Il generale Mario Montoya coinvolto nel massacro di San José de Apartadó

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Tre ufficiali colombiani hanno accusato il generale in ritiro Mario Montoya, ex capo dell’Esercito ed attuale  ambasciatore della Colombia in Repubblica Dominicana, di aver partecipato alla pianificazione dell’Operazione Fenix condotta nella regione dell’Urabá e culminata in quello che è conosciuto come il massacro di San José de Apartadó. Esattamente cinque anni fa, il 21 febbraio del 2005,  a San José de Apartadó, venivano brutalmente massacrate otto persone appartenenti alla locale Comunità di Pace. Si trattava di cinque adulti e tre bambini, Natalia e Santiago Muñoz, rispettivamente di 6 anni e 18 mesi e Deiner Guerra di 10 anni, sgozzati con i machete  dopo aver assistito all’omicidio dei loro genitori. Deiner era figlio di Luis Eduardo Guerra Guerra, il più importante leader  della comunità, ucciso barbaramente anche lui.
 
Secondo la recente confessione dei tre ufficiali dell’esercito, resa nel corso del processo che proprio in questi giorni vede implicati 10 militari per responsabilità dirette nel massacro, sarebbe stato proprio Montoya (all’epoca comandante della Prima Divisione) ad autorizzare la Brigata XVII ad avvalersi di guide paramilitari, circa 60 uomini in tutto, per la perlustrazione della zona.
 
Tutti, fin dai primi giorni successivi alla vicenda, dal presidente della Repubblica fino all’ultimo funzionario, fecero la loro parte per garantire l’immunità dei militari implicati nella strage e per sviare le indagini. Sebbene già il giorno seguente il sacerdote gesuita Javier Giraldo e i membri della comunità di Pace avessero denunciato le responsabilità dell’esercito e di un gruppo di paramilitari, lo stesso presidente Álvaro Uribe incolpò pubblicamente invece   la guerriglia delle FARC. Fu negata anche la presenza di truppe dell’esercito nella zona il giorno 21 febbraio, presentando carte geografiche e documenti militari in seguito dimostrati come falsi. Il processo ai dieci militari coinvolti ha rischiato di decadere per decorrenza di termini in quanto le udienze si sono tenute con alcuni mesi di ritardo per la scomparsa dagli uffici della Procura Nazionale di Medellín dove erano custoditi, di 9 fascicoli che contenevano le prove proprio contro i militari.
 
Fu proprio il paramilitare Diego Fernando Murillo Bejarano, alias “Don Berna” a dare l’avvio al processo confessando, nel maggio del 2008,  che il suo gruppo  “Bloque Héroes de Tolová” insieme a militari della XVII Brigata dell’Esercito colombiano aveva compiuto il massacro.
Confessione avvalorata da quella  depositata appena tre giorni dopo,  del capitano in ritiro Guillermo Armando Gordillo Sánchez, arrestato nel novembre del 2007 che ha ammesso la sua   partecipazione all’Operazione Fenix.
 
Mario Montoya, dopo i fatti di San Josè de Apartadó fu promosso capo dell’Esercito della Colombia e i paramilitari “Don Berna” e “Salvatore Mancuso” furono estradati da Uribe negli Stati Uniti per timore di ulteriori rivelazioni.
 
Adesso, dopo che Montoya ha recentemente dato le sue dimissioni   per lo  scandalo dei “falsi positivi” (circa 2000 giovani assassinati da militari e fatti passare come guerriglieri uccisi in combattimento) e dopo la sua “premiazione”  come ambasciatore nella Repubblica Dominicana, l’ulteriore confessione di un altro paramilitare, Daniel Rendón Herrera, alias “Don Mario”, davanti all’Ufficio di Justicia y Paz (il programma di smobilitazione dei paramilitari) aggrava ulteriormente la sua posizione. “Don Mario” accusa infatti l’ex generale  di aver ricevuto 1.500 milioni di pesos da Miguel Arroyave, soldi che gli furono consegnati  per ottenere,  nella guerra contro un altro gruppo paramilitare, l’appoggio dell’esercito al Bloque Centauros al quale egli apparteneva.
 
“Il generale Mario Montoya, grande generale, esempio di efficienza, uomo sincero  che non ha nulla da nascondere, che tutto ciò che pensa o che crede lo dice, con la schiettezza   che lo caratterizza, uomo intraprendente, ha presentato la sua rinuncia, senza che nessuno la avesse richiesta… Io gli dissi: Generale non rinunci per  queste difficoltà, la cosa buona è che tutto sta avvenendo pubblicamente, è stata questa  la regola del governo fin dal principio: che nulla resti nascosto. Non rinunci mio generale, questo lo supereremo”.
 
Questa fu la difesa pubblica del generale Montoya da parte del presidente della Repubblica Álvaro Uribe,  che è anche Comandate Supremo delle Forze Armate della Colombia.
I familiari delle vittime di San José de Apartadó hanno chiesto l’immediato mandato di cattura per Mario Montoya, “esempio di efficienza e uomo che non ha nulla da nascondere”. Probabilmente molto presto egli si vedrà costretto a rinunciare al suo incarico e a ritornare in Colombia per rispondere delle pesanti accuse.
 
Sono gli strani  paradossi colombiani. La giustizia spesso funziona ed  eminenti delinquenti  politici e militari  prima o poi nelle sue maglie ci finiscono. Vengono resi pubblici tramite la stampa nazionale i loro crimini e i loro vincoli con il paramilitarismo. Stampa che è tutta in mano all’oligarchia del paese e soprattutto alla famiglia Santos, la stessa della quale fanno parte anche il vicepresidente della Repubblica, accusato da Salvatore Mancuso di essere vincolato al paramilitarismo, e l’ex ministro della difesa Juan Manuel Santos.  Gli eminenti delinquenti, collusi a vario titolo con i paramilitari spesso  vengono anche arrestati e ricordiamo per tutti il caso noto dell’ex capo del DAS, i servizi segreti colombiani, Jorge Noguera Cote, poi console a Milano,  accusato di aver aperto le porte di quella struttura e di averla consegnata ai paramilitari, per i quali compilava liste di persone da uccidere.
 
A volte prima ancora che vengano formalmente avviati  i procedimenti penali contro questi para-paramilitari, essi vengono  promossi con incarichi diplomatici, consolati e ambasciate in vari luoghi del mondo, alcuni considerati “strategici” per i servizi di sicurezza colombiani.
 
Lo stesso Montoya fu inviato in Repubblica Dominicana   a sostituire Juan José Chaux arrestato nel maggio del 2009 all’aeroporto di Bogotà per essersi incontrato in più di una occasione con alcuni dei più importanti capi paramilitari colombiani. Ma non era soltanto quello  probabilmente lo scopo della sua nomina. In Repubblica Dominicana i servizi segreti colombiani, in combutta con la CIA e con quelli israeliani, hanno cercato almeno due volte di organizzare piani per attentare alla vita del dirigente comunista dominicano Narciso Isa Conde, sempre solidale con le diverse forme di lotta di liberazione del popolo colombiano e fortemente critico del governo di Uribe, il quale lo ha accusato pubblicamente in varie occasioni di essere “un terrorista”. Ma c’è dell’altro…
 
La Repubblica Dominicana sta diventando in questi ultimi anni la propaggine caraibica di tutto il traffico di stupefacenti proveniente dalla Colombia, un narco-stato in cui la corruzione,  proprio come in Colombia,  impera nelle strutture politiche e tra gli  alti vertici militari del paese, che restano ai loro posti nonostante alcuni scandali recenti che hanno visto militari coinvolti in vicende  di narcotraffico con criminali colombiani.  Esistono vincoli criminali tra uomini dei servizi segreti colombiani, militari e generali dominicani (molti di loro appartenenti alla Direzione Nazionale del Controllo Anti Droga e alla Marina di Guerra) e lo stesso generale Montoya.  
 
Tornando alla Colombia, strani paradossi, dicevamo. Tutti sanno tutto, le notizie sono di dominio pubblico almeno nel paese  e qualcuno finisce anche in galera. Liste di uomini da squartare con motoseghe, giudici poco malleabili costretti alle dimissioni, paramilitari utilizzati come guide turistiche per massacri dell’orrore, soldati ubriachi  che giocano a palla con le teste dei contadini … ma il Maestro Uribe, il burattinaio,  resta al suo posto, anzi si fa rieleggere (fraudolentemente) e pensa a come riprovarci per la terza volta…
 
E si ostinano a chiamarla democrazia …
 
 


Marcha internacionalista en Milán condena y rechaza a gobierno colombiano

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Fonte: ABP
El sábado 20 de febrero, en Milán (Italia), miles de personas protagonizaron una combativa marcha en solidaridad con las luchas antiimperialistas de los pueblos del mundo. En esta movilización internacionalista, con una pancarta a la cabeza con la consigna “MUCHOS PUEBLOS, UNA SOLA LUCHA”, se destacó un fuerte contingente de las asociaciones y comités solidarios con los pueblos latinoamericanos, llevando una gran pancarta con el tricolor bolivariano y la consigna “POR LA NUEVA COLOMBIA , LA PATRIA GRANDE Y EL SOCIALISMO”, rodeada por las banderas de aquellos pueblos y sus organizaciones que vanguardean la histórica lucha por la segunda y definitiva independencia de Nuestra América: Colombia, Venezuela, Cuba, Bolivia, Nicaragua, Honduras, Ecuador, El Salvador, Bolivia, etc.
 
El mensaje no habría podido ser más claro: estos pueblos de la América bolivariana, cuya lucha alimenta y fortalece sin descanso la esperanza en un mundo más justo y solidario opuesto al sistema capitalista, y los pueblos europeos, condenan mancomunadamente y sin vacilaciones el putrefacto régimen colombiano de Álvaro Uribe Vélez, y su papel de vasallo de los rapaces y guerreristas intereses del imperialismo gringo. Y entienden que la lucha revolucionaria del pueblo colombiano es un factor clave en el proceso de liberación del continente entero, y en la construcción de la justicia social, la paz y el socialismo para todos los pueblos.
 
Cuando la movilización pasó frente al ilegitimo consulado de Colombia, miles de voces se levantaron condenando y rechazando al gobierno mafioso y paramilitar encabezado por Uribe, el narcotraficante numero 82.

 
También se rindió homenaje a los estudiantes mejicanos masacrados hace casi dos años durante la operación terrorista internacional ejecutada por el ejército colombiano (con tecnología norteamericana y violando piratescamente la soberanía del Ecuador), al igual que al Comandante de las FARC-EP Raúl Reyes, asesinado en el mismo bombardeo cuando, en su campamento temporal, desempeñaba un trabajo orientado a propiciar el intercambio humanitario de prisioneros de guerra en poder de las dos partes beligerantes.
 
Sin duda alguna fue una gran jornada internacionalista, que clausurando la “Semana de Solidaridad con el Pueblo Vasco” ha puesto de manifiesto la esencial identidad de objetivos entre todas las luchas antiimperialistas: desde Palestina hasta Kurdistan, pasando por el País Vasco y América Latina, cada victoria, en cualquier parte del mundo, es una victoria de todos los pueblos.
 

