Tempesta di sabbia a Pechino

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Medici obiettori? Via dalla sanità pubblica!

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Sto vedendo AnnoZero.…
Comunione e Liberazione (CL) ha monopolizzato, grazie a Formigoni, la sanità milanese.
La sanità pubblica milanese.
La legge 194 rischia di non poter essere applicata negli ospedali della Lombardia e quando viene applicata e una donna riesce ad abortire in una struttura pubblica, lo fa dopo un iter estremamente lungo e doloroso.
Io vieterei ai medici obiettori di coscienza di lavorare nella sanità pubblica, per lo meno a quelli che si occupano di aborti, somministrazione della pillola del giorno dopo, della pillola abortiva  o di ginecologia, nonchè quelli che operano nei consultori pubblici. Il loro diritto particolare di essere obiettori è incompatibile con il diritto generale delle cittadine  di beneficiare della legge.

Le associazioni messicane per la difesa dei diritti umani denunciano la Colombia alla Croce Rossa Internazionale

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Lucía Andrea Morett
Intervista esclusiva al Dr. Adrián Ramírez Lopez , presidente della LIMEDDH.
La Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (LIMEDDH) , l’Associazione dei Familiari dei Detenuti Scomparsi e delle Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani del Messico (AFADEM-FEDEFAM), l’Associazione Nazionale degli Avvocati Democratici (ANAD) ed altre associazioni messicane per la difesa dei diritti umani e civili, in un comunicato diretto al Comitato Internazionale della Croce Rossa, hanno espresso la loro ferma condanna dell’azione di guerra dell’esercito colombiano nella quale sono morte 24 persone tra cui il portavoce internazionale delle FARC Luis  Édgar Devia Silva, meglio conosciuto come  Raúl Reyes e per lo meno quattro giovani messicani studenti dell’università pubblica del Messico l’UNAM.
Una giovane,  Lucía Andrea Morett è ferita e ricoverata con grevi lesioni in un Ospedale Militare dell’Ecuador.
Gli studenti, tutti frequentanti la facoltà di Lettere e Filosofia dell’università messicana dell’UNAM, come confermato dal quotidiano messicano La Jornada del 10 marzo, si trovavano in Ecuador, a Quito  per partecipare  al II Congresso Continentale Bolivariano che riunisce i militanti sociali e le forze progressiste e di sinistra latinoamericane. Successivamente, dopo aver raccolto interviste a politici ecuadoriani e materiale per i loro studi, avevano accettato di recarsi nel campo delle FARC, dove avrebbero dovuto proseguire le loro attività di ricerca e studio e   dove nella notte del 1 marzo sono stati sorpresi nel sonno dal fuoco dell’esercito colombiano.
L’accampamento si trovava fuori dalla zona di conflitto ed era luogo di mediazione e  transito anche di visitatori stranieri per le trattative in corso per la liberazione degli ostaggi nelle mani della guerriglia, trattative che stava portando avanti con successo  proprio Raúl Reyes e di cui il governo colombiano era al corrente.
Adrián  Ramírez  Lopez, presidente della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani ci spiega quali sono i termini della denuncia presentata alla Croce Rossa Internazionale e la posizione assunta dal governo Calderón  in questa situazione:
 
A.M. — Dr. Adrián Ramírez  Lopez, la LIMEDDH ha denunciato alla Croce Rossa Internazionale ciò che è stato definito “un massacro perpetrato dall’esercito colombiano in Ecuador”. 

Tra i morti sono stati recuperati i cadaveri di quattro giovani studenti messicani e una ragazza è tuttora ricoverata in ospedale in Ecuador.

Come hanno reagito alla notizia   l’opinione pubblica messicana e la stampa? Già si parla di infiltrazione delle FARC nell’ UNAM.

 
A.R.- La maggior parte dei mezzi di comunicazione  ha intrapreso una campagna per discreditare gli studenti e i giovani ricercatori e ha cercato di mettere in relazione l’ UNAM con le FARC e di conseguenza con i cartelli della droga.
La ragazza è ricoverata in Ecuador nell’Ospedale Militare e anche se non è in pericolo di vita, il suo recupero sarà molto lento  ed avrà bisogno di interventi di chirurgia ricostruttiva per la profondità e l’estensione di alcune lesioni.
 
