Generale golpista corre alla presidenza dell’Honduras

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di Annalisa Melandri in esclusiva per l’Indro — 23 gennaio 2013

Romeo Vásquez Velásquez, ex militare, uno tra i principali protagonisti del colpo di Stato del 2009 in Honduras,  ha dichiarato domenica scorsa di aver accettato  la candidatura presidenziale per le prossime elezioni di  novembre propostagli dal suo partito, la Alianza Patriotica Hondureña. Il suo annuncio, ha scatenato un vespaio di polemiche  soprattutto negli ambienti progressisti legati all’ex presidente Manuel Zelayaperché l’ex generale Vásquez Velásquez all’epoca dei fatti Capo dello Stato Maggiore delle Forze Armate,  fu colui il quale dette l’ordine, in seguito a pressioni ricevute dal Congresso,  di arrestare e cacciare dal paese — all’alba e in pigiama — il presidente legittimo Manuel Zelaya,  quel 28 giugno del 2009.

La crisi politica in Honduras era iniziata qualche mese prima, con la decisione, via decreto presidenziale,  da parte del presidente Zelaya — che pur appartenendo al Partido Liberal si era avvicinato al blocco latinoamericano dell’Alba guidato dal Venezuela di Hugo Chàvez - di realizzare quello stesso giorno una consulta popolare con la quale chiedere agli hondureni se erano d’accordo  rispetto all’installazione di  una ‘quarta urna’ nei seggi elettorali nel novembre successivo, quando si sarebbero tenute nuove elezioni. Zelaya non era candidato presidenziale  in quanto la Costituzione honduregna proibiva e proibisce tutt’ora  espressamente, la possibilità di una rielezione,  e la ‘quarta urna’ nei seggi  aveva solo il compito di raccogliere i pareri della popolazione sulla possibilità di formare  un’Assemblea Nazionale Costituente che avrebbe avuto il compito di redigere una nuova Carta Magna, quella attualmente in vigore infatti risale al 1982 e fu redatta da una Giunta Militare.

La proposta di Zelaya incontrò una  forte opposizione nei  settori più conservatori ed economicamente più potenti della società, ed era fortemente ostacolata non solo dal Congresso, ma anche dal Tribunale Supremo Elettorale e dalla Corte Suprema di Giustizia. In particolare, il presidente del Congresso  Roberto Micheletti, che aveva  perso le elezioni primarie del suo partito proprio contro Zelaya e del quale era diventato nel corso del governo uno dei più strenui oppositori,  assunse la presidenza de factoimmediatamente dopo il golpe.

Tuttavia era praticamente impossibile, almeno nell’immediato futuro — le elezioni erano programmate di lì a 5 mesi  e in quella sede il popolo avrebbe solo dato un parere rispetto all’Assemblea Costituente — che Zelaya potesse ricandidarsi, il processo per cambiare la Costituzione e permettere la sua rielezione  era lungo ed articolato e comunque affidato ad una consulta popolare.

La destra honduregna, legata sicuramente agli Stati Uniti (che appoggiarono sfacciatamente  il colpo di Stato mettendo addirittura a disposizione una loro base aerea per il trasferimento di Zelaya) e a potenti gruppi economici,  non vedevano di buon occhio  la nuova sintonia che si era stabilita tra il liberale Manuel Zelaya e la parte più progressista dell’America latina ma anche l’ingresso del paese nell’Alba, l’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America.

Il generale  Vásquez Velásquez si rifiutò  il 25  giugno del 2009 di eseguire l’ordine  di Zelaya  di raccogliere e distribuire il materiale informativo relativo alla consulta da porre nei seggi e venne rimosso dallo stesso presidente  dal suo incaricoIl giorno dopo,  la  Corte Suprema di Giustizia lo reintegrò al suo posto e il 28 giugno avvenne il golpe. Quello stesso giorno, Roberto Micheletti fu  nominato presidente de facto del paese fino alla fine del  periodo presidenziale, nel gennaio dell’anno successivo. L’Esecutivo con a capo Micheletti scatenò una violentissima repressione contro le migliaia di manifestanti che si erano riuniti nei pressi della casa presidenziale, negli scontri con l’esercito e anche successivamente si registrano vari morti, centinaia furono i feriti e si riportarono vari casi di persone scomparse. La stampa contraria  al regime (i grandi mezzi di comunicazione del paese invece, in mano a potenti famiglie locali,  lo avevano sostenuto fin dal principio) fu silenziata e venne stabilito lo Stato d’assedio con la sospensione delle  garanzie costituzionali individuali.  Il golpe venne  condannato  duramente anche a livello internazionale e il paese fu sospeso dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA). Il generale che nel Congresso era stato acclamato come ‘eroe nazionale’ per l’atto di disobbedienza al presidente, fu a capo delle repressioni e delle violenze  contro la popolazione contraria al regime e contro i sostenitori di Manuel Zelaya che in quel momento si trovava fuori dal paese e impossibilitato a farvi ritorno.

Nel marzo del 2010 l’ex ufficiale  era stato nominato dal nuovo presidente Porfirio Lobo al vertice della compagnia telefonica statale Hondutel, incarico che ha lasciato annunciando la sua candidatura alla presidenza. “Sento che la Patria ha bisogno di me” ha dichiarato in un hotel di Tegucigalpa ai suoi sostenitori promettendo di tirare fuori il paese dalla spirale di miseria  e violenza nella quale si trova immerso. Le sue dichiarazioni hanno immediatamente scatenato le proteste dei movimenti sociali e dei settori vicini all’ex presidente Zelaya, che considerano la candidatura dell’ex generale inaccettabile per essersi macchiato di violenze e abusi contro la popolazione.

Gli altri principali candidati per la prossima campagna  presidenziale sono Juan Orlando Hernández (Partido Nacional) e presidente del Congresso, Mauricio Villeda del Partido Liberal e  Xiomara Castro, moglie dell’ex presidente Zelaya del Partido Libre.

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