Sabina Guzzanti, quando il culto dell’uomo politico di destra parte, qualche volta, dalla sinistra

6 commenti

Tra le varie cose che mi è capitato di leggere qua e là dopo l’aggressione a Berlusconi, senza dubbio spicca per originalità la dichiarazione di  Sabina Guzzanti.
 
La Guzzanti, non si è limitata a vedere come hanno fatto altri in Berlusconi ferito, un “uomo come gli altri”  o la sofferenza umana e il dolore, o la paura. Sabina Guzzanti, che ovviamente sa benissimo che Berlusconi non è un marziano, ha invece visto per la prima volta in quel volto sofferente,  “un politico”.
 
Qualcosa mi sfugge… qualcosa sfugge evidentemente anche alla Guzzanti. Berlusconi era un politico anche prima di essere aggredito. Il sangue versato lo ha reso soltanto un politico ferito. Era politico  nei suoi attacchi contro la  magistratura e contro il  presidente della Repubblica, nelle sue invettive contro la stampa “rossa” o la televisione di Stato, nell’applicazione del  pacchetto sicurezza o nella riforma della scuola, perfino nei respingimenti in mare. Non erano quelli i capricci di un bambino viziato. Erano azioni, deplorevoli, di un politico di destra.   
 
La Guzzanti invece lo vede sanguinante e solo ora lo scopre politico. Così come secondo il credo cattolico Gesù muore sulla Croce per farsi Salvezza Universale, Berlusconi, ora per molti della sinistra buonista è  diventato  politico e umano soltanto perché sofferente, grazie al  suo volto ferito e macchiato di sangue.
 
E’ nota la doppia simbologia del sangue; il sangue versato è il simbolo universale del sacrificio, ma anche il simbolo della rigenerazione e della potenza purificatrice.
 
C’è un proverbio arabo che rispecchia bene quanto è accaduto in questi giorni : “il sangue è scorso, il pericolo è passato”. L’uomo fascista  e corrotto, il peccatore  immorale, il mafioso e commediante, ha versato il sangue e si è trasformato in politico. Ha lavato i suoi peccati per noi con il suo sangue, offrendocelo mediaticamente, da buon politico, dal  predellino di una Mercedes. Evviva.  Ma quando è che anche noi di sinistra diventeremo dei buoni politici?
 

Falsos positivos: documentario di Simone Bruno e Dado Carrillo

2 commenti


Aggressione a Berlusconi: legittimi dubbi.

10 commenti

Consentiteceli. Senza per questo farci sentire o chiamarci terroristi (o cretini)… 


Copenhagen, 16 dicembre 2009

0 commenti


Movimento Continentale Bolivariano: coscienza, unità e creatività

2 commenti

Salvador Tió con i familiari dei giovani messicani massacrati a Sucumbíos. Altre foto del Congresso del Movimiento Continental Bolivariano qui.
La Coordinadora Continental Bolivariana (CCB) va verso il Movimiento Continental Bolivariano (MCB) con un grande congresso.
 
Al suddetto evento (che si è svolto a Caracas tra il 7 e il 9 dicembre) hanno partecipato  circa 1200 delegati e delegate provenienti da trenta paesi, la maggior parte della nostra America, ma anche dell’ Europa, dell’America del Nord e dell’Australia.
 
Organizzazioni rappresentative dei popoli originari, movimenti femminili, giovanili, ambientalisti, intellettuali, lavoratori, contadini, religiosi, forze politiche di sinistra, si sono dati  appuntamento qui, sotto il   motto del Libertador: “l’unità ci aprirà i cammini della speranza”.
 
Eminenti figure della lotta e del pensiero rivoluzionario continentale e mondiale ci accompagneranno, tra le quali Jorge Beinstein (ricercatore argentino), Luís Barrios (sacerdote portoricano residente negli Stati Uniti), Iñaki Gil de San Vicente (intellettuale basco), Miguel Ángel Sandoval (ex-candidato della presidenza del Guatemala), Héctor Acevedo (poeta salvadoregno  e dirigente del FMLN), Carlos Reyes (uno dei leader ed ex candidato alla presidenza del Fronte di Resistenza contro il Golpe in Honduras), Elizabeth Flores (dirigente sindacale indigena della Bolivia), Néstor Kohan (intellettuale argentino), Lidia Veras (cantautrice venezuelana), Dax Toscano (intellettuale ecuadoriano), Jerónimo Carrera (intellettuale e riconosciuto dirigente comunista venezuelano), Oscar Figueras (segretario generale del PC venezuelano), María Gurutxiaga (femminista basca), Salvador Tió (intellettuale indipendente portoricano) e Salvador Caputo (dirigente del PC argentino).
 
