“Un incubo” la sparizione di persone in Messico
por Annalisa Melandri — in esclusiva per L’Indro - 12 Giugno 2012
‘Affrontare un incubo. La sparizione forzata di persone in Messico’ questo è il titolo del nuovo rapporto di Amnesty International diffuso ai mezzi di comunicazione internazionali il 4 giugno scorso, che fa il punto e denuncia la gravissima situazione della sparizione di persone nel paese. Tra il 2006 e il 2012, il «sessennio luttuoso», come le organizzazioni per la difesa dei diritti umani messicane definiscono il periodo di governo dell’ex presidente Felipe Calderón, sono oltre 26mila le persone scomparse o delle quali non si sa più nulla, secondo il registro della Procura della Repubblica. Sebbene già questo sia di per sé un numero impressionante — oltre 4mila persone l’anno — si teme che sia molto più alto, per l’approssimazione e per la mancanza di metodologia e procedure chiare e trasparenti nella raccolta dei dati da parte delle istituzioni pubbliche.
Si tratta sia di vere e proprie sparizioni forzate (il nome, con cui si indicano le sparizioni di persone avvenute ad opera e con la complicità di agenti dello Stato) ma si tratta anche di sparizioni di persone dovute al crimine organizzato o al narcotraffico e in una piccola percentuale sono anche casi di persone che si sono allontanate spontaneamente dalle loro famiglie.
In ognuno di questi casi la responsabilità dello Stato è gravissima, la Convenzione Internazionale contro la sparizione di persone firmata e ratificata dal Messico, vuole infatti che lo Stato si adoperi immediatamente per far luce su ogni caso di sparizione, forzata o meno che sia. In Messico invece in tal senso «l’impunità è un modello cronico e presente nei casi di sparizione forzata mentre non si realizzano gli sforzi necessari per determinare la morte o il luogo dove si trovano le persone scomparse, punire i responsabili e garantire il diritto alle verità e alla riparazione» secondo quanto dichiarato dal Gruppo di Lavoro sulle Sparizioni Forzate o Involontarie della Missione delle Nazioni Unite in Messico del dicembre del 2011.
Un bilancio pesante che fa Amnesty International in definitiva del governo dell’ex presidente Calderón, durante il quale sono state oltre 60mila le vittime dovute per la maggior parte al narcotraffico o a crimini ad esso collegati: violenza, militarizzazione estrema di interi Stati, impunità, fallimento nelle procedure investigative, mancanza di assistenza alle vittime.
Amnesty International dal 2010 ha svolto una propria indagine indipendente rispetto alla sparizione di persone in Messico, ha raccolto testimonianze, si è incontrata con i familiari delle persone scomparse, ha avuto accesso a denunce e rapporti di indagini, ha tenuto incontri con le autorità e le associazioni indipendenti di difesa dei diritti umani e ha raccolto e documentato 152 casi di sparizioni di persone avvenute in sette stati del paese, la maggior parte in quelle zone dove più alto e il tasso di violenza e maggiore per questo, la presenza delle forze di polizia e dell’esercito, quali Tamaulipas, Chihuahua, Nuevo León, Coahuila, Michoacán e Guerrero.
In 85 di questi casi — oltre la metà — si ha il coinvolgimento delle forze dell’ordine o di funzionari pubblici, per cui si parla di vere e proprie sparizioni forzate, considerate un crimine contro l’umanità, e quindi imprescrittibile e continuato, dalla Corte Penale Internazionale e dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani.
Nel corso della conferenza stampa per la presentazione del rapporto, avvenuta nel Museo della Memoria e Tolleranza di Città del Messico, sono state varie e commoventi le testimonianze che i familiari delle persone scomparse hanno reso alla presenza di oltre duecento persone. Come quella di Brenda Rangel, che dal 10 novembre del 2009 sta cercando suo fratello Héctor, scomparso dallo stato di Coahuila, che ha dichiarato in lacrime che «in Messico si stanno verificando il sicariato forzato e la schiavitù » e che molti dei familiari scomparsi «non sono morti ma sono stati sequestrati e vengono sfruttati dal crimine organizzato», come ha denunciato anche Lucìa Baca, madre dell’ingegniere Alejandro Moreno Baca, scomparso dal 2011, secondo la quale in Messico molti professionisti soprattutto nel campo dell’elettronica e delle telecomunicazioni sono sequestrati ed utilizzati dal crimine organizzato e dai cartelli del narcotraffico per l’installazione delle loro antenne ed apparati di telecomunicazioni.
Rupert Knox, ricercatore specializzato di Amnesty International sulle sparizioni di persone, nel corso della conferenza stampa ha dichiarato che sebbene sia da considerare positivamente la creazione da parte del nuovo governo di Enrique Peña Nieto, di una apposita unità investigativa dedicata a questa specifica tipologia di crimine, c’e da sperare che non accada come in passato rispetto ad altre simili iniziative, come l’unità specializzata contro la violenza di genere e la tratta di persone (Fevimtra) o quella adibita alle indagini sui crimini di Stato commessi durante la Guerra Sucia, (Femospp); queste unità speciali sono state infatti strumenti completamente inadeguati e inefficaci «perché le autorità le hanno utilizzate soltanto per ridurre la pressione interna». «Bisogna vedere — ha aggiunto – che importanza lo Stato conferisce al problema, perché ha risorse per promuovere altri temi che gli interessano ma bisogna vedere quanto invece ha interesse nel risolvere questo».
Il caso più recente, che ha indignato e scosso profondamente l’opinione pubblica è quello relativo alla scomparsa, avvenuta lo scorso maggio, di 11 persone che sarebbero state prelevate con la forza da uomini armati e incappucciati da un bar prossimo alla zona del centro storico di Città del Messico. Le autorità che stanno investigando il caso, ad oggi non hanno nessun indizio certo e hanno solo formulato l’ipotesi che potrebbe trattarsi di un regolamento di conti tra bande rivali. Tra le 11 persone scomparse anche un minorenne e cinque donne.
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