Víctor Polay Campos: “Sul banco degli accusati. Terrorista o ribelle?” (Il libro– Capitolo IV)
Riprende, dopo una pausa, la pubblicazione del libro di Victor Polay Campos “Sul banco degli accusati. Terrorista o ribelle?” tradotto in italiano da Marisa Masucci.
INDICE /Dedica /Prologo /In memoria /Introduzione
Capitolo VI
CAPITOLO IV
Nella residenza dell’ambasciatore del Giappone
LA SOLIDARIETÀ DEI NOSTRI COMPAGNI…
Nel dicembre del 1996 fa il giro del mondo la notizia che un commando del MRTA, capeggiato da Néstor Cerpa Cartolini, ha occupato la residenza dell’ambasciatore del Giappone. La stampa mondiale punta gli occhi sul Perù, Le Monde, uno dei quotidiani più prestigiosi del pianeta, e la sua rivista Le Monde Diplomatique, edita nelle principali lingue del mondo e con una tiratura globale di quasi due milioni di copie, trattano questo evento in due interessanti articoli.
Le radici della violenza
Articolo pubblicato sul quotidiano Le Monde il 10 gennaio 1997 e riprodotto su La República domenica 19 gennaio 1997
Alain Abellard
Com’è che un gruppo proveniente da un movimento di guerriglieri militanti sconfitti, che non conta su nessun appoggio popolare, sia arrivato – con un’efficacia che ha sorpreso il mondo intero – ad attaccare la residenza dell’ambasciatore del Giappone a Lima, il 17 dicembre 1996? Dove il Movimento Rivoluzionario Túpac Amaru ha trovato l’energia e i mezzi per concepire ed attuare, in Perù, il più spettacolare sequestro di ostaggi mai realizzato nel continente americano?
Queste domande ritornano fino all’ossessione nella mente delle autorità peruviane. Risuonano come l’ammissione della ripresa delle loro azioni dopo sei anni, di fronte a una violenza politica che pensavano di aver eradicato.
Qualunque sia il suo epilogo, il sequestro di ostaggi a Lima dissipa l’equivoco sostenuto dal presidente peruviano, Alberto Fujimori, sulla realtà del suo Paese. Sebbene la comunità internazionale non abbia smesso di appoggiare le autorità di Lima, il “coup de force” dell’MRTA distrugge l’immagine di un Perù pacifico, senza rischi e riconciliato dopo 15 anni di una violenza politica che ha causato più di 30 mila morti.
Per finire, l’azione del MRTA – che ancora oggi, giovedì 9 gennaio, mantiene sotto sequestro 74 persone – fa ricordare che nessuna democrazia, comprese quelle relative, può imporre in maniera indeterminata le sue leggi eccezionali senza provocare reazioni esorbitanti.
Senza che qui si voglia giustificare la sua azione, il commando dell’MRTA ha messo in atto un’azione terrorista nei confronti di uno Stato che usa mezzi terroristici per pacificare il Paese. I successi militari ottenuti dopo sei anni contro Sendero Luminoso e l’MRTA sono culminati con la detenzione nel 1992 dei principali dirigenti dei due movimenti armati. La lotta portata avanti dalle autorità ha comportato una fortissima riduzione della
delinquenza politica, che è scesa da 3.500 vittime nel 1990 a 540 nel 1995.
Questa “vittoria militare” spiega perché la popolazione abbia sostenuto in larga maggioranza l’”autoputsch” dell’agosto del 1992, condotto dal Presidente Fujimori, eletto nel 1990. Essa spiega anche la sua rielezione nella prima tornata delle elezioni presidenziali del 1995.
Il presidente Fujimori non ha rimosso le cause che hanno prodotto la “violenza ideologica”. Oggi le autorità di Lima si trovano ostaggio di una prova di forza in cui ci si interroga sullo stesso funzionamento dello Stato. Il pieno potere affidato alle forze dell’ordine, la sottomissione totale del Potere Giudiziario, l’esistenza di tribunali eccezionali, con giudici privi di criteri per interpretare le norme, sono le cause fondamentali.
Le disposizioni eccezionali hanno inviato, d’accordo con i difensori dei diritti umani, più di 1.200 innocenti sulle 5.000 persone raggruppate nelle carceri di massima sicurezza, riservate ai “terroristi e ai traditori della patria”. Più della metà del Paese è sottoposta a regimi speciali di ordine pubblico, incompatibili con una vita democratica.