Nella manifestazione culturale a chiusura dell’ evento hanno partecipato importanti complessi musicali, teatrali e cantautori.
Questo importante evento ha scatenato un’intensa campagna di criminalizzazione   contro i suoi organizzatori da parte del capo dell’esercito colombiano e del presidente Uribe (specialmente contro Narciso Isa Conde e altri compagni membri della presidenza collettiva e della direzione esecutiva), imputando la partecipazione indiretta delle FARC nel congresso al  messaggio audiovisivo di solidarietà del comandante Alfonso Cano e stigmatizzando la partecipazione di questa organizzazione insorgente all’interno della  diversità rivoluzionaria che compone il MCB.
 
In questo stesso contesto, allegando dati falsi tratti dal computer del comandante delle FARC Raúl Reyes, si inserisce la richiesta di estradizione e l’ordine di cattura emesso contro il deputato venezuelano, presidente alterno del Parlamento Latinoamericano, Amilcar Figueroa, contro Maria Augusta Calle, deputata dell’Ecuador e contro Gustavo Larrea, ex ministro dell’Interno del governo di Rafael Correa.
 
Per tutte queste ragioni il Congresso del MCB ha deciso di tenere una linea di solidarietà con tutti i compagni perseguitati e minacciati di morte dal regime narco-terrorista-paramilitare di Uribe e dagli Stati Uniti   
 
Carlos Casnueva
Segretario Generale
 
Narciso Isa Conde
Coordinatore della Presidenza Collettiva
11 dicembre 2009 Caracas
   
Movimento Continentale Bolivariano:
Coscienza, creatività, unità
sala stampa Agencia Bolivariana de Prensa
ABP 10/12/2009
  
Il giorno 8 dicembre si sono realizzati i tavoli di lavoro che hanno perfezionato le conclusioni politiche  alla base del Movimento  Continenttale Bolivariano. Le parole che danno il titolo a questo articolo possono definire lo spirito di lavoro collettivo che si è percepito  nelle sale del Parque Central di Caracas, mentre già la “grande stampa” aveva diffuso la notizia che anche il comandante Cano faceva parte di  questo incontro di forze rivoluzionarie.
 
Tavolo 1: Strategie, controffensiva e resistenza di fronte alla situazione attuale di crisi economica e nuovo assalto imperialista.
 
Tavolo 2: Ruolo dei Movimenti sociali nell’espansione continentale  delle lotte e articolazione dei distinti attori sociali nell’offensiva anti neoliberista.
 
Tavolo 3: Diritti umani e diritto internazionale umanitario (prigionieri politici dell’impero e dei governi subordinati)
 
Tavolo 4: Incontro internazionale di mezzi di comunicazione e
comunicatori bolivariani.
 
Il dibattito è stato utile e ha fornito  elementi utili al consolidamento e allo sviluppo di un maggior livello di  coscienza e di  impegno nei partecipanti.
Poco a poco  si vanno configurando  le strategie, percorsi in cui in ognuno degli argomenti  si possa affrontare un lavoro che fortifichi il pensiero bolivariano e sviluppi organicamente il MCB in ognuno dei paesi dove già esiste e si possano aprire  nuovi capitoli. La decisione di avanzare in questo spazio di unità strategica e di avanzare nella costruzione della Patria Grande e del socialismo è stata il distintivo che ha segnato  tutti i tavoli di lavoro.
Sono emerse molteplici e iniziative dei diversi capitoli e dei  delegati venezuelani, brillando per creatività e pregio e incorporandosi alle proposte centrali, arricchendo così il dibattito, il lavoro e l’unità.
traduzioni in italiano:
Annalisa Melandri
maggiori info sulle pagine:
Movimiento Continental Bolivariano: www.conbolivar.org
Agencia Bolivariana de Prensa: www.abpnoticias.com

