di Franca Pesce*
Nei giorni scorsi a Roma, nell’ambito del festival del cinema, è stato proiettato il film di Miguel Littin: “Dawson Isla 10″.
In quest’isola, a cui si era cancellato il nome e che veniva chiamata solo con il numero dieci, dopo il colpo di stato di Pinochet erano stati incarcerati i maggiori collaboratori del presidente Salvador Allende, con l’intento di emarginarli e di annientarli fisicamente e mentalmente.
La pellicola presenta la capacità di resistenza dei reclusi ai rigori del clima e della prigionia, la loro fierezza nell’esprimere quella dignità, che altri avrebbero voluto calpestare, la manifestazione dei valori morali, che li avevano portati a operare le loro scelte politiche, la loro determinazione nel coltivare la cultura con lo studio delle lingue e con la collaborazione reciproca in quell’ambiente così difficile ed ostile.
Mi ha colpito questa vicenda perché in questo momento in Perù, nazione confinante col Cile, altri uomini stanno vivendo un’esperienza, per alcuni versi, simile a questa.
In varie carceri del Paese i prigionieri politici, molti dei quali professionisti o in possesso di un elevato livello culturale, oltre ad aver partecipato ad attività gestite da operatori al servizio dell’amministrazione carceraria, producendo manufatti di ceramica, di sartoria, di pelletteria, o creando opere di pittura, scultura ecc., da tempo si sono organizzati dando vita a laboratori ed attività di vario tipo.
Essi infatti si sono dedicati all’apprendimento ed all’insegnamento delle lingue, hanno organizzato incontri con artisti, scrittori, professori, o commemorazioni di personaggi o di momenti significativi della storia e della cultura, svolgendo in tal modo una importantissima funzione educativa e sociale in un paese che ancor oggi discrimina ed emargina le classi più povere.
Per quanto ci riguarda più da vicino, dall’anno 2001 un prigioniero politico, condannato con l’accusa di appartenere all’MRTA, ha fondato ed organizzato un laboratorio per lo studio dell’italiano, il taller ” Papà Cervi”( operante in questi ultimi anni nel carcere Castro Castro” di Lima), superando le difficoltà causate dalla mancanza di mezzi, dagli ostacoli posti dall’amministrazione carceraria e dall’ambiente oggettivamente difficile e spesso ostile. Nonostante ciò, da tre anni il lavoro svolto dall’autodidatta ingegner Emilio Villalobos Alva, organizzatore ed insegnante del laboratorio, ha ottenuto il riconoscimento dell’Istituto Italiano di Cultura di Lima, che periodicamente ha inviato insegnanti a verificare e a valutare il livello di conoscenze raggiunte. Lo stesso direttore, dott. Renato Poma, nell’ottobre scorso si è recato in visita al taller in occasione della “Settimana della Lingua Italiana nel Mondo” , valorizzando la serietà e l’impegno dimostrato dagli studenti e dai professori-studenti. Molte altre sono state le iniziative ideate ed organizzate dal laboratorio “Papà Cervi”, come incontri culturali con la partecipazione di insegnanti ( come il prof. Maurizio Leva dell’Università “Sedes Sapientiae” di Lima), di artisti, o come la fondazione della biblioteca “Javier Heraud”, adiacente alla stanza delle lezioni.
Seguendo passo passo l’evolversi di quest’esperienza, ed essendomi recata ad estati alterne nel carcere “Castro Castro” di Lima ad insegnare italiano e latino nel laboratorio “Papà Cervi”, ho avvicinato un mondo inaspettato, carico di energie positive e ricco di esempi di collaborazione e dignità.
Attraverso gli esercizi a cui sottoponevo gli alunni, i dialoghi per ampliare la conoscenza e la fruizione dei vocaboli, la correzione dei loro elaborati, ho percepito la difficile realtà in cui molti di loro sono vissuti, il loro desiderio di riscatto, la volontà di apprendere, migliorarsi e rendersi utili alle loro famiglie.
Mi hanno accolta con atteggiamenti di rispetto e di attenzione, da tutti ho ricevuto affetto, amicizia e gratitudine.
Ho sperimentato così il valore del laboratorio, come la coerenza morale, la capacità di combattere le brutture di un sistema carcerario oppressivo, l’assimilazione e la condivisione di valori coltivati attraverso l’impegno e la cultura.
Purtroppo in queste ultime settimane dal Congresso del Perù sono state prese decisioni che aggravano la posizione dei prigionieri politici, non considerati più degni di accedere ai benefici penitenziari previsti dalla legge. Anzi, senza preavviso ed in modo arbitrario, il 14 ottobre, dieci di loro sono stati trasferiti in un altro supercarcere di massima sicurezza, quello di Piedra Gorda.
Tra loro c’era Emilio Villalobos Alva, che ha dovuto interrompere la sua attività al servizio dei compagni.
Pare che alcuni laboratori siano stati smantellati e che il clima si sia fatto oppressivo ed intimidatorio: nonostante si predichi da parte delle autorità di spirarsi a principi di “reinserimento” e di “rieducazione” dei carcerati, si tende a punire e a colpire.
Non è facile spiegare la complessa situazione di un paese difficile come il Perù.
Mi era stato detto, a proposito della figura dell’ex presidente Fujimori, ammirato da molti in quanto abile nello “sconfiggere il terrorismo”, ma attualmente condannato a causa di violazioni dei diritti umani:” Qui non è come in Europa: si può uccidere per fame o con le pallottole, è la stessa cosa.”
Io penso che si tenta anche di uccidere togliendo la speranza e impedendo di nutrire la mente con interessi culturali e l’animo con valori morali.