Fabrizio e Nicola Valsecchi: Giorni di neve, giorni di sole

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Venerdì 19 febbraio 2010 ore 20.00

Presso il ristorante “Il Glicine”

Piazza Santo Stefano – frazione di        Cernobbio

 

 

Presentazione del libro di

 

Fabrizio e Nicola Valsecchi

 

“Giorni di neve, giorni di sole”

 

Romanzo liberamente tratto dalla vita di Alfonso Mario Dell’Orto

Organizza la COOPERATIVA di PIAZZA SANTO STEFANO e OLZINO

seguirà rinfresco

 

Siete tutti invitati !

 

Descrizione dell’opera
Un uomo ormai anziano, durante il viaggio di ritorno verso l’Italia, la sua terra d’origine abbandonata da ormai settant’anni, ripercorre gli anni trascorsi nella nuova patria adottiva, nella
quale ha sperato in una vita serena e libera. Ma il rapimento e la scomparsa della figlia e del genero,
desaparecidos, hanno infranto questo sogno.
Solo il ritorno alle origini riesce in parte ad attenuare la sua sofferenza…
«I desaparecidos sono lì presenti per reclamare che la coscienza, i valori e la dignità del popolo non desiderano l’impunità né l’oblio.
Patricia e Ambrosio e tutti coloro che hanno dato la vita per la libertà rimangono nella memoria
e nella resistenza.»
Adolfo Perez Esquivel
Premio Nobel per la pace nel 1980
 
Nota Biografica
Gli autori, Fabrizio e Nicola Valsecchi, nati a Como nel 1976, gemelli scrittori cernobbiesi,
hanno precedentemente pubblicato con la casa editrice Mamma i romanzi La Chiromante. Una
Profezia (2002) e B. e gli uomini senz’ombra (2004), riscuotendo un buon successo di critica
e pubblico, oltre al racconto Il Seme della Discordia (2006), apparso sul giornale “Il Popolo
Veneto”.
Scrivono realmente a quattro mani, procedendo insieme, senza ripartirsi i compiti, con una
scrittura asciutta e innovativa.
 
Casa editrice MARNA s.c. — Via Santuario, 5 — 23890 Barzago (Lc)
MARNA Tel 031.874415 — Fax 031.874417 — marnaatmarnadotit — www.marna.it


Port au Prince e la notte di pioggia a un mese dal terremoto

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Delmas (Port au Prince) Foto Fabrizio Lorusso

Gli amici Fabrizio Lorusso e Diego Lucifreddi si sono recati da Città del Messico dove vivono ad Haiti, ospiti dell’associazione locale per la difesa dei Diritti Umani AUMOHD, il cui presidente è l’avvocato Evel Fanfan.
A questa piccola ma attivissima associazione ovviamente non è giunta nemmeno una briciola di tutti gli aiuti internazionali stanziati per l’emergenza terremoto eppure i suoi membri, quasi tutti avvocati, si prodigano costantemente fornendo internet gratuito per le comunicazioni a chi ne avesse bisogno, medicinali e assistenza di qualsiasi genere.
Da anni presenti sul territorio offrono consulenze gratuite in materia di lavoro e assistenza legale, accompagnando anche gli abitanti del quartiere di Delmas nella realizzazione di progetti di cucina comunitaria.
Per sostenere economicamente l’associazione AUMOHD, sottoscrivere qui. (AM)

Port au Prince e la notte di pioggia a un mese dal terremoto
di Fabrizio Lorusso
15 febbraio 2010
Ad Haiti non è ancora ufficialmente iniziata la stagione delle piogge, per fortuna manca ancora qualche mese come nel resto dei Caraibi, ma anche qui ci sono i mesi pazzi e alle 4 del mattino dell’11 febbraio, la capitale ha vissuto ore di disagio e paura per le piogge intense cadute durante alcune ore. Rispetto agli uragani che periodicamente sconvolgono il paese o alle piogge torrenziali di maggio e giugno quello dell’altra sera poteva considerarsi solo uno “sfogo temporalesco” notevole ma non eccessivo. Purtroppo anche un po’ d’acqua può far notizia.
Circa un milione e duecentomila sfollati si sono infatti ritrovati ai bordi di fiumi di fango e detriti, con le loro tende e i giacigli invasi dall’acqua, secondo un copione che potrebbe ripetersi ogni giorno se nelle prossime settimane non verrà risolto il problema delle abitazioni. Gli accampamenti ufficiali e spontanei che sono stati allestiti nei parchi, nelle piazze e per le strade non sono pronti per drenare i flussi d’acqua piovana e quindi gli interventi previsti dalla comunità internazionale, dalle autorità e dagli stessi campi autogestiti dovranno presto cercare di risolvere questo problema.
Ormai le cifre relative alle vittime hanno superato ogni stima iniziale e si parla di 220mila morti mentre dal punto di vista degli aiuti ricevuti i giornali locali (segnalo “Le Nouveliste”) riportano un altro dato allarmante fornito dal Bureau de coordination des affaires humanitaires (Ocha) che segnala che solo 50mila famiglie (cioè 272mila persone) hanno ottenuto “materiali d’emergenza” come tende e materassi. Per chi non ha un tetto proprio questi beni elementari si trasformano in preziose ancore di salvataggio e, sebbene non costituiscano una dimora stabile e dignitosa, sono pur sempre un appiglio utile e, direi, quasi un privilegio. Per questo motivo Evel Fanfan, il presidente dell’associazione (Aumohd) che ci ospita nel quartiere Delmas, ci aveva chiesto di portare tende e materiali da campeggio come le pile elettriche e i sacchi a pelo oltre alle sempre necessarie medicine. Anche qui nel parcheggio dove abbiamo piantato un paio di canadesi ci siamo dovuti svegliare all’improvviso per cercare protezione dallo scrosciare della pioggia che non dava segni di cedimento e soprattutto per evitare che i computer e le stampanti, protette solamente da un telone di plastica, non venissero danneggiati.
In una conferenza stampa l’ambasciatore americano a Porto Principe, Kenneth H. Merten, ha dichiarato che le tende non rappresentano l’unica priorità e che è meglio pensare già da ora a soluzioni più stabili come per esempio i prefabbricati di legno e plastica che sono più resistenti. Inoltre – sintetizzo le sue parole – l’idea è quella di evitare che la gente si abitui alle tendopoli che potrebbero trasformarsi in città permanenti che ostacolerebbero l’opera di ricostruzione generale e i piani di ricollocamento della popolazione in zone più sicure. Intanto però la gente se la deve cavare con quello che c’è o con i teloni di plastica che in città sono diventati carissimi e ricercatissimi tanto che alcune persone che ci hanno visto per la strada ci hanno chiesto di procuraglieli pensando che siamo americani.
L’ambasciatore ha anche risposto a una domanda di un giornalista haitiano su una questione poco nota: una percentuale (intorno al 3%) dei soldi raccolti negli USA viene incamerata come contributo direttamente dall’esercito americano anziché venire usata per l’acquisto di ulteriori beni per gli haitiani e a questo Mr. Merten ha affermato che per ora gli Stati Uniti hanno stanziato ufficialmente 537 milioni di dollari e che quindi si giustifica un piccolo prelievo sulla raccolta fondi. E’ vero che ogni paese gestisce le proprie missioni umanitarie in modi differenti però possiamo dire che i cittadini americani che hanno donato per Haiti lo stanno effettivamente facendo col 97% del loro denaro e con il restante 3% stanno anche pagando la missione dell’esercito, cosa che forse non era chiarissima e che può assimilarsi a una tassa nascosta. E’ stato anche annunciato un relativo allentamento delle norme migratorie riguardanti gli haitiani che si trovavano negli USA prima del 12 gennaio e che potranno rimanere legalmente nel paese per altri 18 mesi.
Il 12 gennaio tutto il paese si ferma per ricordare le vittime del terremoto a un mese dalla catastrofe. Si pregherà dalle 7 del mattino alla sera tardi. Sarà un giorno di calma e di riflessione per cercare di intravedere la speranza, gli aiuti, la ricostruzione e il futuro.
Continuo a segnalare QUESTO LINK . per le donazioni dato che sto lavorando con loro qui a Port au Prince e stanno cercando in varti modi di aiutare la popolazione del quartiere esclusa dalla solidarietà internazionale ufficiale.
A questo link invece c’è un album fotografico sulla capitale haitiana che spero possa interessarvi e da cui si può attingere citando la fonte (!):
http://picasaweb.google.com/FabrizioLorussoMex/Haiti


Conferenza mondiale delle donne di base — Caracas 2011 (Prima assemblea nazionale preparatoria)

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Sabato 30 gennaio 2010 gli aderenti alla neonata Commissione nazionale per la Conferenza Mondiale delle Donne — Venezuela 2011 hanno organizzato presso il Centro Culturale “La Città del Sole” la prima assemblea nazionale. L’obiettivo della giornata, oltre a quello di presentare la Conferenza Mondiale delle Donne, era di iniziare un confronto e un dibattito sul lavoro della Commissione, ossia:
 
-          sul lavoro comune da svolgere per la promozione della Conferenza
 
-          sulla promozione e il sostegno alla lotta per “non pagare la crisi dei padroni” e, al suo interno, per difendere i diritti conquistati dal movimento di emancipazione delle donne dall’attacco condotto dal Vaticano e dal governo Berlusconi
 
-          sulla struttura e funzionamento della Commissione nazionale per la Conferenza Mondiale delle Donne della Base.
 
All’incontro hanno partecipato un centinaio di donne, compagne e compagni, bambini, rappresentanze del Comune di Napoli e della Repubblica Bolivariana del Venezuela, delegate delle organizzazioni aderenti alla Conferenza Mondiale delle Donne e del Comitato Promotore internazionale ed europeo. Inoltre, durante la mattinata, una delegazione della Commissione nazionale ha partecipato al presidio del Popolo Viola davanti alla Prefettura di Napoli, portando i saluti della Commissione e l’intervento sulla difesa della Costituzione dagli attacchi della banda Berlusconi e del suo governo di mafiosi e razzisti (vedi commento).
 
La giornata è stata piena di interventi. Hanno aperto le rappresentanze della Repubblica Bolivariana del Venezuela, che hanno sottolineato il ruolo fondamentale delle donne nella Rivoluzione Bolivariana, e del Comune di Napoli che hanno dato piena disponibilità ad appoggiare e sostenere il lavoro della Commissione nazionale, che ovviamente si svolgerà in piena autonomia e indipendenza mettendo al centro le Donne della Base, il loro protagonismo e la loro mobilitazione per l’emancipazione.
Si è poi aperto il dibattito che è durato fino alle h.19. Le compagne tedesche del Comitato promotore internazionale, hanno ripercorso il processo di costruzione della Conferenza e ci hanno aggiornato sulla situazione economica e sociale in Germania, sul movimento delle masse popolari femminili e sul lavoro di costruzione della Conferenza Mondiale. Maigualida Abreu, moglie dell’Ambasciatore del Venezuela, ha illustrato l’esperienza di lotta delle donne venezuelane e come il governo e le organizzazioni popolari stiano lavorando mettendo al centro la mobilitazione delle donne nella tutela dei loro stessi diritti e nella costruzione di una nuova società in cui ogni bambina e bambino, donna e uomo possano vivere una vita dignitosa e felice.
 

