Cuba investe sulle energie rinnovabili

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Santo Domingo - Il Governo cubano investirà moltissimo sulle energie rinnovabili nel prossimo futuro,  ed  in modo particolare sulla biomassa.
Lo ha annunciato l’ingegnere Juan José Blanco,  direttore del Grupo de Montaña, una delle istituzioni del Ministero dell’Agricoltura cubano, presentando alla stampa cubana i progetti futuri del Governo in questo settore.

L’iniziativa  punta  all’utilizzo,  per fini energetici,  dei residui di lavorazione delle segherie e  al momento attuale prevede tre studi di fattibilità che si stanno realizzando in alcuni stabilimenti ubicati nella parte occidentale dell’isola, precisamente a  Guanes, Minas de Matahambre e La Palma.
Qui sono localizzate  le segherie dove, infatti, sarà portata avanti la  sperimentazione del progetto, che successivamente  verrà esteso a tutti gli altri stabilimenti per la lavorazione del legno presenti nel Paese.

Un’altro notevole investimento in questo campo, pari a 60 milioni di dollari, e che verrà realizzato con tecnologia e know how cinesi, è previsto nella Provincia di Matanzas, dove si costruirà la prima centrale bioelettrica che utilizzerà biomassa, in questo caso la bagassa (bagazo), un residuato della lavorazione dello zucchero, per produrre energia.

La messa in funzione di questo stabilimento è prevista per fine anno e si calcola  che potrà produrre circa 20 megawatt di energia, della quale una parte convoglierà direttamente allo zuccherificio vicino, quello di  Jesús Rabí nel municipio di Calimete, a circa 150 chilometri da l’Avana, contribuendo al suo funzionamento, e il restante 70 per cento verrà apportato al sistema elettrico nazionale.

Se fino a questo  momento il bagazo e cioè lo scarto della  lavorazione dello zucchero,  è stato ampiamente utilizzato  dagli stessi zuccherifici per il proprio fabbisogno energetico,  il Governo cubano sta esplorando anche l’utilizzo di altre forme di combustibile delle quali l’isola  è ricca.

Come per esempio il controverso e poco amato marabú, un arbusto legnoso considerato a Cuba praticamente una vera e propria piaga invasiva nei terreni destinati all’agricoltura e all’ allevamento, ma che potrebbe rappresentare un’ottima fonte di biomassa, come dimostrato anche da uno studio effettuato nel 2009 dal Gruppo Nazionale di Biomassa Forestale ed Organica che indica che il marabú rappresenta oltre il 50 per cento della biomassa disponibile.

Altre risorse che potrebbero essere utilizzate come combustibile  sono lo scarto della lavorazione del riso e, come abbiamo visto,  gli scarti della lavorazione del legname.

Il Governo cubano sta portando avanti una capillare campagna di risparmio energetico e sta lavorando alacremente  negli ultimi anni sullo  sviluppo  delle energie alternative come forma per  ridurre la dipendenza dal petrolio, soprattutto dopo il fallimento dei vari tentativi di esplorazione della Zona Economica Spaziale, circa 120mila chilometri quadrati nel Golfo del Messico appartenenti a Cuba.

L’ultimo in ordine di tempo (il quarto),  quello portato avanti dalla compagnia russa Zarubezhneft,  che ha abbandonato la piattaforma dove stava lavorando per iniziare altre trivellazioni in Asia.

Le forniture venezuelane di petrolio  (120 mila barili giornalieri) a prezzi ridotti in cambio di medici, servizi sanitari e programmi educativi,  hanno permesso all’isola di poter sopravvivere di fronte alla continua minaccia di crisi energetica che incombe sul paese e che il governo cerca di affrontare (e risolvere)  una volta per tutte puntando definitivamente sulle energie rinnovabili.

Nei prossimi anni si spera di arrivare al 16,5 per cento (oggi è il 3,8 per cento)  di energia generata,  partendo da fonti rinnovabili.

In esclusiva per L’Indro — www.lindro.it– 13 settembre 2013

 

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