* insegnante d’ italiano presso il penale di Castro Castro in Perú
El 18 de abril pasado Hernando Calvo Ospina se encontraba a bordo del vuelo Air France nr. 438 desde París con destino Ciudad de México, cuando faltando todavía cinco horas de viaje, el comandante del avión informó a los pasajeros que no habían sido autorizados a sobrevolar el espacio aéreo de Estados Unidos porqué a bordo se encontraba una persona non grata por motivos de “seguridad nacional”. Prácticamente un terrorista, según el uso que se hace corrientemente del término.
Después de una escala técnica en Martinica por el abastecimiento de carburante, y solamente después de haber despegado de Fort de France, el sig. Calvo Ospina fue informado por los miembros de la tripulación que el “terrorista”, sobre cuya identidad todos los pasajeros del vuelo, él incluido, se iban interrogando, era él mismo.
Una vez aterrizado el avíon a Ciudad de México y después del control de su identidad y de un interrogatorio, donde tuvo que contestar a preguntas sobre su religión, sobre la posesión de eventuales armas y sobre los motivos de su próximo viaje a Nicaragua, (el eje del mal, ¿recuerdan?) Hernando Calvo Ospina fue dejado libre de seguir en su viaje.
Unos meses más tarde la compañia Air France fue más amable con el sig. Ospina. Pocas horas antes de embarcarse con destino La Habana desde París, Ospina fue avisado telefónicamente por la compañía aérea que no podía tomar aquel vuelo ya que el avión iba a sobrevolar los cielos de Estados Unidos. En cambio le ofrecieron un pasaje por Cuba via Madrid.
¿Quién es el objeto de tanta persecución? Periodista y escritor colombiano, colaborador de Le Monde Diplomatique, Hernando Calvo Ospina desde hace años vive en Francia como refugiado, desde donde sigue denunciando y escribiendo sobre el terrorismo de Estado en Colombia, sobre los vínculos del gobierno con el paramilitarismo y sobre los crímenes que Estados Unidos comete en América latina y en el resto del mundo.
Cuatro meses más tarde, el día 19 de agosto de este año, la misma travesía, idéntica en las modalidades, ocurrió a Paul Emile Dupret. Mismo vuelo, AF348, desde París hasta Ciudad de México. Paul Emile Dupret, ciudadano belga, jurista y desde hace años consejero del grupo Izquierda Unitaria (GUE/NGL) del Parlamento europeo además de ser activista y defensor de los derechos humanos y altermondialista, estaba viajando a México para participar a la XV asamblea del Foro de San Paulo.
Como ocurrido a Calvo Ospina, durante la travesía atlántica, Dupret fue avisado por un miembro de la tripulación que su nombre estaba presente en la “lista negra” de los Estados Unidos y por lo tanto las autoridades de aquel país no aceptaban que el avión donde él viajaba sobrevolara su propio espacio aereo.
Después de un largo desvío mar adentro de Florida, el avión con más de una hora de retraso llegó a destino. Para regresar a Europa, Paul Emile Dupret tuvo que cambiar el pasaje, ya reservado desde hace tiempo, por uno con destino París via La Habana.
Aún más engorroso cuanto ocurrido hace algunos meses a Lourdes Contreras, esposa de Narciso Isa Conde quien es miembro de la presidencia colectiva de la Coordinadora Continental Bolivariana, además de ser conocido dirigente comunista en su país, República Dominicana. El 13 de mayo de este año Lourdes Contreras viajaba a bordo de un vuelo directo en Jamaica, dónde tenía que participar a un congreso internacional cómo directora del Centro de Estudios de Género del Instituto Tecnológico de Santo Domingo (Intec). El avión tenía que aterrizar a Miami por una escala técnica y Lourdes Contreras una vez en el aeropuerto fue parada por agentes del despacho migración que después de un genérico interrogatorio y después de borrarle su visa que tenía validez hasta 2016, la embarcaron esposada en un avión con destino República Dominicana.
Lourdes Contreras, importante activista por los derechos de las mujeres, estimada colaboradora de la universidad Nacional de Santo Domingo, por la inteligencia de Estados Unidos tiene la culpa de ser desde 40 años esposa y compañera de vida y de luchas del revolucionario Narciso Isa Conde, acusado por la Colombia de ser un partidario de las FARC y que desde hace tiempo denuncia en su país planes del gobierno colombiano y de la CIA para atentar a su vida.
Cuanto ocurrido a Hernando Calvo Ospina y a Paul Emile Dupret encuentra explicación en sus actividades periodísticas y de denuncia o en el activismo social y político, mientras en cambio en el caso de Lourdes Contreas hay que relacionarlo al hecho que su esposo, Narciso Isa Conde, es un “reconocido sostenedor de grupos terroristicos”, como indicado textualmente en el documento del Departamento de Estado de los Estados Unidos al que la señora Contreras ha podido acceder por el Ministerio de Asuntos Exteriores de su país y el Cónsul General en República Dominicana. En el mismo documento es precisado que ni ella ni sus hijos pueden poner más pie en los Estados Unidos.
¿Se puede reconocer por lo tanto en este último caso una exacerbación ulterior del uso de las medidas de seguridad estadounidenses? Aquí las prohibiciones han sido extendidas hasta las relaciones familiares y aún más se dio explicación a la motivación, aún ambigua y genérica, que la origina. Es diferente cuanto ha ocurrido a Hernando Calvo Ospina y a Paul Emile Dupret que formalmente no han sido informados nunca sobre su situación por ninguna institución y por quienes los respectivos gobiernos no han movido un dedo para pedir explicaciones a las autoridade sde Estados Unidos o para sustentarlos después de esos abusos.