I trattamenti imposti ai prigionieri dell’MRTA, denunciati dai membri del commando dell’ambasciata del Giappone a Lima, sono effettivamente inumani. Le testimonianze di (vecchi) condannati e di uomini che si sforzano per migliorare le condizioni carcerarie lo confermano, così come confermano l’uso generale e permanente della tortura durante i periodi di accusa giudiziaria. I militanti, e soprattutto i dirigenti detenuti dell’MRTA, sono sottoposti a un isolamento totale, vivendo 23 ore e 30 minuti su 24 in semi-oscurità, soffrono di denutrizione e di assenza di assistenza medica. I casi di pazzia sono numerosi.
Impunità inconcepibile
Questi trattamenti, che rivelano una violenza extra-giudiziaria, non avranno altro effetto che quello di rafforzare in loro la convinzione che non avevano niente da aspettarsi da uno Stato che disprezzava le persone umane fino a questo punto.
Per i pochi che sono ancora liberi ciò ha alimentato la rabbia e l’odio. Questi due ingredienti sono sufficienti ai membri del commando di Lima per giustificare la loro azione, come viene testimoniato ripetutamente dai comunicati dell’MRTA, che fanno del miglioramento delle condizioni di detenzione un’esigenza per la cessazione della loro operazione.
A questo bisogna aggiungere gli effetti devastanti di un’amnistia accordata nel 1995 a tutti i militari e membri delle forze dell’ordine implicati dal 1980 nella “guerra sporca” contro il terrorismo. Negli archivi sulle violazioni dei diritti umani (circa 5.000 sparizioni ed esecuzioni) sono stati classificati senza seguito, decisione che i difensori dei diritti umani hanno considerato una “inconcepibile impunità che non permette la riconciliazione totale nel Paese”. L’assoluzione accordata ai militari e alle forze dell’ordine contiene in potenza il fermento di azioni radicali da parte di gruppi sovversivi che non si limiterebbero a Sendero Luminoso o all’MRTA.
Il carattere ingiusto di questa legge è stato rafforzato dall’adozione di un altro testo che impedisce al Potere Giudiziario di pronunciarsi sull’ammissibilità di querele presentate dalle vittime dei crimini. Così, i responsabili dei massacri di Barrios Altos (che causò 16 vittime nel novembre 1991) e di La Cantuta (giugno 1992) – perpetrati da squadroni della morte del gruppo paramilitare Colina – non saranno mai puniti. E, a differenza del Guatemala, per esempio, dove l’amnistia concerne i belligeranti, quella accordata in Perù riguarda solo i crimini commessi dai responsabili del comando e dell’esecuzione appartenenti allo Stato.
Sviluppo diseguale
Ogni volta che vengono interrogati su questi punti, Alberto Fujimori e le autorità di Lima si limitano a rispondere che tale visione del Perù proviene da persone “male informate, soprattutto all’estero”. La “pacificazione militare” è diventata un fine che giustifica tutti i mezzi.
L’altra conseguenza immediata della prova di forza realizzata dall’MRTA è fare a pezzi lo stereotipo di un Paese, buon alunno del Fondo Monetario Internazionale (FMI) partecipe nella costruzione di una via che porta alla prosperità economica. La constatazione di un popolo alla mercé dell’arbitrio dello Stato ne porta con sé un’altra, che rivela la situazione economica, ugualmente denunciata dal commando dell’MRTA.
Dal 1990 il governo di Fujimori si è dato a una politica economica liberale, una costruzione formale dalla quale continua ad essere esclusa più della metà della popolazione, che vive in condizioni di estrema povertà. I quartieri poveri delle periferie di Lima (otto milioni di abitanti) testimoniano uno sviluppo diseguale. Il contrasto è dimostrato dall’incremento inesorabile della miseria, che fa che dal 1990 i ricchi siano ancora più ricchi e i poveri vivano sempre di più nella miseria.
La riduzione dell’iperinflazione (dal 7.000% nel 1990 al 10% nel 1996) è stata ottenuta con una serie di misure nelle quali l’unica variabile di aggiustamento è stata la maggiore precarietà della gente più modesta.