A.M. – L’azione  del governo colombiano è sembrata soprattutto  un attacco contro le trattative in corso per lo scambio umanitario  che lo stesso Raúl  Reyes stava portando avanti con i governi del Venezuela e dell’Ecuador.
Si può parlare di violazione del Diritto Internazionale dei Diritti Umani  anche se si tratta di un’azione militare contro un accampamento della guerriglia delle FARC, organizzazione inserita nella lista dei gruppi terroristi?
 
A.R. Ricordiamo che l’attacco si produce durante un momento di distensione del conflitto, che stava già dando i suoi frutti per la liberazione degli ostaggi da parte delle FARC, dal momento che gli ultimi quattro ostaggi erano stati liberati  il 27 febbraio scorso. Fu una dimostrazione chiara dei risultati del processo di negoziazione che le parti stavano portando avanti in modo coerente e responsabile, con la mediazione e il notevole intervento della Francia e Svizzera, dell’Unione Europea e di paesi come il Venezuela e l’Ecuador, nell’ambito dell’Accordo Umanitario.
Noi, come  organizzazioni messicane firmatarie, denunciamo la gravità di quest’accaduto, dal momento che il governo colombiano con il suo operato ha dimostrato soltanto disprezzo per la vita e per la pace. Tale crimine, inoltre, non solo ha provocato la morte  di 24 persone, ma è stato condotto  contro l’accordo umanitario e la liberazione degli ostaggi ( mentre  in questo senso invece c’erano stati notevoli progressi negli ultimi mesi) contro  l’apertura dei processi di pace  e di distensione in Colombia e  nello stesso momento ha minacciato  gravemente la sicurezza della regione.
In questo modo, con il suo operato,  il governo colombiano non soltanto ha violato il territorio e quindi la sovranità dell’Ecuador, ma ha anche condotto un attacco diretto, smisurato, sleale e premeditato a un accampamento situato in un luogo chiaramente stabilito come punto comune di dialogo e di connessione nella trattativa, violando tanto il Diritto Internazionale, quanto il Diritto Internazionale dei Diritti Umani e il Diritto Internazionale Umanitario.
 
A.M. – Come hanno  risposto il governo messicano e il presidente Calderón alle accuse del vicepresidente Santos che ha affermato che quello che è accaduto deve far preoccupare il governo del Messico e che le FARC sono ramificate in tutto il contiente? Inoltre in una sua recente dichiarazione egli  ha affermato che i messicani uccisi “non erano certamente angioletti…”
 
A.R.- Il governo di Calderón ha assunto una posizione di silenzio e non ha dato il via ai procedimenti necessari che ha a disposizione  lo stato messicano per proteggere i suoi cittadini in qualsiasi paese del mondo. Tale posizione, sommata a quella della Procura Generale della Repubblica,  che sta indagando sui giovani in Messico, lo rende  complice del governo colombiano.
 
A.M. – Dovrà rispondere la Colombia di fronte a qualche organismo internazionale per quanto accaduto in territorio ecuadoriano?
 
A.R.- La Corte Penale Internazionale è un tribunale di giustizia internazionale la cui missione è giudicare le persone che hanno commesso crimini di guerra, genocidio o lesa umanità. La sua base giuridica si poggia su tre documenti fondamentali: Lo Statuto di Roma, la risoluzione 808 del 22 febbraio del 1993 e la risoluzione 827 del 25 maggio 1993.
Nello stesso modo è possibile presentare i casi davanti alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani e questa a sua volta li può presentare alla Corte Interamericana dei Diritti Umani.
Purtroppo in ogni caso passerebbero da 5 a 10 anni per ottenere giustizia, per questo ci stiamo preparando insieme con i familiari e con i sopravvissuti per predisporre  un piano di azione a lungo termine e presenteremo un appello alla solidarietà internazionale affinché ci appoggi.
 
A.M. – Come presidente di un’ associazione in difesa dei Diritti Umani come vede la situazione in Colombia e come lei crede che si possa raggiungere la pace in questo paese?
 
A.R.- Innanzitutto la situazione dei diritti umani in Colombia è la più grave in America ed è una delle più gravi nel mondo, per tanto richiederebbe  grandi sforzi politici e diplomatici, impresa che nell’attuale situazione geopolitica è difficile, non sarà facile ottenere infatti  che gli Stati Uniti e il governo della Colombia possano modificare la loro dottrina di “sicurezza democratica” e guerra totale.
Quello che possiamo fare è continuare a costruire ponti di solidarietà internazionale per cercare di evitare stragi maggiori e d’altra parte andare avanti con la costruzione di  azioni di protezione a livello mondiale dei diritti umani e nello stesso momento, ottenere vincoli più stretti di solidarietà internazionale.