Es evidente por lo tanto el uso instrumental que se hace del 11 de septiembre, de la política de seguridad de George Bush y de la “guerra al terrorismo”. Y es evidente también el uso instrumental que se hace de la muerte de 3mil ciudadanos americanos en el ataque a las torres realizadas por un grupo de integralistas islámicos.
Existe un solo aspecto en común entre las tres personas y probablemente es la denuncia que ellos llevan adelante en modos y formas diferentes respecto a las oscuras tramas del poder en Colombia.
¿Pero se trata solamente de Colombia? ¿O más bien es algo que concierne también el empeño que estas personas desarrollan contra los grandes centros internacionales del poder económico y sus crímenes en América latina y en el resto del mundo?
Narciso Isa Conde, Paul Emile Dupret y Hernando Calvo Ospina no son terroristas, no pertenecen a organizaciones terroristas y no han sido detenidos ni investigados nunca por hechos relacionados al terrorismo. ¿A qué título han sido insertados en la lista negra del Departamento de Estado de los Estados Unidos? ¿Con cuáles acusaciones? ¿Sobre cuáles fundamentos? ¿Con cuáles pruebas sobre todo? ¿Lo han hecho los Estados Unidos para proteger su propia seguridad o mejor para responder a intereses de otros paises?
Preguntas que abren un caso de persecución política. ¿Estamos en presencia de un nuevo macartismo?
El escritor y analista político mexicano Carlos Montemayor en su último ensaje “La guerrilla recurrente” (2007) escribe a propósito: “El terrorismo, (después del 11 de septiembre), se convertía por definición de estado y de ejército en un difuso poder internacional que contenía algunos rasgos del antiguo y favorito enemigo estadunidense: el comunismo internacional… En esta lucha el gobierno del presidente Bush logró construir un instrumento más poderoso que el del viejo Mc Carthy de los años cincuenta: ya no un macartismo dentro de Estados Unidos, sino un macartismo internacional. Con este macartismo cerró toda posibilidad de comprensión de ciertos procesos sociales complejos en diversas zonas del mundo”.
Una especie de guerra fría, observa Montemayor, pero caracterizada solamente por la presencia de un solo protagonista que define las condiciones y construye los partidarios de sus enemigos de vez en vez, sin encontrar ningún obstáculo por la otra parte, porque de hecho no hay ninguna otra parte. Se pueden violar derechos impunemente, sin ningún obstáculo, cubiertos por el silencio de los grandes medios de comunicación, cómplice la subalterneidad de las instituciones de la Unión Europea que no ha tomado postura frente a cuanto ocurrido a Paul Emile Dupret que incluso trabaja en el Parlamento Europeo desde más de 18 años, así como no lo han hecho los gobiernos de Francia, Bélgica y de la República Dominicana. Ninguna condena por lo que ha sido una evidente violación del libre dercho a viajar de estas personas.
Por quien conoce los artículos de Calvo Ospina y las batallas de Paul Emile Dupret tal como la coherencia y el empeño de Narciso Isa Conde por una América latina libre de cualquier imperialismo y sobre todo libre de la injerencia de Estados Unidos, entonces todo aparece más claro. La persecución es política antes que jurídica y eso determina cuanto ocurrido como un caso de evidente violación de derechos humanos.
Derechos humanos que han sido redefinidos y reescribidos arbitrariamente por Estados Unidos después del 11 de septiembre. Si en la Declaración Universal de Derechos Humanos de 1948 se afirmó explícitamente que era necesario establecer normas jurídicas que tutelaran las libertades y los derechos de los hombres independientemente de su raza, sexo, color, lengua, religión y opinión política, es significativo que George W. Bush en su discurso al Congreso de Estados Unidos del 20 de septiembre de 2001, nueve días después del atentado a las Torres Gemelas, redefine los derechos humanos borrando la opinión política como factor no discriminante. Afirma en efecto, textualmente: “nadie puede ser señalado, ni maltratado, ni ofendido verbalmente por su etnia y tampoco por su fe religiosa”. La pertenencia a una idea política, la militancia, las ideas, vuelven después del 11 de septiembre, una vez más, factores discriminantes.
George Bush sigue más adelante en su discurso: “nuestra guerra contra el terror empieza con Al Qaeda, pero no termina allí”.
Son tan indefinidos los límites de esta “guerra al terror”, que se está verificando el riesgo ya preanunciado después de la emanación del USA Patriot Act, que pudiera ser realmente utilizada contra las batallas por la independencia de los pueblos, contra las resistencias a los gobiernos dictatoriales, calumniando como “terrorismo” cada forma de legítima respuesta armada al verdadero terrorismo de Estado que golpea poblaciones inermes. La versión puesta al día de esta guerra se dirige contra los millares de militantes y activistas que recorren los cielos y muelen kilómetros de nuestro planeta para compartir, informar, importar y exportar experiencias, solidaridad, sostén y comunicación entre realidades lejanas y diferentes entre los que se alimentan de este flujo constante de energías. “Eso equivale a sobreponerle a todo estado de derecho un poder fascistoide y un terror infinito” escribe Narciso Isa Conde en su libro (Los halcones atacan — Estrategia E.U en el siglo XXI y alternativa revolucionaria)
Interrogado sobre la posesión de armas, Hernando Calvo Ospina le contesta textualmente al policía que tiene de frente: “mi única arma es escribir, especialmente para denunciar el gobierno de los Estados Unidos que yo considero realmente terrorista “. El policía mirándo le ha contestado: “a veces esa arma es peor que bombas y fusiles.”
