Venezuela, via al dialogo tra governo e imprenditoria
di Annalisa Melandri — in esclusiva per L’ Indro — 17 maggio 2013
E’ noto che le relazioni tra il governo bolivariano del Venezuela e una parte del settore imprenditoriale e produttivo del Paese non siano proprio ottime. Tuttavia qualcosa probabilmente sta cambiando, nel nome dell’interesse nazionale e di quello del popolo venezuelano.
Lunedì prossimo, 20 maggio, inizieranno alcuni incontri tra i rappresentanti del governo e gli imprenditori del paese, con lo scopo di discutere strategie per garantire la produzione di alimenti destinati al consumo della popolazione. La carenza di prodotti sul mercato sta diventando una vera emergenza nazionale con scambio di accuse reciproche tra governo e settore imprenditoriale. Una “guerra economica” vera e propria la definisce l’officialismo. Il governo ha accusato, sia in passato, e recentemente lo ha fatto anche il presidente Nicolás Maduro, alcuni imprenditori di trattenere grandi quantitativi di prodotti del paniere alimentare di base nei magazzini, proprio con lo scopo di procurare un’emergenza, mentre gli imprenditori hanno accusato (e accusano) il governo di aver distrutto in tutti questi anni l’apparato industriale del paese.
La deindustrializzazione del Venezuela è un lento processo iniziato già verso la fine degli ’80, e successivamente proseguito con le misure neoliberali imposte dall’ “Agenda Venezuela”, il piano economico (e politico) studiato a tavolino dal governo di Rafael Caldera (1994–1999) e dal Fondo Monetario Internazionale. E il peso politico è poi ricaduto interamente sul governo diHugo Chávez. Sicuramente la Revolución Bolivariana, di stampo socialista, non ha avuto come priorità quella di dare impulso e di riattivare l’apparato produttivo e industriale venezuelano — che tra l’altro è quasi interamente nelle mani dell’opposizione — o di varare misure che lo favorissero, anche perché l’emergenza (e la promessa) era quella della redistribuzione sociale dei proventi del petrolio. Sono stati inoltre favoriti altri settori come la produzione di cellulari, di automobili e di macchine agricole.
Questo, oggi, può dirsi quindi un momento “nodale”, cruciale quasi, per l’economia venezuelana: il governo deve importare la maggior parte dei beni di prima necessità, dalla carta igienica agli alimenti, e si trova nella condizione di dover intraprendere un dialogo con un settore che gli si è sempre dimostrato ostile, quando non è stato addirittura apertamente golpista (come durante il colpo di Stato del 2002).
Se è vero che importanti accordi in questo senso si stanno stipulando all’interno degli organismi multilaterali regionali, e ne va messa in risalto l’importanza proprio per il fatto di voler cercare una soluzione comune con gli altri paesi dell’area, come per esempio la creazione della Zona Economica Petrocaribe che avrà l’obiettivo di sviluppare i settori produttivi dei paesi membri di Petrocaribe a partire dalla conformazione di catene di produzione, che saranno il risultato di una pianificazione economica della regione, è anche vero che il governo ha necessità di trovare soluzioni urgenti al problema e che per farlo si è reso necessario il dialogo con il settore imprenditoriale. Il ministro dell’economia venezuelano, Nelson Merentes, ha dichiarato infatti che quello che dovrà fare il governo adesso «sarà portare avanti una fase di avvicinamento con il settore privato senza disattendere la nuova economia socialista» e che i temi trattati nel corso delle riunioni che inizieranno lunedì prossimo a Caracas saranno «economici, fiscali e finanziari». Tra gli obiettivi a breve termine della riunione, c’è la discussione rispetto all’aumento della produzione per cercare di ridurre l’inflazione (al 20,1 per cento alla fine del 2012), e per far fronte alla scarsità di beni, mentre più a lungo termine la discussione di misure volte a facilitare le esportazioni.
Già i primi giorni di questa settimana il presidente Maduro ha tenuto importanti riunioni con i dirigenti del gruppo Polar, considerata la compagnia più grande ed importante del paese, accusata dal governo nei mesi scorsi e anche più recentemente di conservare nei propri magazzini ingenti quantitativi di alimenti per procurare volontariamente scarsezza alimentare. La compagnia, che ha sempre negato le accuse, colpevolizza a sua volta il governo di scarsa attenzione alle necessità del settore, di difficoltà per l’ottenimento di divise straniere (a causa del forte controllo dei cambi che vige in Venezuela) per l’acquisto di materie prime e di anomalie nella distribuzione. I dirigenti dell’impresa assicurano che si è trattato di un incontro “cordiale, diretto e sincero”, mentre il presidente Maduro li ha invitati alla collaborazione con il governo socialista per soddisfare le necessità del popolo. Sembrerebbe che siano stati raggiunti importanti accordi, sui quali tuttavia mancano ancora comunicazioni ufficiali del governo. Le parti, sembra che finalmente si siano impegnate ad affrontare e risolvere insieme alcuni punti cruciali per poter garantire un aumento della produzione nel futuro, come quello di non “politicizzare il tema alimentare”, l’acquisizione da parte della Polar di un impianto di produzione statale di mais per metterlo a lavorare a pieno regime, l’impegno a semplificare e velocizzare le modalità di importazione del mais e consegna agli stabilimenti Polar per la trasformazione in farina e un controllo sui prezzi.
Un nuovo corso dell’economia venezuelana quindi? Sicuramente il governo bolivariano si trova nell’urgenza di trovare accordi con il settore privato, che, come ha affermato anche il ministro Merentes «rappresenta il 70 per cento del motore dell’economia venezuelana». Il Socialismo del XXI secolo deve quindi, almeno in questa fase, fare i conti ancora con il capitalismo, ancora lontano dal socialismo vero e proprio, al quale comunque non ha mai avuto l’intenzione di rifarsi, sicuramente lontano anche dal modello cubano, tanto temuto dall’opposizione, si avvicina probabilmente al modello cinese, ma con caratteristiche e peculiarità proprie che gli conferiscono le lotte, le rivendicazioni e lo spirito anti imperialistico tipico dell’America latina.