Massacro di Curuguaty (Paraguay), ucciso testimone scomodo
di Annalisa Melandri per L’Indro* 14 dicembre 2012
Vidal Vega era scampato per miracolo al massacro di Curuguaty — una località nei pressi del confine con il Brasile — avvenuto il 15 giugno scorso, massacro nel quale persero la vita 11 contadini e sei poliziotti nel corso di uno scontro armato. Non si è salvato invece dall’ agguato che gli hanno teso due sicari davanti casa sua appena qualche giorno fa, il 1 dicembre. Il sacerdote gesuita Francisco De Paula Oliva, figura di riferimento dei movimenti sociali e contadini del Paraguay, ha scritto nel suo blog che con l’omicidio di Vega “è stato cancellato un archivio”.
Vidal Vega era infatti uno dei testimoni chiave di quella carneficina e come tale aveva iniziato a rendere testimonianza, soprattutto agli organismi internazionali, di come si fossero svolti i fatti a Curuguaty, che provocarono l’impeachment con cui il presidente del paese, l’ex vescovo Fernando Lugo, fu destituito per “inadeguatezza nello svolgimento delle sue funzioni”.
A Curuguaty un gruppo di contadini aveva occupato a maggio di quest’anno una terra della quale un signorotto locale ed ex senatore del Partido Colorado rivendicava la proprietà, pur avendola acquisita con metodi poco leciti durante la passata dittatura di Alfredo Stroessner. Il 15 giugno il ministero dell’Interno ordinò lo sgombero forzato dell’occupazione. Secondo la versione ufficiale, al momento di intraprendere le trattative, i contadini, tra i quali presumibilmente si erano infiltrati membri del Ejercito del Pueblo Paraguayo (EPP), una piccola formazione guerrigliera attiva nella zona, tesero un’imboscata alla polizia. Ne nacque uno scontro a fuoco nel quale morirono 11 civili e 6 uniformati, numerosi furono i feriti e le persone arrestate, tra i quali anche due minorenni.Alcuni contadini riuscirono a darsi alla fuga e sono ancora latitanti, rischiano condanne fino a 25 anni di carcere. Quello che è stato considerato dalle autorità come il responsabile del’eccidio, Ruben Villalba è stato arrestato a settembre.
Il giorno successivo all’accaduto diedero le loro dimissioni sia il ministro dell’Interno, Carlos Filizzola, che il comandante della Polizia, Paulino Rojas, e un mese dopo il presidente Lugo, sebbene avesse dato pieno appoggio all’operato della Polizia (pur ordinando una commissione d’inchiesta sui fatti), venne sottoposto a juicio politico’ e destituito, come abbiamo visto, nel giro di 24 ore, con quello che si profilò essere un vero e proprio ‘golpe express’ come fu definito da vari osservatori internazionali. Gli successe il vicepresidente Federico Franco e il paese fu espulso dagli organismi regionali come il Mercosur e l’Unasur.
Tuttavia, fin dai giorni immediatamente successivi alla vicenda, iniziò a prendere piede anche un’altra versione dei fatti, ben più inquietante. Il fatto che a provocare la morte dei poliziotti furono colpi di arma da fuoco sparati alla testa con estrema precisione da armi automatiche da media e lunga distanza, lasciò spazio all’ipotesi che sul luogo fossero appostati dei cecchini che, sparando prima sulla polizia e poi sui contadini, provocarono deliberatamente lo scontro armato. La Polizia, infatti dopo la morte dei primi agenti reagì violentemente contro i contadini rimasti sul luogo giustiziandone a sangue freddo alcuni.
Secondo questa versione, resa nota pubblicamente in un rapporto redatto dalla Piattaforma di Studi e Ricerche sui Conflitti Agrari,l’incidente sarebbe stato provocato di proposito per avere il movente politico necessario per poter procedere all’impeachment contro Lugo, tentativo che era stato già intrapreso per lo meno altre 23 volte in passato.
Intanto si susseguono in questi giorni le proteste ad Asunción, capitale del paese, contro il governo, chiedendo chiarezza sui responsabili del massacro e la libertà per i contadini arrestati a Curuguaty. Sono 12 quelli in carcere e 5 di essi sono in sciopero della fame ricoverati in gravi condizioni, soprattutto LucíaAgüero Romero di 25 anni che dal 27 settembre, quando ha iniziato a rifiutare il cibo, ha perso 14 chili. Tutti sono stati accusati di essere dei terroristi e di far parte dell’ EPP, accusa che respingono con forza.
Associazioni contadine hanno inoltre, qualche giorno fa, bloccato una strada in protesta per la revoca di alcuni benefici che erano stati concessi al settore agrario durante la presidenza di Lugo e che sono stati cancellati dall’attuale governo.
In Paraguay si assiste alle stesse dinamiche sociali rispetto al tema agrario che caratterizzano tutta l’America latina e centrale. Quanto accaduto a Curuguaty ricorda infatti molto da vicino il conflitto agrario che sta vivendo il Bajo Aguán in Honduras. Fernando Lugo, come Manuel Zelaya in campagna elettorale avevano promesso di affrontare le problematiche legate alla enorme disuguaglianza della distribuzione delle terre e una volta eletti avevano entrambi effettuato timidissime riforme nel settore agrario che inevitabilmente, in entrambi i casi, hanno colpito gli interessi delle potenti oligarchie locali, legate all’agroindustria.
In Paraguay durante la dittatura di Stroessner, che terminò nel 1989 dopo 35 lunghi anni, molte terre dello Stato furono cedute a prezzi irrisori quando non addirittura regalate a militari o politici, si parla nel rapporto della Commissione della Verità di circa 22 mila ettari. Oggi, un paese nel quale la percentuale della popolazione contadina rispetto al totale è la maggiore di tutta la regione, il 43 per cento, il 70 per cento della terra sta in mano a un 2 per cento della popolazione.
Tuttavia il problema della terra in Paraguay è ancora più antico può essere fatto risalire alla Guerra della Triplice Alleanza (1865–1870) combattuta tra il Paraguay e Argentina, Brasile e Uruguay. Il conflitto vide uscire sconfitto il Paraguay, la sua popolazione era ridotta di circa la metà e grandi quantità di terra gli erano state sottratte dall’Argentina e dal Brasile. I successivi governi in molti casi regalarono terre ai potenti gruppi economici brasiliani come sorta di indennizzo di guerra.
Da allora è diventato un bene prezioso, quanto i minerali che la compongono. Secondo studi recenti sembrerebbe che il colore rosso che la caratterizza, soprattutto quella delle regioni orientali del Paraguay, sia dovuto infatti alla presenza di titanio, probabilmente il maggior giacimento del pianeta.I contadini paraguaiani affermano invece che il colore rosso della terra è dovuto al sangue da loro versato.
Pubblicato in esclusiva per L’Indro www.lindro.it e qui ripubblicato per gentile concessione
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