 
Hanno portato il loro contributo al dibattito le/i rappresentanti delle organizzazioni aderenti alla Commissione nazionale (Sindacato Lavoratori in Lotta, Comitato Donne Estella di Milano, Presidio Permanente dei lavoratori e precari della scuola di Milano, Associazione Solidarietà Proletaria, Circolo Bolivariano “J. C. Mariategui di Napoli”, Partito dei CARC, Collettivo “Iqbal Masih” di Lecce) e di altre realtà: il Collettivo studentesco di Scienze Politiche dell’Università di Napoli Federico II, la giornalista dell’Associazione Bolivariana Annalisa Melandri, l’Associazione di amicizia Italia-Cuba, la sociologa cubana Indira Pineda Daudinot della Red Por Ti America (cap.Cuba), il Centro Culturale “La Città del Sole”, studentesse e studenti venezuelani del master in Scienze Politiche all’Università di Salerno.
Sono pervenuti i saluti (vedi commento) del Comitato Donne Bella Ciao di Pistoia, delle Assemblee delle Donne socialiste (SKM) della Turchia, del Forum delle Donne del PRC.
La compagna dell’ASP ha letto il contributo inviato dalle avvocatesse Carla Serra, Caterina Calia e Maria Luna nel quale hanno denunciato la situazione delle prigioniere politiche, da loro assistite, nelle carceri italiane e c’è stato anche un intervento telefonico della partigiana Miriam Pellegrini Ferri, importante figura della lotta di emancipazione delle donne, che purtroppo abbiamo dovuto interrompere per motivi tecnici, ma che riportiamo nel commento.

 
 
Gli interventi che si sono susseguiti hanno messo al centro alcune tematiche fondamentali da cui sono state poi elaborate le mozioni allegate e che costituiscono le linee guida del lavoro comune:
 
-          la lotta per difendere e conquistare un lavoro dignitoso;
 
-          la solidarietà internazionalista con le donne e i popoli che resistono e si ribellano all’oppressione e alle minacce degli imperialisti USA e dei loro complici: in particolare è stata espressa solidarietà al popolo venezuelano, honduregno e haitiano, alle popolazioni adivasi e alle organizzazioni maoiste indiane che il governo indiano vuole sterminare con un’operazione militare denominata Green Hunt (Caccia Verde);
 
-          la solidarietà alle/ai prigioniere/i politiche/i e sociali in Italia e in tutto il mondo;
 
 
-          la lotta per la difesa dei diritti conquistati dal movimento per l’emancipazione delle donne e per garantire il loro effettivo esercizio contro gli attacchi da parte del Vaticano, principale promotore e ispiratore della loro eliminazione;
 
-          la solidarietà a tutte le migranti e i migranti, a tutte le organizzazioni e i singoli che lottano contro il razzismo, l’omofobia e il fascismo;
 
-          la necessità di legare ogni singola lotta alle altre, di coordinarle e di unirle a quella più generale per la costruzione di un altro mondo possibile e necessario, basato sulla reale democrazia, uguaglianza, libertà e convivenza civile;
 
Sono state fatte infine delle proposte sulla struttura e funzionamento della Commissione (vedere in allegato — intervento del P-CARC).
La giornata si è conclusa con cena, canti e balli popolari e di lotta dell’America Latina e del sud Italia.
 
Ringraziamo vivamente tutte le partecipanti e i partecipanti che hanno reso l’assemblea vivace e proficua e hanno concorso allo sviluppo del confronto tra realtà diverse accomunate dalla volontà di intraprendere un percorso unitario di lotta e solidarietà; il Centro Culturale “La Città del Sole” che ci ha ospitato; il Presidente della Commissione consiliare Relazioni Internazionali del Comune di Napoli, Sandro Fucito, che ha patrocinato l’incontro; le compagne del Comitato promotore internazionale che sono venute dalla Germania per illustrarci il lavoro di costruzione della Conferenza Mondiale delle Donne; i traduttori Daniela, Lutz e soprattutto Chiara; l’artista Albino De Marchis per il bellissimo omaggio artistico alla Commissione Nazionale; le rappresentanze della Repubblica Bolivariana del Venezuela che oltre a collaborare attivamente alla costruzione dell’iniziativa ci hanno trasmesso fiducia e determinazione nella rinascita del movimento di lotta delle donne della base italiane e di tutto il mondo. Un ringraziamento particolare alle compagne del Comitato promotore napoletano e ai compagni che hanno collaborato durante tutta la giornata, facendosi carico degli aspetti logistici (e non solo!) e contribuendo alla riuscita dell’iniziativa!
 
La giornata è stata lunga, stimolante e ricca di interventi e proposte preziose per chi era presente e per chi vorrà unirsi in questa entusiasmante marcia di solidarietà ed emancipazione delle donne che, come è stato affermato più volte durante l’assemblea, “è anche la lotta per l’emancipazione dell’umanità”.
Avanti nella costruzione della Conferenza Mondiale delle Donne!
 
Per informazioni e adesioni:
conferenzadonneatliberodotithttp://www.weltfrauenkonferenz.de/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1
Tel. 339.3418325 — 339.8489559
Art. 51 della Costituzione della Repubblica Italiana

“Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.”

Naturalmente quest’articolo fa riferimento all’Art. 3 secondo cui “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

 
Parole bellissime se fossero realmente messe in pratica, parole che dovrebbero garantire a noi in quanto donne, in quanto lavoratrici ed in quanto madri e mogli dignità personale e sicurezza sociale ed economica. Ma se si pensa alle tante lavoratrici ricattate dal licenziamento nel caso di una gravidanza, alle precarie della scuola, dei call center e di altre realtà lavorative, buttate improvvisamente fuori senza nessuna speranza se non quella di lottare per garantirsi il minimo per la soddisfazione dei bisogni primari. Se si pensa alle disoccupate, che da anni lottano per strappare un posto di lavoro, alle ragazze madri a cui non viene garantito nemmeno l’indispensabile, alle extracomunitarie, allontanatesi dai propri paesi nella speranza di un lavoro dignitoso e che il più delle volte trovano indifferenza, miseria, violenza e, non ultima, la strada. Ecco se ci guardiamo intorno e vediamo questo ed altro ci chiediamo: “ma a chi sono rivolte queste parole di uguaglianza, dignità e partecipazione?”
Le donne sono quelle che oggi pagano il prezzo più alto di questa crisi, crisi economica, politica, sociale e culturale. Sono loro le prime a subire il licenziamento già alle prime avvisaglie di una crisi, sono loro a dover affrontare praticamente tutte le conseguenze legate al licenziamento dei propri mariti (vedi le mogli degli operai Fiat di Pomigliano che combattono al fianco dei propri uomini!). E’ su di esse che, alla pari degli extracomunitari, si abbatte maggiormente la mannaia della violenza, di quella violenza fisica e psicologica che annienta e distrugge.

Si sta proponendo da tempo di cambiare la Costituzione. Bene! A noi basterebbe che si cominciasse finalmente a metterla in pratica questa Carta per la quale non solo tanti uomini ma anche tante donne hanno dato la vita.

Dobbiamo essere noi donne a prendere coscienza del fatto che la nostra emancipazione dobbiamo costruircela unendo le nostre forze e lottando per i nostri diritti, che poi sono i diritti di tutti!
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Incontro di presentazione della Commissione nazionale italiana per la preparazione della Conferenza Mondiale delle donne della base promosso dal Movimento “Ana Soto” del Venezuela, dalla Confederazione delle donne Equadoriane per il cambiamento (CONFEMEC) e dal Consiglio politico e combattivo delle donne di Germania.
Il Gruppo donne bella ciao Pistoia saluta a pugno chiuso, le compagne e i compagni presenti a quest’incontro per la preparazione della Conferenza Mondiale che si terrà in Venezuela nel 2011. Noi compagne di questo comitato a causa della repressione in atto verso i compagni della Toscana non siamo potute intervenire fisicamente. Siamo quindi a Pistoia, ma anche con voi in questa giornata, che sicuramente sarà piena di cose belle e incontri proficui.

Inviamo pertanto la nostra solidarietà per prima a tutte le persone colpite dalla repressione e dal nuovo avvento del fascismo in atto.

 
Solidarietà al Movimento “Ana Soto” per l’ennesimo momento difficile attraversato dal suo paese. RCTV INTERNATIONAL che trasmette il suo veleno dagli Usa a Miami in Florida si merita di essere oscurata non 1, non 2, ma mille volte. I complotti reazionari vanno combattuti sul nascere.

Il nostro Comitato ha raccolto l’appello lanciato dal partito dei Carc ad una riunione che si verificò poco prima dei fatti di Pistoia, una riunione che vide presenti anche Alessandro Della Malva e la compagna Katiuscia.

La donna, oggi subisce discriminazioni pesanti e a volte insostenibili, sia sul posto di lavoro, che in casa e nella società. Viviamo in paese, l’Italia, che ha di fatto per ministra delle pari opportunità una “donna” che si chiama Mara Carfagna. Per contrastare questo modo di essere, due di noi, Laura e Rosanna, hanno partecipato alle elezioni amministrative del comune di Agliana, qui in provincia di Pistoia con la lista di Blocco Popolare. Noi non ci sentiamo femministe. Lottiamo con i compagni per la nostra e la loro libertà e anche emancipazione. Lottiamo con loro, per noi e i nostri figli.

La fascistizzazione in atto è la prima molla che ci muove a lottare.

Siamo state e siamo al centro di una battaglia antifascista, con i compagni del Carc, compagni, Anarchici e compagni non legati in modo stretto a nessun partito.

Il Partito dei Carc, è il più colpito dalla repressione.

Durante una riunione per contrastare l’avvio di ronde fasciste, in Toscana, abbiamo subito, l’irruzione della Digos nei locali che ci ospitavano, siamo stati identificati e poi deportati in questura (in tutto una ventina di persone) caricate sulle volanti della polizia, in pieno centro a Pistoia,

Questo “giustificato” dal fatto che la vicina Casa Pound, aveva subito poco prima della nostra riunione una irruzione, guarda caso da un ventina di persone che avevano come obbiettivo la devastazione dei loro locali. La cosa andrebbe presentata un po’ meglio, ma è conosciuta da tutti e non è il caso di ripetere fatti che magari compagni presenti a questo incontro vi possono chiarire meglio di persona.

Sta di fatto che il processo è in corso e che due di noi testimonieranno per i compagni. Laura che testimonierà per compagni che non sono suo marito (Yuri) io che testimonierò un po’ per tutti.
Le misure che hanno colpito questi compagni sono tra le più dure e incredibili quasi a raccontarsi. Questo nella rossa Toscana, nella Toscana, dove tanto i comunisti dettero per la liberazione.
della loro gente.
Noi abbiamo indivuato al momento in questa lotta, la lotta.

