Il patrimonio (dell’ umanità) dell’America latina

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A Santiago del Cile si riunisce la commissione Unesco. Per fare il punto sui 130 siti della regione iscritti nella lista e preparare un piano per proteggere quelli a rischio.

di Annalisa Melandri *L’Indro 5 dicembre 2012

“Il legame tra il nostro passato, ciò che siamo ora, e ciò che passeremo alle generazioni future”. Così la convenzione internazionale adottata il 16 novembre 1972 dall’ Unesco, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, definisce un Sito Patrimonio dell’Umanità.

Ad oggi sono 962 distribuiti in 157 paesi e la necessità di preservare questi luoghi di importanza storica, culturale e naturalistica che hanno indubbie caratteristiche di “universalità, unicità ed insostituibilità, fa sì che siano in continuo aumento e che si attivino sempre nuove forme di collaborazione tra l’organizzazione internazionale e le istituzioni degli stati membri per preservare quelli a rischio.

Quelli in pericolo, infatti, e “per la cui conservazione sono necessarie delle importanti operazioni”, sono stati inseriti dall’Unesco in una speciale ’Danger List’. I pericoli che li minacciano possono essere rappresentati da molteplici fattori, come quelli ambientali, dai conflitti armati (come accade per la maggior parte dei siti in Medio Oriente), dalla mancanza di risorse economiche, dai terremoti o dal cambiamento climatico, solo per citarne alcuni.

L’Unesco ha redatto recentemente un atlante dei siti in pericolo in collaborazione con l’ Usg (United Staes Geological) dal titolo’From Space to Place: an Image Atlas of World Heritage Sites on the ‘In Danger’ list’ consultabile qui con le immagini aeree e le descrizioni dettagliate dei siti Patrimonio dell’Umanità a rischio e la loro situazione attuale, con riferimento alle problematiche e ai pericoli che incombono su di essi, sia accertati che potenziali.

Proprio in questi giorni, in Cile si sta tenendo la riunione finale del Secondo Ciclo del Rapporto Periodico dello Stato del Patrimonio Mondiale per l’America latina e Caraibi, nella quale esperti rappresentanti di 30 paesi dell’America latina e centrale, insieme ai loro colleghi dell’ Unesco e agli amministratori dei siti di questa regione, dovranno redigere un piano per proteggerli ed amministrarli che va dal 2013 al 2020.

E’ la prima volta che la comunità del patrimonio Mondiale dell’Umanità si riunisce in Cile, paese che da solo ospita cinque siti e che sta lavorando per l’inserimento delle mummie Chinchorro (di epoca anteriore addirittura a quelle egizie) e dei ghiacciai di Hielo Sur.

Le autorità cilene, nella persona del ministro della Cultura Luciano Cruz Coke, hanno posto enfasi sullo “sforzo che sta portando avanti il governo in materia di patrimonio culturale”, mentre il direttore dell’ Unesco di Santiago del Cile, Jorge Sequeira ha ribadito la necessità del senso di responsabilità e di urgenza rispetto alla preservazione del patrimonio, che prima di tutto deve essere uno sforzo educativo e che quindi “deve cominciare nelle scuole e nelle case”.

La direttrice dell’ Unesco per l’America latina e Caraibi, Nuria Sanz, ha specificato che questa è la regione del mondo con più biodiversità ed ecosistemi, e che “restano ancora da iscrivere centri storici molto ben conservati e luoghi fantastici come l’Amazzonia, oltre a tutte le coste e la loro biodiversità marina che non esiste in nessun altro angolo del pianeta”.

Si tratta di uno sforzo regionale immenso in quanto si spera che dalle riunioni, che si concluderanno oggi 5 dicembre, venga fuori una piattaforma di collaborazione condivisa tra gli amministratori dei 130 siti della regione iscritti nella lista.

Tra i siti dell’America latina e dei Caraibi a rischio, presenti cioè nella ’Danger List’, troviamo per esempio la barriera corallina del Belize, il parco nazionale Katíos in Colombia, le antiche raffinerie di salnitro di Humberstone e Santa Laura nel deserto di Atacama in Cile - che risalgono al 1872 e hanno risentito gravi danni in seguito al recente terremoto -, la riserva della biosfera di Rio Platano, in Honduras, una delle poche foreste pluviali rimaste in Centroamerica, la fortificazione di Portobelo-San Lorenzo a Panama, la zona archeologica di Chan Chan, in Perú, risalente al XV secolo che è stata danneggiata negli ultimi anni dagli estremi fenomeni climatici del Niño, che colpiscono periodicamente la zona, e inoltre la città di Coro e il suo porto, in Venezuela, fondata nel 1577 e una delle prime città coloniali dell’America latina con oltre 600 edifici storici.

E invece in Italia? La città di Pompei, dichiarata per il suo notevole valore storico Patrimonio dell’Umanità nel 1997, ha rischiato di essere esclusa dalla lista a causa dei crolli verificatisi nel 2010 e nel 2011 di parti importanti dei suoi ruderi, come la celebre Schola armaturarum, la scuola dei gladiatori. Provvedimenti congiunti adottati dall’Unesco e dalle autorità locali della zona, come l’assunzione di 21 tecnici specializzati e la realizzazione di opere di drenaggio e di restauro, effettuate sotto la supervisione dell’ Unesco, hanno permesso di porre un freno al degrado di uno dei nostri più importanti siti considerato Patrimonio dell’Umanità.

In esclusiva per l’Indro e qui ripubblicato per gentile concessione www.lindro.it

 

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