La Repubblica Dominicana sfida il gigante dell’oro
La revisione del contratto con la canadese Barrick Gold, annunciato da Medina, riscuote consensi in patria e discussioni all’estero
di Annalisa Melandri — in esclusiva per l’Indro — 8 Marzo 2013
Nel suo discorso alla nazione, pronunciato al cospetto dell’ Assemblea Nazionale il 27 febbraio scorso, in occasione del 169° anniversario dell’Indipendenza, il presidente della Repubblica Dominicana Danilo Medina, ha toccato molti tempi importanti di interesse nazionale.
Per Medina si è trattato del suo primo discorso annuale della “rendición de cuentas” (assunzione di responsabilità) al paese, evento che quest’anno coincideva, oltre che con l’anniversario dell’Indipendenza Nazionale, anche con altre due ricorrenze importanti per il popolo dominicano: il bicentenario della nascita di Pablo Duarte, uno dei padri della Patria, e il 50° anniversario dell’insediamento di Juan Bosch, avvenuto il 27 febbraio del 1963, dopo le prime elezioni libere e democratiche della storia politica della Repubblica Dominicana. Juan Bosch venne tuttavia destituito per le sue posizioni progressiste pochi mesi dopo, da un colpo di stato militare organizzato con l’appoggio degli Stati Uniti.
Danilo Medina ha definito Juan Bosch, che nel 1973 fondò il partito al quale appartiene, il Partito della Liberazione Dominicana, PLD (di centro, liberale) come suo “mentore, maestro e leader” e ha detto che le priorità del suo governo saranno la “lotta contro la disuguaglianza e la povertà” e la trasformazione del sistema educativo.
Ha parlato di gestione di finanza pubblica e di politiche volte a evitare “spese inutili e irrazionali”, di salute pubblica e di un piano programmato con il ministero delle Opere Pubbliche per il completamento della viabilità e degli alloggi popolari, di sicurezza della popolazione e del Piano Nazionale di Sicurezza Cittadina che una apposita commissione sta approntando, del settore agricolo e dell’allevamento e delle sfide e difficoltà che stanno attraversando in questo momento.
I temi trattati sono stati molti e tutti nevralgici per il paese e il discorso, nel suo complesso, al di là dell’ovvia retorica di circostanza, ha riscosso grande successo nella società civile, contribuendo ad aumentare il già discreto indice di popolarità di Danilo Medina.
Uno tra i vari argomenti affrontati dal presidente ha tuttavia attirato, per la forma con il quale è stato affrontato, oltre al consenso generalizzato della popolazione, anche l’attenzione dei media internazionali e le preoccupazioni di una parte del settore imprenditoriale e di alcune rappresentanze diplomatiche presenti nel paese. Si tratta di quanto espresso da Danilo Medina rispetto alcontratto che la Repubblica Dominicana ha con la canadese Barrick Gold Pueblo Viejo per lo sfruttamento delle risorse minerarie, oro e argento in modo particolare.
Da tempo ampi settori della società civile stavano reclamando la revisione delle condizioni finanziarie di tale contratto, stipulato dall’ex presidente Leonel Fernández con la Placer Dome alla quale nel 2006 era subentrata la Barrick Gold.
Allora, ha puntualizzato Medina, “il 25 marzo del 2002, alla borsa di Londra il prezzo dell’oro era quotato in 298 dollari l’oncia”, oggi invece sta a 1700 dollari l’oncia “sei volte più alto”.
Il presidente ha criticato la compagnia canadese, perché, nonostante le decine di riunioni che hanno avuto luogo negli ultimi sei mesi con i suoi dirigenti, il governo dominicano non è riuscito “a convincerla sulla necessità e l’urgenza di apportare le correzioni necessarie allo schema attuale di distribuzione delle entrate”.
Le condizioni sono cambiate e le circostanze sono diverse, “se per mutuo accordo non cambiamo i termini fiscali del contratto durante i primi anni, va a finire che la Barrick Gold rimane praticamente con tutto e il popolo dominicano con niente” ha aggiunto Danilo Medina.
La Barrick Gold, dallo sfruttamento della miniera di Pueblo Viejo, otterrebbe ai prezzi attuali dell’oro, entrate al netto dei costi operativi di 2 miliardi e 600 milioni di dollari nei primi anni di produzione, “recuperando il capitale iniziale investito in poco più di due anni”.
“Mai prima di adesso, nella storia dell’umanità si è verificato che un’ impresa estrattiva abbia recuperato il suo investimento in tanto poco tempo, mentre lo Stato del paese ricettore dell’investimento sta ricevendo solo briciole” ha continuato il presidente davanti di un’Assemblea sempre più entusiasta.
“Dei 753 milioni di dollari di entrate annuali di esportazione il Governo dominicano appena riceverà 56 milioni di dollari. In altre parole, durante i primi anni, di ogni 100 dollari di entrate per le esportazioni di oro ed altri metalli, la Barrick ne riceverà 97 e il popolo dominicano 3! Questo, dominicane e dominicani è semplicemente inaccettabile!” ha concluso Danilo Medina tra gli applausi dei presenti in piedi.
Le reazioni non si sono fatte attendere, nonostante durante il suo discorso il presidente abbia più volte ribadito che nel paese vige un clima ottimale per gli investimenti stranieri e che la certezza del diritto verrà garantita.
L’ambasciatore canadese in Repubblica Dominicana, George Boisse ha detto che l’argomento riguarda solo l’impresa e la Repubblica Dominicana, che le relazioni tra i due paesi sono forti e stabili da molto tempo e che il dialogo risolverà tutto, mentre il capo della rappresentanza diplomatica statunitense, l’ambasciatore Raúl Izaguirre ha invece dichiarato che la decisione del presidente Medina di rinegoziare il contratto potrebbe avere “conseguenze” per il paese e potrebbe essere “pericolosa” per le relazioni internazionali.
In particolare, proprio queste dichiarazioni hanno preoccupato alcune associazioni di imprenditori tra le quali l’Associazione Nazionale dei Giovani Imprenditori secondo la quale la presa di posizione di Danilo Medina rappresenterebbe una minaccia alla certezza del diritto e potrebbe disincentivare gli investimenti stranieri.
Anche se ancora non sono ben chiare le mosse future, per ora il governo dominicano continuerà sulla via del dialogo con la Barrick Gold che ha offerto soltanto di anticipare le tassazioni future, e che ha dichiarato che non sono sul tavolo delle trattative “la rinegoziazionedel contratto, la ridefinizione delle regole e cambiare il quadro giuridico che protegge gli investimenti”.
Oltre alla difesa della sovranità nazionale e delle risorse del paese, c’è anche da parte del governo l’impellente necessità di far cassa per far fronte all’enorme deficit fiscale rilevato al 2012 che ammonta a oltre 4 miliardi di dollari.