Ora siamo prese e presi solo dall’organizzare, riunioni, manifestazioni, incontri, dossier, anche pranzi e cene per dare un contributo alle spese processuali dei compagni.

Questo è quello che le donne devono fare per la loro liberazione? Noi pensiamo di sì, la liberazione, questa volta magari fisica, intesa come libertà dalle galere e dalle misure repressive passa per la liberazione nostra di donne.

Noi lotteremo ancora per la liberazione dei compagni.

Crediamo, fortemente in questo progetto, in questa causa comune che ci porterà a costruire la Conferenza Mondiale delle donne in Venezuela, nel 2011 e che ci stà portando a conoscere tante persone che condividono le nostre idee e tante realtà come il Comitato Estella di Milano che abbiamo conosciuto durante lo svolgimento del secondo congresso nazionale del partito dei Carc.

Un saluto pieno d’affetto alle partigiane, che ci sostengono con loro insegnamento e la loro lotta e uno anche al Koe e a Konstantina Kuneva dirigente tra i più attivi del sindacato degli addetti alla pulizia della Grecia, così duramente colpita dal fascismo.

A pugno chiuso compagne e buon lavoro!
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Cari compagni,

Salutiamo la vostra iniziativa con tutto lo spirito rivoluzionario da parte nostra e crediamo che i vostri sforzi per organizzare questo evento andranno a beneficio dello sviluppo della lotta mondiale delle donne lavoratrici.

Non ci è stato possibile partecipare fisicamente a questa manifestazione, nonostante la cosa ci facesse piacere. A questo proposito, ci piacerebbe condividere la nostra esperienza e le nostre opinioni attraverso una breve presentazione scritta con la speranza di essere insieme nelle attività future.… See More

Ci auguriamo che la vostra iniziativa abbia successo e che questo valga anche per la vostra lotta in generale, che allo stesso tempo è la nostra lotta.

I più cordiali saluti rivoluzionari,

SKM

Assemblea delle Donne Socialiste
Attività dell’Assemblea delle Donne Socialiste

Il 2009 è stato un anno ricco di molti eventi e di attività. Dal punto di vista politico ci sono state azioni a favore della pace e della libertà delle donne kurde, la lotta contro la guerra sporca in cui le madri kurde e turche hanno tentato di incontrarsi per portare avanti insieme una battaglia contro quella guerra e per ottenere pene più severe nei confronti degli abusi sui bambini e di chi usa violenza contro le donne. Inoltre, ci sono state alcune grandi azioni di resistenza alle quali hanno preso parte anche le donne delle grandi masse. Tra le operaie della compagnia del tabacco TEKEL, che hanno iniziato una lotta di resistenza a livello centrale nel dicembre 2009 ad Ankara, ci sono anche molte donne appartenenti alla grande massa che hanno lasciato le loro case, i loro bambini per venire ad Ankara a rivendicare il loro diritto di mantenere il proprio lavoro. I loro slogan sono prettamente politici e mostrano che queste lavoratrici hanno maturato la consapevolezza della loro condizione di donne operaie sfruttate. Alcune di loro hanno iniziato uno sciopero della fame e sono determinate a protrarlo fino alla morte se il governo non accetta le loro richieste. Riportiamo alcuni slogan che hanno lanciato: “Possiamo morire, ma non ritorniamo nelle nostre case”, “Lotteremo e vinceremo”, “Sciopero generale, resistenza generale”. I lavoratori sono stati colpiti, attaccati dalla polizia con bombolette al pepe e hanno dovuto combattere anche contro il freddo, ma tutti loro, soprattutto le donne, è determinato a continuare la lotta.

Recentemente, è stato fondato un nuovo mezzo per organizzare le donne: le Assemblee Socialiste delle Donne.
Il Partito Socialista degli Oppressi, che si è definito partito della rivoluzione delle donne, è stato creato l’8 novembre 2009. Successivamente a questo passo, è stata fondata la relativa Assemblea delle Donne Socialiste il 21 novembre dello stesso anno come organismo autonomo interno al partito che lavora sulla questione femminile. In molte città si terrà un’Assemblea delle Donne Socialiste. Si tratta di assemblee che operano a stretto contatto con l’Assemblea Generale delle Donne Socialiste. Questi incontri devono essere considerati come un nuovo modello volto ad organizzare le donne nell’azione pratica. La conferenza di fondazione, tenuta ad Istanbul, è stata realizzata da donne di tutte le età, con diversa istruzione, nazionalità ed appartenenti ad ambienti di lavoro diversi. Tra gli obiettivi della fondazione di queste assemblee, c’è quello che dice che le stesse assemblee agiranno come un partito all’interno del partito stesso. Questo significa che le donne membro del partito saranno organizzate nelle assemblee e che avranno il compito di unire la lotta proveniente dal fronte femminile.

Le Assemblee delle Donne Socialiste hanno un carattere autonomo. Questo vuol dire che le donne possono prendere le proprie decisioni e renderle valide per l’intero partito. Le donne membro del partito hanno il diritto di essere presentate a tutti gli organi del partito a cui appartengono ed hanno il diritto di voto.

Le Assemblee delle Donne Socialiste sono un modello utile ad organizzare nel modo più ampio le masse delle donne.

Le assemblee sono state fondate in molte città della Turchia e anche del Nord Kurdistan. Nel Kurdistan, L’”Assemblea delle Donne Socialiste Libere” è stata fondata il 4 gennaio 2010. Alla fondazione, le lavoratrici hanno affermato che, in qualità di donne socialiste libere, innalzano la loro voce contro la brutalità del regime che opprime il popolo kurdo che brama la libertà e la pace.

Attività delle Assemblee delle Donne Socialiste in relazione alla Conferenza Mondiale delle Donne

Le Assemblee delle Donne Socialiste hanno preso l’iniziativa per avviare il processo di organizzazione della Conferenza Mondiale delle Donne in Turchia e Nord Kurdistan ed in Medio Oriente.

A questo proposito, abbiamo organizzato un incontro delle organizzazioni delle donne del Medio Oriente a settembre a Diyarbakir, nel quale hanno partecipato le donne della Turchia, del Nord Kurdistan e della Giordania. A Diyarbakir erano anche presenti due organizzazioni delle donne della Palestina, ma hanno dovuto lasciare il paese a causa di alcuni problemi tecnici. Comunque, sono state informate degli sviluppi dell’iniziativa e hanno confermato il loro intervento nell’ambito del processo a livello teorico.

In secondo luogo, le Assemblee delle Donne Socialiste hanno intrapreso l’iniziativa per una serie di incontri con la partecipazione di organizzazioni diverse delle donne della Turchia e del Nord Kurdistan allo scopo di incrementare il numero dei partecipanti.

In Europa, le organizzazioni delle donne immigrate turche e kurde che stanno portando avanti la nostra stessa linea hanno partecipato alla preparazione insieme agli organizzatori europei.

Seguiranno le seguenti ulteriori attività:

- Un incontro per tutto il medio oriente ad aprile in Libano allo scopo di garantire la partecipazione delle organizzazioni delle donne del Libano, della Palestina e della Giordania.

- Un festival delle masse femminili ad ottobre ad Istanbul per presentare la Conferenza Mondiale delle Donne per coinvolgere la maggior parte delle masse possibili e per l’autofinanziamento.

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Care compagne,

grazie per l’invito e per le informazioni e i documenti che ci avete inoltrato. Come saprete, questo fine settimana, siamo impegnate a Torino per la “Conferenza delle lavoratrici e dei lavoratori” indetta dal nostro Partito; pertanto, non potendo partecipare direttamente alla vostra iniziativa, abbiamo voluto contribuire con questa nostra riflessione.

Siamo molto interessate ai movimenti di liberazione delle donne nel mondo, in particolare in America Latina, che è ricca di realtà femminili di lotta e di partecipazione. Abbiamo, tuttavia, qualche riserva sui vostri documenti e sulle vostre posizioni, che ci sembrano percorrere la tradizionale linea dell’alleanzismo con i movimenti del proletariato maschile. Noi ci muoviamo su un piano alquanto differente: la storia ci dimostra che le rivoluzioni “socialiste” messe in campo dal proletariato nel mondo non hanno mai “compreso” le donne. Non si tratta semplicemente di verificare la “doppia oppressione” femminile, si tratta di demistificare (e decostruire) il preteso soggetto neutro, cioè maschile. Il patriarcato nel mezzogiorno d’Italia è , ancora oggi, radicato nella cultura metropolitana e, in maggiore misura, nelle periferie e aree interne, condizionando la donna nel desiderio, nella ricerca della felicità e nella propria emancipazione. Tale condizionamento ha relegato le donne del sud alla cura della famiglia e della casa, all’ubbidienza verso l’uomo, sviluppando uno schematismo immobile nel tempo: padre, marito, figlio; schema riprodottosi anche nella dimensione produttiva imposta dal Capitale che è narrazione di sopraffazione del forte sul debole e violenza dell’uomo sulla donna (caporalato). Il patriarcato di sinistra è duro a morire, anche perché camuffato da universalismo, paternalismo, fraternalismo. Lo diceva anche Federico Engels, lo dimostra anche la storia del sindacato e del movimento operaio. Noi siamo per l’intreccio tra conflitto di classe e conflitto di genere (e generi), siamo contro la visione “collaborativa” e compatibile, per l’autodeterminazione e l’asimmetria delle soggettività femminili e femministe.

Saluti femministi e comunisti

Il Forum delle donne del Prc

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INTERVENTO TELEFONICO

PER L’ INCONTRO DI DONNE

A NAPOLI IL 30/1/2010

Invio un caloroso saluto ed un apprezzamento per questa pregevole iniziativa.

Come donna, combattente fin dalla lotta di Liberazione contro il nazifascismo posso dire che mi gratifica molto l ‘ idea che oggi, giovani donne sentano la stessa esigenza di lottare che ho sentito io quando ancora studentessa ero una diciassettenne.

La società degli uomini, basata sulla proprietà, ha sempre calpestato il ruolo primario nel quale la natura ha collocato la donna.

E’ la femmina, e nel caso dell’ umanità è la donna che ha, per natura avuto il compito di preservare e mantenere la sopravvivenza delle diverse specie viventi.

Questo ruolo lo rivendichiamo e rivendichiamo tutti i diritti e i doveri che ne conseguono lontane da superstizioni e religioni che inquinano le coscienze.

Non vogliamo guerre. Esigiamo il rispetto tra i singoli e tra i popoli. Non riconosciamo differenze di pelle, di lingua, di religione, di cittadinanza, perché noi donne siamo cittadine del mondo.

Non crediamo che ci siano continenti che valgano più di altri, che ci siano culture superiori o religioni migliori ed esigiamo il rispetto che si deve all’ ateismo basato sulla scienza dimostrata.

Stiamo dalla parte di coloro che lottano contro le ingiustizie, in qualunque parte del mondo siano.

Dalla parte di chi lotta contro il nemico invasore, con qualunque etichetta si sia infiltrato nella loro terra.

