Venezuela al voto: intervista a Marcelo Colussi
Intervista a Marcelo Colussi, analista politico italo-argentino
di Annalisa Melandri in esclusiva per l’Indro — 10 aprile 2013
In caso di vittoria del’Opposizione, i rapporti con Cuba e il processo di integrazione con l’Alba subiranno un cambio di rotta
Sebbene la campagna elettorale in vista delle elezioni di domenica prossima, 14 aprile, in Venezuela sia formalmente iniziata solo lo scorso 2 aprile, questa effettivamente aveva preso avvio già poche ore dopo la morte del presidente Hugo Chávez, avvenuta il 5 marzo.
Per i venezuelani sarà il terzo appuntamento elettorale in poco meno di un anno, caratterizzato questa volta dall’assenza, per lo meno sul piano fisico, del leader della Rivoluzione Bolivariana, Hugo Chávez Frías.
Sono state settimane intensissime queste, sia per Nicolás Maduro, il candidato ufficiale del ‘chavismo’ ma anche presidente in carica, il “figlio di Chávez” com egli stesso si definisce, sia per Enrique Capriles Radonsky, il candidato dell’opposizione, riuniti nella Mesa de Unidad Democrática (MUD).
Quello che distingue questa campagna elettorale, e non poteva essere diversamente dal momento che è iniziata sull’onda del dolore e della commozione popolare per la morte del presidente, è sicuramente la forte connotazione spirituale , con unaspiccata impronta religiosa venata di sincretismo, che ha assunto. Inevitabilmente, viste le circostanze e visto il paese, il Venezuela, dove il cattolicesimo si inserisce e si fonde quotidianamente con elementi di religioni diverse.
E infatti, proprio incarnando il caratteristico sincretismo venezuelano, Nicolás Maduro passa dalle preghiere in una cappella di Barinas, dove riesce a “sentire” lo spirito di Chávez che lo benedice sotto le spoglie di un “pajarito chiquitico”, un uccellino piccolino, al lanciare la “maledizione ancestrale di Maracapana”, una antica leggenda indigena dell’Amazzonia venezuelana, dove si trovava in campagna elettorale, contro chi non voterà per lui, in quanto la sua sconfitta rappresenterà la sconfitta dei diritti di tutto il popolo.
Soprattutto, piaccia o no alla recalcitrante opposizione, che giunge a quest’appuntamento dopo due sconfitte consecutive (quella del 7 ottobre per le presidenziali e quella del 6 dicembre per le amministrative) si tratta di una campagna elettorale permeata e influenzata totalmente, nonostante sia trascorso oltre un mese dalla sua morte, dalla figura e dal ricordo a tinte vive del “gigante”, come María Gabriela Chávez, in lacrime, il giorno del funerale, ha definito suo padre in una lettera che ha letto pubblicamente.
E Hugo Chávez effettivamente non sembra mai essersene andato; vive per le strade di Caracas, vive sui murales, vive negli occhi e nei discorsi della gente, vive nelle lacrime e nella processione di persone che ancora oggi, a oltre un mese dalla sua morte, si recano numerose a portargli omaggio al Cuartel della Montaña, dove è sepolto, nel rivoluzionario e popolare barrio 23 de Enero. Vive, soprattutto, nella retorica del chavismo e di quella del partito ufficialista, il PSUV (Partido Socialista Unido de Venezuela), che si nutrono così ancora della sua energia, riuscendo a mantenere vivo quel legame che aveva Hugo Chávez con il suo popolo che, ancor prima della sua morte, trascendeva la politica e arrivava diretto al cuore e ai sentimenti e che rendeva così peculiare quella relazione.
“Almeno per queste elezioni - ci spiega Marcelo Colussi, analista politico italo-argentino, filosofo, giornalista e docente universitario, attualmente residente in Guatemala, che da anni segue il processo rivoluzionario in Venezuela - la figura di Chávezcontinua ad essere il principale sostegno della rivoluzione, funziona cioè come idolo agglutinante”. “Chávez - aggiunge - è infatti ormai un mito e come tutti i miti, è diventato intoccabile”.
Perfino Capriles ha dovuto accettarlo e rendersene conto, e ha dovuto cambiare tono e chiedere scusa alla famiglia dell’ex presidente per le insinuazioni che fece all’indomani dei suoi funerali riguardanti il fatto di piangere su una bara vuota, ipotizzando improbabili complotti di governo (con la complicità dei Chávez) per nascondere la data reale della morte del Comandante.
Capriles, punta adesso su altri temi, che toccano direttamente ‘la pancia’ dei venezuelani: la corruzione tra le fila della dirigenza chavista, l’insicurezza del paese e il nazionalismo e lo fa in questo caso approfittando del debole che hanno i venezuelani per le telenovelas, avvalendosi della collaborazione dell’attore Guillermo Garcia, che ha dichiarato su twitter di essere “nemico del chavismo e di Nicolás Maduro”, diffondendo una mini novela in internet basata sulla relazione tra Cuba e Venezuela dal titolo emblematico: “Continuerà questa novela cubana?”.