Ripropongo questo articolo scritto un anno fa. Ieri il Tribunale di Napoli ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare per Nicola Cosentino per concorso esterno in associazione camorristica. Ricordiamo che Nicola Cosentino è sottosegretario all’Economia (soldi, eh già!), coordinatore regionale del Pdl e stava per diventare Presidente della Regione Campania. Dalla televisione di Stato, il direttore del TG1 Minzolini fa l’avvocato difensore dei camorristi al governo. Vergogna! Ancora pagate il canone? Fino a quando staremo buoni? Sicuri che il No Berlusconi Day sia la risposta giusta? Sicuri che Berlusconi sia il solo problema?
di Annalisa Melandri
14/09/2009
Nicola Cosentino; E’ bene ripeterlo questo nome. Egli viene citato nelle confessioni di Gaetano Vassallo, l’imprenditore legato sia alla Camorra che a Forza Italia e che, con complicità e appoggi di vario tipo e di vario livello, ha di fatto “avvelenato” una regione, la Campania per 20 lunghissimi anni, dal 1987 al 2008. Confessioni raccolte dai due giornalisti de l’Espresso Gianluca Di Feo ed Emiliano Fittipaldi, e pubblicate sul numero in edicola del settimanale.
E’ bene ricordare anche che Nicola Cosentino, già cooordinatore regionale di Forza Italia in Campania, è attualmente sottosegretario di Stato all’ Economia e alle Finanze nel Governo di Silvio Berlusconi.
Tra le complicità e gli appoggi denunciati da Gaetano Vassallo a livello politico spiccava proprio quella di Nicola Cosentino, che avrebbe svolto la funzione di controllore della società ECO4 dei fratelli Orsi, Sergio e Michele.
Michele, il “Salvo Lima della Camorra”, come lo ha definito Roberto Saviano, fu ucciso a Casal di Principe a giugno, pochi giorni dopo aver preso la decisione di raccontare ai magistrati della direzione distrettuale Antimanfia tutto quello che sapeva sullo smaltimento dei rifiuti e sulle connivenze tra politica e mafia nella zona di Mondragone, dopo quanto già raccontato in precedenza e che costituiva parte integrante di un’inchiesta che aveva già prodotto arresti eccellenti. Politica e mafia. Cosentino e la Mafia. Una relazione che ricorre spesso, anche nella confessione di Gaetano Vassallo, egli stesso tesserato di Forza Italia, che racconta di come lo stesso Cosentino abbia ricevuto una volta una busta con una tangente di 50mila euro da parte di Sergio Orsi. E di come il boss Berando Cirillo, in un’altra occasione avesse parlato di Cosentino come uno dei “rappresentanti del Clan Bidognetti” da appoggiare in occasione della sua candidatura alla provincia negli anni ’80. L’ordine di organizzargli un incontro elettorale veniva proprio da Francesco Bidognetti, “lo zio”, condannato all’ergastolo nel processo Spartacus.
Successivamente Cosentino, pedina politica nelle mani della Camorra, dovette adeguarsi alle scelte strategiche, volte per lo più al controllo territoriale, che venivano fatte dai clan dall’alto e quindi fu costretto ad “avvantaggiare solo il gruppo Schiavone” al posto di quello dei Bidognetti, nel grande affare della spazzatura, come denuncia ancora Vassallo.
C’è da dire che sia Nicola Cosentino che Sergio Orsi, (attualmente sotto protezione dopo l’omicidio del fratello al quale però era stata negata la scorta) hanno smentito in due dichiarazioni separate i fatti raccontati dal Vassallo. Nicola Cosentino ha detto che si dimetterà soltanto se la magistratura accerterà che egli abbia commesso realmente i reati dei quali è accusato. Parole non nuove in Italia. Intanto potrebbe continuare a fare il politico per anni.
Ma ci sono troppe coincidenze e particolari che non possono non far sorgere dubbi. In primo luogo l’omicidio di Michele Orsi e il mistero della sua scorta negata. Le prime dichiarazioni di Orsi hanno permesso l’inchiesta che poi condusse in carcere il presidente del consorzio Ce4, Giuseppe Valente e alcuni consiglieri comunali di Mondragone e nella quale compariva come indagato lo stesso sindaco di Mondragone Ugo Conte, e un deputato di AN Mario Landolfi, nome che appare anche nelle dichiarazioni di Gaetano Vassallo (Qui il dossier della Guardia di Finanza).
Poi la stessa perquisizione effettuata nelle abitazioni dei due giornalisti autori dell’inchiesta e nella sede de l’Espresso dalla Guardia di Finanza, dopo la pubblicazione del dossier, perquisizione che la redazione del settimanale ha giudicato come una “minaccia alla libertà di stampa e una violazione palese della recente sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che sancisce la tutela del diritto di cronaca e di critica”.
Intanto non era un mistero per nessuno che nel casertano la spazzatura fosse diventata un affare di primo livello al quale, chi più, chi meno partecipava. La confessione di Vassallo, al di là dei nomi (alcuni dei quali come quello di Cosentino meritevoli di memoria) e dei fatti, va letta soprattutto per capire come e chi in 20 anni hanno trasformato la regione Campania non solo in un enorme discarica a cielo aperto ma soprattutto in un deposito di veleni e sostanze chimiche pericolosissime, sopra le quali sono state versati cumuli e cumuli di rifiuti, legalmente e non.
Esiste il reato di disastro ambientale nel nostro paese che però non rende giustizia né al territorio né alle vittime inconsapevoli che lo abitano e che chissà quali conseguenze hanno subito, subiscono e subiranno sulla loro salute da un tale sistematico, criminale e continuativo avvelenamento di aria, acqua e suolo. Si tratta di un crimine ignobile perpetrato ai danni di una popolazione, che per troppo tempo è stato vittima di politici corrotti, malviventi, imprenditori del Nord, e affaristi senza scrupoli. Una popolazione che quando decide di alzare la testa e protestare, come sta facendo in questi mesi, viene intimorito con l’esercito per le strade da quello stesso governo che localmente Nicola Cosentino rappresenta.
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Nos enteramos con profunda contrariedad que, a pesar de haber solicitado una cita al embajador Roberto Ochoa Madrid con anticipo suficiente, el día de la manifestación bajo la embajada de Honduras en Roma, , dicha sede se encontraba cerrada; vacia, como comunicadonós por el dirigente de la Policia que ha tratado de contactar a un responsable del servicio diplomático, como por nosotros requerido. Incluso en ese día, la bandera de Honduras ha sido retirada de la embajada.
Interpretamos tal comportamiento como un rechazo explícito al dialogo con un amplio grupo de reèpresentantes de la sociedad civil italiana y una precica posición política de la sede diplomática de Honduras en Italia y del mismo embajador Sig. Roberto Ochoa Madrid.
Sr. Roberto Micheletti
Casa Presidencial
Tegucigalpa, Honduras
Congreso Nacional de Honduras
Tegucigalpa, Honduras
Secretario de Estado en el Despacho de Relaciones Exteriores
del gobierno de facto — Honduras
Carlos López Contreras
Tegucigalpa, Honduras
Ministro de Asuntos Exteriores – Italia
Franco Frattini
Roma, Italia
Embajador de Honduras en Italia
Roberto Ochoa Madrid
Roma, Italia
Roma, 13 octubre 2009
Nosotros representantes de Asociaciones en defensa de los derechos humanos, del trabajo y de los sindicatos, de la cooperación internacional y del asociacionismo civil ciudadano, agradecemos al embajador Sr. Ochoa Madrid por recibirnos en esta jornada de movilización y de protesta contra el golpe de Estado que desde hace 100 días ha anulado las diarias prácticas democráticas y políticas del país, despojando al legitimo presidente Manuel Zelaya de su encargo. Deseamos hacerlos participes de nuestras preocupaciones debidas sea por las violaciones de derechos humanos que se cometen diariamente en Honduras que por la evolución de la situación, considerando las elecciones que el régimen golpista entiende realizar el próximo 29 noviembre, ilegitimas por la ausencia del libre confronto político y de las garantías democráticas.
Solicitamos al Sr. Ochoa que comunique a la junta del Sr. Micheletti esta nuestra misiva.
Respecto a la situación que hasta hoy se presenta en Honduras observamos lo siguiente:
1. Sea la promulgación del Estado de sitio que el decreto n. PCM –16–2009 de la suspensión de las garantías constitucionales, edito el 26 septiembre pasado, son medidas abiertamente “violatorias del derecho internacional”, como denunciado también por la Corte Interamericana de los Derechos Humanos (CIDH). La revocación verbal de las garantías constitucionales, del 6 octubre del año en curso, efectuada por el gobierno en vista de la inminente visita de la OSA, de hecho no ha sido incluida en la Gaceta Oficial y por esto no es aplicada por las autoridades que continúan a actuar sobre la base del decreto de suspensión de los Derechos. Razón por la cual, según cuanto denunciado también por la asociación francesa Reporters Sans Frontières, las dos emisoras independientes y criticas hacia el régimen, Radio Globo y Canal 36 hasta el día de hoy, non han podido reanudar regularmente sus transmisiones ni han podido recuperar el material que les ha sido secuestrado. Non podemos prescindir de observar que, si de una parte se dice de querer respetar la fecha del 29 noviembre como posible fecha de las elecciones presidenciales en Honduras, es de anotar que desde hace tres meses cada voz que se expresa en contra del golpe de Estado viene callada con la represión y la violencia; no permitiéndole así el libre ejercicio de la campaña electoral en vista de tal evento.
2. La ultima misión de la OEA que ha visitado el país, debido a la respuesta negativa del gobierno de hecho Sr. Micheletti, se ha concluido sin ninguna novedad positiva, debido al rechazo de la junta golpista para aceptar el punto numero seis del acuerdo de San José, base fundamental para cada tratativa, es decir, la restitución de la presidencia de Honduras al Sr. Zelaya.
3. Nos preocupan, además, las personas que permanecen en la cárcel con acusas infundadas y sometidas a torturas y a tratamientos violentos y degradantes por parte de las autoridades. Según los datos difundidos por el Comité de Familiares de los Detenidos y Desaparecidos en Honduras (COFADEH), los prisioneros políticos actualmente serian 45 aproximadamente, aunque si el portavoz del Frente Nacional de Resistencia Popular considera que sean muchos más. Particularmente preocupante es el caso de la maestra Agustina Flores López, 50 años, hermana de la directora del Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (COPINH) y miembro dirigente del Frente Nacional Contra el Golpe de Estado; de Bertha Cáceres, arrestada el 29 septiembre pasado con la acusa de sedición, ha sido victima de torturas y tratamientos degradantes por parte de miembros de la policía. En un video que hoy circula, resulta evidente que la Sra. López ha sido golpeada violentamente aunque si habia sido esposada por mujeres del cuerpo de policía. La noticia de ayer, anuncia su liberación bajo caución; queda aún indiciada con graves acusaciones y con el entero implanto acusatorio vacío de garantías y transparencia.