El nuevo maccartismo de la era Obama — Entrevista a Luis Ernesto Almario

0 commenti

El nuevo maccartismo de la era Obama:entrevista a Luis Ernesto Almario
por Annalisa Melandri y Salvador Tió/Colaboradora ABP Italia y CCB en tránsito hacia el MCB Puerto Rico
ABP/04/12/2009

En el aeropuerto de la ciudad de Los Angeles, el pasado 26 de noviembre el periodista colombiano residente en Australia Luis Ernesto Almario estaba esperando la conexíón de su vuelo con destino final Caracas cuando ha sido detenido por la policía de migración estadounidense junto al FBI y a la CIA por casi un día y luego deportado nuevamente hacia Australia. Luis Ernesto Almario, periodista corresponsal de Radio Café Stéreo en Australia y miembro de la Asociación Bolivariana de Periodistas (Asobolpe) iba a presenciar en la primera convocatoria de dicha Asociación en Caracas el 8 de diciembre.

Hace unos meses había ocurrido algo similar también al escritor Hernando Calvo Ospina, al consejero del grupo Izquierda Unitaria del Parlamento europeo Paul Emile Dupret, al secretario General del Partido Comunista Colombiano Jaime Caycedo Turriago y al defensor de Derechos Humanos el abogado colombiano Athemay Sterling.

Con George Bush presidente los servicios de seguridad de Estados Unidos buscaban peligrosos terroristas islámicos a lo largo y ancho de todo el planeta, ahora en la era Obama evidentemente los “halcones del Norte” vuelven nuevamente su mirada hacia el Sur y persiguen otra vez como en los años ‘50, comunistas y representantes e intelectuales de izquierda que solidarizan los las justas luchas de los pueblos oprimidos.

¿Luis Ernesto puedes contarnos en detalles lo que te ha ocurrido el 25 de noviembre pasado en el aeropuerto de Los Angeles?

Fui arrestado por gendarmes inscritos a Land Security, puesto en un calabozo, aislado sin comunicación alguna, sin alimentos, reseñado, fotografiado y sometido a un intenso y fatigoso interrogatorio. En el operativo participaron 24 policías de emigración, armados hasta los dientes y al termino de 2 interrogatorios se hicieron presentes representantes de la CIA y el FBI. Ellos habían pactado no “tocarme”,se referían a agresión física o tortura seguramente.

En escala en los Angeles, California con destino Miami– Caracas eran las 6.30 am del 26 de noviembre y me proponía hacer transbordo con mi maleta cambiando de aeroplano DELTA, me apresaron despejando el aérea de revisión de documentos y equipaje.

Cayó un “pez gordo” susurraban los gendarmes al esposarme y yo les dije “pero en kilos”. “¿Por que me detienen?” pregunté preocupado de perder el vuelo y ellos apuntaron :“no se preocupe es la rutina, nosotros le ayudamos a continuar su viaje” y guardaron silencio respecto a mi cuestionamiento.

¿Prácticamente cuáles son las acusaciones que han formulado en tu contra en los Estados Unidos? ¿Te han acusado de ser un terrorista?

Si, Un periodista terrorista internacional, responsable de la “maquina” de propaganda de las FARC y de recibir salario de Anncol, Radio Café Stereo y la Agencia Bolivariana de Prensa al servicio de la guerrilla en Colombia.

¿Piensas que estos hechos estén relacionados con tu participación al encuentro de Comunicadores Bolivarianos y al Congreso de la CCB (hacia MCB) que se tendrá en los próximos días en Caracas?

No creo. Todo es posible. Hicieron muchas preguntas sobre Venezuela, sobre mis amigos: ¿quienes me invitaron a vacaciones?, sobre la familia en Caracas, ¿por que Venezuela y no Colombia?. Fui parco en responder: “no quiero saber nada de Colombia, no me interesa, resido en Australia desde hace muchos años”.

¿Te amenazaron en algún modo? ¿Cómo te trataron?

Si. “Como soy un terrorista internacional que debería de estar en Guantanamo”, afirmaron mis captores.

“La solución a su problema es pedir perdón por estar en contra de los Estados Unidos, de los americanos y la embajada te dará la visa para estar aquí o de paso.” me dijeron. Les contesté que no firmaba perdón alguno y que hicieran lo que quicieran. Al termino de mi detención en los Estados Unidos los gringos me montaron en un avión de DELTA y en calidad de deportado me regresaron a Sydney ( Australia).