Las asociaciones mexicanas para los derechos humanos condenan el ataque colombiano al campamento de las FARC

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Adrián Ramírez Lopez Entrevista exclusiva al Dr. Adrián Ramírez Lopez , presidente de la LIMEDDH, Liga  Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos.
La Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos, la Asociación de Familiares de Detenidos Desaparecidos y Victimas de Violaciones a los Derechos Humanos en México (AFADEM-FEDEFAM), la Asociación Nacional de Abogados Democráticos(ANAD) y otras asociaciones mexicanas por la defensa de los derechos humanos y civiles en un comunicado directo al Comité Internacional de la Cruz Roja, exprimen su firme condena de la acción bélica del ejército colombiano en la cual han resultado muertas 24 personas, entre las cuales estaba el portavoz internacional de las FARC Luis Édgar Devia Silva, más conocido como Raúl Reyes y además por lo menos quatro jovenes méxicanos estudiantes de la pública universidad de México, la UNAM..
Una joven, Lucía Andrea Morett se encuentra herida y hospitalizada en Ecuador.
Los estudiantes, casi todos del curso de Letras y Filosofía de la prestigiada universidad, como confirmado también por el diario La Jornada del 10 de marzo, se encontraban en Ecuador partecipando al II Congreso Continental Bolivariano qué reune los militantes sociales y las fuerzas de izquierda latinoamericana. Luego, después de haber realizado varias entrevistas y haber recogido material para sus estudios, habían aceptado de moverse hacia un campamento de  las FARC donde la noche del 1 de marzo han sido sorprendidos mientras dormían por las bombas y el fuejo del ejercito colombiano.
El campamento se encontraba fuera de de las “zonas rojas”  o de conflicto y fungía como campamento de interlocución y sitio de mediación y  punto común de comunicación y enlace en la negociación para la liberación de los rehenes entre los cuales Ingrid Betancourt. Negogiaciones que etsabn conducidas por el mismo RaúL Reyes y que eran a conocimiento del gobierno colombiano.
Adrián Ramírez, presidente de la LIMEDDH (Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos) acepta de explicarnos cúales son los términos de la denuncia presentada a la Cruz Roja Internacional y la postura asumida por el gobierno de Felie Calderón en esa circustancia.
 
A.M. — Dr. Adrián Ramírez ‚ la LIMEDDH denunciò a la Cruz Roja Internacional lo que ha sido definido un masacre perpetuado por el ejército colombiano en el estado de Ecuador. Entre los fallecidos se encontraron los cuerpos de quatro jovenes estudiantes mexicanos y una joven està hospitalizada en Ecuador.
¿Cómo reaccionó la opinión publica mexicana y la prensa a la noticia? Pues ya se habla de infiltración de las FARC en la UNAM.
 
A.R.- La mayoría de los medios de comunicación comenzaron una campaña para descalificar a los estudiantes y jóvenes investigadores y trato de relación a la UNAM con las FARC y a su vez con los cárteles de la droga.
La hospitalizada está en Ecuador en el Hospital militar, y aunque no ha peligro para su vida, la recuperación será muy lenta y requerirá de cirugía reconstructiva ante la profundidad y extensión de algunas lesiones.
 
A.M. –El ataque del gobierno colombiano pareció más a un ataque contro las tratativas en curso por el intercambio humanitario que el mismo Reyes estaba adelantando con los gobiernos de Venezuela y Ecuador.
¿Se puede hablar de violacción del Derecho Internacional de los Derechos Humanos aún se trate de un campo de la guerrilla de las FARC, organización rebelde que se encuentra en el listado de los grupos terroristas?
 