4. COFADEH denuncia que 17 personas han muerto en Honduras por causa de la violencia che se ha desencadenado después del golpe de estado del 28 de junio.
5. De las investigaciones de la ONU, surgen noticias que nos preocupan profundamente. Denuncian que grupos de paramilitares colombianos pertenecientes a las Autodefensas Unidas de Colombia (AUC), están en Honduras protegiendo los latifundistas locales. Además, la ONU trabaja sobre las denuncias recibidas con respecto al uso de aparatos acústicos a largo rayo, utilizados contra Zelaya y sus sostenedores que se encuentran en la embajada del Brasil por parte de miembros de la policía y de mercenarios.
Pedimos entonces lo siguiente:
1. Que sea inmediatamente restituida la presidencia, robada manu militari con la fuerza y la violencia al legitimo mandatario del país Manuel Zelaya, regularmente electo por el pueblo hondureño, para que le sea dada la posibilidad de terminar su mandato.
2. Que en el país sea reestablecido inmediatamente el Estado de Derecho y sea garantizado el respeto de los Derechos Humanos, civiles y políticos previstos por todos los tratados internacionales firmados incluso por Honduras.
3. Que cese inmediatamente la criminalizacion de la protesta social actuada por le régimen con el fin intimidatorio y represivo y la persecución penal contra los opositores del régimen y sea garantizado su legitimo derecho al disenso.
4. Que sean inmediatamente liberados todos los prisioneros políticos detenidos y se inicien investigaciones que punten a establecer las responsabilidades penales con respecto a los casos denunciados por muerte, tortura, detenciones arbitrarias, crueldad y degrado en el tratamiento a las personas o contra las personas que han manifestado en contra del régimen.
5. Que sea garantizado y respetado el derecho a la libertad de expresión y el derecho a la información: por consiguiente, que todos los operadores los medios de comunicación críticos ante el régimen puedan realizar su labor de difusión en absoluta seguridad.
6. Que sean realizadas las in
vestigaciones oportunas con respecto a la denuncia de la presencia de grupos paramilitares colombianos que se encontrarían operando en el país pagados por latifundistas locales.
Y luego afirmamos:
1. Que reconocemos como legitimo presidente de Honduras al Sr. Manuel Zelaya.
2. Que solidarizamos con el Frente Nacional de Resistencia Popular y con todo el pueblo hondureño en la lucha contra el golpe de estado.
3. Que sostenemos el Frente Nacional de Resistencia Popular y todo el pueblo hondureño en las legitimas peticiones de establecer una Asamblea Constituyente que les restituya dignidad y participación civil.
4. Que no reconoceremos los resultados de las elecciones políticas del 29 noviembre próximo en cuanto realizadas bajo un régimen golpista sin ninguna garantía de respeto de las reglas democráticas sea por cuanto respecta la campaña electoral sea por como se han llevado a cabo.
Al ministro de Asuntos Exteriores italiano Franco Frattini pedimos:
1. Que no reconozca como legitimas las elecciones políticas del 29 noviembre próximo en cuanto realizadas bajo un régimen golpista sin ninguna garantía de respeto de las reglas democráticas sea por cuanto respecta la campaña electoral sea por el modo como se han llevado a cabo; como ya declarado por el secretario general del ONU, de la OEA, y del gobierno de los Estados Unidos en el caso no sea nuevamente en poseso de la presidencia del país el Sr. Manuel Zelaya.
2. Que se opere activamente por la cancelación de cada relación económica y tratado comercial con el gobierno golpista hondureño hasta cuando no venga reestablecida la democracia en el país.
3. Que se prohíba la entrada en Italia de todos los miembros del gobierno golpista y de los colaboradores declaradamente cómplices del régimen, empezando por el Sr. Micheletti Bain, originario de Bergamo.
4. Que se haga promotor en la Unión Europea porque se suspenda cualquier acuerdo económico y comercial con Honduras.
Saludos.
Firmantes: Associación A Sud, Comitato Carlos Fonseca, Unione Forense per la Tutela dei Derechos dell’Uomo, Comitato Pro Zelaya, Collectivo Italia-Centro America, Associación Italia-Nicaragua, Annalisa Melandri, Rete Italiana de Solidarietà Colombia Vive!, On. Marco Rizzo, Comunisti Sinistra Popolare, Ex-SNIA, Fulvio Grimaldi, Sandra Paganini, Circolo della Tuscia, Italia Cuba
LA VOSTRA ASSENZA E’ UNA RISPOSTA COMUNQUE CHIARA RIGUARDO AL VOSTRO CONCETTO DI DEMOCRAZIA!
Rileviamo con profondo disappunto che nonostante fosse stato chiesto un appuntamento con l’ambasciatore Roberto Ochoa Madrid con ampio margine di anticipo, il giorno del sit-in l’ambasciata dell’Honduras a Roma era vuota, come comunicatoci anche dalla dirigente della P.S. che ha provato a contattare qualche responsabile del servizio diplomatico dietro nostra richiesta. Anche la bandiera dell’Honduras era stata ritirata. Interpretiamo tale comportamento come un esplicito rifiuto al dialogo con un’ ampia rappresentanza della società civile cittadina e nazionale e come espressione di una precisa posizione politica della sede diplomatica honduregna in Italia e dello stesso ambasciatore Sig. Roberto Ochoa Madrid.
