Le Bahamas non abbandonano la pena di morte
di Annalisa Melandri
in esclusiva per L’Indro –20 settembre 2013
Repubblica Dominicana - Le Bahamas, oltre ad essere un paradiso fiscale e uno dei luoghi di villeggiatura più visitato da vip e personaggi dell’alta società, sono anche uno dei 30 Paesi al mondo dove la pena di morte è ancora vigente. Anche se nel piccolo arcipelago, situato in America centrale ma appartenente al Commonwealth, l’ultima esecuzione capitale risale ormai all’anno 2000 (tanto che il paese viene definito “abolizionista di fatto”), la pena di morte è ancora vigente per alcuni tipi di reato come l’omicidio aggravato, l’alto tradimento, il terrorismo e le violazioni del diritto umanitario.
Un significativo passo in avanti verso l’eliminazione della pena capitale è stato fatto nel 2006, con una importante sentenza emessa dal Comitato Giudiziario del Privy Council (il Consiglio Privato, che ha sede nel Regno Unito) che ha abolito l’obbligatorietà della condanna alla pena di morte per omicidio (che fino a quel momento veniva applicata automaticamente “d’ufficio” non tenendo in conto cioè delle eventuali attenuanti) considerandola incostituzionale e in aperta violazione dei trattati internazionali sui diritti umani. Amnesty International salutò allora favorevolmente la decisione invitando il governo delle Bahamas ad «approfittare dell’opportunità seguendo la tendenza mondiale di non applicazione della pena di morte» e di fatto il paese si inserì a pieno titolo tra quelli che lentamente stanno percorrendo la strada di una moratoria totale della pena capitale. Le cose tuttavia non sono proprio così, come vedremo.
Successivamente nel 2011, la Corte Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) dichiarò che l’applicazione prescrittiva della sentenza capitale viola apertamente la proibizione della tortura e delle pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti stabiliti nella Convenzione Interamericana sulla Tortura (che tuttavia le Bahamas non hanno né firmato, né ratificato, come altri trattati internazionali sui diritti umani). Nel 2011 sempre il Privy Council sulla base della sentenza emessa nel 2006 ha annullato un’altra condanna a morte per omicidio e pochi mesi dopo una nuova legge (Il Penal Code Amendment Bill 2011) modificava il codice penale indicando espressamente le aggravanti nei casi di omicidio per i quali viene applicata la pena di morte. Vari organismi internazionali, tra i quali la stessa Commissione Interamericana dei Diritti Umani in questi ultimi anni hanno esercitato pressione sul governo delle Bahamas perché elimini completamente la pena di morte dal proprio ordinamento penale, ma nel dicembre del 2012 all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il paese ha votato contro una risoluzione per una moratoria generale sulla pena capitale.
A livello politico interno, il dibattito è ancora attuale, nonostante la sentenza emessa nel 2006 dal Privy Council a favore della prescrizione discrezionale e non obbligatoria dell’applicazione della condanna capitale. A causa degli elevati indici di violenza e di criminalità, –il tasso di omicidi ogni centomila abitanti è pari al 27,4 per cento– la maggior parte della popolazione è favorevole alla “mano dura” come soluzione per preservare da un parte la sicurezza e la vivibilità cittadina e dall’altra per non perdere la principale fonte di ingresso economica che è rappresentata dal turismo. Perry Christie, leader del Partito Liberale Progressista durante la campagna elettorale che lo ha portato poi nel 2012 a diventare Primo Ministro del paese, aveva promesso anche il ripristino delle esecuzioni capitali (che come abbiamo visto sono sospese dal 2000).
Nell’agosto del 2012 Perry Christie ha nominato una Commissione Costituzionale con l’obiettivo di «effettuare una revisione completa della costituzione delle Bahamas e di raccomandare modifiche alla Costituzione prima del 40° anniversario di indipendenza» che si terrà nel 2013. La Commissione era chiamata inoltre ad esprimere parere anche sull’applicazione della pena di morte. I cambiamenti proposti dalla Commissione verranno realizzati dopo una consulta referendaria. La Commissione ha presentato il suo rapporto finale proprio nel luglio di quest’anno, nove mesi dopo la sua nomina da parte del Primo Ministro.
Tra le altre indicazioni di varia natura sulle quali era stata chiamata ad esprimersi, rispetto alla pena in morte si dichiara favorevole al suo mantenimento, non solo, ma auspica anche una modifica della legge vigente in modo da poter permettere la sua applicazione, e probabilmente in futuro l’uscita dal Privy Coucil se dovesse dimostrarsi un ostacolo in tal senso. Il referendum su alcune delle riforme proposte probabilmente avverrà già nel prossimo novembre e forse riguarderà anche la pena di morte. Ad oggi c’è una sola persona detenuta nel braccio della morte nelle Bahamas, condannata nel 2010 per un omicidio commesso nel 2007.