A.R. — Recordamos que el ataque se produce durante un periodo de distensión del conflicto, que rendía ya frutos de liberación a rehenes por parte de las FARC, siendo la última liberación de cuatro de ellos, el pasado día 27 de febrero. Clara muestra de los resultados del proceso de negociación que las partes estaban llevando de manera consecuente y responsable, con la mediación y estimable intervención de Francia y Suiza, la Unión Europea y países como Venezuela y Ecuador, en el marco del Acuerdo Humanitario. 
Las organizaciones mexicanas firmantes, denunciamos la gravedad de estos hechos, ya que con su actuación el gobierno colombiano sólo muestra su desprecio por la vida y por la paz. Tal crimen, además, no sólo atentó contra la vida de 24 personas, sino contra el acuerdo humanitario y la liberación de rehenes – que habían experimentado notables progresos en los últimos meses –, la apertura de procesos de paz y distensión en Colombia, al tiempo que amenaza fuertemente la seguridad de la región de América Latina.
De esta manera en su actuación, el gobierno colombiano no sólo violó el territorio y por tanto la soberanía de Ecuador, sino que además llevó a cabo un ataque directo, desmedido, alevoso y con premeditación, a un campamento localizado en un espacio claramente establecido como un punto común de comunicación y enlace en la negociación, violando tanto el Derecho Internacional, como el Derecho Internacional de los Derechos Humanos y el derecho internacional humanitario.
 
A.M. -¿Cómo respondieron el gobierno mexicano y el Presidente Calderón a las acusaciones del vicepresidente Santos quien afirmó que lo ocurrido tiene preocupar el gobierno de Mexico y qué las .FARC están ramificadas en todo el continente? Además su recién declaración  es que los mexicanos asesinados “no eran ningún angelitos”…
 
A.R. — El gobierno de Calderón ha asumido una posición de silencio y no ha impulsado los mecanismos con los que cuenta el Estado Mexicano para proteger a sus ciudadanos en cualquier país del mundo. Tal postura, aunada con las declaraciones de la Procuraduría General de la República, en el sentido de que se investiga a los jóvenes en México, lo hace cómplice del gobierno colombiano.
 
 
A.M. — ¿Tendrà que responder Colombia frente a algún organismo internacional por lo ocurrido en territorio ecuadoriano?
 
A.R.  La Corte Penal Internacional es un tribunal de justicia internacional cuya misión es juzgar a las personas que han cometido crímenes de guerra, genocidio, o lesa humanidad, su base jurídica se encuentra en tres documentos básicos: El Estatuto de Roma , la resolución 808 del 22 de Febrero de 1993 , y la resolución 827 del 25 de Mayo de 1993 .
De la misma manera es posible llevar los casos a la Comisión Interamericana de Derechos Humanos y esta a su vez, lo podría elevar a la Corte Interamericana de Derechos Humanos.
Lamentablemente en cualquiera de los casos, pasarán de 5 a 10 años para lograr justicia, es por ello que nos preparamos junto con los familiares y sobrevivientes para hacer un plan de acción de largo plazo y hacemos un llamado a la solidaridad internacional para que apoye.
 
 
A.M. — Como presidente de una asociación en defensa de los Derechos Humanos cómo vee la situación en Colombia y cómo Usted cree que se pueda lograr la paz  en ese país?
 
A.R. — Primero la situación de los derechos humanos en Colombia es la más grave en América y una de las más graves en el mundo y por lo tanto requiere  grandes esfuerzos políticos y diplomáticos, que en el esquema geopolítico no será fácil lograr que Estados Unidos y el gobierno de Colombia puedan cambiar su doctrina de “seguridad democrática” y guerra total.
Lo único que podemos hacer es seguir construyendo puentes de solidaridad internacionales para tratar de evitar estragos mayores y por otro lado, seguirlos preparando en el manejo de los recursos de protección internacional de los derechos humanos y asimismo, lograr lazos más estrechos de solidaridad internacional.
 

Io l’infame di Bolzaneto…ho visto…

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Io, l'infame di Bolzaneto

Ho visto… tratto da La Repubblica del 18 marzo 2008 da un articolo di Giuseppe D’Avanzo:
Ho visto picchiare con violenza e ripetutamente i detenuti presenti con schiaffi, pugni, calci, testate contro il muro. Picchiava la polizia di stato ma soprattutto il “gruppo operativo mobile” e il “nucleo traduzioni” della polizia penitenziaria. Ho visto trascinare un detenuto in bagno, da tre o quattro agenti della “penitenziaria”. Gli dicevano: “Devi pisciare vero?” Una volta arrivati nell’androne del bagno, ho sentito che lo sottoponevano a un vero e proprio linciaggio.…Ho visto il medico vestito con tuta mimetica, anfibi, maglietta blu con stampato sopra il distintivo degli agenti della polizia penitenziaria, togliere un piercing dal naso di una ragazza che era in qiuel momento sottoposta a visita medica e intanto le diceva: “sei una brigatista?”
“Non ho la fortuna di credere in Dio, ho la fortuna di credere in questa cosa, nella giustizia…”

