Assange: il Sudamerica solidale con l’Ecuador
UNASUR e ALBA firmano per il diritto sovrano a concedere l’asilo politico
Correa: violare l’ambasciata per arrestare il fondatore di Wikileaks sarebbe “un suicidio per il Regno Unito”
27 agosto 2012
di Annalisa Melandri per L’Indro*
Si stringono solidali all’Ecuador i Paesi membri dell’UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane) e dell’ALBA( Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America). Meno di una settimana fa, a Guayaquil, in tutta fretta, sono state organizzate e realizzate riunioni straordinarie dei due organismi regionali per manifestare all’Ecuador piena solidarietà rispetto alle minacce del Regno Unito di violare l’Ambasciata del Paese sudamericano a Londra per arrestare Julian Assange che vi si trova beneficiando dell’asilo politicoconcessogli dal presidente Rafael Correa. Londra aveva anche negato il salvacondotto necessario per permettere ad Assange di uscire dalla sede diplomatica e prendere un aereo diretto in Ecuador. Nel corso dei due vertici è stato espresso dai vari Paesi il rifiuto unanime all’uso della forza degli Stati, laddove sono vigenti trattati internazionali stipulati proprio per regolare tale tipo di questioni.
I Ministri degli Esteri dell’UNASUR (Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador,Guyana, Paraguay, Perú, Suriname, Uruguay, Venezuela), in una dichiarazione congiunta, hanno reiterato il “diritto sovrano degli Stati di concedere l’asilo politico” ed hanno “riaffermato il principio fondamentale dell’inviolabilità dei locali delle missioni diplomatiche e degli uffici consolari e gli obblighi degli Stati accoglienti in relazione a quanto stabilito dall Convenzione di Vienna del 1961 sulle Relazioni Diplomatiche e la Convenzione di Vienna del 1963 sulla Relazioni Consolari”. È stata inoltre ribadita l’importanza “delle istituzioni dell’asilo e del rifugio per proteggere i Diritti Umani delle persone che considerano che la loro vita e integrità fisica sia minacciata”.
Sono questi alcuni dei sette punti della dichiarazione di Guayaquil alla quale si aggiunge il comunicato dell’ALBA, i cui Paesi membri (Antigua e Barbuda, Bolivia, Cuba, Dominica,Ecuador, Nicaragua, San Vicente e le Granadine, Venezuela), oltre ad esprimere piena solidarietà alla Repubblica dell’Ecuador, avvertono il “governo del Regno Unito della Gran Bretagna e dell’Irlanda del Nord sulle gravi conseguenze che la messa in pratica delle minacce (di violare l’ambasciata, ndr) potrebbe avere nelle relazioni con i loro Paesi”.
Rodolfo Sanz, segretario esecutivo dell’ALBA, è convinto che si tratti di un dibattito di fondamentale importanza in seno ai due organismi e che questo manifesta chiaramente alla comunità internazionale la solidarietà dei Paesi membri nei confronti di un Paese vicino oltre alla conferma della sovranità della regione. Permettere quanto minacciato dal Regno Unito vorrebbe dire “passare dalla civilizzazione alla barbarie”, ha aggiunto.
È stata inoltre fissata una riunione urgente dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA)che si è riunita venerdì mattina a Washington per discutere la denuncia presentata dal Governo ecuadoriano sulla minaccia del Regno Unito di violare la sua Ambasciata a Londra. La denuncia presentata da Quito aveva come tema centrale infatti proprio “l’inviolabilità delle sedi diplomatiche” stabilita dalla Convenzione di Vienna del 1961. I Ministri degli Esteri dei vari Paesi, nel corso di questo vertice (osteggiato dagli Stati Uniti, dal Canada e da Panama con la motivazione che si tratta di una questione di carattere bilaterale tra Regno Unito ed Ecuador) hanno ratificato una risoluzione che esprime solidarietà e sostegno al Governo ecuadoriano e rifiuta “qualsiasi tentativo di mettere a rischio l’inviolabilità delle sedi consolari”.
La delegazione canadese è stata l’unica a non firmare il documento finale (considerando che l’inviolabilità delle sedi diplomatiche stabilita dalla Convenzione di Vienna possa ammettere delle limitazioni) mentre quella statunitense lo ha ratificato, tranne nel punto in cui si offriva solidarietà e sostegno al Governo ecuadoriano.
In pratica si è trattato di un punto messo a segno dall’Ecuador che adesso può pensare di trattare con Londra da una posizione privilegiata. Il Ministro degli Esteri, Ricardo Patiño, ha ringraziato per la solidarietà dei Paesi membri dell’OSA e auspicato che le divergenze possano essere risolte con il dialogo, mentre conferma che continuerà a chiedere il salvacondotto per permettere ad Assange di lasciare liberamente l’Ambasciata per recarsi inEcuador.
Il Presidente Correa ha affermato che “sarebbe un suicidio per il Regno Unito” mettere in atto la minaccia di violare l’Ambasciata per arrestare Assange in quanto questo potrebbe avere ripercussioni nefaste anche per tutta la comunità internazionale creando un pericoloso precedente.