Stiamo dalla parte dei lavoratori, dei disoccupati e dei precari.

Dalla parte degli studenti che reclamano nuovi programmi, più qualificati e non manipolati e per l’ inalienabile diritto e dovere alla ricerca scientifica.

Stiamo dalla parte del mondo animale che va rispettato, stiamo contro l’ inquinamento dei mari, dell’ atmosfera e della terra, causato da dettami speculativi per lo sporco interesse di pochi.

Siamo coscienti che per ricoprire interamente il ruolo che la natura ci ha affidato, è necessario lottare alacremente e senza tregua, per togliere la proprietà e il potere che si serve di maschilismo e religioni per conservarlo ed ampliarlo.

Una delle nostre armi più valide e più vincenti è la cultura scientifica. La cultura della nostra classe e gli esempi che i grandi maestri ci hanno dato quando hanno saputo strappare il potere ai tiranni.

Con la bandiera della cultura scientifica camminiamo e costruiamo la nostra lotta perché Donne, madri, figlie, sorelle, compagne non debbano più accettare guerre, sfruttamento, razzismo, e macabra superiorità maschile.

Miriam Pellegrini Ferri
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Mozione n.1
Le/i partecipanti all’incontro per la preparazione della Conferenza Mondiale delle Donne che nel 2011 riunirà in Venezuela organizzazioni e associazioni che in tutto il mondo promuovono e lottano per emancipare le donne e con esse tutte le masse popolari dalla discriminazione, dalla miseria, dallo sfruttamento economico, dall’oppressione politica e dall’arretratezza culturale

- sostengono e promuovono ogni iniziativa di lotta per difendere i diritti conquistati dalle masse popolari del nostro paese e, al suo interno, dal movimento di emancipazione delle donne e per garantire il loro effettivo esercizio (dal voto al divorzio, dalla legge 194 alle leggi a tutela del lavoro femminile, dall’equiparazione salariale agli asili, dalla sanità all’istruzione pubblica); … See More

- denunciano il Vaticano come principale ispiratore e promotore della campagna per eliminare la legge 194 per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza e negare nei fatti alle donne di usufruirne riaprendo la piaga dell’aborto clandestino, condannano la sua pretesa di dettare legge sulla società civile (fecondazione assistita, riconoscimento dei diritti delle famiglie di fatto e dei conviventi, legge 194 e RU486, alimentazione forzata, testamento biologico, ecc.) e il tentativo del governo Berlusconi di costringere le donne e tutta la popolazione del nostro paese a regolarsi secondo i dogmi e la morale antiquata e bigotta del Vaticano, dogmi e morale che invece, come è noto, gli esponenti di questo governo personalmente si guardano bene dal seguire;

- si impegnano a partecipare e contribuire, nei modi e nelle forme che riterranno opportuni, alle iniziative del movimento NO VAT di cui sono parte integrante;

- chiedono che le autorità, gli esponenti dei partiti di opposizioni e quanti hanno a cuore il progresso della società civile, se sono conseguenti ai loro impegni e compiti in merito alla tutela dei diritti delle donne e della laicità dello Stato, si adoperino per garantire l’effettivo esercizio di tali diritti contro le ingerenze del Vaticano indegne di uno Stato laico di fatto e non solo di nome.

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Mozione n.2
Le/i partecipanti all’incontro per la preparazione della Conferenza Mondiale delle Donne che si terrà nel 2011 in Venezuela

- esprimono la propria solidarietà alle masse popolari della Repubblica Bolivariana del Venezuela, paese che nel 2011 ospiterà la Conferenza che stiamo preparando, e al percorso che stanno compiendo per emanciparsi dal dominio dell’imperialismo mondiale (in primo luogo da quello USA) e con esso dallo sfruttamento, dall’oppressione e dall’arretratezza e la convinzione che tale percorso costituisca una speranza per i popoli che in tutto il mondo lottano per gli stessi obiettivi;

- denunciano e condannano l’intensificarsi delle operazioni militari con cui l’Amministrazione USA minaccia la rivoluzione democratica e viola la sovranità nazionale del Venezuela (dall’accordo di cooperazione militare sottoscritto tra il governo USA e quello della Colombia per condurre dalle basi militari colombiane “operazioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione” nei confronti del Venezuela classificato dal Dipartimento di Stato USA come “nazione non cooperante”; alla costruzione, con attrezzature e finanziamenti provenienti dagli USA, di una nuova base militare al confine con il Venezuela annunciata dallo stesso governo colombiano; alla violazione dello spazio aereo venezuelano compiuta da alcuni droni statunitensi MQ-1 Predator, gli stessi utilizzati in Afghanistan e Pakistan per compiere “omicidi mirati”; all’invio, compiuto dal governo USA con il consenso di quello dell’Olanda, di agenti segreti, navi militari e aerei spia nelle isole delle Antille Olandesi di Aruba, Curacao e Bonaire, situate a 50 miglia dalle coste venezuelane);

- si impegnano a operare, nei modi e nelle forme che riterranno opportuni, per sostenere e difendere la rivoluzione democratica venezuelana dalle minacce del governo USA e dei suoi complici;

- chiedono che le autorità locali e gli esponenti dei partiti di opposizione, se le loro dichiarazioni in difesa della democrazia, della pace e della sovranità nazionale degli Stati non sono solo uno strumento per ingannare l’opinione pubblica e giustificare le aggressioni militari contro paesi colpevoli di non sottomettersi ai diktat del governo USA e dei suoi complici, promuovano la più ampia informazione su quanto sta avvenendo in America Latina, si adoperino in ogni modo per far desistere il governo degli USA da ogni manovra mirante a mettere fine alla rivoluzione democratica del popolo venezuelano e a rovesciarne il legittimo governo, si impegnino a condannare ogni complicità del governo Berlusconi, notoriamente “buon amico” di quello USA, con i preparativi di guerra che quest’ultimo sta compiendo ai danni del popolo venezuelano.

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Mozione n.3
Le/i partecipanti all’incontro per la preparazione della Conferenza Mondiale delle Donne che si terrà nel 2011 in Venezuela

- condannano fermamente l’operazione militare (Green Hunt — Caccia Verde) che il governo indiano si appresta a lanciare a partire dal mese di marzo (con l’impiego di decine di migliaia di soldati e dell’aeronautica militare) contro una vasta area dell’India centrale e settentrionale abitata dagli adivasi, popolazioni tribali fuori casta proprietarie di diritto della zona secondo quanto sancito dalla costituzione dello Stato indiano e dove il Partito Comunista Indiano (maoista) ha da anni istituito forme di produzione più moderne, strutture sanitarie e scolastiche, organismi di governo, di amministrazione e di giustizia popolari, promuovendo in particolare il protagonismo delle donne, che in questa come in generale nelle strutture sociali arretrate sono i soggetti più deboli e oppressi;

- denunciano che per ottemperare agli impegni assunti negli accordi (Memoranda of Understanding) sottoscritti con numerose multinazionali indiane e straniere (tra cui la Vedanta, la POSCO, la RioTinto, la Tata, la Hindalco, la Jindal and Mittal) interessate ad appropriarsi del territorio degli adivasi e delle sue risorse, in primo luogo del legname, il governo indiano si appresta a compiere un vero e proprio genocidio, sterminando e deportando milioni di persone e a eliminare uno dei (pochi) polmoni verdi ancora esistenti, provocando una catastrofe ambientale di proporzioni planetarie;

- esprimono la propria solidarietà e sostegno alla resistenza delle popolazioni adivasi e del Partito comunista indiano (maoista) che costituiscono il principale baluardo contro i programmi criminali del governo indiano e delle multinazionali coinvolte nell’operazione Green Hunt;

- si impegnano a contribuire, nei modi e nelle forme che riterranno opportuni, alle campagne internazionali che vanno sotto il nome di Spring Thunder (Tuono di Primavera) che hanno l’obiettivo di denunciare all’opinione pubblica internazionale i programmi criminali del governo indiano e delle multinazionali coinvolte, promuovere ogni forma di protesta contro di essi e sostenere la lotta delle popolazioni adivasi e dei comunisti indiani;

- chiedono che le autorità locali e nazionali del nostro paese, se le loro dichiarazioni in difesa dei diritti umani e della tutela dell’ambiente non sono solo uno strumento per ingannare l’opinione pubblica, promuovano a livello nazionale e internazionale la più ampia informazione su quanto sta avvenendo in India e si adoperino in ogni modo per far retrocedere il governo indiano dai suoi programmi di sterminio e devastazione ambientale.

 
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Mozione n.4
Le/i partecipanti all’incontro per la preparazione della Conferenza Mondiale delle Donne che si terrà nel 2011 in Venezuela

- esprimono la propria solidarietà agli operai e alle operaie della FIAT di Pomigliano d’Arco e Termini Imprese e a tutti i lavoratori e le lavoratrici che stanno lottando per difendere il loro posto di lavoro e a tutti i disoccupati/e e precari/e in lotta per conquistare un lavoro dignitoso, e con esso la possibilità di vivere;

- condannano le cariche poliziesche e le sanzioni amministrative con cui le autorità colpiscono quanti lottano per difendere e affermare il sacrosanto diritto ad avere un lavoro e un salario dignitosi;

- sostengono e promuovono ogni iniziativa di lotta “per non pagare la crisi dei padroni” che sta peggiorando le condizioni di tutte le masse, ma in particolare delle donne (la privatizzazione e la riduzione dei servizi pubblici fanno ricadere principalmente sulle loro spalle la cura dei bambini, degli anziani, dei malati; il carovita le costringe ad arrabattarsi per arrivare a fine mese, a dedicare gran parte delle loro energie e del loro tempo alla sopravvivenza; alle donne vengono riservati i salari più bassi, i lavori più sporchi e modesti o precari e sono loro le prime ad essere licenziate; i soprusi, le violenze e gli stupri contro le donne aumentano giorno per giorno), nella convinzione che solo in questo modo è possibile sia imporre alle autorità e ai padroni i provvedimenti più urgenti necessari per far fronte agli effetti peggiori della crisi sia costruire le condizioni generali per farvi fronte in proprio;

- chiedono che le autorità, se le loro promesse in difesa del diritto al lavoro non sono solo parole vuote, usino le risorse e i mezzi di cui dispongono per adottare tutti quei provvedimenti necessari ad arginare gli effetti peggiori della crisi.