Con la prefazione di Giuliano Giuliani e la postfazione dell’avvocato Giuliano Pisapia.
La biografia di Marco Poggi, l’infermiere che ha sollevato il caso delle violenze alla caserma Bolzaneto durante il G8 di Genova, nel luglio 2001. Marco Poggi racconta i giorni trascorsi nella caserma, ciò che ha visto e ciò che ha fatto. Parla poi delle conseguenze della sua testominianza, del prezzo di una scelta che gli era semnbrata normale, ma che gli ha cambiato la vita.
Nel testo, anche i ricordi della sua esperienza come infermiere nei manicomi e tanti aneddoti della sua infanzia e della sua giovinezza, per capire come e perché è nata in lui l’esigenza di raccontare la verità.

sfoglia alcune pagine del libro.…


Angelina delle mie brame…(e del pensiero unico del maccartista Pierluigi Battista..)

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Delle due, l’una: o Angelina Jolie è talmente affascinante che le si perdonerebbe qualunque cosa oppure Pierluigi Battista, vicedirettore del Corriere della Sera, si è alzato il 3 marzo di quest’anno convinto ancora di stare in piena campagna maccartista anni ’50 contro il comunismo dilagante ad Hollywood, diventata, anche ai giorni nostri, come allora, un “tempio del rutilante girotondo pacifista”.
Pierluigi Battista forse ancora in preda al suo incubo rosso, ringrazia, compiendo una vera e propria  acrobazia mentale, Angelina Jolie per aver “frantumato la stucchevole monotonia del pensiero unico hollywoodiano” scrivendo una lettera a George Bush sulle pagine del Washington Post per dirgli che “sarebbe  un errore ritirarsi  adesso dall’ Iraq”.
A Battista non importa capire  perchè la Jolie affermi una cosa del genere, mentre  negli Stati Uniti il Senato e la Camera approvano  una legge che prevede, a partire da  aprile 2008, l’inizio per le operazioni di  ritiro degli effettivi in Iraq. Ciò avviene  mentre tutte le principali organizzazioni mondiali umanitarie dichiarano che, a  cinque anni dall’inizio della guerra, le condizioni di vita della popolazione civile sono notevolmente peggiorate e che in quella regione si è scatenata una vera e propria emergenza umanitaria. E avviene  mentre sempre più economisti sostengono che la grave crisi economica che stanno affrontando gli Stati Uniti è da mettere in relazione allo sforzo impiegato per sostenere la guerra.
Tanto è vero che scrive anche Battista,che  la Jolie  : “probabilmente ha detto la cosa sbagliata, può darsi”. A Battista importa però soltanto, mosso dal suo maccartismo, che qualcuno nella mecca del cinema sia andato contro il pensiero unico hollywoodiano, ammesso e non concesso che esista, visto che è lunga la lista di artisti di fede repubblicana da Stallone a Schwarzenegger …
Secondo Battista questo pensiero unico “non si nutre di argomenti ma di furori, di anatemi, di pose indignate, di performance di protesta, di bei gesti che fanno di un attore o di un regista l’emblema del Bene universale in lotta contro i complotti tenebrosi che si consumano sordidamente all’ombra della Casa Bianca malvagia e guerrafondaia.”
Quello che interessa veramente a Pierluigi Battista  e lo  si capisce leggendo il suo articolo, è che la Jolie “ha rubato lo scettro  a tutti quegli artisti che prima si ergono a paladini della buona causa, ma poi scivolano troppo spesso nel vortice dell’ammirazione per i peggiori tiranni del mondo, purché nemici dell’odiata America. Come Sean Penn che si mette a scodinzolare leggiadro alla corte del caudillo Chávez, non proprio un campione del garantismo o dello stato di diritto  o come  Michael Moore che supera se stesso nel panegirico della sanità castrista”. E qui casca l’asino e Pigi Battista fa finta di non capire che espressione del pensiero unico è proprio lui…
Sveglia Battista, le liste maccartiste non esistono più.
 

Correa a Bush:

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Presidente Rafael Correa, Ecuador

“Traiga señor Bush sus soldados. Que sean sus soldados los que mueran en la frontera sur colombiana (fronteriza con Ecuador). Vamos a ver si los americanos, los ciudadanos de Estados Unidos, van a aceptar tremenda barbaridad. Si no, cállese la boca y entienda lo que está pasando en América Latina”. Discurso pronunciado el 13 marzo en una ceremonia de la Fiscalía General.