Nel 1996 il 60% dei lavoratori attivi della popolazione peruviana operava nel settore informale dell’economia, senza nessuna prospettiva di miglioramento del suo benessere. Il suo disincanto reale si esprime con la caduta di circa il 35% di popolarità del capo di stato nell’arco dell’anno 1996.
Il Presidente Alberto Fujimori persiste nel considerare la crisi degli ostaggi di Lima come un “fatto semplice e isolato che non avrà conseguenze nel futuro del Paese”. La prova di forza corre il rischio, quindi, di continuare ancora per molto nella realtà peruviana.
“Morti viventi e morti tout court”
Articolo di Le Monde Diplomatique, giugno 1997
Maurice Le Moine
Circa 4.000 “sovversivi comunisti” si trovano reclusi in Perù per il fatto di appartenere a Sendero Luminoso o al Movimento Rivoluzionario Túpac Amaru (MRTA).
Secondo Amnesty International, più di 900 sono stati accusati ingiustamente di “crimini terroristici” e molti innocenti sono stati condannati come gli altri da “giudici senza volto”, scontando lunghe pene detentive in condizioni terribili.
La sorte riservata ai dirigenti sa più di vendetta che di applicazione della giustizia, più di crudeltà che di mantenimento della sicurezza pubblica. I telespettatori di tutto il mondo hanno potuto vedere le immagini dello show aberrante nel corso del quale Víctor Polay Campos, dirigente dell’MRTA, e Abimael Guzmán, fondatore di Sendero Luminoso, entrambi arrestati nel 1992, sono stati esibiti davanti alla stampa, chiusi in gabbie e con i vestiti a righe dei forzati.
Le condizioni di detenzione di Abimael Guzmán – capo di un movimento armato che ha commesso odiosi attentati e provocato migliaia di vittime innocenti tra la popolazione civile – sono state finalmente rese più umane perché si è “pentito”. Al contrario, Víctor Polay, “comandante Rolando”, e i suoi compagni, che hanno rifiutato di chiedere pubblicamente la smobilitazione dell’MRTA, subiscono la vendetta delle autorità.
Sottoposto a un isolamento totale, Víctor Polay si trova sepolto vivo in un rettangolo di cemento armato di tre metri per due costruito sotto terra nella Base Navale del Callao, alla periferia di Lima. Una prigione-tomba costruita per distruggere fisicamente, psichicamente e moralmente. La costruzione comprende otto strette celle, ognuna delle quali con un lucernario così stretto da permettere l’entrata diretta della luce per non più di una decina di minuti. Isolato ventitré ore al giorno, senza contatto fisico con i suoi guardiani, quasi cieco a causa dell’oscurità permanente, Víctor Polay, così come i suoi compagni, non ha diritto a più di una visita al mese di trenta minuti.
Il miglioramento delle condizioni di detenzione dei membri dell’MRTA era uno degli obiettivi del commando che occupò la residenza dell’ambasciatore giapponese a Lima, che aveva sicuramente misurato i rischi di un’azione di questo tipo, senza prevedere che molti di loro sarebbero stati freddamente assassinati.
L’assalto realizzato dal commando di élite delle Forze Armate è stato, dal punto di vista militare, un’operazione brillante. Fonti peruviane ammettono che i militari abbiano ricevuto aiuti tecnologici dagli Stati Uniti e che specialisti del Regno Unito e di Israele li abbiano preparati per liberare gli ostaggi. Lo scontro è stato tuttavia limitato, il gruppo di assalto era informato del momento in cui i guerriglieri, tutti i giorni alla stessa ora, disputavano una partita di calcetto. Contrariamente alle affermazioni delle autorità, alcuni membri dell’MRTA sono stati uccisi: dopo essersi arresi e disarmati, sono stati condotti vivi in un edificio confinante con la residenza. Secondo quanto affermato da un ostaggio, uno dei ribelli, Ernesto (Tito) Cruz, fatto prigioniero, è stato portato via con le mani legate.
Una donna, giovane, catturata viva, implorava – sempre secondo gli ostaggi, ancora anonimi – “non mi uccidete”.
