Paco:droga dei poveri o per i poveri?
di Annalisa Melandri — per L’Indro* 16 novembre 2012
La sua esposizione fotografica più recente, inaugurata il 9 novembre scorso (e visitabile fino al 25 dello stesso mese) alla B>Gallery di Roma (Piazza Santa Cecilia, 16) ha come oggetto proprio il Paco, il micidiale miscuglio di scarti della lavorazione della cocaina, mischiato con vetro e sostanze chimiche, che sta letteralmente decimando i giovani delle favelas di Buenos Aires.
“Il paco è stato un’invenzione”, gettato sul mercato argentino subito dopo il default del 2001. Il paese era allo sbando, economicamente e socialmente. “Nel caos politico e sociale di quel momento nessuno si è accorto o forse non si è voluto accorgere di quello che stava accadendo. Il paco è entrato silenzioso, inizialmente nelle Villas miseria (favelas) di Buenos Aires, poi a mano a mano si è sparso nei quartieri più poveri e da un paio d’anni si sta allargando anche alla media bassa borghesia fino ad arrivare in Uruguay ed alcune zone del Cile”.
Costa pochissimo, per questo lo chiamano la droga dei poveri, il ’figlio della crisi’. Con un peso, dopo il 2001 in Argentina si comprava una dose, oggi la stessa ne costa 5, poco meno di un euro. I suoi effetti sono fortissimi e di brevissima durata, quasi come il crack, che può considerarsi il precursore nel genere e al pari del quale si assume fumandolo. L’astinenza è immediata, terribile e non offre via di scampo. Nel breve giro di sei mesi, a volte un anno, sopraggiunge la morte.
Valerio Bispuri si è avvicinato ai ’dannati’ del paco di Lomas de Zamora, una cittadina della provincia di Buenos Aires e le sue fotografie, preziose ma cruente testimonianze di un fenomeno sicuramente sconosciuto più che dimenticato, colpiscono come un pugno. Sotto quelle che appaiono vere e proprie maschere di dolore, di miseria, di degrado estremo, ma anche di follia, si intravedono gli sguardi di quelli che fino a ieri sono stati ragazzi, bambini, esseri umani, oggi ridotti a larve.
“Le notti di Lomas, ma anche di molte altre periferie di Buenos Aires, non hanno fine, nessuno entra nei vicoli senza asfalto, senza luce, dove ogni rumore è un grido e qualcuno cade senza rialzarsi per una dose letale, per un coltellata sbagliata di un lupo. Il paco è un animale silenzioso che ha invaso il cono urbano di Buenos Aires e nessuno sa esattamente quante vittime ha fatto, quanti bambini sono morti”, scrive Valerio in un suo recente articolo.
Anche se, come detto, sta lentamente risalendo la scala sociale, il paco resta la droga dei poveri. Il giudice argentino della Corte Suprema di Giustizia Raúl Eugenio Zaffaroni, denuncia che si tratta di “una tossicodipendenza sulla quale non si indaga perchè non colpisce la classe media. Non importa a nessuno”. Anche la tipologia del narcotrafficante è differente. Secondo il magistrato, a differenza della cocaina — il cui commercio è gestito dai grandi cartelli della droga -, nel caso del paco sono bande di quartiere che agiscono spesso nell’indifferenza, quando non con la complicità della polizia.
Il consumo di droghe tra gli adolescenti argentini secondo la Segreteria della Prevenzione per le Tossicodipendenze e la Lotta al Narcotraffico si sarebbe triplicato negli ultimi dieci anni e questo sarebbe dovuto, secondo alcuni analisti, alla scarsa attenzione prestata dal governo alla lotta al narcotraffico che avrebbe permesso l’entrata massiccia nel territorio di prodotti chimici per la preparazione di alcune droghe come l’efedrina, senza nessun controllo, come avviene invece in Messico e negli Stati Uniti.
Tuttavia quello delle nuove droghe, o delle droghe chimiche, come il paco, non è una piaga che affligge solo l’Argentina. In Brasile, la versione locale del Paco, conosciuto comeOxi, creato dalla paste base della cocaina, mischiata a benzina, calce, acetone, e anche il liquido delle batterie elettriche, sta decimando alcune comunità della regione amazzonica e ha già un’ampia diffusione nelle favelas di Rio de Janeiro e San Paolo.
Gli effetti devastanti di queste nuove droghe riportano alla mente l’immissione massiccia dell’eroina sul mercato, soprattutto quello statunitense, alla fine degli anni ’60. I movimenti giovanili e la protesta sociale dilagavano e c’era bisogno di sedare le coscienze a livello globale. Ci riuscirono, in parte.
Venne il neoliberismo, l’allargamento della forbice sociale e l’aumento esponenziale della povertà e della povertà estrema soprattutto alle periferie delle grandi metropoli latinoamericane, dove cercarono opportunità migliori di vita masse enormi di contadini o abitanti delle zone rurali dei paesi cacciate dalle politiche di accaparramento delle terre dei grandi gruppi economici globali.
Il paco più che la droga dei poveri sembra essere la droga perfetta ’per’ i poveri. In sei mesi, al massimo un anno, ha la capacità di rendere una persona al pari di uno straccio, che si autoelimina per consunzione o per i crimini legati alla necessità di procurarsi le dosi.
E se fosse il sistema adatto per pulire le favelas delle grandi città, veri e propri ordigni esplosivi sociali, senza bisogno di investire soldi e risorse in programmi sociali, in scuole, educazione, sanità?
Ancora una volta l’obiettivo di Valerio Bispuri punta su una realtà tutta da conoscere, ma anche da studiare ed analizzare, come fece a suo tempo con l’impattante reportagefotografico sulle carceri sudamericane dal titolo “Encerrados, viaggio nelle carceri sudamericane” presentato al Palazzo delle Esposizioni a Roma, l’anno scorso nell’ambito del Festival della Letteratura di Viaggio.
*Pubblicato in esclusiva su L’Indro www.lindro.it e qui ripubblicato per gentile concessione