Sig. Roberto Micheletti
Casa Presidencial
Tegucigalpa, Honduras
Congreso Nacional de Honduras
Tegucigalpa, Honduras
Secretario de Estado en el Despacho de Relaciones Exteriores
del gobierno de facto — Honduras
Carlos López Contreras
Tegucigalpa, Honduras
Ministro degli Affari Esteri – Italia
Franco Frattini
Ambasciatore Honduras in Italia
Roberto Ochoa Madrid
Roma, Italia
Roma, 13 ottobre 2009
Noi rappresentanti delle associazioni per la difesa dei diritti umani, del mondo del lavoro e dei sindacati, della cooperazione internazionale e dell’associazionismo civile cittadino, ringraziando l’Ambasciatore Ochoa Madrid per averci ricevuto in questa giornata di mobilitazione e di protesta contro il colpo di Stato che ormai da più di 100 giorni ha annullato le regolari pratiche democratiche e politiche del paese, spodestando il legittimo presidente Manuel Zelaya, desideriamo renderVi partecipi delle nostre preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani che vengono commesse ormai quotidianamente in Honduras, nonché per gli sviluppi della situazione soprattutto in vista delle prossime elezioni che il regime golpista intende tenere per il 29 novembre prossimo, che non avrebbero alcuna legittimità in assenza del libero confronto politico e delle garanzie democratiche.
Chiediamo al Sig,. Ochoa che inoltri pertanto alla giunta del Sig. Micheletti questa nostra missiva.
Rispetto alla situazione ad oggi in Honduras osserviamo quanto segue:
- Sia la promulgazione dello Stato d’assedio e il decreto n. PCM –16–2009 di sospensione delle garanzie costituzionali, emesso il 26 settembre scorso, sono misure apertamente “violatorie del diritto internazionale”, come denunciato anche dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani (CIDH). La loro revoca verbale, in data 6 ottobre u.s., effettuata dal governo de facto in vista dell’imminente visita dell’OSA, non è stata infatti inserita nella Gazzetta Ufficiale e quindi non viene applicata dalle autorità che continuano ad agire in base al decreto di sospensione dei diritti. Ragione per la quale, secondo quanto denuncia anche l’associazione francese Reporters Sans Frontières, le due emittenti indipendenti e critiche verso il regime, Radio Globo e Canal 36 ad oggi non hanno potuto riprendere regolarmente le loro trasmissioni e non hanno ottenuto il materiale che era stato loro sequestrato. Non possiamo fare a meno di osservare che se da una parte si dice di voler rispettare la data del 29 novembre come data possibile delle elezioni presidenziali in Honduras, ormai da tre mesi circa ogni voce che si leva contro il colpo di Stato viene zittita con la repressione e la violenza, non permettendo così il libero esercizio della campagna elettorale in vista di tale appuntamento.
- L’ultima missione dell’OEA in visita nel paese, data la risposta negativa del governo de facto del Sig. Micheletti si è conclusa senza nessuna novità positiva, visto il rifiuto di accettare da parte della giunta golpista il punto numero sei dell’accordo di San José, base fondamentale per ogni trattativa, e cioè la restituzione del presidente Zelaya alla presidenza del Paese.
- Esprimiamo inoltre la nostra preoccupazione per le persone che continuano a restare in carcere con accuse infondate e sottoposte a torture e a trattamenti violenti e degradanti da parte delle autorità di polizia. Secondo i dati diffusi dal Comitato dei Familiari dei Detenuti e Desaparecidos in Honduras (COFADEH),i prigionieri politici attualmente sarebbero circa 45, anche se il portavoce del Frente Nacional di Resistencia Popular considera che siano molti di più. Particolarmente preoccupante è il caso della maestra Agustina Flores López, cinquantenne, sorella della direttrice del Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (COPINH) e membro dirigente del Frente Nacional Contra el Golpe de Estado, Bertha Cáceres, arrestata il 29 settembre scorso con l’accusa di sedizione, la quale è stata vittima di torture e trattamenti degradanti da parte di membri della polizia. Da un video ad oggi in circolazione risulta chiaramente che la Sig.ra López è stata picchiata violentemente mentre era già ammanettata da donne del corpo di polizia. E’ notizia di ieri la sua scarcerazione sotto cauzione, resta tuttavia indiziata di gravi reati con l’intero impianto accusatoria privo di garanzie e trasparenza.
- Sempre dati della COFADEH indicano in 17 il numero delle persone morte in Honduras a causa della violenza scatenatasi in seguito al colpo di Stato del 28 giugno.
- Giungono inoltre preoccupanti notizie circa indagini che l’ONU starebbe portando avanti su gruppi di paramilitari colombiani appartenenti alle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC) assoldati da latifondisti locali per la loro protezione. Lo stesso gruppo dell’ONU starebbe lavorando sulle denunce ricevute rispetto all’uso di apparecchiature acustiche a largo spettro, utilizzate contro Zelaya e i suoi sostenitori nei pressi dell’ambasciata brasiliana da parte dei membri di polizia e di mercenari.
Affermato quanto sopra, chiediamo quanto segue:
- Che venga immediatamente restituita la presidenza, usurpata manu militari con la forza e la violenza al legittimo mandatario del paese Manuel Zelaya, regolarmente eletto dal popolo honduregno e che gli venga data la possibilità di terminare il suo mandato. con la forza e la violenza al legittimo mandatario del paese Manuel Zelaya, regolarmente eletto dal popolo honduregno e che gli venga data la possibilità di terminare il suo mandato.
- Che nel paese venga ripristinato immediatamente lo Stato di Diritto e venga garantito il rispetto dei diritti umani, civili e politici previsti da tutti i trattati internazionali ratificati anche dall’Honduras.
