Sicurezza alimentare, l’emergenza di Haiti

0 commenti

A tre anni di distanza dal terremoto e dall’epidemia di colera, la situazione è ancora tragica.

di Annalisa Melandri in esclusiva per L’Indro — 18 gennaio 2013

Tre anni fa, esattamente il 12 gennaio del 2010, un violento terremoto di  magnitudo 7,2 colpiva  Haiti, nella parte occidentale dell’isola  Hispaniola  che condivide con la Repubblica Dominicana. Il numero dei morti fu di oltre 300mila, così come quello dei feriti,  e circa un milione e mezzo  i senza tetto. L’immagine emblematica del palazzo presidenziale, quasi raso al suolo, fece il giro del mondo, a dimostrare la totale distruzione del paese. Fu infatti un evento catastrofico che ebbe effetti durissimi sulla già precaria situazione della piccola nazione caraibica, una delle più povere del mondo e sicuramente la più povera del continente americano.

Come se non bastasse, alcuni mesi dopo, nell’ottobre dello stesso anno, una grave epidemia di colera  colpì la popolazione, provocando oltre tremila morti. Sotto accusa finì il contingente nepalese della Minustah (la missione ONU) dalla cui base sembra  sia  fuoriuscita l’acqua contaminata dal vibrione, che successivi esami dimostrarono effettivamente appartenere ad uno specifico ceppo asiatico e  che infettò il vicino fiume Artibonito al quale si  riforniva la popolazione locale per le necessità idriche di ogni tipo. Il colera da Haiti, diventato ormai endemico (era scomparso dall’isola da oltre un secolo) e che continua a mietere vittime, soprattutto per la difficoltà di accesso alle strutture sanitarie,  passò rapidamente anche nella vicina Repubblica Dominicana, anche se i casi registrati, e i morti, furono in questo caso, decisamente minori.

A tre anni di distanza da questi due eventi terribili e distruttivi, e,  nonostante l’imponente dispiegamento degli aiuti internazionali, (anche se lo stesso governo haitiano ha affermato recentemente aver ricevuto solo 2 degli oltre 5 miliardi di dollari stanziati dalla comunità internazionale nel corso di questi tre anni) la situazione di Haiti è ancora tragica.  Quasi 360mila  persone vivono ancora negli oltre 500 campi profughi nei dintorni di Port-Au-Prince,  la vita all’interno dei quali è caratterizzata da gravissime carenze igienico sanitarie, da violenza generalizzata e da costanti e ripetute violazioni dei diritti umani da parte delle delle forze locali di polizia, e spesso, anche da parte dei membri della stessa  missione ONU.

L’Unione Europea già nei giorni immediatamente successivi al terremoto stanziò,  per far fronte all’emergenza   circa 130 milioni di euro. Altri 200 li promise per interventi volti alla  ricostruzione a lungo periodo. Tuttavia  la ricostruzione di Haiti ha dimostrato essere  un processo lento, ma soprattutto irto di ostacoli, sia per la debolezza delle istituzioni locali e per la instabilità politica, ma anche  per la complessità e lo stragrande numero di attori coinvolti nella distribuzione e gestione degli stessi aiuti internazionali.

Proprio in questi giorni Haiti e l’Unione  Europea hanno firmato un accordo che prevede lo stanziamento da parte di quest’ultima di circa 20 milioni di euro da destinarsi al finanziamento di programmi necessari ad assicurare la sicurezza alimentare in molte regioni del paese. Ricostruzione di infrastrutture a parte,  infatti, è proprio questa una delle grandi sfide da affrontare nell’immediato futuro per il sostentamento della popolazione e lo sviluppo della nazione.

La sicurezza alimentare, se già era  un’emergenza ancor prima di quel  fatidico 12 gennaio di tre anni fa (si calcola che già alla fine del 2009, oltre due milioni di haitiani fossero in situazione di insicurezza alimentare), oggi è diventata una priorità  alla quale far fronte con carattere di urgenza. Le maggiori difficoltà sono rappresentate innanzitutto dalla mancanza di politiche adeguate per lo sviluppo agricolo e l’impossibilità per la maggior parte degli haitiani di accedere ai crediti agricoli, oltre alle caratteristiche stesse del territorio che nel corso dei secoli ha subito una massiccia deforestazione.

Gli aiuti stanziati dall’Unione Europea dovrebbero per il momento far fronte a situazioni di emergenza, sulla base di un rapporto redatto recentemente dalle Nazioni Unite secondo il quale oltre 500mila haitiani hanno bisogno di cibo immediatamente e dei quali oltre 80mila sono bambini sotto i cinque anni che soffrono malnutrizione acuta.

La delegazione dell’Unione Europea che si trova in questi giorni ad Haiti ha specificato che gli aiuti nell’immediato saranno messi a disposizione per le esigenze alimentari delle  donne in gravidanza e dei bambini e neonati, e successivamente saranno impiegate per migliorare qualitativamente e quantitativamente la piccola e media produzione agricola, l’allevamento del bestiame e  la promozione della piccola imprenditoria.

Gli aiuti nel settore della sicurezza alimentare fanno parte di un piano più generale di aiuti messi a disposizione dall’Unione Europea anche rispetto a progetti volti a migliorare la capacità di risposta del paese e della sua popolazione alle catastrofi naturali. Ogni anno, soprattutto nel periodo compreso tra giugno ed ottobre (la temporada ciclonicail passaggio di uragani e cicloni sui Caraibi, che in modo particolare colpiscono Haiti  e la vicina Cuba, come l’uragano  Sandydell’anno scorso, rende ancora più precarie le già difficili situazioni abitative e lavorative di migliaia di haitiani, impedendo o complicando l’accesso all’acqua  distruggendo alloggi e vie di comunicazione, così come scuole ed ospedali.

Kristalina Georgieva, Commissario dell’Unione Europea per la Cooperazione internazionale, gli aiuti internazionali e la gestione delle crisi, da Haiti afferma che questa parte degli aiuti “si concentrerà nella nella capacità di resistenza” di fronte alle catastrofi naturali che colpiscono Haiti in modo particolare.

A novembre,  il presidente haitiano Michell Martelly in un incontro avuto  con i deputati del Parlamento Europeo, ringraziando il sostegno fornito dalla Cooperazione dell’Unione Europea, aveva  ribadito che quello di cui il suo paese ha maggiormente bisogno non è la carità ma “lavoro, commercio e investimenti diretti”. “Nessun paese può davvero risvegliarsi solamente grazie alla carità”.

Questa è la sfida più importante che ha di fronte la comunità internazionale rispetto ad Haiti, creare le possibilità per uno sviluppo che sia sì sostenibile, ma anche concreto e duraturo perché il paese possa veramente uscire, una volta per sempre, dalla spirale di miseria, povertà, degrado (e corruzione) nel quale si trova immerso ormai da decenni.

Lascia un commento Trackback URL: