Prove tecniche di Guerra Fredda bis

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Nato

 
Gli Stati Uniti vogliono installare radar e sistemi di difesa antimissile nella Repubblica Ceca e in Polonia.
Sotto casa dei Russi. I quali non ci stanno.
Guerra fredda bis?
Putin non ci sta ad essere spiato in casa sua e probabilmente ha anche ragione. Di conseguenza intende adottare contromisure adeguate:  “Tutti lo farebbero”. Figuriamoci, farebbero anche di peggio!
Ma non è questo il punto.
Gli Stati Uniti ogni tanto, da quaranta anni a questa parte, rispolverano il primitivo progetto dello scudo spaziale del 1967, denominato allora “Sentinel”, al quale seguirono le più varie e disparate versioni, di cui la più ambiziosa probabilmente fu la “versione stellare” del 1983 di Ronald Reagan .
Ora scendono in terra e precisamente in terra europea e ci riprovano, seppur più cautamente e all’apparenza almeno con altre intenzioni.
Nel contempo però la Nato si allarga ad Est. E si allargano anche le basi americane in Europa.
L’articolo 5 della Nato stabilisce che:
 
Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o Nord America, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall’articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l’uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area Nord Atlantica.
 
Da cosa ebbe origine l’idea di un’Alleanza Atlantica? Come ben ebbe a dire Lester Pearson, ministro degli Affari Esteri del Canada durante la cerimonia della firma del trattato, “Il Patto Atlantico è nato dal timore e dalla delusione: dal timore delle manovre aggressive e sovversive del comunismo e delle conseguenze di queste manovre sulla nostra pace, la nostra sicurezza, il nostro benessere; dalla delusione per il pervicace ostruzionismo che sbarra la strada ai nostri sforzi intesi a permettere alle Nazioni Unite di operare effettivamente come un sistema universale di sicurezza”.
E tanto è vero ancora oggi. Confondendo inevitabilmente i propositi della Nato con le ambizioni imperialiste degli Stati Uniti, possiamo dire che il nemico è cambiato, i nemici di Bush ora parlano Arabo o Pashtun.
Nel suo discorso alla radio, il 18 marzo 1949 Acheson segretario di Stato Americano così osservava rivelando la vera natura della Nato: “Nel mondo di oggi, la sicurezza degli Stati Uniti non può essere definita in termini di frontiere e di linee di demarcazione, e ogni seria minaccia per la pace internazionale e per la sicurezza in ogni parte del mondo interessa direttamente gli Stati Uniti. La nostra politica consiste dunque nell’aiutare i popoli a salvaguardare la propria integrità e la propria indipendenza non soltanto nell’Europa Occidentale o in America ma ovunque si possa risultare efficace l’aiuto che gli Stati  Uniti sono in grado di offrire”.
E soprattutto oggi, di ricevere.
Perchè gli Stati Uniti hanno dato così grande impulso al progetto di scudo antimissile in Europa centrale ed orientale?  E questo non va di pari passo con l’allargamento a Est della Nato? L’osservazione della realtà storica dei fatti assume connotati paradossali. Il trattato di Alleanza Atlantica fu stipulato per difendere l’Europa dalla minaccia del comunismo, a esso si contrappose il Patto di Varsavia. Il Patto di Varsavia con la fine della Guerra Fredda, non avendo più ragione di esistere si sciolse il 1 luglio 1991. Non fu così per la Nato che continuò il suo compito di diffusione dell’imperialismo americano in Europa.
Accadde quindi  che la Comunità Europea perse una grande occasione e purtroppo la perse senza possibilità alcuna di porvi rimedio. Irrimediabilmente,  perchè appena 24 ore dopo l’attacco alle  Torri Gemelle dell’11 settembre 2001,   venne applicata per la prima volta la misura offensiva prevista dall’articolo 5 della Nato. Da quel momento la politica della Nato è volta essenzialmente alla lotta contro il terrorismo di matrice islamica. I nemici vengono indicati  genericamente con il termine di “Stati canaglia” ed è contro di essi che l’America trascina l’Europa nelle sue guerre preventive e non. Gli Stati Uniti con il sistema di scudo antimissile e con l’allargamento dell’Alleanza a Est, hanno un occhio vigile sull’Oriente, e tengono a bada l’ex gigante sovietico.
E poiché l’ex gigante sovietico scalpita e non ci sta, minacciando di uscire dal trattato Cfe che limita gli armamenti in Europa e che tra l’altro non è mai stato ratificato dai paesi occidentali, la Rice da una parte lo pungola con una battuta di spirito poco diplomatica (“sono ridicole le paure anni 80 dei Russi”) e dall’altra lo imbonisce rassicurandolo che lo scudo ha funzioni “anti Iran e Corea del Nord”.
Anzi, il suo capo,. George Bush  ha fatto sapere ai russi che : “il sistema è qualcosa a cui voi dovete pensare di partecipare”.
E forse lo ha fatto ammonendo l’ex gigante sulla sua posizione riguardo l’Iran e il suo nucleare, la Russia infatti ha sempre appoggiato la decisione dell’Iran di dotarsi di energia nucleare a scopi energetici e insieme alla Cina è sempre stata contraria alle sanzioni dell’Onu. Uno stato che appoggia uno “stato canaglia” non è affidabile e quindi da tenere sotto controllo, avrà pensato Bush.
In tutta questa vicenda l’Europa sta dimostrando la sua politica fallimentare su tutti i fronti.
Sarebbe bellissimo immaginare un’Europa libera da eserciti e armamenti, unita anche sotto la bandiera della Pace, ma al di là degli idealismi e delle utopie, forse l’unica soluzione per poter uscire dalla Nato è rappresentata ancora da quell’esercito europeo con funzioni difensive e autonomo dalla Nato come da proposta di Francia, Germania, Belgio e Lussemburgo e non il “pilastro europeo della Nato” come vorrebbero i sempre guerrafondai inglesi.
E l’Italia, sempre in prima fila nella compiacenza verso gli Stati Uniti, molto diplomaticamente, per mezzo del Ministro per gli Esteri D’Alema fa notare che “il problema dello scudo missilistico non può essere affrontato come una questione bilaterale tra Mosca e Washington, ma bisogna avviare un chiarimento con la trasparenza che consenta di rendere evidente che questo sistema si colloca nel quadro indivisibile delle esigenze di difesa della Nato”. Beato lui che ne coglie la differenza.

Lettera a Mario Agnes, direttore de l’Osservatore Romano

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Gentile Mario Agnes
Direttore de l’Osservatore Romano
 
Roma, 2 Maggio 2007
Esprimendo la mia piena solidarietà al cantautore  Andrea Rivera, strega moderna arsa sulla pira della mancata evoluzione della Chiesa Cattolica,  le pongo una  sola domanda:
 
“Non è forse vero che a Welby sono stati negati i funerali concessi invece a Pinochet ?”
 
Firmato  una delle 400.000 persone facilmente eccitabili, probabili terroristi  presenti al concerto di ieri.
 
P.S. Siamo in attesa della versione aggiornata del Malleus Maleficarum..
Saluti,
Annalisa Melandri.
Invito tutti a manifestare solidarietà ad Andrea Rivera scrivendo all’Osservatore Romano qui  (ornetatossromdotva)  
 

1° Maggio 2007 — Appello della Federazione Sindacale Mondiale (FSM)

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La FSM formula auguri militanti e internazionalisti alla classe lavoratrice di tutto il mondo.

 

 
19 aprile 2007
 
Fratelli e sorelle,
 
A nome della Federazione Sindacale Mondiale indirizziamo auguri militanti internazionalisti alla classe lavoratrice di tutto il mondo. Esprimiamo un augurio ai popoli del mondo che lottano per la loro sopravvivenza, per il diritto a costruire un presente e un futuro dignitosi. Esprimiamo un augurio a coloro che lottano per la loro liberazione dalle forze di occupazione e dallo sfruttamento capitalistico.
 
Il “May Day” è un giorno speciale di grande significato per la classe lavoratrice. Dal momento della rivolta dei lavoratori tessili del 1 maggio 1886 a Chicago fino ad oggi, il “May Day” è il giorno che permette di fare un bilancio delle conquiste dell’anno precedente, di progettare nuove iniziative e definire obiettivi per l’anno successivo. Le nostre nuove iniziative devono corrispondere ai bisogni attuali e alle richieste degli strati popolari.
 
Cari compagni,
 
Viviamo in un periodo caratterizzato da: a) aggressività imperialista b) globalizzazione capitalista e c) restrizione delle libertà democratiche, sindacali e lavorative.
 
- In Iraq, Afghanistan, Palestina, Libano, Colombia, Kosovo, Somalia, Sri Lanka e altrove, lavoratori ed impiegati perdono la loro vita a causa degli interventi pianificati e organizzati dagli USA, dalla NATO e dai loro alleati. Alcuni altri paesi, come Cuba, Iran, Siria, Nord Corea, Venezuela, Sudan, ecc. sono minacciati perché non intendono obbedire e allinearsi ai desideri di George Bush, di Tony Blair e dei loro alleati.
 
La politica delle forze imperialiste provoca molte vittime, insieme a disoccupazione, povertà, sfruttamento, immigrazione. Le principali vittime delle guerre sono i bambini e i civili disarmati.
 
- La povertà e la disoccupazione tra la maggioranza dei lavoratori sono in crescita. I dati statistici dicono la verità e non possono essere messi in discussione. 800 milioni di persone soffrono per la fame. 200 milioni di bambini vivono in condizioni di abietto squallore. 900 milioni di adulti sono analfabeti. 115 milioni di bambini non vanno a scuola. Allo stesso tempo, la “UNE-WIDER University” di Helsinki ha diffuso i risultati di una ricerca che indica che il 2% degli abitanti del mondo possiede il 60% della sua ricchezza! Nel 21° secolo ci sono persone che hanno un salario mensile di 25–30 euro, senza diritti sindacali e umani. Il debito del mondo in via di sviluppo ha oggi raggiunto i 140 miliardi di dollari USA. Secondo i dati dell’ONU, esistono centottanta milioni di immigrati per ragioni economiche e settanta milioni di rifugiati. Essi rappresentano il 3% della popolazione del pianeta. L’Unione Europea ha venti milioni di immigrati, di cui cinque milioni sono europei.
 
Nella maggior parte dei paesi di Africa, Asia e America Latina le posizioni e le politiche delle organizzazioni imperialiste e dei monopoli multinazionali ricordano i peggiori momenti del colonialismo. Mai in precedenza nella storia dell’umanità tanta ricchezza è finita nelle mani di così pochi.
 
- La restrizione delle libertà democratiche e sindacali è la massima aspirazione dell’Unione Europea e degli USA. Con il pretesto della lotta al terrorismo, si restringono le libertà individuali dei cittadini, e si rafforzano i fenomeni di xenofobia e razzismo. Ogni momento della nostra vita personale viene seguito. Viviamo nell’era del “Grande Fratello”. In molti paesi capitalisti l’attività sindacale è proibita, i sindacalisti sono perseguitati e i sindacati sono illegali!
 
La FSM, dopo avere analizzato e valutato la situazione internazionale, propone per il 1° Maggio 2007 in tutto il mondo i seguenti principali slogan:
 
- Diritto al lavoro per tutti
 
- Libertà sindacali per tutti
 
- Un mondo senza sfruttamento
 
- Fermiamo le uccisioni e le persecuzioni dei sindacalisti
 
- Libertà per i cinque cubani nelle carceri USA
 
- Solidarietà Internazionale – Internazionalismo
 
Facciamo appello a tutti i membri e gli amici della FSM perché adottino i nostri slogan. Perché lottino per i diritti di tutti i lavoratori. In particolare per:
 
- i giovani lavoratori
 
- le lavoratrici
 
- gli immigrati
 
- gli intellettuali progressisti
 
Perché richiedano un lavoro dignitoso per tutti. Tempo pieno e lavoro stabile, copertura sociale e salari decenti, pieno rispetto per i diritti della classe lavoratrice.
 
Cari compagni,
 
La FSM ha avviato un nuovo corso. Dopo il 15° congresso, con uno spirito nuovo, essa fa un bilancio della sua storia, si confronta con il presente e avanza verso il futuro.
 
La classe lavoratrice mondiale ha bisogno oggi di una forte FSM capace di esercitare la leadership, di analizzare la situazione internazionale, di coordinare le organizzazioni sindacali militanti e di sviluppare con efficacia la sua attività. Nelle condizioni attuali, la classe lavoratrice mondiale ha bisogno di sindacati su posizioni di classe, in grado di unire tutti i lavoratori contro le multinazionali e l’imperialismo. Ha bisogno di sindacati animati dall’internazionalismo, democratici e moderni. Questa è la FSM che stiamo costruendo!
 
Viva il 1° Maggio!
Lavoratori di tutti i paesi unitevi!
 
Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

1ro. de Mayo del 2007 Llamamiento de la Federación Sindical Mundial (FSM)

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Compañeras y compañeros:
 
En nombre de la Federación Sindical Mundial transmitimos nuestro militante saludo internacionalista a la clase trabajadora del mundo. Saludamos a los pueblos del mundo que luchan por su supervivencia, por su derecho a construir un presente y futuro digno, a los que batallan por liberarse de las fuerzas de ocupación y de la explotación capitalista.
 
Este día de Mayo es de especial significado para los trabajadores. Desde la rebelión de los textiles aquel 1ro. de mayo de 1886 en Chicago hasta hoy, es esta conmemoración una ocasión para analizar lo alcanzado en la etapa anterior y planear nuevas iniciativas junto a los propósitos a alcanzar en correspondencia con las necesidades y demandas populares actuales.
 
Estimados compañeros (as):
 
Vivimos en un período caracterizado por: a) la agresividad imperialista; b) la globalización capitalista y c) la restricción de la democracia y de las libertades sindicales y laborales.   En Irak, Afganistán, Palestina, Líbano, Colombia, Kosovo, Somalia, Sri Lanka y en otros lugares, los trabajadores y sus familias están perdiendo sus vidas debido a intervenciones planeadas y organizadas por EE.UU., la OTAN y sus aliados. A otros países como Cuba, Irán, Siria, Corea del Norte, Venezuela, Sudán etc. se les amenaza por no ser obedientes y alineados con los deseos de George Bush, Tony Blair y sus aliados. 
 
La política de las fuerzas imperialistas genera muchas víctimas, así como desempleo, pobreza, explotación, inmigración. Las víctimas esenciales de las guerras son los niños y los civiles desarmados. La pobreza y el desempleo para la mayoría de los trabajadores empeoran. Las cifras muestran la realidad y nadie puede esconderlas. “…800 millones de personas sufren de inanición. 200 millones de niños viven en infame hambruna. 900 millones de adultos son analfabetos. 115 millones de niños no van a la escuela.
 
La Universidad UNE-WIDER de Helsinki anunció los resultados de una investigación mostrando que el 2% de los habitantes del mundo poseen el 60% de su riqueza. En este siglo 21 hay personas que tienen un sueldo mensual de 25–30 euros, sin sindicato y sin derechos humanos. La deuda del mundo en vías de desarrollo ha alcanzado hoy 140 billones de dólares. Según datos de Naciones Unidas, existen cien ochenta millones de inmigrantes económicos y diecisiete millones de refugiados que representan el 3% de la población del mundo. La Unión europea tiene veinte millones de inmigrantes y cinco millones de ellos son europeos.
 
La situación para los trabajadores dentro de los Estados Unidos de Norteamérica es muy negativa: en el 2006 los ingresos del 1% de la población han aumentado, en solo un año, a un millón de dólares mientras, al mismo tiempo, el ingreso del 90% de la población ha descendido a menos de doscientos setenta dólares. En la mayoría de los países de África, Asia y América Latina, las posiciones y las políticas de la organizaciones imperialistas y de los monopolios multinacionales recuerdan los peores momentos del colonialismo. Nunca antes en la historia de la humanidad tanta riqueza se acumuló en las manos de tan pocos.    
 
Las restricciones a la democracia y a las libertades sindicales es la principal aspiración de la Union Europea y de los Estados Unidos de Norteamérica. Bajo el pretexto de combatir el terrorismo, restringen las libertades individuales de los ciudadanos, refuerzan los fenómenos de la xenofobia y del racismo, aterrorizan a los inmigrantes económicos. Siguen cada momento de nuestras actividades personales.
 
Vivimos en la era del “Hermano Grande”. En muchos países capitalistas la actividad de los sindicatos está prohibida; los dirigentes sindicales son expulsados del trabajo y los sindicatos son ilegales. 
 
 LA FSM a través de su análisis y evaluación de la situación internacional, define para 2007 los siguientes como sus principales lemas para el 1ro. de Mayo a lo largo del mundo: 
 
- DERECHOS LABORALES PARA TODOS 
- LIBERTADES SINDICALES PARA TODOS 
- UN MUNDO SIN EXPLOTACIÓN 
- PROGRESO Y PAZ 
- QUE SE DETENGAN LOS ASESINATOS Y LAS PERSECUCIONES DE
   DIRIGENTES SINDICALES.
- LIBERTAD PARA LOS 5 CUBANOS PRISIONEROS DEL IMPERIO
- SOLIDARIDAD INTERNACIONAL
- INTERNACIONALISMO 
 
Nos dirigimos a nuestros afiliados y amigos y apelamos a que difundan nuestros lemas.
 Ø      A luchar y a demandar los derechos de todos los trabajadores enfatizando en:
 
- los trabajadores jóvenes 
- las mujeres trabajadoras 
- los inmigrantes  
- los intelectuales progresistas 
 
Ø      A exigir el trabajo decente para todos: trabajo pleno y estable, cobertura de seguridad social, salarios decentes, pleno respeto a los derechos de los trabajadores.
 
Estimados compañeros:
 
La FSM está trazando un nuevo curso. Después del 15 congreso evalúa su historia con un nuevo espíritu y se mueve hacia delante en el presente y en el futuro.
 Los trabajadores en el mundo precisan de una FSM fuerte capaz de:
            *      Proporcionar liderazgo,
*      Analizar la situación internacional,
*  Coordinar los sindicatos combativos y de
*     Desarrollar una eficaz actividad.
 
En las condiciones de hoy, los trabajadores en el mundo requieren sindicatos clasistas para unir a los trabajadores contra las multinacionales y el imperialismo. Necesitan sindicatos con espíritu internacionalista, democráticos y modernos. Es esta la FSM que estamos construyendo.
 
¡VIVA EL 1ro. DE MAYO!
¡TRABAJADORES DEL MUNDO UNIOS!

Portella della Ginestra — 1 maggio 1947

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Renato Guttuso

Renato Guttuso “Portella della Ginestra” 1953

“La vecchia credeva che fossero mortaretti e cominciò a battere le mani festosa. Rideva. Per una frazione di secondo continuò a ridere, allegra, dentro di sé, ma il suo sorriso si era già rattrappito in un ghigno di terrore. Un mulo cadde con il ventre all’aria. A una bambina, all’improvviso, la piccola mascella si arrossò di sangue. La polvere si levava a spruzzi come se il vento avesse preso a danzare. C’era gente che cadeva, in silenzio, e non si alzava più. Altri scappavano urlando, come impazziti. E scappavano, in preda al terrore, i cavalli, travolgendo uomini, donne, bambini. Poi si udì qualcosa che fischiava contro i massi. Qualcosa che strideva e fischiava. E ancora quel rumore di mortaretti. Un bambino cadde colpito alla spalla. Una donna, con il petto squarciato, era finita esanime sulla carcassa della sua cavalla sventrata. Il corpo di un uomo, dalla testa maciullata cadde al suolo con il rumore di un sacco pieno di stracci. E poi quell’odore di polvere da sparo.
La carneficina durò in tutto un paio di minuti. Alla fine la mitragliatrice tacque e un silenzio carico di paura piombò sulla piccola vallata. In lontananza il fiume Jato riprese a far udire il suo suono liquido e leggero. E le due alture gialle di ginestre, la Pizzuta e la Cumeta, apparvero tra la polvere come angeli custodi silenti e smarriti.”
Era il l° maggio 1947 e a Portella della Ginestra si era appena compiuta la prima strage dell’Italia repubblicana.
 
 
 

La


Il mio amico Abdul — Raffaele Mangano

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…Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
                              (G. Leopardi)
 
Solletica la coscienza, Il mio amico Abdul. Un libro magico, pieno di sogni e di ideali, di frasi importanti e di saggezza da scoprire in frasi intere  da sottolineare per poterle rileggere di tanto in tanto.
Un libro di incontri speciali, come quelli che si fanno per caso e che anche solo per un brevissimo istante ci segnano la memoria e il cuore, nei quali “sembra per un attimo di inciampare” ma che in realtà nascondono significati preziosi.
Leggere Il mio amico Abdul lascia la piacevole sensazione di aver aperto una porta e aver scoperto che al di là di essa c’è quell’amico che credevamo ormai perduto nel tempo che ci sta spettando.
Questo è infatti un libro “dedicato a tutti coloro che credono nell’amicizia, quella forte, sincera, color del cristallo” come dice l’autore Raffaele Mangano nel risvolto di copertina.
E infatti è la storia dell’ Amicizia, “color del cristallo” tra Michele e Renato, prematuramente interrotta dalla tragica scomparsa di quest’ultimo, scomparsa  che lascia un vuoto incolmabile e soprattutto lascia in Michele la sensazione di un percorso interrotto repentinamente, di un dialogo concluso prima del dovuto.
L’occasione di riprendere questo dialogo viene cercata “non per caso” , ma con il desiderio di salutare ancora una volta l’amico dopo averne metabolizzato intimamente la scomparsa. E così Michele, dopo anni,  riprende in mano il diario di Renato che aveva avuto dopo la sua morte e riesce finalmente a leggerlo, dopo essere “sceso a patto con i sentimenti”. E chi  di noi non lo fa, un attimo prima di venirne sopraffatti, quando questi si fanno così dolorosi?
Giunge sempre un momento in cui i discorsi lasciati a metà, forse i più sentiti, devono essere affrontati e Michele quando riprende in mano il diario di Renato, “sente di poterlo fare senza angoscia” riuscendo ad  accompagnarsi  all’amico ancora un volta. Ripercorre così  con lui un periodo segnato da grandi ideali, da grandi slanci e da voli di fantasia, ma soprattutto segnato da un viaggio in India compiuto insieme ad altri amici tra i quali emerge la figura di Abdul, un’ afgano conosciuto da Renato a Parigi e che diventerà anch’egli, tragicamente, figura centrale del libro. Un viaggio, come quello da molti di noi sognato e immaginato, in cui il mondo  e l’essere umano si svelano agli occhi di Renato in tutta la loro bellezza ma anche in tutta la  loro crudeltà.
L’India scorre nelle pagine del diario di Renato  a volte lentamente, a volte prepotentemente, mai banalmente. Egli vi si  immerge anima e corpo, in  un paese immenso che gli si offre con tutte le sue contraddizioni e ne rimane affascinato, ma anche profondamente turbato, perchè i suoi occhi sono come quelli di un bambino, (“con la loro fragilità e l’impotenza di fronte ai drammi”)  ed egli osserva e partecipa a volte con sommo stupore,  a volte con intima meraviglia, altre con rabbia e impeto, ma sempre con piena partecipazione emotiva, alla quotidianità di un popolo che, nonostante la miseria, le menomazioni fisiche e le epidemie, riesce ancora a “credere che l’esistenza sia piena di doni, bisogna solo imparare a riconoscerli”.
Un viaggio “dentro e fuori” quello di Michele e Renato e dei loro amici, dal quale ognuno, a modo suo tornerà cambiato, “una continua scoperta, compiuto col corpo, la mente e lo spirito”.
Il diario concede a Michele un’ulteriore dono, quello di poter rivivere l’ultimo periodo della vita di  Abdul, afgano di una buona famiglia che studia e Parigi e che  decide di tornare nel suo paese per mettere al servizio della sua gente che stava combattendo contro l’esercito sovietico (pur avendone inizialmente appoggiato l’intervento),  le sue conoscenze di medicina frutto degli  studi a Parigi. Egli scriverà in una lunga lettera ai suoi amici, spiegando le motivazioni della sua scelta: “Questo succede nel mio paese: afgani uccidono altri afgani. Ogni popolo oppresso mantiene la speranza di risorgere ed è capace di covarla per generazioni. Quando il fuoco si è consumato e la brace sembra spenta, tra la cenere si trova sempre un frammento acceso. Finché rimane quel germe di fuoco un popolo non sarà vinto”. Come non pensare all’Afghanistan di oggi e come non chiedersi cosa sia cambiato da allora.
In realtà nulla, ed è lo stesso Abdul quasi profeticamente, che  ce lo lascia intendere: “Fomentano rivolte e controrivolte, appoggiano e rovesciano governi, trovano sempre fantocci disposti a diventare carnefici del loro stesso popolo. E’ sulla nostra pelle che i potenti fanno la guerra. Noi, servi stupidi, ci lasciamo irretire e ci scanniamo.”  Ma Renato, uomo di  Pace, (quella che non ha bandiere e che non porta uniformi),  ci rammenta che “l’unica guerra giusta dovrebbe essere quella contro la fame e la povertà”. Sono certo che tutti i popoli darebbero il meglio di sè per vincerla”.
Sono d’accordo con te Renato.
 
 


Guernica, 26 de abril 1937

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Guernica Pablo Picasso

‘Il lunedì a Guernica è giorno di mercato per la gente delle campagne. Alle 16,30, quando la piazza era affollata, e molti contadini stavano ancora arrivando, la campana diede l’allarme . Cinque minuti dopo un bombardiere tedesco volteggiò sulla città a bassa quota, quindi lanciò le bombe mirando alla stazione. Dopo altri cinque minuti ne comparve un secondo, che lanciò sul centro un egual numero di esplosivi. Un quarto d’ora più tardi tre Junker continuarono l’opera di demolizione e il bombardamento si intensificò ed ebbe termine solo alle 19,45, con l’approssimarsi dell’oscurità. L’intera cittadina, con settemila abitanti e oltre tremila profughi, fu ridotta sistematicamente a pezzi. Per un raggio di otto chilometri, tutt’intorno, gli incursori adottarono la tecnica di colpire fattorie isolate. Nella notte esse ardevano come candele accese sulle colline.
(Dal Times del 28 aprile 1937)
.…..
El 26 de abril de 1937, la fuerza aérea alemana ataca el pueblo de Guernica, la idea es desmoralizar a los republicanos, destruyendo el símbolo de la independencia vasca.
Aclaremos que no fueron los alemanes los ideólogos del desastre, sino españoles franquistas, que pidieron tremenda barbaridad: un ataque aéreo masivo sobre un población de 7.000 personas desarmadas.
Este solo hecho, califica a la falanje española.
En respuesta, también fue un español el que difundió e inmortalizó el desastre, la falanje pasará, pero el cuadro será eterno.
A 70 años de Guernica, el mundo presenció muchos otros Guernicas, tantos que nadie se asombra, de que hoy en Irak, se usen armas mucho peores, que hace 70 años, que matan a defensores e invasores, y que nadie se importa, porque no hay pintores para inmortalizarla, o porque con un cuadro basta, todas las bestialidades del mundo se simbolizan con un solo cuadro:¡Guernica!
(Texto de Jose María Mancuso)

“La liberazione è stata merito dei partigiani, ci mancherebbe altro” .Com’è buono lei Cavaliere!!!

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“In occasione del 25 aprile noi dobbiamo ancora dire grazie a una grande democrazia che ci ha salvato dal nazifascismo per ridare a noi libertà e dignità. Credo che questo ce lo dobbiamo ricordare anche di fronte a certo antiamericanismo ideologico della sinistra“La Liberazione è stata merito dei partigiani, ci mancherebbe altro. Ma sono avvenute anche cose molto sanguinose come ben illustra il libro di Pansa”

(Silvio Berlusconi) 

Carissimi genitori,

non so se mi sarà possibile potervi rivedere, per la qual cosa vi scrivo questa lettera. Sono stato condannato a morte per non essermi associato a coloro che vogliono distruggere completamente l’Italia.

Vi giuro di non aver commessa nessuna colpa se non quella di aver voluto più bene di costoro all’Italia, nostra amabile e martoriata Patria.

Voi potete dire questo sempre a voce alta dinanzi a tutti.

Se muoio, muoio innocente.



(Antonio Brancati, da Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana)


Siamo tutti talebani!!

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Rompendo il silenzio (22 aprile 1997–22 aprile 2007)

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Fujimori all'ambasciata giapponese

Dieci anni fa, il 22 aprile 1997 si concludeva tragicamente a Lima, nella sede dell’Ambasciata  giapponese la così detta “crisi degli ostaggi” iniziata 126 giorni prima, il 17 dicembre 1996.

