La storia di Yorio e Jálics

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Il coinvolgimento di Bergoglio e di una Chiesa omertosa nel sequestro dei due gesuiti argentini

di Annalisa Melandri — in esclusiva per l'Indro- 20 Marzo 2013

 

Fu l’argentino Emilio Mignone, avvocato, scrittore, difensore dei diritti umani,  vicepresidente dell’Assemblea Permanente per i Diritti Umani  di Buenos Aires e fondatore del Centro di Studi Legali e Sociali (CELS) nel suo libro "Chiesa e Dittatura” del 1986 a citare per primo il coinvolgimento di Bergoglio nel sequestro dei due gesuiti Orlando Yorio e  Francisco Jálics avvenuto il 23 maggio 1976.

Yorio e Jálics operavano allora in una delle tante villas miserias (favelas) di Buenos Aires. Il loro rapporto con gli ultimi della terra e la loro attività religiosa a fianco dei poveri e dei derelitti che vivevano in quei quartieri emarginati non erano ben visti dalle alte gerarchie della Chiesa e dal Provinciale dei Gesuiti, all’epoca Jorge Mario Bergoglio. Questi intimò ai due sacerdoti di andarsene e di abbandonare il loro lavoro pastorale, di fronte al loro rifiuto  li allontanò dall’ordine. Bergoglio ha sempre sostenuto di averlo fatto per il loro bene, anche in una testimonianza resa, dopo vari tentativi di rimandarla, nel corso del processo ESMA. Tuttavia, ai due sacerdoti venne a mancare la protezione della Chiesa e questo fu visto dai militari come un’autorizzazione a procedere al loro arresto, che avvenne nel maggio del 1976. Circolavano voci infatti, secondo le quali  i due sacerdoti  avevano stretti contatti con i guerriglieri Montoneros ed elementi sovversivi di sinistra. Non era vero, all’epoca bastava avere semplici simpatie per i poveri  per essere considerato un sovversivo.

I due gesuiti rimasero cinque mesi presso la Scuola Meccanica dell’Armata (ESMA), uno dei centri di detenzione clandestini della dittatura, dove furono sottoposti a violente torture. Yorio non si riprese mai da quell’esperienza e morì nel 2000. Fino all’ultimo,continuò a denunciare il ruolo di Bergoglio nel loro arresto, prima mettendo in circolazione voci false sul loro conto e poi non facendo nulla per proteggerli, avendo una tteggiamento ambiguo per tutto il periodo della detenzione. Jálics che vive ritirato in un monastero in Germania, afferma invece di essersi “riconciliato” con quel passato e di considerarlo un “capitolo chiuso”.

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