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Mozione n.5
Le/i partecipanti all’incontro per la preparazione della Conferenza Mondiale delle Donne che si terrà nel 2011 in Venezuela

- esprimono il proprio appoggio a tutte le migranti e i migranti che si ribellano alle condizioni indegne a cui il governo Berlusconi e i partiti che lo compongono, in primis la Lega Nord, li condannano con misure e leggi razziste e criminali come il pacchetto sicurezza, l’istituzionalizzazione delle ronde razziste, la politica dei respingimenti, i CIE, i rastrellamenti e le deportazioni razziali e la miriade di provvedimenti apertamente razzisti ad esse ispirati adottati da Comuni più o meno grandi; con una capillare campagna di propaganda razzista che addita gli immigrati come responsabili della miseria, del degrado e dell’insicurezza delle nostre città; con la copertura e l’appoggio dati a gruppi e organizzazioni fasciste come Forza Nuova, Casapound, Blocco Studentesco, La Destra, ecc. che sono in prima fila nel promuovere e organizzare la “caccia all’immigrato”;

- esprimono, nello spirito della Conferenza Mondiale delle Donne, la propria solidarietà a tutti gli antifascisti che, in Toscana come nel resto del nostro paese, sempre più spesso sono inquisiti, arrestati, processati perché, tenendo alti i valori della Resistenza partigiana, promuovono e organizzano la reazione popolare contro il fascismo e lo squadrismo fascista mentre, al contrario, i gruppi e partiti fascisti possono tranquillamente e impunemente aprire sedi, aggredire immigrati, omosessuali, emarginati così come militanti e sedi della sinistra, seminare in particolare tra i giovani una cultura di odio, razzismo, violenza e sopraffazione, inneggiare al fascismo ed esibire svastiche, croci celtiche e tutto l’armamentario della simbologia fascista e nazista nonostante la Costituzione e altre leggi (legge Scelba e legge Mancino) tuttora in vigore nel nostro paese vietino e condannino la ricostituzione del partito fascista, l’apologia di fascismo e di razzismo;

- si impegnano a sostenere e promuovere, nei modi e nelle forme che riterranno opportuni, ogni iniziativa per stroncare quelle che costituiscono vere e proprie prove di fascismo promosse dalla destra più reazionaria del nostro paese al fine di scatenare su scala maggiore dell’attuale la guerra tra poveri, spingere ancora più in basso le masse popolari del nostro paese, creare le condizioni per trascinare tutti ad aggredire e saccheggiare altri paesi e nazioni;

- visto che il fascismo e il razzismo oltre che illegittimi nel nostro paese sono anche un reato, chiamano le autorità, se sono conseguenti ai compiti cui sono preposte, a far rispettare quanto sancito dalla Costituzione e dalle altre leggi vigenti nei confronti delle attività e delle organizzazioni fasciste e intervenire perché sia posto fine a ogni tipo di persecuzione e repressione contro gli antifascisti;

- chiamano i partiti di opposizione, le organizzazioni sindacali, i vescovi, le grandi associazioni che hanno i mezzi e il seguito necessari, se la loro opposizione alle misure razziste del governo Berlusconi è opposizione reale e non complicità camuffata, a promuovere la disobbedienza di massa nei confronti delle leggi e delle misure razziste varate dal governo Berlusconi e dalle amministrazioni locali.

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Mozione n.6
Le/i partecipanti all’incontro per la preparazione della Conferenza Mondiale delle Donne che si terrà nel 2011 in Venezuela

- denunciano che gli imperialisti USA e di altri paesi (tra cui l’Italia) come veri e propri sciacalli stanno occupando militarmente Haiti per mettere le mani sul bottino della ricostruzione e impedire che la ribellione popolare rovesci il governo haitiano e si saldi con le forze e i governi progressisti dell’America Latina. Con la scusa degli aiuti umanitari e speculando vergognosamente sulle morti e le distruzioni causate dal terremoto, il governo Obama ha inviato più di 10.000 marines e occupato l’aeroporto di Pourt-au-Prince per prendere il controllo dell’isola (già occupata tra l’altro dalle truppe ONU in seguito al colpo di stato del 2004) ostacolando e ritardando le stesse operazioni di soccorso e la distribuzione di cibo, medicinali e altri beni di prima necessità alle popolazioni terremotate e aggravando ulteriormente la loro situazione;

- esprimono la propria solidarietà alle masse popolari di Haiti che, sostenute dalla Repubblica Bolivariana del Venezuela, da Cuba, dall’associazionismo di base e dalle organizzazioni popolari di vari paesi del mondo, si stanno organizzando direttamente per essere promotrici e protagoniste della ricostruzione del loro paese;

- si impegnano a operare, nei modi e nelle forme che riterranno opportuni, per sostenere le masse popolari haitiane nella ricostruzione del loro paese e nell’opposizione all’occupazione degli imperialisti USA e dei governi loro complici; in particolare fanno appello a tutte le organizzazioni promotrici e le singole partecipanti alla Conferenza Mondiale affinché promuovano la partecipazione delle donne haitiane alla Conferenza stessa;

- chiedono che le autorità locali e gli esponenti dei partiti di opposizione, se le loro dichiarazioni in difesa dei diritti umani, della democrazia, della pace e della sovranità nazionale degli Stati non sono solo uno strumento per ingannare l’opinione pubblica, denuncino e contrastino l’occupazione militare di Haiti da parte del governo USA, di quello italiano e di altri paesi imperialisti e appoggino le organizzazioni popolari che stanno intervenendo in sostegno delle masse popolari haitiane.

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Intervento/proposta del Comitato promotore italiano della CMD
Proposta per la struttura/funzionamento delle Commissione

Le nostre proposte per la costruzione di una Commissione nazionale preparatoria della Conferenza Mondiale delle Donne sono le seguenti:

1. Linee guida per il lavoro:

- Autorganizzazione e mobilitazione nelle lotte: perché non esiste emancipazione femminile se non è la donna a essere la promotrice e la dirigente di questo processo

- Coordinamento e solidarietà: perché senza l’unione e la solidarietà reciproca con le altre lotte per la difesa dei diritti conquistati con la Resistenza e con le lotte successive e che fanno parte della stessa nostra classe, la donna non si emanciperà mai definitivamente. È solo con l’unità d’azione, il coordinamento, la solidarietà e il sostegno alle altre lotte che potremmo finalmente renderci artefici del nostro futuro, partecipare attivamente e senza deleghe a governi dei grandi elettori (Vaticano, Confindustria e organizzazioni Criminali)

2. Composizione e funzionamento

Per la funzionalità e lo sviluppo del lavoro di promozione della Conferenza Mondiale proponiamo di stabilire degli incontri con cadenza regolare una volta ogni due mesi, che vedranno la partecipazione delle delegate delle varie organizzazioni che aderiscono alla commissione e le responsabili dei vari gruppi di lavoro.

Anzi proponiamo che ogni organismo comunichi entro e non oltre due settimane le delegate/rappresentanti degli organismi che parteciperanno alla commissione e alle riunioni organizzative che essa promuoverà, questo per dare più continuità al lavoro della Commissione.

3. Compiti e obiettivi

È in base ai compiti e agli obiettivi che la Commissione deve perseguire che formuliamo le nostre proposte di struttura e funzionamento:

- promozione della CMD attraverso iniziative dei singoli aderenti, iniziative comuni tra i singoli aderenti, partecipazione a scadenze e ad iniziative comuni (NO VAT, Sciopero dei migranti, 08 marzo — Giornata internazionale della Donna, ad esempio);

- gestione dei rapporti e coordinamento tra gli aderenti, con i comitati nazionali di altri stati e con il comitato promotore internazionale;

- gestione e preparazione del lavoro per la costruzione e partecipazione alla CMD, ossia

a) elaborazione 1. dei criteri per l’elezione delle delegate, 2. dei contributi e tematiche da portare all’Assemblea Generale della CMD, 3. delle attività per il Programma di Massa;

b) organizzazione del seminario nazionale conclusivo durante il quale verranno elette le delegate, scelte le tematiche e le attività di massa da portare in Venezuela (si dovrà svolgere entro novembre 2010);

- gestione e organizzazione delle attività di autofinanziamento.

4. Struttura

Proponiamo che si costituiscano dei gruppi (con rappresentanti delle diverse realtà che hanno aderito e che aderiranno) che si occupino nello specifico dell’organizzazione, della promozione e del finanziamento della Commissione nazionale e della Conferenza Mondiale, nonché che mantengano e sviluppino le relazioni con i comitati promotori e le organizzazioni degli altri paesi.

4.1 Gruppo ORGANIZZATIVO che si dovrà occupare di

- della gestione dei contatti e della casella mail,

- inchiesta a livello nazionale sulle realtà da coinvolgere e a cui proporre l’adesione,

- raccogliere le nuove adesioni,

- organizzare le riunioni della Commissione,

- organizzare e coordinare le iniziative comuni ad alcune mobilitazioni che decideremo di dedicare alla promozione della CMD (NO VAT Day, Sciopero migranti del I marzo, 08 marzo, giornata contro la violenza sulle donne ad esempio),

- in sinergia con gli altri gruppi di lavoro deve promuovere almeno un grande evento di promozione della CMD e di autofinanziamento (concerto, festa, campeggio, ecc.).

In questo modo realizziamo e concretizziamo il Coordinamento tra gli aderenti in questo percorso comune, sviluppiamo un fronte unitario di solidarietà e lotta.

4.2 Gruppo PROPAGANDA che si dovrà occupare di

- istituire un Ufficio Stampa, che lavori nello specifico sulle relazioni con la stampa, sia quella che già simpatizza per il nostro progetto, che quella che ancora non lo conosce ed è apertamente schierata con questo regime borghese

- si occuperà inoltre di redigere comunicati, volantini, locandine di iniziative della Commissione,

- apertura di un sito.

In questo modo promoviamo la CMD e il lavoro della Commissione affinché confluiscano sempre più forze verso i nostri obiettivi comuni.

4.3 Gruppo AUTOFINANZIAMENTO che si dovrà occupare di

- istituire una cassa e organizzarne lo sviluppo (es. proposta di realizzare una fascia con il logo della commissione di autofinanziamento, vendita di gadget, richiesta di fondi economici alle istituzioni, a partire dalle circoscrizioni, di zona e continuando verso altri livelli…richieste di patrocinio per iniziative che faremo nella zona dove propaganderemo la Conferenza Mondiale),

- pianificare e organizzare iniziative congiunte in sinergia con il GRUPPO ORGANIZZATIVO per raccogliere sottoscrizioni,

Proponiamo anche che ogni aderente a seconda della propria possibilità versi una quota alla Commissione.

4.4 Gruppo RELAZIONI INTERNAZIONALI e TRADUZIONI che si dovrà occupare di

- gestione dei rapporti con le delegazioni e con i comitati degli altri paesi,

- costruzione e gestione di un ufficio traduzioni sia per il mantenimento della relazioni internazionali sia che assista le delegate e le compagne che andranno alla CMD (lingue principali: inglese e spagnolo; per il Coordinamento europeo sarebbe buono avere anche una traduttrice tedesca).

In questo modo sviluppiamo la solidarietà internazionale e lo scambio di esperienza con le donne di tutto il mondo.

4.5 Gruppo di PREPARAZIONE della CMD che si dovrà occupare di raccogliere ed elaborare

- le proposte di elezione delle delegate che rappresenteranno l’Italia alla CMD,

- le proposte e le tematiche di contenuti che porteremo all’Assemblea generale come delegazione e dei workshop e attività che proporremo al Programma di Massa della CMD.