La Asociación de Periodistas Bolivarianos prácticamente aún no existe, iba a coordinarse por primera vez en Caracas el próximo 8 de diciembre. Ante estas promesas de criminalización del trabajo periodistico, ¿en que condiciones podrá desarrollarse en el futuro la tarea de los periodistas y comunicadores de la Asociación?

Cual quiera que sean las condiciones que nos imponga el Coloso del Norte, en cualquier terreno y circunstancias hay que librar la batalla en defensa de los intereses de nuestros plueblos, que buscan la segunda independencia del imperialismo norteamericano, hay que de cristalizar el sueño del libertador Simón Bolivar ” forjar una Patria Grande “.

La Asociación de Periodistas Bolivarianos es “nuestra trinchera”, el chaleco anti balas para estar en la primera linea de fuego, sólo unidos seremos fuertes, hay que vivir para vencer y no “luchar para morir”. Nuestro pensamiento libertario, el lapicero, maquina de escribir o computadora es nuestra mortifera arma de combate, vamos para adelante con verraquera.

En los meses pasados ha ocurrido algo similar al periodista Hernando Calvo Ospina, al consejero del grupo Izquierda Unitaria (GUE/NGL) del Parlamento europeo Paul Emile Dupret y a Lourdes Contreras, esposa de Narciso Isa Conde. ¿Crees que estamos frente a un nuevo maccartismo?

El “TIO SAM” está alambrando sus haciendas en América Latina, cortando cabezas rebeldes y dejando pasar sus bestias criminales pro imperialistas, rodillonas y vendes patrias, continuando su dominio y saqueo de sus riquezas naturales. Las bases militares en Colombia, sus porta aviones agresivos, son un ejemplo de lo que viene pierna arriba.

 

 

Somos todos “periodistas terroristas”

1 commento

Somos todos “periodistas terroristas”
Por Annalisa Melandri — periodista terrorista

www.annalisamelandri.it

La Asociación Bolivariana de Periodistas aún no ha nacido y ya ha sido objeto de atención de parte de los servicios de seguridad de los Estados Unidos.

El periodista colombiano residente en Australia desde décadas, Luis Ernesto Almario, corresponsal de Radio Café Stereo, colaborador de la Agencia Bolivariana de Prensa y de la Asociación Bolivariana de Periodistas ha sido detenido el miércoles pasado, 25 de noviembre, en el aeropuerto de Los Ángeles mientras estaba en tránsito hacia Caracas donde tenía que participar al congreso del Movimiento Continental Bolivariano, (nacido desde la Coordinadora Continental Bolivariana) y al primer encuentro internacional de periodistas bolivarianos y operadores de la información en donde se iba a conformar la Asociación.

Luis Ernesto Almario ha sido detenido por 24 horas en el aeropuerto, interrogado por miembros del FBI y de la CIA, acusado de ser un “periodista terrorista” al sueldo de las FARC, amenazado en cuanto tal de ser trasladado a Guantanamo, chantajeado y deportado en Australia a pesar de la intervención del cónsul a Los Ángeles y después de haberle secuestrado la memoria USB en la que estaba su trabajo y el borrador la prueba de un libro en curso de obra.

El sig. Almario que adjuntó con sacrificio el dinero por el billete aéreo se encuentra ahora de hecho imposibilitado a viajar a Caracas para participar en los eventos en programa. Podrá hacerlo solamente comprando otro pasaje.

Lo que le ha sucedido reenvía a cuanto ya ocurrido algunos meses atrás al periodista colombiano Hernando Calvo Ospina y al consejero del Parlamento europeo del grupo Izquierda Unitaria (GUE/NGL), Paul Emile Dupret, que — en ocasiones diferentes — durante el vuelo Paris/Ciudad de México, fueron informados por los miembros de la tripulación, (en ambos casos la compañía aérea era Air France), que los Estados Unidos no habían concedido la autorización a sobrevolar el propio espacio aereo al velívolo de Air France porqué su presencia a bordo atentaba a la seguridad del Estado.

