Colombia: parte il processo di pace
Sono iniziate mercoledì in Norvegia, in una località nei pressi di Oslo, a porte chiuse, le conversazioni preliminari ai veri e propri dialoghi di pace che si svolgeranno nei mesi seguenti a Cuba tra il governo colombiano e la guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo (FARC-EP).
Le due delegazioni sono arrivate in mattinata con due voli separati; i rappresentanti della guerriglia provenienti da L’Avana, mentre la delegazione del governo con un aereo delle Forze Armate Colombiane proveniente da Bogotá.
Giovedì mattina, nell’hotel Hurdal, a circa un’ora a nord da Oslo, hanno dato una conferenza stampa congiunta, incontrando giornalisti di tutto il mondo sottoposti a rigidissimi controlli di sicurezza. E’ stato questo l’unico momento pubblico, con il quale viene dato avvio formale ai dialoghi di pace che proseguiranno a L’Avana il 15 novembre prossimo, secondo l’agenda fissata alcuni mesi fa. A differenza dei tentativi di dialogo intrapresi in varie occasioni nel passato, falliti miseramente, questi saranno caratterizzati dal più assoluto riserbo e discrezione. Alcuni analisti concordano sul fatto che l’aver letto un comunicato congiunto rappresenta un segnale positivo di distensione, dal momento che inizialmente si era parlato di due conferenze stampa distinte.
“Siamo arrivati fino a questo 60° parallelo, fino alla città di Oslo dal lontano tropico, dalMacondo dell’ingiustizia, dal terzo paese più disuguale del mondo con un sogno collettivo di pace, con un ramo di ulivo nelle nostre mani” ha dichiarato Ivan Márquez, il capo della delegazione delle FARC ed ha parlato di “pace con giustizia sociale” e di dialogo, dove il popolo avrà il ruolo di “protagonista principale”.
Oltre ad Ivàn Marquez fanno parte della delegazione delle FARC, Rodrigo Granda, AndrésParís e Marco Calarcá. Nei prossimi giorni si unirà a loro la guerrigliera olandese, membro delle FARC da oltre dieci anni, Tanja Nijmeijer, la cui presenza aveva scatenato polemiche e discussioni per la sua nazionalità. La presenza di Tanja, 34 anni, riveste un ruolo simbolico e mediatico importante in questa fase delle trattative.
Il governo tramite il suo capo missione, l’ex vicepresidente della Repubblica, Humberto de La Calle, ha parlato di un processo di pace “dignitoso e realista” ed ha spiegato il modo nel quale si svilupperà nei mesi successivi. “Il Governo non deve essere d’accordo con le idee delle FARC e le FARC non devono essere d’accordo con le idee del Governo ma le idee devono essere rivestite di serietà” ha chiarito de La Calle. ”Il nostro proposito non ècatechizzare nessuno, ma accordare un’agenda per porre fine al conflitto, senza utilizzare le armi, e fare in modo che le FARC diventino una forza politica disarmata. Crediamo che ci siano condizioni nuove per ottenerlo” ha aggiunto.
Gli altri membri della delegazione governativa sono: Luis Carlos Villegas Echeverry, rappresentante del settore imprenditoriale del paese, il generale Oscar Naranjo, ex capo della Polizia ed attualmente consigliere esterno in tema di sicurezza del neo presidente messicano Peña Nieto, il generale Jorge Enrique Rangel, capo delle Forze Armate nel governoUribe, Frank Pearl ex Commissario di Pace e Sergio Jaramillo attuale Commissario di Pace.
Quella che si sta svolgendo ad Oslo, con l’accompagnamento dei governi di Norvegia, Cuba, Cile e Venezuela, rappresenta la seconda parte delle trattative per la ricerca di una pace inColombia dopo quasi cinquant’anni di guerra civile, che vede contrapposte le forze di sicurezza dello Stato (e i gruppi paramilitari) contro la guerriglia più antica e ancora attiva in America latina.
