Colombia, degenera il conflitto agrario nel Catatumbo

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di Annalisa Melandri — in esclusiva per L’Indro - 26 Giugno 2013

In Colombia, una protesta di circa 4mila contadini, (il cui numero si è quadruplicato negli ultimi giorni)  nella regione del Catatumbo (Norte de Santander), nella zona nordorientale del Paese  al confine con la Repubblica Bolivariana del Venezuela, iniziata pacificamente, è stata repressa duramente dall’esercito, provocando due morti e oltre trenta 30 feriti, alcuni in gravi condizioni. Decine i detenuti, anche nei giorni precedenti.

La situazione è degenerata il 22 giugno scorso, quando militari antisommossa del reparto mobile ESMAD e della controguerriglia  hanno attaccato i manifestanti che stavano cercando di occupare il piccolo aeroporto di Ocaña, dopo che da giorni si stava intensificando la repressione dell’esercito sui manifestanti anche con «uso sproporzionato della forza», come condannato dalla Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH) con l’uso di gas lacrimogeni, proiettili di gomma e anche colpi di fucile sparati sia da terra che dagli elicotteri contro i contadini che dal 10 giugno scorso stavano protestando per la grave situazione umanitaria e sociale in cui si trovano a vivere, in una delle regioni  più povere e a più alta conflittualità sociale del Paese. Nell’attacco di quella giornata hanno perso la vita  i contadini, appena ventenni, Leonel Jácome ed Edison Franco Jaimes, gli altri feriti da armi da fuoco, quasi una decina, sono in gravi condizioni.

L’azione militare è stata duramente condannata anche  dalla  Federazione  Internazionale dei Diritti Umani (FIDH) e dal Comitato Permanente per la Difesa dei Diritti  Umani (CPDH) che in un comunicato congiunto hanno chiesto «la cessazione immediata delle ostilità, delle aggressioni e delle violazioni ai diritti  umani dei manifestanti».

Anche alcune commissioni di verifica che si erano recate sul posto tra le quali quella di International Action For Peace (IAP), del Movimento Nazionale delle Vittime dei Crimini di Stato (MOVICE) e del Collettivo di Avvocati Luis Carlos Pérez sono stati raggiunti da colpi di fucile sparati dagli elicotteri, senza che nessuno dei suoi integranti risultasse ferito.

I contadini chiedono che venga ripreso il tavolo di Interlocuzione e Accordo  installato nel 2009, che sia  finalmente realizzata nel Catatumbo la  Zona di Riserva Contadina (con la quale alcune terre improduttive  e inutilizzate dello Stato sono consegnate ai contadini per rimetterle  in produzione) e perché sia avviato nella regione un piano agricolo alternativo al  programma di sradicamento delle piantagioni illegali di coca. Era iniziato infatti circa tre mesi una operazione imponente di sradicamento di coltivazioni di coca che ha messo letteralmente alla fame centinaia di famiglie che in quell’attività avevano la loro unica fonte di sostentamento.

Emarginazione, latifondismo, povertà estrema, sfollamenti forzosi, mancanza di investimenti da parte dello Stato, sfruttamento selvaggio delle immense risorse naturali (petrolio, carbone e uranio) da parte delle multinazionali straniere, sono alcuni dei principali elementi da cui partire per poter comprendere quanto sta accadendo in questi giorni. Il tutto condito dalla presenza dei gruppi di insorti (FARC ed ELN) ma soprattutto dei paramilitari che svolgono il «trabajo sucio», il lavoro sporco, di esercito e polizia.

Secondo il Collettivo Luis Carlos Pérez, i paramilitari del «bloque Catatumbo» delle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC), comandati da Salvatore Mancuso,  tra il 1998 e il 2005 hanno ucciso per lo meno 11.200 persone, provocato l’abbandono delle loro case e delle loro terre  di  19.000 famiglie (si parla di circa 60 mila persone),  la scomparsa di oltre 600 persone e hanno compiuto oltre 60 massacri. Sebbene smobilitati a partire dal 2004,  hanno continuato le loro attività criminali sotto nomi diversi.  

Le terre sono rimaste prive di mani che le lavorassero,  le case abbandonate, le comunità frammentate e svuotate, sia in senso reale che figurato,  dei vincoli sociali e di sangue  che le tenevano unite. Una landa desolata preparata per ogni tipo di speculazione, da quella agricola con l’implementazione  delle monoculture come la  palma africana, che fa da cornice all’annientamento delle comunità contadine e rurali,  a quella delle concessioni facili alle imprese straniere per lo sfruttamento delle ricchezze del sottosuolo. Tutto intorno, la mafia del narcotraffico, legata  a elementi  dell’esercito e delle istituzioni.