Sì, perché anche questo è uno dei temi caldi sui quale fa leva l’opposizione per riscuotere consenso: il malumore, da parte di un settore importante della popolazione, per gli aiuti in petrolio concessi al governo cubano, considerati eccessivi, in cambio della presenza in Venezuela di medici, che toglierebbero lavoro e spazio ai neo laureati in medicina del paese. Ai medici cubani presenti in Venezuela, promette con non poca ipocrisia Capriles in caso di vittoria, verrà offerta la nazionalità, nel caso lo vogliano, “di un paese dove c’è democrazia”, mentre, puntualizza, i militari del Governo cubano dovranno uscire dalle Forze Armate.
Sicuramente, nel caso di vittoria dell’opposizione, i rapporti del Venezuela con Cuba, ma anche tutto il corso della stessa integrazione latinoamericana, dell’Alba, l’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America e degli altri organismi regionali, subiranno un improvviso e repentino cambiamento di rotta. E questo sovvertimento della geopolitica regionale potrebbe rappresentare l’aspetto più inquietante e rischioso di un’eventuale vittoria di Enrique Capriles.
Sebbene sul piano interno, promette che in tal caso non realizzerà grandi stravolgimenti rispetto alle opere sociali realizzate da Hugo Chávez in beneficio dei settori più vulnerabili della popolazione e sebbene Capriles non sia il candidato più estremista che l’opposizione venezuelana di destra conosca, le sue amicizie e gli appoggi internazionali che riceve, dal colombiano Álvaro Uribe agli esponenti più conservatori e reazionari del panorama della destra mondiale, taluni perfino vicino al terrorismo anticastrista di Miami, lo configurano come perfetto ‘cavallo di Troia’ per permettere l’infiltrazione nel paese di elementi che fin dal golpe del 2002, cercano di sovvertirne, con la complicità o il tacito consenso di Washington, l’ordine costituzionale. “Infatti, — spiega Marcelo Colussi – oltre alla retorica della destra che accusava Chávez di dilapidare l’entrata dei petrodollari, non ci sono dubbi che la solidarietà internazionale sia stata l’aspetto più importante della presenza venezuelana nella regione”.
Spiega l’analista che con la creazione dell’ALBA, voluta da Cuba e Venezuela, “si sono stabilite le basi per un’alleanza e un’integrazione basate sulla cooperazione e la solidarietà, rifiutando l’ingerenza di Washington e promuovendo un atteggiamento di fratellanza regionale”. “È innegabile - sottolinea Colussi – il fatto che Chávez abbia segnato storicamente, un prima e un dopo nella regione”.
In tutto questo complesso e delicato contesto, la discussione dei temi politici, quelli veri, fanno da sottofondo. In fin dei conti il paese è appena uscito dalle recentissime elezioni del 7 ottobre scorso, quando Hugo Chávez ha vinto con il 55,07 per cento dei voti sullo stesso Enrique Capriles Radonski (44,31 per cento) e quando ognuno dei contendenti ha promesso quello che doveva e ha raccolto le adesioni che poteva.
Lo scenario in questo senso è immutato. Maduro ha ottenuto, e non poteva essere diversamente, l’appoggio del Partito Comunista del Venezuela (che fa parte insieme ad altre forze minoritarie di sinistra e movimenti popolari della coalizione ufficialista del Gran Polo Patriótico) e ha ribadito che il suo programma di governo sarà “il testamento del comandante Chávez” cioè il Secondo Piano Socialista per la Nazione 2013–2019.
Se sembra scontata domenica la vittoria di Nicolás Maduro su Capriles, difficile è invece fare una previsione rispetto ai numeri, anche se si può ipotizzare un 10/15 a favore di Maduro. È una guerra di sondaggi in queste ore, completamente diversi l’uno dall’altro, per metodologia utilizzata e per risultato, come spesso d’altra parte accade in ogni appuntamento elettorale in America latina.
“Credo che i numeri abbiano poca importanza, ma tutto indica che il movimento bolivariano sicuramente vincerà di nuovo - ci spiega Marcelo Colussi - quello che ci interessa veramente è capire cosa succederà a medio termine, che scenari si potranno disegnare oltre la data delle elezioni”. “In altri termini - aggiunge - la questione principale consiste nel vedere e capire la direzione che prenderà tutto il processo rivoluzionario attualmente in corso nel paese. Possono accadere varie cose: che il Movimento Bolivariano si radicalizzi, che si sposti a destra, che avvenga come in Argentina con il Peronismo, tra peronisti e antiperonisti, con la creazione di un forte conflitto tra chavisti e antichavisti”. Quale sarebbe a questo punto lo scenario più probabile? “Potrebbe essere quello dell’avanzamento della destra endogena, rappresentata dai nuovi ricchi, dai burocrati di professione, che con il tempo hanno lentamente sequestrato tutto il processo rivoluzionario”.
È proprio questo settore, minoritario ma potente, nutritosi e cresciuto tra corruzione e proventi del petrolio (quello che Colussi chiama “socialismo petrolifero”) quello che potrebbe rappresentare in futuro l’anello di congiunzione con l’antichavismo, e che permetterebbe a questo il mantenimento di vecchi privilegi per non perdere i propri recentemente acquisiti all’ombra di Petrocaribe, la compagnia petrolifera statale.
A quel punto, solo il popolo venezuelano, con la sua coscienza civile e politica, esplosa con il Caracazo del 1989 e che Chávez ha contribuito in tutti questi anni a coltivare e far crescere, potrebbe e dovrebbe, forte del suo ruolo, diventare il vero guardiano della Rivoluzione Bolivariana e il vero protagonista del ‘Socialismo del XXI secolo’.