Lo sucedido reenvía a una serie innumerable de abusos, prepotencias y detenciones injustificadas como la del abogado colombiano defensor de los derechos humanos, Athemay Sterling, detenido en los Estados Unidos con las mismas acusaciones, para llegar hasta la matanza premeditada cumplida el 1 marzo del 2008 contra el campamento diplomático de las FARC a Sucumbiós en Ecuador en donde han encontrado la muerte cuatro jóvenes estudiantes mexicanos además del número dos de la guerrilla colombiana Raúl Reyes y otros veinte guerrilleros.
Ataque llevado en territorio neutral al conflicto colombiano en desprecio de los tratados internacionales entre Estados y a la legislación internacional en materia de Derechos Humanos.

Si ser “periodista terrorista” es la acusación que nos mueve el poder administrado por unos criminales, si ser periodistas a sueldo de la guerrilla colombiana es la acusación que el FBI o la CIA mueven junto a la inteligencia colombiana contra quienquiera utiliza la palabra, el intelecto y el sentido crítico para denunciar los crímenes de Estado cometidos en Colombia, si ser “periodista terrorista” quiere decir ser atentos observadores de lo que sucede en un país atormentado por una dictadura disfrazada de democracia, entonces sí, confesémoslo sin rebozo y sin miedo qué somos todos periodistas terroristas al sueldo de la libertad y de la verdad. Qué también podéis llamar guerrilla.

Siempre es la dignidad que hace la diferencia.

Todos aquéllos siervos del poder, que se venden hoy como hicieron en pasado, para cubrir y esconder el terrorismo de Estado, en Honduras como en Irak, en Israel como en Vietnam, son y serán siempre esclavos de los poderosos. Y los podéis, si quieren, también llamar periodistas.

________________________________________


Come eravamo…

1 commento

Ringrazio l’amico Spartaco che mi ha inviato queste brevi righe ricordandomi quanto accadeva in Italia nei giorni del golpe in Cile. Una risposta decisa e contundente  di ogni settore della società che stava a dimostrare quanto forte e sentita fosse la solidarietà internazionale. Uno spunto per riflettere su quanto accaduto e accade in Honduras,  per non abbassare la guardia, ma soprattutto lo sguardo.(A.M.)
 
Tra il 12 e il 15 settembre 1973:
Si realizzano brevi fermate sul lavoro indette dalla Flm per protestare contro il golpe in Cile, in altre località le fermate del lavoro sono spontanee.
Si sciopera fra l’altro nelle fabbriche bolognesi e della cintura genovese, a Matera, alla Siemens di Catanzaro e alla Fiat di Torino, dove è indetta per il 13 una manifestazione dalla Camera del lavoro con Emilio Pugno; il 13 si manifesta anche a Firenze e a Verbania; a Lecce, Bergamo, Porto Marghera, Trento e Milano il 14. Sempre a Milano, è stato compiuto un attentato incendiario contro gli uffici della compagnia aerea Panamerican, in piazza Velasca, rivendicato dal ‘Fronte internazionale militante contro il capitalismo Usa’.
Il 15, dimostrazioni si svolgono a Roma, Livorno, Mantova, Como, Verona, Pisa, Cagliari, Lecce.
Ovunque, la parola d’ordine è “non riconoscere la Giunta golpista”. A Roma, i carabinieri fermano 2 giovani che, insieme ad altri, stavano scrivendo sui muri slogan contro il regime militare cileno, picchiandone duramente uno.
 

Siamo tutti “giornalisti terroristi”

147 commenti

La Asociación Bolivariana de Periodistas  ancora non è nata e già è stata oggetto di attenzione da parte dei servizi di sicurezza degli Stati Uniti.
 
Il giornalista colombiano residente in Australia Luis Ernesto Almario, corrispondente di Radio Café Stereo, collaboratore dell’ Agencia Bolivariana de Prensa e dell’ Asociación Bolivariana de Periodistas è stato fermato mercoledì scorso  all’aeroporto di Los Angeles mentre era in transito diretto a Caracas per partecipare al  Congresso Costitutivo del Movimento Continentale Bolivariano (nato dal Coordinamento Continentale Bolivariano) e al primo incontro  internazionale di   giornalisti e operatori dell’informazione  bolivariani che avrebbe dovuto sancire la nascita proprio dell’ Asociación Bolivariana de Periodistas.
 