Occasione di propaganda e raccolta di adesioni è la preparazione dell’8 marzo, il NO VAT Day e lo sciopero dei migranti del I marzo (importanti momenti per dare concretamente il nostro sostegno e solidarietà, oltre che allargare la mobilitazione per la CMD)

Le compagne della Commissione Donne del P-CARC

 
 
Vedi: Movimiento de Mujers Ana Soto

 

 


Geraldina Colotti: La guardia è stanca

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I territori dove si sogna e si lotta, l’America latina, la Palestina, l’Europa e la sua Storia, dai bolscevichi ai  migranti,  e l’amore, quello sognato e quello vissuto, i ricordi di bambina e le amarezze di donna: volendo accostare o provare a tracciare similitudini tra poesia ed espressione pittorica   potremmo definire quest’ultima raccolta di Geraldina Colotti “macchiaiola” nel suo saper rendere magicamente tangibile  lo spirito del Novecento tutto,  grazie a versi brillanti e illuminanti come pennellate ad effetto.
 
Chiaroscuri accennati, sottili e amare ironie, sprazzi di realtà abilmente  accostati e tenuti insieme da un sottofondo appena accennato ma che prepotentemente emerge alla lettura e che quindi cerca e trova  un suo spazio ben definito: l’essere militante del poeta,  la sua rabbia e onestà intellettuale, la sua vita messa a disposizione della nostra immaginazione, il suo impegno politico per il quale ha pagato con il carcere un prezzo reso alto dal potere che non conosce poesia, non ama le tinte forti e nemmeno i chiaroscuri dell’anima  ma vuol trasformare anche gli spazi vivi della ribellione interiore  in celle anonime e fredde, come quelle delle prigioni.
 
Ma sono proprio questi spazi, quelli dove l’immaginare non ha prezzo, ma nemmeno padroni o secondini, che più prepotentemente emergono e che fanno da sottofondo a quelli agiti e vissuti. Sono i  sogni e le utopie  che sono stati anche quelli di un’intera generazione e che si nutrono ancora del sangue dei nostri giovani, di quello dei  morti recenti così come di quello dei dimenticati. Sono l’anima  degli anni dannati e ribelli ma terreno  fertile per grandi  cambiamenti e giuste rivendicazioni sociali. E nell’attesa del momento in cui  “verrà il tempo della presa d’atto”, vale veramente la pena cogliere l’occasione che queste poesie offrono,    per domandarsi, per capire,  magari anche per imparare ad agire.  
(Annalisa Melandri)
 
 
Altre stagioni
Mi strapperò la pelle
ne farò corone
per le rotte dei folli
per le mani sorelle
d’altre lune
mi strapperò la pelle
ne farò corone
per le strade ribelli
per i tetti e i cancelli
d’evasione
mi strapperò la pelle
ne farò corone
per l’eroe senza un come
che non lascia nessuno
al padrone
mi strapperò la pelle
ne farò corone
per le frasi incompiute
dalle mani cadute
altre canzoni
mi strapperò la pelle
ne farò corone
dalle stagioni inverse
all’onda senza nome
altre ragioni
 
 
GERALDINA COLOTTI, nata a Ventimiglia, ha scontato una condanna a ventisette anni di carcere per la sua militanza nelle Brigate Rosse. Giornalista del quotidiano “il manifesto”, cura l’edizione italiana di “Le Monde diplomatique”. Ha scritto racconti, poesie, romanzi per ragazzi, testi comici. Fra i suoi libri, Versi cancellati (1996), Sparge rosas (2000), Certificato di esistenza in vita (2005); Il segreto (2003) e, con Vauro, Scuolabus (2002).
per incontri con l’autrice e presentazioni del libro contattarla a:

Lettera a Álvaro Uribe a 5 anni dal massacro di San José de Apartadó

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Qui si può firmare la lettera, che in versione cartacea verrà spedita ai destinatari nella giornata di lunedì dall’Associacione Colombia Vive! 
 
Presidente de la Republica de Colombia
ALVARO URIBE VELEZ
 
Fiscal General de la Nación 
GUILLERMO MENDOZA DIAGO
 
Presidente Consejo Superior de la Judicatura 
 JORGE ANTONIO CASTILLO RUGELES
 
Signori: 
In tutto il mondo, cittadini e cittadine sia della Colombia che di altri Paesi, solidali con le Comunità contadine colombiane che quotidianamente devono sopportare affronti e aggressioni da parte di membri della forza pubblica in opposizione ai loro diritti inalienabili, esprimono  indignazione per il modo in cui lo Stato colombiano ha costantemente ostacolato il processo giudiziario tramite il quale si spera di giungere ad una giusta sentenza per gli accusati di crimini di lesa umanità per il massacro compiuto il 21 febbraio 2005 nel quale otto membri della Comunità di Pace di San José de Apartadó sono stati assassinati in modo cruento.
Fin da quando fu commesso il crimine, la comunità internazionale non ha mai cessato di scrivere petizioni e d’inviare comunicati alle autorità colombiane affinchè quell’atroce massacro non rimanesse impunito come è successo invece per altri 197 crimini perpetrati ai danni di questa Comunità di civili i quali, nel portare avanti il loro percorso di resistenza civile e non violenta, le uniche cose che chiedono allo Stato colombiano sono il rispetto della Costituzione e, concretamente, il rispetto per la Vita dei membri della Comunità e il loro Diritto a vivere in Pace
Dal momento stesso in cui fu denunciato il massacro perpetrato da membri dell’Esercito Nazionale in connivenza con paramilitari, lo Stato Colombiano, rappresentato da Lei, Signor Presidente, dal Procuratore allora in carica, Luis Camilo Osorio e dal Ministro della Difesa in carica ai tempi del crimine, Signor Jorge Alberto Uribe, e da altri rappresentanti del Governo di allora, ha dichiarato una serie di cose che i fatti hanno poi dimostrato essere non vere. In primo luogo, fu negata la presenza di truppe nella zona del massacro nel giorno 21 febbraio 2005, presentando carte geografiche militari e documenti ufficiali che poi sono stati riconosciuti come falsi. Egualmente, il signor Luis Camilo Osorio, Procuratore Generale nel periodo 2002–2005, quando in seguito ricoprì la carica di ambasciatore della Colombia in Italia, affermò che il massacro del 21 febbraio 2005 era stato compiuto da guerriglieri delle FARC in vista di un prossimo reinserimento di Luis Eduardo Guerra nella vita civile mediante un programma presidenziale. Questa accusa, che si ripete in varie comunicazioni scritte in risposta alle denuncie internazionali riguardanti il suddetto crimine, oltre ad essere falsa può considerarsi anche come una calunnia, visto che fa insinuazioni e vuol creare dubbi sull’integrità morale di Luis Eduardo Guerra, che in quel momento svolgeva il ruolo di interlocutore tra la Comunità di Pace e la Vicepresidenza affinché non fosse istallato un posto di polizia nel podere della Comunità, come dovrebbe ricordare il Signor Vicepresidente Francisco Santos.
Anche a Lei Signor Presidente, in varie occasioni, organizzazioni come la Rappresentanza in Colombia del Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e la Commissione Interamericana per i Diritti Umani, le hanno fatto notare che in alcuni suoi interventi pubblici aveva parlato di questa Comunità di Pace come di un’organizzazione vicina alla guerriglia.
Ed allora le recenti notizie sulla sparizione avvenuta nella sede della Procura Nazionale di 9 fascicoli contenenti prove accusatorie nei confronti dei militari processati per il massacro e, in aggiunta  la possibile prescrizione dei tempi del processo e la strategia di dilazione da parte dei difensori dei militari, in sintonia con il contesto anteriormente descritto, ci inducono a pensare che vi sia una ben precisa strategia d’ostruzione della giustizia per evitare l’assunzione di responsabilità penali tanto agli autori materiali che a  quelli morali  del sopra citato pluriomicidio.
Noi chiediamo come sia possibile che documenti di tale importanza per la sicurezza di tutti possano sparire senza nessuna spiegazione dalla sede della Procura Nazionale. Se una cosa del genere può accadere proprio nella sede dell’ente responsabile di garantire le misure necessarie per la comparsa in giudizio degli imputati di un processo penale, della conservazione delle prove e della protezione di tutta la popolazione, e con maggior ragione delle vittime, cosa si può sperare dalla giustizia colombiana? 
Risulta evidente la gravità di questi crimini considerati di lesa umanità, e che oggi, ancora una volta, chiediamo non restino impuniti, e non solo per il fatto stesso del delitto ma anche perché a questo si aggiungono altre aggravanti, come, ad esempio, il ruolo sociale e comunitario a favore della pace in Uraba’ svolto da alcune delle vittime del massacro, ruolo riconosciuto tanto localmente che internazionalmente; la crudeltà con la quale furono assassinati tre bambini e la natura di chi si suppone abbia commesso il massacro, membri delle forze dell’ordine e della sicurezza. Proprio coloro i quali dovrebbero preservare l’integrità e la sicurezza della popolazione colombiana. 
Signor Presidente e Signori membri del Governo Colombiano, sembra che gli avvocati difensori dei militari accusati del massacro avvenuto il 21 febbraio 2005 non condividano l’opinione del Presidente che risulta contrario alla prescrizione dei processi e alla messa in libertà degli imputati per scadenza dei termini, opinione espressa nel comunicato del 12 gennaio del corrente anno per mezzo del suo portavoce César Mauricio Velásquez. Poiché in caso contrario non ricorrerebbero a questi artifici per approfittare del poco tempo concesso a questi processi dal codice penale colombiano.
Per questo, le chiediamo che, come massima autorità dello Stato, proceda a fare chiarezza sulla scomparsa di documenti tanto importanti riguardanti un crimine sul quale il mondo intero tiene attentamente lo sguardo e per evitare che sia concessa l’impunità ai colpevoli di questo crimine.
Il prossimo 21 febbraio ricorderemo che cinque anni fa tre bambini, due donne, un lavoratore e due leader sociali furono brutalmente squartati da membri del Esercito nazionale e che fino ad ora non è stata emessa una giusta sentenza per questo crimine di lesa umanità.
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Firmatari:   
Rete italiana di solidarietà, Colombia Vive! Onlus href=“reteitalianadisolidarietaatgmaildotcom“>reteitalianadisolidarietaatgmaildotcom ( Italia)  ( Italia)
Comune di Narni href=“sindacoatcomunedotnarnidottr‚it”>sindacoatcomunedotnarnidottr‚it( Italia)
Comune di Cascina, sindacoatcomunedotcascinadotpidotit ( Italia)
Centro Studi Difesa Civile, href=“presidenteatpacedifesadotorg” target=“_blank”>presidenteatpacedifesadotorg ( Italia)
Comunità Cristiana di Base Oregina di Genova, href=“giuseppecoscione50atgmaildotcom” target=“_blank”>giuseppecoscione50atgmaildotcom(Italia)
AVI. Associazione Volontariato Insieme, fdottartiniatalicedotit  (fdottartiniatalicedotit)   ( Italia)
LIBERA. Associazioni, nomi e numeri contro le Mafie — Sezione internazionale, href=“liberadotinternationalatliberadotit“>liberadotinternationalatliberadotit( Italia)
Narni per la pace, href=“narniperlapaceatliberodotit“>narniperlapaceatliberodotit(Italia)
 