Allora, 14 appartenenti al gruppo TUPAC AMARU guidati dal comandante Néstor Cerpa Cartolini tennero in ostaggio, in un’operazione chiamata “Rompiendo el silencio” (Rompendo il silenzio),   per circa 4 mesi, centinaia di persone appartenenti all’alta società peruviana che si trovavano nell’Ambasciata riuniti per un ricevimento,  dopo aver rilasciato i più deboli ed anziani tra i quali la madre   del presidente Fujimori.
Fujimori per i quattro mesi del sequestro  finse di portare avanti una trattativa con i ribelli i quali chiedevano in cambio  del rilascio dei prigionieri la liberazione di alcuni appartenenti al MRTA detenuti presso le carceri peruviane.
Il 22 aprile, complice anche Monsignor Cipriani (arcivescovo di Lima e membro dell’Opus Dei) il quale avendo accesso all’interno dell’Ambasciata per celebrare la messa, riuscì ad introdurre nella stessa una radio e consegnarla agli ostaggi con la quale questi vennero  informati preventivamente dell’irruzione delle forze speciali dell’esercito.
I ribelli Tupac Amaru vennero trucidati e con essi Carlos Giusti un magistrato che faceva parte del gruppo degli ostaggi ma che risultava “scomodo” al governo Fujimori per aver più volte ribadito l’indipendenza  della magistratura dal potere politico.
Già Human Right Watch all’indomani della presa dell’ambasciata, pur condannando l’azione del MRTA aveva richiamato il governo peruviano e lo aveva invitato  ad ascoltare le richieste dei ribelli Tupac Amaru i quali in sostanza  oltre alla liberazione dei loro compagni reclamavano condizioni carcerarie più umane e processi giusti,  cosa che non avveniva in Perù per i prigionieri politici. Inoltre HRW suggeriva al governo di seguire l’esempio delle trattative portate avanti in una caso analogo, quando guerriglieri dell’M-19 assaltarono l’ambasciata della Repubblica Dominicana in Colombia. In quel caso  gli ostaggi furono posti in libertà con la promessa che una delegazione della Commissione Interamericana dei Diritti Umani partecipasse in qualità di osservatore al processo di circa 200 guerriglieri detenuti.
In un comunicato stampa di HRW diffuso dopo la liberazione degli ostaggi e il massacro dei ribelli da parte dell’esercito,  si rende noto che molti di essi furono giustiziati dopo essere stati  disarmati e catturati vivi. Inoltre nonostante fosse stato promesso ai familiari la restituzione dei corpi  per darne degna sepoltura, essi successivamente vennero gettati in fosse comuni.
Riporta testualmente il comunicato di HRW:
“Organismi per la difesa dei diritti umani hanno documentato centinaia di esecuzioni extragiudiziali, incluso vari massacri, per mano di membri delle forze di sicurezza peruviane da quando Fujimori ha assunto la presidenza della nazione.
Il Perù oggi non dimentica la passeggiata macabra di Fujimori tra i cadaveri dei 14 Tupac Amaru, e la sua fuga in Giappone non molto tempo dopo e aspetta  con ansia la sua estradizione dal Cile perchè venga condannato finalmente per i crimini commessi.
A Vladimiro Montesinos, all’epoca suo braccio destro e attualmente detenuto nella Base Navale del Callao, per la responsabilità nell’esecuzione extragiudiziale  dei 14 Tupac Amaru,  il prossimo 18 maggio verrà aperto un  procedimento penale per omicidio.
Il Movimento Rivoluzionario Tupac Amaru, nello stesso giorno in cui cade l’anniversario del massacro all’ambasciata giapponese, diffonde un comunicato nel quale, “chiama all’unità il popolo peruviano, la sinistra , i movimenti sociali e i settori progressisti e invoca un’Assemblea Costituente che sia espressione della volontà popolare”.
Chiede inoltre che venga rispettata la sovranità popolare tradotta in una “politica latinoamericanista dove i popoli decidano autonomamente il loro futuro” Un primo passo per realizzare questo progetto sarebbe “ il ritiro delle basi nordamericane dal Perù e dall’America Latina” , nonché la nazionalizzazione degli idrocarburi, la difesa delle risorse naturali, la difesa dell’Amazzonia e il rispetto delle identità culturali ed etniche del paese.
Alan García rappresenta tuttavia la continuità del progetto liberista applicato dalla dittatura di Fujimori, che almeno nei metodi era intenzionato a restaurare con la  proposta,  bocciata dal Congresso, di reintrodurre la pena di morte per i prigionieri accusati di terrorismo. Nonostante cresca il malcontento di ampi settori della popolazione e  la popolarità dell’attuale presidente vada  diminuendo sempre più,  per il Perù la primavera appare ancora lontana.
 
 

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