Luis Ernesto Almario è  stato trattenuto per circa 24 ore in aeroporto, interrogato da membri dell’FBI e della CIA, accusato di essere un “giornalista terrorista” al soldo delle FARC, minacciato in quanto tale di essere trasferito a Guantanamo, ricattato e rispedito in Australia (nonostante l’intervento del console a Los Angeles) dopo avergli sequestrato la memoria USB nella quale era contenuto il suo lavoro e la bozza di un libro in corso d’opera.
 
Il sig. Almario che aveva raccolto con sacrificio  il denaro per l’acquisto del biglietto aereo si trova adesso di fatto impossibilitato a raggiungere Caracas per partecipare agli eventi in programma. Potrà farlo soltanto riacquistando  un nuovo biglietto.
 
Quello che gli è successo  rimanda  a quanto già avvenuto  qualche mese fa  al giornalista colombiano Hernando Calvo Ospina e anche al  consigliere del Parlamento Europeo del gruppo Sinistra Unitaria (GUE/NGL), Paul Emile Dupret,  i quali — in occasioni diverse — durante il loro volo Parigi/Città del Messico,  furono informati dai membri dell’equipaggio (in entrambi i casi la compagnia aerea era Air France) che gli Stati Uniti non avevano concesso l’autorizzazione al sorvolo del proprio spazio aereo al velivolo dell’Air France perché la loro presenza a bordo poteva attentare alla sicurezza dello Stato.
 
Quanto  avvenuto si ricollega infine  a una serie innumerevole  di soprusi, prepotenze, arresti ingiustificati come quello dell’avvocato colombiano difensore dei diritti umani, Athemay Sterling, detenuto  in carcere negli Stati Uniti con le stesse accuse mosse contro Almario, per arrivare fino al massacro premeditato compiuto il 1 marzo del 2008 contro l’accampamento diplomatico delle FARC a Sucumbiós in Ecuador dove hanno trovato la morte quattro giovani studenti messicani  oltre al numero due della guerriglia colombiana Raúl Reyes e altri venti guerriglieri.
 
Attacco compiuto in territorio neutrale al conflitto colombiano in spregio a ogni trattato internazionale tra Stati e alla legislazione  internazionale in materia di  diritti umani.
 
Se essere “giornalista terrorista” è l’accusa che ci muove  il potere gestito da criminali,  se essere giornalisti al soldo della guerriglia colombiana è l’accusa che muovono l’FBI o la CIA in combutta  con i servizi segreti colombiani contro chiunque utilizza la parola, l’intelletto e il senso critico per denunciare i crimini di Stato commessi in Colombia, se essere “giornalista terrorista” vuol dire essere attenti osservatori di quanto accade in un paese martoriato da una dittatura mascherata da democrazia, allora sì, confessiamolo apertamente e senza timori che siamo tutti giornalisti terroristi al soldo della libertà e verità. Che potete anche chiamare guerriglia.
 
D’altra parte è sempre la dignità  che fa la differenza.
 
Tutti quei servi del potere che si vendono oggi,  come facevano in passato,   per coprire e nascondere il terrorismo di Stato,  in Honduras come in Irak, in Israele come in Vietnam, sono e resteranno sempre succubi dei potenti. Che potete anche chiamare giornalisti.
 
 

Uruguay, America latina: Pepe Mujica presidente “il mondo alla rovescia”

1 commento

di Gennaro Carotenuto
 
Pepe Mujica, l’ex guerrigliero Tupamaro, per 13 anni prigioniero della dittatura fondomonetarista, per nove anni rinchiuso in un pozzo e torturato continuamente, è il nuovo presidente della Repubblica in Uruguay. Ha ottenuto il 51,9% dei voti, superando il 50.4% con il quale Tabaré Vázquez era stato eletto cinque anni fa. Il suo rivale, Luís Alberto “Cuqui” Lacalle, del Partito Nazionale, si è fermato al 42.9% dei voti.
 
E’ uno scarto di nove punti, superiore a tutte le aspettative e, con un’affluenza alle urne superiore al 90% in uno dei paesi dal più alto senso civico al mondo, conferma che quella del presunto rifiuto per la figura popolana e popolare e dal passato guerrigliero di Mujica era una menzogna cucinata e venduta a basso costo dal complesso disinformativo-industriale di massa.
 
