Alba sono stati protagonisti, sia nel caso della Libia che in quello della Siria, di proposte di pace e mediazione, con l’invio di osservatori neutrali, accettate anche dai due governi interessati ma del tutto boicottate dalle opposizioni armate libica e siriana e dalla “comunità internazionale”.

Sibia e Liria. Due sollevazioni in grado di frammentare i rispettivi paesi e farli piombare in un inferno armatissimo governato di fatto da milizie e gruppi contrapposti. In Libia è già successo.

Sibia e Liria. Due sollevazioni contro due governi laici e tradizionalmente non allineanti, nel contesto di un mondo arabo completamente islamizzato (un islam che sul piano economico e politico è alleato dell’Occidente).

Sibia e Liria. Due sollevazioni la cui parte maggioritaria vuole smantellare lo stato, cambiando financo la bandiera del paese (Libia: da quella verde della Jamahiryia a quella a strisce rosso, verde e nero con stella e mezzaluna della monarchia pre-1969. Siria: dal rosso-bianco-nero con due stelle al verde-bianco-nero con tre stelle.

 

 

Lascia un commento Trackback URL: