Messico, verso la privatizzazione di Pemex?

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di Annalisa Melandri — in esclusiva per L’Indro — 22 Marzo 2013

Ogni volta che in Messico sul tavolo del dibattito politico viene messa la possibile privatizzazione della Pemex (Petròleos Mexicanos), la principale impresa parastatale petrolifera del Paese, o anche la sola ipotesi di realizzare riforme interne nella sua amministrazione, la società civile del si mobilita.

È successo anche una settimana fa, in occasione del 75° anniversario dell’espropriazione, da parte del Presidente Lázaro Cárdenas,  di 17 compagnie petrolifere straniere, il 18 marzo del 1938. Cárdenas metteva così fine a 20 anni di sfruttamento illimitato e in condizioni lavorative quasi al limite della schiavitù per gli operai messicani, delle risorse energetiche del paese. Il 7 giugno di quell’anno fu fondata la Petróleos Mexicanos.
A Cittá del Messico circa 60mila persone, domenica 18 marzo, sono scese in strada, rispondendo a una convocazione del Partito della Rivoluzione Democratica (PRD), di centro sinistra, all’opposizione, alla quale hanno risposto anche altre forze politiche minoritarie. Al grido di «Pemex non si vende, Pemex si difende» i manifestanti si sono riuniti nei pressi del Monumento alla Rivoluzione per ricordare a Peña Nieto, il Presidente del paese, recentemente eletto, che la compagnia petrolifera è, costituzionalmente, un bene dello Stato e come tale di tutti i cittadini. È un dibattito ormai vecchio in Messico ma puntualmente, ogni tanto  riacquista vigore.

I promotori della privatizzazione sostengono che questa sarebbe la soluzione per rilanciare un’azienda che ha bisogno di ingenti iniezioni di capitali per poter aumentare la produttività. Questa era anche la posizione del direttore generale della compagnia Juan José Suárez Coppel, in carica fino all’anno scorso, che sosteneva che Pemex aveva bisogno di cambiare tipologia di investimenti, i quali ad oggi, sono determinati dal governo con base sui fondi di bilancio disponibili  e non sulle reali opportunità che tali progetti rappresenterebbero per il futuro dell’impresa. D’altro canto  la Costituzione messicana, nel suo articolo 27 stabilisce in sostanza che spetta «alla Nazione il controllo diretto del petrolio e di tutti gli idrocarburi solidi, liquidi o gassosi» e quindi la privatizzazione della Pemex dovrebbe, in teoria, passare per una modifica costituzionale.
Inoltre, ampi settori della società civile contrari alla privatizzazione sostengono che questa non è necessaria ma che l’impresa ha  solo bisogno di modernizzazione e di una riforma importante della sua struttura amministrativa. Il vero problema consiste, invece, nella corruzione che imperversa nei vertici aziendali e che sottrae ingenti quantitativi di liquidità alla compagnia.

Nel ‘Patto con il Messico un’agenda comune scritta tra le principali forze politiche di opposizione e  il Governo di Enrique Peña Nieto immediatamente dopo il suo insediamento, avvenuto il primo dicembre scorso, viene ribadita la necessità di una  riforma importante del settore energetico «che lo converta in uno dei più importanti motori della crescita attraverso l’incentivazione degli investimenti e lo sviluppo tecnologico», mentre  rispetto alla Pemex,  nell’accordo si ratifica la «necessità di realizzare le riforme necessarie tanto nell’ambito della regolazione delle entità parastatali, come nel settore energetico e fiscale per trasformarla  in un’impresa pubblica di carattere produttivo che si conservi come proprietà dello Stato ma con capacità di competere nell’industria fino a diventare un’impresa di portata mondiale».

Anche se viene quindi ribadita in questa bozza di accordo non vincolante tra Governo e forze di opposizione, la proprietà dello Stato sulla Pemex, alcuni settori vedono nello smodato utilizzo che si fa dei termini  ‘riforma’, ‘revisione’ e ‘regolazione’ nel  discorso ufficiale rispetto al tema energetico, un tentativo sottile di avviare forme diverse di privatizzazione che, assicurano alcuni analisti, potrebbero realizzarsi anche a prescindere da una modifica della Costituzione.

Come sottovalutare queste preoccupazioni se d’altra parte era stato  proprio Luis Videgaray, nominato coordinatore delle riforme economiche da Enrique Peña Nieto nel luglio del 2012 e capo della sua squadra di transizione a  confessare al  ‘The Wall Street Journal’ sulla possibilità di privatizzare la Pemex e a dichiarare che la possibilità di aprire le porte della compagnia ai capitali  stranieri era  ormai «a portata di mano»?

All’imponente manifestazione del 18 marzo scorso era presente anche Cuauhtémoc Cárdenas, considerato il ‘leader morale’ del PRD nonché figlio dell’ex presidente Lázaro Cárdenas, il quale ha detto che Pemex sicuramente ha bisogno di  una profonda  modernizzazione dal momento che rappresenta la maggiore impresa dello Stato  al quale apporta oltre il 40% delle sue entrate ma che «modernizzare non è privatizzare» e che il suo partito rimane fedele  all’eredità storica della nazionalizzazione delle risorse  del paese e che la difenderà come possibile.
Il segretario generale del partito inoltre, Alejandro Sánchez Camacho, ha convocato una consulta popolare per agosto per chiedere alla cittadinanza di esprimersi rispetto alla privatizzazione.

Il Messico possiede riserve petrolifere per 13 miliardi  di barili di crudo ma la produzione è in calo da molti anni, passando dai dai 3,4 milioni di barili al giorno del 2004 ai circa 2,5 milioni di barili di oggi, anche se in un comunicato dell’ottobre scorso la Pemex ha diffuso la notizia di aver trovato due grandi giacimenti di petrolio nel Golfo del Messico a Tamaulipas che potrebbero assicurare stabilità economica per i prossimi trent’anni.

Il tema è attuale e ha bisogno di una soluzione urgente. Tuttavia intorno alla privatizzazione girano troppi interessi, non sempre leciti. L’ombra del sospetto circonda anche la recente esplosione della torre esecutiva Pemex a Città del Messico, avvenuta il 31 gennaio scorso che ha provocato 37 morti e oltre  un centinaio di feriti. Anche se la Procura della Repubblica ha negato la possibilità di un attentato attribuendo l’incidente ad un accumulazione di gas nelle tubazioni, circola, in alcuni ambienti, il sospetto che si possa mettere  in relazione alle intenzioni di privatizzare la compagnia o addirittura di un auto attentato. Teorie cospirative a parte, gli incidenti negli stabilimenti Pemex , che avvengono periodicamente, sono una realtà, segnale inequivocabile, che si tratta di un’azienda che ha sicuramente bisogno di rinnovamento.

 

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