Il trionfo di Mujica (nella foto incredibilmente in giacca, ma senza cravatta) è espressione di quello che negli anni del Concilio Vaticano II si sarebbe definito “segno dei tempi”. Come ha detto lo stesso dirigente politico tupamaro, emozionatissimo nel suo primo discorso sotto la pioggia battente a decine di migliaia di orientali che hanno festeggiato con i colori del Frente Amplio, quello che lo porta alla presidenza è proprio “un mondo alla rovescia”.
 
 
Un mondo nuovo i contorni del quale non sono ancora del tutto visibili nella prudenza dei grandi dirigenti politici che rappresentano il fiorire dei movimenti sociali, indigeni, popolari del Continente ma che si tratteggia in due grandi temi di fondo: uguaglianza tra i cittadini e unità latinoamericana.
 
Mujica è stato chiarissimo: il primo valore della sua presidenza sarà il mettere l’uguaglianza tra i cittadini al primo posto e il primo ringraziamento è andato oltre che al popolo orientale “ai fratelli latinoamericani, ai dirigenti politici che li stanno rappresentando e che rappresentano le speranze finora frustrate di un continente che tenta di unirsi con tutte le sue forze”.
 
Proprio il trionfo di Mujica, la quarta figura che viene dal basso, plebea se preferite, e non espressione delle classi dirigenti, illuminate o meno, a divenire presidente in appena un decennio, testimonia che l’America latina sta riscrivendo la grammatica politica della rappresentanza democratica in questo inizio di XXI secolo in una misura perfino insospettabile e incomprensibile in Europa.
 
Mujica, nonostante la militanza politica di più di mezzo secolo, è un venditore di fiori recisi nei mercati rionali. E’ uno che quando è diventato deputato per la prima volta e fino a che non ha avuto responsabilità di governo ha accettato dallo Stato solo il salario minimo di un operaio e, siccome questo non è sufficiente per vivere, ha continuato a vendere fiori nei mercati rionali. Per campare. Indecoroso per un parlamentare, ma solo così, solo dal basso, oggi Mujica può permettersi a testa alta di rappresentare il popolo e proporre a questo “un governo onesto”.
 
Non è un medico, come Tabaré Vázquez o Salvador Allende o Ernesto Guevara, né ha un dottorato in Belgio come l’ecuadoriano Rafael Correa. Non ha studiato dai gesuiti come Fidel Castro né proviene dalla classe dirigente illuminata come Michelle Bachelet in Cile o i coniugi Kirchner in Argentina. Non è, soprattutto, un pollo di batteria, allevato per star bene in società come tanti burocratini dei partiti politici della sinistra europea, che infatti passa di sconfitta in sconfitta e di frammentazione in frammentazione mentre invece in America l’unità delle sinistre è un fatto.
 
Pepe il venditore di fiori recisi nei mercatini rionali è un uomo del popolo come l’operaio Lula in Brasile, come il militare di umili origini Hugo Chávez in Venezuela e come il sindacalista indigeno Evo Morales in Bolivia. Non a caso sono tre uomini politici che hanno mantenuto un rapporto privilegiato con la loro classe di provenienza, che non hanno tradito e che sono ricompensati con alcuni tra i più alti indici di popolarità al mondo, nonostante siano costantemente vittime di campagne ben orchestrate di diffamazione da parte dei complessi mediatici nazionali e internazionali.
 
Non è un caso che da questi dirigenti politici venga posto sul piatto dell’agenda politica lo scandaloso problema dell’uguaglianza che trent’anni di retorica neoliberale avevano umiliato, vilipeso e cancellato e che invece è più che mai l’unico motore dell’unico futuro possibile non solo in America latina.
 
L’America latina integrazionista, dove diventa presidente un ex-guerrigliero venditore di fiori recisi nei mercatini dei quartieri popolari di Montevideo, è davvero “il mondo alla rovescia”, ma è anche la speranza di un “mondo nuovo”, di un nuovo inizio e un futuro migliore in pace e in democrazia. Questa speranza non poteva che venire dal Sud del mondo, da quella “Patria grande latinoamericana” che sta riscrivendo la Storia.

Pagina 77 di 175« Prima...102030...7576777879...90100110...Ultima »