Ma il Catumbo rappresenta anche il paradigma del fallimento del Plan Colombia,  il faraonico piano di aiuti stanziato dal Congresso degli Stati Uniti con lo scopo (di facciata) di lotta al narcotraffico. In realtà un gigantesco piano strategico militare  per gestire con gli aiuti internazionali la lotta alla guerriglia e per spianare la strada agli interessi economici cui si accennava sopra, nel quale gli Stati Uniti hanno investito tra il 2000 e il 2005 quasi tre miliardi di dollari con risultati del tutto discutibili rispetto alla lotta al narcotraffico.

Le fumigazioni aeree con  glifosato hanno rappresentato, e rappresentano tutt’ora anche se forse in misura minore, una componente strategica del Plan Colombia. Non solo nel Catatumbo, ma anche in altre zone della Colombia, hanno distrutto oltre alle coltivazioni illegali di coca e papavero da oppio, anche ogni altra forma di produzione agricola, unica fonte  di sostentamento per le comunità contadine rurali e  hanno prodotto malattie di vario genere nelle popolazioni che vivono nelle zone, da quelle polmonari e dermatologiche, al cancro e alle malattie neurologiche.

Dopo circa un decennio di fumigazioni aeree, il cui uso è stato condannato da varie associazioni ambientaliste  ed umanitarie internazionali, si è passato più recentemente allo sradicamento manuale delle piante di coca, un metodo sicuramente più efficace e rispettoso del medio ambiente, ma che per la presenza invadente del territorio degli «erradicadores» provoca conflittualità sociale diffusa.

Il governo non ha mai approntato, tuttavia, nonostante le promesse, un vero piano di sviluppo agrario alternativo; migliaia di famiglie in Catatumbo vivono esclusivamente grazie ai proventi delle coltivazioni illecite di coca: ignorare questo elemento e continuare nello sradicamento delle piantagioni  senza pensare a fornire loro  un’altra forma di sostentamento significa deliberatamente ignorare che questo vuol dire accendere la miccia di una polveriera sociale dalla portata enorme, ma anche ignorare deliberatamente la possibilità dello scatenarsi di una crisi sociale e umanitaria di notevoli dimensioni.

Gilma Tellez, rappresentante dell’Associazione Contadina del Catatumbo (ASCAMCAT) ha dichiarato recentemente all’agenzia Efe, che «non è un segreto che nella regione viviamo della coltivazione della coca,  tre mesi fa il governo ha mandato gli sradicatori manuali senza proporci nessuna alternativa e ora la gente non ha di che mangiare».

La situazione con il passare delle ore non fa che peggiorare. Si succedono le notizie e proprio in questo momento giunge la  notizia di altri due morti e vari  feriti in scontri che sono avvenuti oggi e che stanno continuando in queste ore nella zona di Aguas Claras.

Ad oggi il numero dei contadini ad essere in mobilitazione è di circa 16mila,  piangono i loro morti che addebitano interamente al presidente Juan Manuel Santos e respingono con decisione le accuse che lui ha mosso al movimento contadino di essere infiltrato dalla guerriglia, una vecchia e pericolosa strategia del potere colombiano per criminalizzare la protesta sociale.

Le proposte che portano avanti sono articolate e numerose: oltre alle alternative economiche alla produzione di coca e alla creazione della  Zona di Riserva Contadina chiedono che venga rivisto il programma  minerario ed energetico previsto nella zona, che considerano una minaccia per la sopravvivenza delle comunità, condannandole allo sfollamento forzoso verso le città; condannano le detenzioni di contadini con l’accusa di presunti crimini vincolati al narcotraffico  per il delitto di ribellione come  un tentativo per disarticolare la protesta sociale; denunciano inoltre le violazioni  dei diritti umani commesse  contro la popolazione da parte della Task Force militare Vulcano presente nella zona.

La gravità della situazione, esplosiva ormai da tempo, portò appena un anno fa, ad aprile del 2012, il presidente Santos a tenere una intera sessione del Consiglio dei Ministri al completo a Timú, una località della regione.  Nel suo discorso alla comunità, dichiarandosi rappresentate di un governo le cui intenzioni sono quelle di «aiutare i più poveri tra i poveri» proferì una serie di promesse in tema di salute, edilizia popolare, viabilità, educazione.

«Sappiamo che questa regione del Catatumbo è stata una delle regioni più colpite  dalla violenza»,  dichiarò in quell’occasione, «che ha problemi seri in materia di povertà di analfabetismo, di salute, di educazione, di mancanza di strade. Ne siamo consapevoli, ne siamo molto consapevoli».

Poi i dialoghi di pace a L’Avana con la guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia.  Il primo dei temi in agenda fu proprio la riforma agraria integrale, nevralgico per il raggiungimento della pace con giustizia sociale nel paese. Le parti, governo e guerriglia,  appena un mese fa davano notizia del raggiungimento di un accordo per poter procedere con la discussione degli altri temi. L’accordo sicuramente non prevedeva l’uso del  piombo dell’esercito sui contadini.

 

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