I primi tentativi di dialogo tra gli insorti e lo Stato colombiano risalgono al 1984 durante il governo di Belisario Betancourt. Il risultato di quel tentativo fu la nascita del partito politico della Unión Patriótica: la guerriglia si presentava come opzione politica democratica elettorale. In pochi anni il partito fu “sterminato, fino all’estinzione totale, un morto ogni 19 ore per sette anni”, dai paramilitari e dall’esercito, come ricorda lo scrittore e giornalista Guido Piccoli nel suo libro ’Colombia il paese dell’eccesso’.
Tra il 1998 e il 2002 generò molte speranze il processo di dialogo svoltosi nella zona del Caguàn, dove venne smilitarizzato un intero territorio. Allora era presidente Andrés Pastrana, che aveva avviato dialoghi con la guerriglia delle FARC mentre era ancora candidato presidenziale. Fu un fiasco totale, per la presenza imponente dei media, per le pressioni dei gruppi di potere e degli Stati Uniti sul governo e per le violenze e i crimini che i paramilitari continuavano a commettere impunemente.
Successivamente, tra il 2002 e il 2010 la presidenza di Álvaro Uribe Vélez ha rappresentato un passo indietro nel tentativo di raggiungere la pace nel martoriato paese latinoamericano. Uomo forte degli Stati Uniti e rappresentante dei settori più conservatori della popolazione e dell’oligarchia economica, Uribe ha caratterizzato il suo governo per la mano dura contro ogni tipo di opposizione politica e sociale, per la militarizzazione estrema del territorio e per la ’politica di sicurezza democratica’, che di democratico ha dimostrato di avere ben poco: l’unica risposta che è stata data al conflitto sociale in Colombia in quel periodo è stata di tipo militare, lasciando un saldo in termini di violazioni dei diritti umani terribile. Solo la pratica criminale messa in atto da agenti dello Stato — che giustiziavano civili indifesi e li travestivano da guerriglieri per ottenere ricompense in denaro e premi di vario tipo, (fenomeno dei ’Falsi Positivi’) — ha provocato la morte di circa 2mila giovani innocenti.
E’ con questo scenario sociale e politico (l’80% del Parlamento inquisito per corruzione e vincoli con il paramilitarismo) che deve fare i conti il successore di Uribe, Manuel Santos eletto alla presidenza del paese nell’agosto del 2010. Santos fu ministro della Difesa nel secondo governo di Uribe e pertanto ne condivise pienamente la visione militarista della politica di ‘sicurezza democratica’.
Tuttavia una volta eletto presidente, egli ha voluto, per convenienza politica più che per convinzione, distanziarsi dal suo predecessore e dare un volto diverso al suo governo. Ha iniziato così in segreto delle trattative con la guerriglia delle FARC, le quali avevano già dato segnali di distensione con la liberazione unilaterale di alcuni prigionieri nelle loro mani.
Lo scorso 27 agosto Jorge Enrique Botero, direttore del canale televisivo venezuelano Telesur comunicava che a L’Avana il governo colombiano e la guerriglia avevano firmato un primo accordo di pace con cinque punti fondamentali sui quali lavorare. In realtà le conversazioni segrete erano iniziate molto tempo prima tra il governo e l’ex leader del gruppo insorgente, Alfonso Cano, morto nel novembre del 2011.
Adesso spetta al suo successore Timoleòn Jimènez, alias ’Timochenko’ continuare il processo per gettare le basi per la pace in Colombia, insieme all’ex falco del governo Uribe, il presidente Manuel Santos.
A Cuba si inizierà a parlare di riforma agraria, tema delicato e nodo cruciale del conflitto colombiano,dal momento che troppi interessi girano intorno a esso. Basti pensare al latifondo, alle multinazionali, alle monocolture.
Superato questo scoglio ’strutturale’, l’agenda prevede poi la partecipazione politica, la fine del conflitto e un’analisi sul narcotraffico e sulla situazione delle vittime.
*Pubblicato in esclusiva su L’Indro www.l’indro.it e qui ripubblicato per gentile concessione