Mezzo samurai e mezzo imperatore, Fujimori si è potuto pavoneggiare tra le truppe vittoriose appena terminato il massacro. Dopo l’amnistia che egli fece approvare nel 1995 per tutti i militari e i membri delle forze dell’ordine implicati dal 1980 nella “guerra sporca” contro i gruppi sovversivi, i processi contro le violazioni dei diritti umani (circa 5.000 sparizioni e esecuzioni) sono stati archiviati senza risultato.
Giusta ricompensa? Durante le elezioni nel Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, il primo maggio 1997 a New York, il Perù è stato eletto membro della Commissione per i Diritti Umani, con sede a Ginevra, per un periodo di tre anni.
Durante l’occupazione della residenza dell’ambasciatore del Giappone, un commando delle Forze Speciali del Movimento Rivoluzionario Túpac Amaru (MRTA) emise due comunicati, attraverso i quali si sollecitava il miglioramento delle condizioni carcerarie dei reclusi nella Base Navale del Callao, così come una proposta di dialogo per una soluzione alla violenza politica così espressa:
“Perché, rispettosi del sentimento del nostro popolo, che vorrebbe risolvere i problemi pacificamente, siamo disposti a percorrere questo cammino difficile e complesso”. Di seguito vengono riportati i due comunicati, riportati dal libro “Base Tokio. La crisis de los rehenes en el Perú”, pubblicato da Empresa Editora El Comercio.
Comunicato N°1
Lima, 20 dicembre 1996
All’opinione pubblica nazionale e internazionale:
1. L’MRTA reitera che la misura estrema di occupare la residenza dell’ambasciatore del Giappone obbedisce alla necessità di salvare la vita dei nostri compagni detenuti, sottoposti a un rigido regime carcerario.
2. Il trattamento che stiamo riservando alle persone trattenute è in accordo con le linee di rispetto della dignità umana che hanno sempre caratterizzato la nostra organizzazione.
3. Ratifichiamo che per facilitare una soluzione politica e negoziata a questi fatti abbiamo proceduto a liberare incondizionatamente tutte le donne ed anche gli uomini con problemi di salute dovuti all’età avanzata, compresi familiari dello stesso signor Fujimori.
4. Da parte del Governo, tuttavia, continua ad esserci un atteggiamento che mette in difficoltà soprattutto le persone catturate dall’MRTA, poiché l’interruzione dei servizi telefonici, dell’acqua e della luce è, in pratica, una misura repressiva contro le persone alle quali dovrebbe maggiormente essere fornito appoggio.
5. Confermiamo che l’unica soluzione possibile può passare attraverso l’accoglimento delle nostre richieste e la liberazione di tutti i nostri detenuti.
6. Pensiamo che un tale gesto aiuterebbe a fare i primi passi verso una soluzione globale al problema della violenza politica attraverso la via del dialogo e un accordo di pace più duraturo.
7. Abbiamo illustrato questa posizione alle persone che teniamo prigioniere, soprattutto ai signori del corpo diplomatico qui presenti e con i quali potremmo stilare un cronogramma di passi da fare per portare avanti una soluzione integrale.
8. Pensiamo che l’atteggiamento del Governo, di alcune autorità e di determinati giornalisti, che continuano a qualificarci come “assassini e terroristi” non contribuisca per niente ad una soluzione.
9. Questa posizione di dialogo proposta dall’MRTA non è nuova. Nel corso della nostra esistenza abbiamo sempre dimostrato disposizione al dialogo, per cui il Governo non deve considerarla come una posizione di debolezza da parte nostra, pensando che una politica di logoramento apra la speranza di una nostra resa.
10.D’altra parte segnaliamo che attraverso la Croce Rossa Internazionale abbiamo sollecitato una comunicazione telefonica con i nostri compagni detenuti, al fine di conoscere il loro attuale stato di salute. Compiuto questo gesto da parte del Governo, procederemmo a liberare una quantità significativa di persone detenute e non vincolate alla politica del Governo.
11.Vogliamo precisare all’opinione pubblica internazionale che la detenzione dei signori membri del corpo diplomatico obbedisce alla necessità di mantenere un personale che possa garantire i requisiti necessari per cercare una soluzione pacifica.