Fondazione Basso – Sezione internazionale simonafratgmaildotcom  (simonafratgmaildotcom)    (Italia )
MIR , Movimento Internazionale di Riconciliazione paoloeilariaattele2dotit  (Italia)
Fondazione Neno Zanchetta aldozanattele2dotit  (aldozanattele2dotit)   (Italia )
Associazione I Raggi di Belen lorenzodotcesanaatfastwebnetdotit  (Italia )
Circolo Culturale Primomaggio href=“infoatcircoloprimomaggiodotorg“>infoatcircoloprimomaggiodotorg (Italia)
Iniciativa Solidaria Internacionalista
(España)
 
Asociación Burgalesa para el Impulso Social jmibeasatubudotes  (jmibeasatubudotes)  (España)
ONG — XXI Solidario href=“xx1_solidarioatyahoodotes” target=“_blank”>xx1_solidarioatyahoodotes(España)
 ACAT Action des chretiens pour l’abolition de la torture, programmes Amérique latine href=“mariaceciliadotgomezatacatfrancedotfr” target=“_blank”>mariaceciliadotgomezatacatfrancedotfr( Francia)
 
 
Con copia a:
  • Fiscal de la Corte Penal Internacional 
LUIS MORENO OCAMPO
  • Comisión Interamericana de derechos humanos
  • Corte interamericana por los DD.HH.
  • Vicepresidente de la Republica de Colombia
FRANCISCO SANTOS
  • Director Programma Presidencial de DDD.HH. y DIH, Colombia
CARLOS FRANCO ECHEVARRIA
  • Oficina del Alto Comisionado de las Naciones Unidas para Colombia
  • Delegación de la Unión européa en Colombia
  • Embajada de Colombia en Italia
Embajador SABAS PRETELT DE LA VEGA
  • Embajada de Italia en Colombia
Embajador GEROLAMO SCHIAVONI
  • Embajadas de las asociaciones firmantes tanto en Colombia como en los países   respectivos
  • Ministerio de relaciones exteriores de los países de las asociaciones firmantes
 

Il ritorno del condor

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Il circolo di Roma dell’Ass.ne Naz.le di Amicizia Italia-Cuba organizza:
Incontro pubblico con Esly Banegas Avila del Fronte della Resistenza contro il Golpe in Honduras, con il giornalista e documentarista Fulvio Grimaldi,
che presenterà il suo ultimo video sull’Honduras e sull’America Latina
” Il ritorno del Condor”.

Presiede Marco Papacci dell’Ass.ne Italia-Cuba circolo di Roma.

LIBRERIA RINASCITA

2 febbraio 2010
LARGO AGOSTA, 36 (zona Tor de’ Schiavi) ore 18.30.

Info: href=“infoatitaliacubadotnet “>infoatitaliacubadotnet
tel. 331 3774048


ENI e Chávez

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Fonte: la Repubblica del 27 gennaio 2010


Rctv e Chávez, stavolta l’ENI mette il bavaglio a Omero Ciai e a Repubblica

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(manifestazione pro-Chávez a Caracas di questi giorni)

La decisione di questi giorni  del governo venezuelano  di sospendere  momentaneamente  le trasmissioni via cavo all’emittente   Rctv International che trasmette da Miami  in Florida, in attesa che si metta in regola con la legge nazionale Ley Resorte, non poteva  non scatenare la solita bagarre mediatica disinformativa su ciò che  realmente accade nel paese e sulle politiche adottate dal presidente Hugo Chávez.

Già nel 2007 la decisione del governo, dettata da esigenze di redistribuzione equa dello spazio radioelettrico disponibile, di non rinnovare il contratto  all’emittente  (che infatti da allora trasmetteva via cavo),  aveva scatenato  violente proteste da parte dell’opposizione, appoggiate da tutto l’apparato mediatico internazionale, soprattutto statunitense ed europeo, che sostiene  e finanzia quegli stessi poteri  che già nell’aprile del  2002 avevano tentato di rovesciare Chávez con un colpo di Stato.  Proprio nel 2002 si resero evidenti tra l’altro, le complicità esistenti tra le oligarchie nazionali imprenditoriali e commerciali, i mezzi di comunicazione privati (tra cui Rctv) e la Cia  (e le sue “agenzie” Ned e Usaid) nella realizzazione del golpe.
 
Marcel Granier, presidente di Radio Caracas Televisión Internacional (Rctv International)  in varie occasioni si è  rifiutato  di trasmettere dalla sua televisione i messaggi presidenziali e non ha rispettato le regole di programmazione soprattutto relativamente  alla  tutela delle fasce protette. Credendo di godere piena libertà e autonomia per il fatto di trasmettere via cavo, Rctv deve adeguarsi adesso su indicazioni della Commissione Nazionale delle Telecomunicazioni (Conatel)   alla normativa vigente per le emittenti nazionali. Secondo Conatel  infatti,  l’emittente e con lei un’altra ventina di televisioni private sarebbero tenute  al rispetto della  normativa nazionale della Ley Resorte per il fatto  di essere a tutti gli effetti emittenti nazionali, avendo, come nel caso di Rctv, addirittura una programmazione nazionale di molto superiore al 70% del totale.
 
Tra le libertà di cui credeva di godere Rctv,  c’era  evidentemente anche  quella di evocare dai suoi schermi  a una “soluzione militare” in Venezuela,  dichiarazione fatta durante un’intervista dal presidente della Federcámaras (la nostra Confindustria) il 14 gennaio scorso.
 
Il ministro del Potere Popolare per le Opere Pubbliche e presidente di Conatel,   Diosdado Cabello, che per le dichiarazioni del presidente della Federcámaras Noel Alvarez,  ha sporto regolare denuncia,  ha dichiarato che le televisioni potranno riprendere le loro regolari trasmissioni una volta messe in regola con la normativa vigente, che “comprende anche l’obbligo di trasmettere i discorsi e i comunicati ufficiali del presidente”.
 
In Venezuela, come accadde due anni fa, l’opposizione  ha colto in questi giorni l’occasione per mandare in strada decine di giovani delle università private in mobilitazioni di protesta dirette verso la sede della Conatel. Si sono registrati scontri tra opposizione e  militanti  chavisti, due dei quali, un ragazzo di 15 anni , appartenente al Psuv (Partito Socialista Unito del Venezuela) e uno studente universitario di 28 anni hanno perso la vita uccisi a colpi di arma da fuoco  e 9 agenti di polizia sono rimasti feriti.
 
Sull’onda delle dichiarazioni apparse sulla stampa venezuelana, per la maggior parte in mano a grossi gruppi imprenditoriali privati e ostili al governo,  anche in Italia e in Europa (El  País in testa), seguendo il copione di quanto avvenuto nel 2007 in occasione del  mancato rinnovo del contratto a Rctv,  si è parlato di “chiusura di televisioni”,  “censura” e o “il regime”.
 
Mentre Televideo (Rai) riporta  che “Rctv nel  2007 era stata esclusa dalle trasmissioni in chiaro per non aver trasmesso un discorso ufficiale del presidente Chávez”, La Stampa, unisce la disinformazione e l’ignoranza in materia alla malafede. Nella versione online del giornale torinese il titolo dell’articolo senza firma : “Venezuela, scontri per le tv oscurate muore uno studente di 15 anni” e il sottotitolo: “S’è dimesso il vicepresidente, era pure ministro della Difesa” fanno pensare che le due notizie siano in qualche modo collegate.
 
Innanzitutto va ribadito che il ragazzo morto  era un militante del partito governativo chavista Psuv, quindi non un dettaglio trascurabile  e che  è stato ucciso dai manifestanti dell’opposizione. Il titolo de La Stampa invece lascerebbe supporre che sia stato ucciso dalla polizia.   Inoltre  le dimissioni del vicepresidente e ministro della difesa Ramón Carrizales (e quelle di sua moglie che era ministro dell’Ambiente) non sono legate, come lo stesso Carrizales ha dichiarato,  a dissapori con la politica del presidente Chávez. Anche se fonti anonime assicurano che sono dovute alla decisione del presidente di includere tra gli alti vertici delle Forze Armate militari cubani, sicuramente però  nulla hanno a che vedere con la vicenda Rctv e ancora meno con la morte del giovane 15enne come farebbe credere invece l’articolo pubblicato su La Stampa.it.
 
Le altre agenzie di notizie non sono da meno: AGI: “Opposizione in strada, muore un 15enne”; TGCOM: “Venezuela oscurata TV anti – Chávez, Rctv  non ha trasmesso i suoi discorsi”; ANSA: “Venezuela sospesa  tv di opposizione”; Rai News 24: “Chávez mette il bavaglio alle TV”.
 
Rilevando che nessuno fa notare che   per le emittenti televisive esiste in qualsiasi paese al mondo l’obbligo di trasmettere i discorsi o le comunicazioni presidenziali, sappiamo  che a ben vedere in Italia siamo messi molto peggio: esiste infatti una sezione specifica della RAI che si chiama Struttura Rai Quirinale e che si occupa delle informazioni e delle trasmissioni che provengono direttamente dal palazzo del Quirinale e che riguardano il Presidente della Repubblica.
Tale struttura è posta sotto la supervisione del Direttore Generale della RAI.
 
In tale caos disinformativo che diventa quasi  consuetudine quando si tratta di vicende legate al presidente Hugo Chávez,  sorprende questa volta  il silenzio dei due principali quotidiani nazionali, la Repubblica e il Corriere della Sera.
 
La Repubblica, che si è sempre distinta in passato con i suoi articoli a firma Omero Ciai  fortemente critici contro il governo Chávez, soprattutto due anni fa in occasione del mancato rinnovo del contratto a Rctv, adesso stranamente tace.
Nessun articolo  su Chávez “dittatore” o  “populista”, nessun articolo sulla mancanza di libertà in Venezuela, nessun articolo che parli di “censura” o “televisioni oscurate”.
Nemmeno nessun articolo sia sul cartaceo che sulla versione online del  Corriere della Sera.
Il motivo è presto chiarito. Già da oggi infatti  le agenzie battono la notizia  di un mega investimento di Eni in Venezuela. Un accordo “storico” lo ha definito addirittura  Paolo Scaroni, amministratore delegato della ditta italiana.
 
L’Eni investirà in Venezuela almeno 7 miliardi di dollari in progetti che vanno dalle estrazioni nei giacimenti di greggio pesante nella fascia dell’Orinoco, alla costruzione di centrali elettriche, alla costituzione di imprese miste con Pdvsa (la compagnia petrolifera statale venezuelana).
 
Chi ha ancora il coraggio di parlare di libertà di stampa nel nostro paese? Chi crede ancora alle falsità opportunistiche  raccontate da giornalisti come Omero Ciai al soldo di un giornale a sua volta servo del potere? E vogliamo ancora credere che a muovere l’informazione  sia il potere politico? Non è piuttosto ancora una volta  il potere economico, quello delle multinazionali o delle  grandi lobby  a dettare le regole e a pagare gli stipendi ai giornalisti?
 
 
 


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