“Porti signor Bush i suoi soldati. Che siano i suoi soldati quelli che muoiono nella frontiera sud colombiana( al confine con l’Ecuador). Vediamo se gli americani, i cittadini degli Stati Uniti,a ccetteranno questa tremenda barbarie. Altrimenti chiuda la bocca e cerchi di capire quello che sta succedendo in America Latina”. Discorso pronunciato il 13 marzo alla Fiscalía General.

Fuente:  César Vásquez 


“Colombia, laboratorio de embrujos. Democracia y terrorismo de Estado”, de Hernando Calvo Ospina

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La violencia en Colombia, consecuencia de la intransigencia política del Estado y de las enormes desigualdades sociales, es investigada en la presente obra a través de múltiples documentos y enmarcada en una historia que se remonta al siglo XIX.

Se suceden los acontecimientos más determinantes en los que la voraz oligarquía nacional, Estados Unidos y ciertas potencias europeas, han intentado subyugar a un pueblo con el objetivo de apoderarse de sus inmensas riquezas naturales. Sin embargo, un importante sector de sus gentes ha reaccionado adoptando las más diversas formas de lucha y convirtiendo la violencia en una especialización, en un pretexto.

Si en un pasado fueron las tropas oficiales las que arrasaban y sembraban la barbarie, ahora son los paramilitares, hijos de aquéllas. El poder y la economía del narcotráfico, sombra del presente, convive en matrimonio permanente con un Estado que dice combatirlo. Como asegura el ex funcionario del Departamento de Estado e investigador William Blum, «el libro describe perfectamente la complicidad de Washington en la utilización del terrorismo y el tráfico de drogas para que el gobierno colombiano lleve la verdadera guerra: combatir el ‘comunismo’».

Indice del libro:

Prólogo de Ignacio Ramonet
Introducción
I. Los inicios de un mal camino
II. Los «nuevos tiempos»
III Las sombras de la violencia
IV. La «paz» de las armas
V. Guerra, guerrillas y «seguridad nacional»
VI. La «guerra sucia»
VII. «Narcos», «Paras» Y Uniformados
VIII. Muerte y tierra arrasada
IX. En cumplimiento del «servicio» militar
X. Las alianzas de lucifer
XI. Las nuevas vías y el mismo fin
XII. Letra con sangre
XIII. Tras el telón, la muerte
XIV. Las fauces del engendro: el Plan Colombia
XV. Vida y rejuegos del Plan Colombia
XVI. Retrato del presidente
XVII. Asesinos, terroristas y traficantes
XVIII. Heridas profundas

“Colombia, laboratorio de embrujos Democracia y terrorismo de Estado”. Hernando Calvo Ospina. Akal-Foca. Madrid 2008. http://www.akal.com/

Fuente: Rebelión


Memoria grafica di “Abuelas de Plaza de Mayo”

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www.24marzo.it

“Il vero terrorismo è solo di stato, è quello della repressione. Io me ne sono liberato a fatica, solo anni dopo la fine del regime. Ho fatto parte della Conadep, la commissione mista governo-associazioni per i diritti civili, mirata a ricostruire (parzialmente) le vicende della repressione argentina.…Dopo una visita alla Esma nell’84, credo, dovevamo tenere una conferenza stampa. Io mi fermai sulla soglia di quella stanza. Ero bloccato. Non potevo andare a parlare. Poi mi voltai. E capii che al mio fianco non c’era nessun represor. Però io lo sentivo che mi alitava nell’orecchio, “Ojo viejo, che se parli lo vengo a sapere”.
Ho capito che il repressore viveva dentro di me. Me ne sono fregato di lui, e ho tirato dritto verso quel microfono per parlare. Mi ero liberato di questa scimmia sulle spalle. Solo così si combatte la tortura e la repressione.…”
Testimonianza di Mario el Flaco Villani, sopravvissuto a sette anni di detenzione e a cinque campi di  repressione, testimone a Roma al processo Esma.
(tratto dalla rivista Latinoamerica n. 100/97)
 
Qui le date delle udienze del Processo d’appello ESMA della II° Corte d’Assise di Roma — R.G. 4/07
I° CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI ROMA
Presidente: Dott. Antonio Cappiello