In una intervista concessa all’emittente russa ‘RT’, Rafel Correa ricorda come in passato la Svezia si sia distinta come Paese che ha accolto e concesso asilo politico a migliaia di rifugiati e perseguitati politici e che per questo non ha mai subito nessuna conseguenza.Adesso “notiamo segnali di colonialismo, di etnocentrismo, di imperialismo, dal momento che se è l’Ecuador a concedere asilo politico allora rischia delle conseguenze” ha aggiunto.
PERSEGUITATO POLITICO?
Julian Assange è accusato dalle autorità svedesi di stupro, reato per il quale la Svezia ha richiesto al Regno Unito l’estradizione del fondatore ecaporeadattore di ‘WiKiLeaks’. In realtà, due donne svedesi lo accusano soltanto di non aver usato, come richiestogli, il profilattico durante un rapporto sessuale (del tutto consenziente), cosa che in Svezia è considerata reato al pari di una violenza sessuale. Arrestato a Londra il 7 dicembre del 2010, dietro mandato dell’Interpol e successivamente rilasciato, si è visto rigettare a giugno di quest’anno il ricorso presentato contro la richiesta di estradizione inoltrata dalla Svezia, che invece la Corte Suprema di Londra ha accolto il 2 novembre 2011. Proprio dopo il ricorso, a giugno, Assange si è quindi rifugiato presso l’Ambasciata ecuadoriana chiedendo asilo politico al Presidente Rafael Correa.
Assange e i suoi legali, coordinati dall’ex giudice spagnolo Baltazar Garzón, temono chel’estradizione in Svezia sia solo il primo passo verso quella definitiva negli Stati Uniti, dove sul suo capo pende un’accusa per spionaggio dopo la pubblicazione da parte di ‘WiKiLeaks’ di oltre250mila cablogrammi riservati della diplomazia statunitense nel mondo.
Correa, dopo due mesi di consultazioni e di indagini in materia di diritto penale e internazionale e dopo aver valutato attentamente la situazione e i rischi effettivamente corsi daAssange, ha dato parere favorevole alla concessione dell’asilo politico, comunicando la sua decisione il 16 agosto scorso, e scatenando con questa una profonda crisi politica tra Ecuadore Regno Unito. Negli Stati Uniti per il reato di spionaggio è previsto l’ergastolo o la pena di morte, e anche se la Svezia asserisce che non permetterà l’estradizione di Assange nel caso questi dovesse rischiare la pena capitale, nèAssange nè Garzon si fidano della magistratura svedese, che di certo non ha brillato per chiarezza nella vicenda controversa delle accuse di violenza sessuale sporta contro il fondatore di ‘WiKiLeaks’dalle due donne. Temono, infatti, un accordo segreto Svezia e Stati Uniti.
Baltazar Garzón ha proposto ai giudici svedesi di interrogare Assange, che ha importanti e sorprendenti rivelazioni da fare sul suo caso, a Londra, presso la sede diplomatica ecuadoriana, ma questi hanno sempre categoricamente rifiutato tale possibilità.
Garzón ha inoltre anche mosso accuse pesantissime contro l’Australia dal momento che Assange é cittadino australiano e dovrebbe per diritto, godere di tutta l’assistenza diplomatica del caso, che invece non ha mai riucevuto.
L’ex giudice spagnolo è lo stesso che nel 1998emise mandato di arresto internazionale contro l’ex dittatore cileno [Augusto Pinochet->http://it.wikipedia.org/wiki/Augusto_Pinochet] per crimini contro l’umanità e per la morte di numerosi cittadini spagnoli avvenuta in Cile durante la dittatura. Pinochet in quel momento si trovava a Londra, ricoverato in una clinica per accertamenti. Le autorità inglesi, dopo aver in un primo momento proceduto all’arresto, liberaronoPinochet per motivi di salute, nonostante la Spagna avesse inoltrato richiesta di estradizione.
Pinochet fece ritorno in Cile, beffandosi così della giustizia, dal momento che appena sceso dall’aereo si alzò sorridente e in piena forma dalla sedia a rotelle sulla quale si trovava, salutando i suoi sostenitori che erano andati a riceverloall’aereoporto.
Rapportato al trattamento riservato a JulianAssange, evidentemente un caso di doppia morale da parte delle autorità del Regno Unito.
Paradossalmente Assange ha trovato più appoggio e protezione, nel nome del diritto internazionale, dai Paesi latinoamericani che lo hanno assunto a paladino della libertà di informazione e della libera corcolazione della stessa, considerata questa come un diritto umano, ma anche come vittima della prepotenza dell’imperialismo statunitense.
Assange in un suo recentissimo discorso dal balcone dell’ambasciata ecuadoriana a Londra, ha da una parte ringraziato Rafael Correa per il coraggio manifestato con la concessione dell’asilo politico e dall’altra ha chiesto a Obama di “fare la cosa giusta” e agli Stati Uniti che “rinuncino alla caccia alle streghe contro WikiLeaks”.
Ha ricordato inoltre Bradley Manning, il soldato americano arrestato nel 2010 con l’accusa di aver fornito a WikiLeaks miglia di documenti riservati riguardanti crimini di guerra dell’esercito statunitense contro la popolazione civile in Iraq e Afghanistan. Manning, che è stato sottoposto a torture e a un regime carcerario degradante e inumano, “ha trascorso 815 giorni in carcere senza processo, mentre il massimo previsto dalla legge sono 120” ha ricordato Assange.
*pubblicato in esclusiva su L’Indro www.lindro.it e qui ripubblicato per gentile concessione.