12.Tuttavia, con la stessa enfasi con la quale abbiamo parlato e pianificato soluzioni integrali, ratifichiamo la nostra fermezza e le nostre richieste e sottolineamo che qualsiasi misura estrema che metta a rischio fisico l’integrità delle persone trattenute sarà unicamente responsabilità del Governo e di coloro i quali si sommano alla posizione secondo cui non bisogna cedere al cosiddetto “ricatto terrorista”, utilizzando il criterio sbagliato di negare i problemi strutturali che hanno dato origine alla violenza politica in Perù.
Comandante Hemigidio Huerta Mata*
*Pseudonimo di Néstor Cerpa Cartolini. Hemigidio Huerta è il nome di un operaio che morì durante l’occupazione della fabbrica di Cromotex, nel 1979. Huerta era il responsabile politico della direzione del MIR nella fabbrica.
Guerriglieri dell’MRTA durante l’occupazione. Successivamente morirono tutti.
Testo dello striscione MRTA: “Anche i familiari dei nostri detenuti li aspettano a casa. Pace per tutti i peruviani”.
Comunicato N°2
Lima, 22 dicembre 1996
All’opinione pubblica nazionale ed internazionale:
1. L’MRTA è sorto nella vita politica del Paese per lottare contro un sistema che emargina la gran maggioranza dei peruviani.
2. Durante tutto il periodo del governo del signor Alberto Fujimori questa situazione non è cambiata, anzi è peggiorata, e oggi i poveri in Perù sono aumentati drammaticamente.
3. Per questo l’MRTA continua la sua lotta. Tuttavia, dopo aver occupato la residenza del Giappone, abbiamo espresso non solo l’esigenza di liberazione dei nostri compagni ma anche una proposta di dialogo che avrebbe potuto aumentare le possibilità di trovare punti in comune per ottenere un processo di pace e giustizia sociale.
4. Abbiamo fatto la proposta non perché consideriamo che il governo del signor Fujimori stia governando per i poveri ma perché, rispettosi del sentimento del nostro popolo che desidererebbe risolvere i problemi pacificamente, eravamo decisi a transitare per questo cammino difficile e complesso.
5. Tuttavia, nel suo messaggio del 21 dicembre, il signor Alberto Fujimori Fujimori continua ad usare termini di conflitto e a proporre in pratica la nostra resa e la nostra rassegnazione al fatto che i nostri compagni in prigione continuino a restare ammassati in vere e proprie carceri tomba, il che è inaccettabile.
6. Davanti agli occhi del Perù e del mondo risulta chiaro che da un lato si violano tutti i principi legali e si decidono amnistie per liberare militari e poliziotti responsabili di veri massacri e violazioni dei diritti umani, mentre dall’altro esiste inflessibilità e accanimento contro i veri lottatori sociali. Così non si comincerà mai a costruire la vera pace.
7. Nonostante ciò, e dimostrando un comportamento diverso da quello del governo, che non ha fatto altro che rendere più dura la situazione dei signori detenuti interrompendo servizi basici, procederemo a liberare immediatamente una quantità significativa di persone non legate direttamente o indirettamente ad azioni del governo, come un nostro gesto per le feste di Natale.
8. Rimarranno alla fine prigioniere dell’MRTA solo persone vincolate alla politica del regime, come ministri, viceministri, membri del Potere Giudiziario, parlamentari e alti comandi delle forze armate e di polizia, così come rappresentanti di imprese giapponesi e impresari di diversi rami.
9. Allo stesso modo terremo ancora con noi i signori diplomatici di Asia e America Latina e valuteremo più tardi l’opportunità di una loro liberazione.
10.Precisiamo e ratifichiamo che la liberazione delle autorità che da oggi rimangono prigioniere sarà possibile solo se il Governo disporrà la liberazione dei nostri militanti detenuti in diverse carceri.
11.Infine diciamo al nostro popolo che di fronte all’intransigenza ci rimane soltanto di confermare la via del diritto all’insorgenza e, se il signor Fujimori decidesse alla fine una soluzione militare, troverà sempre ogni tupacamarista con la stessa disposizione ed eroismo che abbiamo sempre posto nel difendere gli interessi storici del nostro popolo, ieri lottando per il nostro diritto al lavoro ed oggi difendendo il diritto alla vita dei nostri fratelli di lotta.
La Direzione Nazionale del MRTA
Distaccamento guerrigliero del MRTA del Fronte Orientale. Si possono osservare in uniforme e a volto scoperto.
Grazie Annalisa