8 aprile 2008 — Ore 9.30
Aula Magna
Via Romeo Romei — Roma

Prossime udienze:
10, 15, 17, 22 e 24 aprile 2008

 
 

E’ sempre 6 marzo in Colombia…

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Foto tratta da Yosmary

Raggiunto nel fine settimana al telefono da chi scrive, Iván Cepeda, che ho avuto occasione di intervistare qualche settimana fa,  promotore della marcia del 6 marzo in Colombia contro i crimini di Stato e del paramilitarismo, conferma che l’iniziativa,  nonostante  sia stata portata avanti in un clima di aperta ostilità   e tra le continue minacce da parte del governo e dei paramilitari, è stata un successo. Sono state realizzate manifestazioni in circa 100 città del mondo, tra le quali quelle italiane di Roma e Torino.
A Roma, è stato organizzato un sit-in in piazza Campo dei Fiori

 

(Foto Annalisa Melandri)

da alcuni movimenti tra cui l’associazione A Sud, il comitato Carlos Fonseca, i colombiani in Italia del Polo Democratico Alternativo e le associazioni Narni per la Pace e Colombia Vive che appoggiano da anni le Comunità di Pace colombiane. Sono stati distribuiti volantini e materiale informativo. Colombia Vive ha affisso uno striscione con le foto delle vittime della violenza.

 

A Torino, con il sostegno di Amnesty è stato realizzato un punto di informazione aperto tutta la giornata dove si è distribuito del materiale e dove erano affisse le foto delle vittime dei crimini di Stato.

In Colombia si sono svolte iniziative in circa 20 regioni diverse registrando un’affluenza di circa trecentomila persone.
Iván tuttavia mi conferma che le minacce agli organizzatori da parte dei paramilitari non sono cessate e stanno continuando anche in questi giorni. Come potrebbe essere altrimenti, la marcia, infatti,  lungi dall’essere stata soltanto la “otra marcha” come era stata definita, in risposta  alla mobilitazione governativa  del 4 febbraio contro i sequestri e le FARC,  è stata un momento di aggregazione e di lotta civile della  cui importanza probabilmente non si parlato abbastanza.
Immediatamente dopo la marcia è stato convocato il  IV Incontro del Movimento Nazionale delle Vittime dei Crimini di Stato  per i giorni 6/7/8 Marzo nella città di Bogotà, al quale hanno partecipato i sopravvissuti al genocidio dei gruppi politici e dei movimenti sociali, i rappresentanti delle comunità afro discendenti, contadine ed indigene, i rappresentati degli smobilitati ed esiliati, praticamente ogni settore della società colombiana che ha dovuto in forma diversa confrontarsi con la violenza di Stato.
Dichiarazioni pesanti e denunce gravi sono scaturite dal documento conclusivo dell’incontro, sul ruolo dello Stato, sui suoi legami con il paramilitarismo, sulla necessità del processo di pace.
Il paramilitarismo non è stato affatto smantellato, anzi continua ad essere ben presente e radicato sul territorio. “La realtà della smobilitazione” riporta  il documento “è che soltanto 55 di questi criminali sono in carcere,  si  assiste quindi  alla più grande operazione di impunità del nostro tempo”. Il Movimento conferma l’esistenza di un “conflitto sociale, politico e armato in Colombia, che affligge il paese da più di 40 anni e che deve essere risolto a partire dalle sua cause strutturali”. Pertanto si conferma la necessità “di una soluzione politica negoziata del conflitto, l’impulso ad  accordi umanitari e lo scambio di prigionieri”.
Viene riconosciuto il lavoro politico della senatrice  Piedad Córdoba e la mediazione del presidente del Venezuela Hugo Chávez che hanno condotto a risultati concreti con la liberazione di 7 ostaggi nelle mani della guerriglia.
Viene proposta inoltre la realizzazione di due grandi conferenze nazionali, una  su “terre e territori” per la discussione di una vera riforma agraria, della restituzione di terre usurpate alle comunità rurali e indigene dai paramilitari, dalle multinazionali e dai narcotrafficanti e per la protezione delle coltivazioni dei popoli originari, nonché una conferenza nazionale sulla “democrazia e contro il genocidio” per discutere di impunità, di costruzione di democrazia, di diritti civili e umani.
Questa è la grande Colombia civile e democratica, spesso dimenticata alle nostre latitudini,  che ha manifestato il  6 marzo e alla quale idealmente e non solo,  siamo vicini


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