- Che cessi immediatamente la criminalizzazione della protesta sociale attuata dal regime con scopo intimidatorio e repressivo e la persecuzione penale contro gli oppositori al regime e venga garantito e rispettato il loro legittimo diritto al dissenso.
- Che vengano immediatamente liberati tutti i prigionieri politici detenuti e si intraprendano indagini volte a stabilire responsabilità penali rispetto ai casi denunciati di decessi, nonché rispetto a tutti i casi di torture, trattamenti crudeli e degradanti, detenzioni arbitrarie contro le persone che hanno manifestato contro il regime.
- Che venga garantito e rispettato il diritto alla libertà di espressione e il diritto all’informazione e che quindi tutti i mezzi di comunicazione critici al regime vengano messi in grado di lavorare tranquillamente e in assoluta sicurezza per i loro operatori.
- Che vengano svolte opportune indagini rispetto alla denuncia della presenza di gruppi paramilitari colombiani che starebbero operando nel paese al soldo di gruppi di latifondisti locali.
E inoltre affermiamo:
- Che riconosciamo come legittimo presidente dell’Honduras il Sig. Manuel Zelaya.
- Che solidarizziamo con il Frente Nacional de Resistencia Popular e con tutto il popolo honduregno nella lotta contro il colpo di Stato.
- Che sosteniamo il Frente Nacional de Resistencia Popular e tutto il popolo honduregno nelle legittime richieste di indire un’Assemblea Costituente che gli restituisca dignità e partecipazione civile.
- Che non riconosceremo i risultati delle elezioni politiche del 29 novembre prossimo in quanto realizzate sotto un regime golpista senza nessuna garanzia di rispetto delle regole democratiche sia per quanto riguarda la campagna elettorale sia per il loro svolgimento.
Al ministro degli Affari Esteri italiano Franco Frattini chiediamo:
- Che non riconosca come legittime le elezioni politiche del 29 novembre prossimo in quanto indette da un regime golpista senza nessuna garanzia di rispetto delle regole democratiche sia per quanto riguarda la campagna elettorale sia per il loro svolgimento, come già dichiarato dal segretario generale dell’ONU, dall’OEA, e dal governo degli Stati Uniti nel caso non venga ripristinato Manuel Zelaya alla presidenza del paese.
- Che operi attivamente per la cancellazione di ogni rapporto economico e trattato commerciale con il governo golpista honduregno fino a quando non venga ripristinata la democrazia nel paese.
- Che proibisca l’ingresso nel nostro paese di tutti i membri del governo golpista e dei collaboratori dichiaratamente complici del regime, cominciando dal Sig. Micheletti Bain, originario di Bergamo.
- Che si faccia promotore presso l’Unione Europea perché venga sospeso qualsiasi rapporto economico e commerciale con l’Honduras.
Distinti saluti
Primi firmatari: Associazione A Sud, Comitato Carlos Fonseca, Unione Forense per la Tutela dei Diritti dell’Uomo, Comitato Pro Zelaya, Collettivo Italia-Centro America, Associazione Italia-Nicaragua, Annalisa Melandri, Rete Italiana di Solidarietà Colombia Vive!, On. Marco Rizzo, Comunisti Sinistra Popolare, Ex-SNIA, Fulvio Grimaldi, Sandra Paganini, Circolo della Tuscia, Italia Cuba
Muoiono in solitudine rinchiusi dentro le mura dello Stato: Francesco Mastrogiovanni 3 mesi fa muore nell’ ospedale pubblico di Vallo della Lucania, sottoposto a TSO, la tortura di Stato. Il dirigente del reparto di psichiatria è stato sospeso un mese fa. Stefano Cucchi arrestato nella notte tra il 15 e il 16 ottobre passa per ben quattro strutture statali (caserma dei Carabinieri, carcere di Regina Coeli, Tribunale e ospedale Sandro Pertini; muore il 22 ottobre e sul suo corpo sono evidenti i segni di un pestaggio, alcuni già presenti il giorno del processo per direttissima. Diana Blefari, in carcere in regime di isolamento accusata di concorso nell’omicidio Biagi, il 1 novembre si impicca nella sua cella; da tempo soffriva di gravi disagi e di una profonda depressione. I suoi avvocati parlano di suicidio annunciato. Lo stesso giorno le era stata consegnata la sentenza di Cassazione in cui le veniva confermata la condanna all’ergastolo. Le ripetute segnalazioni sulla gravità del suo stato di salute non sono mai state ascoltate. Queste e tante altre storie passate, di morte e solitudine, consumata dietro le sbarre di una cella, nelle corsie di un’ospedale o nelle stanzette lager degli ospedali psichiatrici ci riportano violentemente, ogni volta al Medioevo della dignità umana. Si nasconde forse il disegno perverso delle società di eliminare alcuni suoi figli? Vi si prestano consapevolmente, coperti dall’impunità i membri delle forse dell’ordine, i giudici, i medici, gli assistenti sociali…Ci prestiamo noi tutti finchè continueremo a permetterlo.
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“Tornate in soffitta, medici parassiti, e anche tu, signor pecorone Legislatore; non è per amore degli uomini che deliri, è per tradizione d’imbecillità. La tua ignoranza di che cos’è un uomo è pari all’imbecillità di volerlo limitare”.
(Antonin Artaud)
El escándalo del DAS ante la Comisión Interamericana de Derechos Humanos
Miércoles, 4 de noviembre de 2009
Washington D.C., Estados Unidos de América
Hoy, a las 2pm hora de Washington D.C., en la sede de la Organización de Estados Americanos (OEA), el periodista colombiano Hollman Morris –director del programa periodístico de televisión ‘Contravía’–, estará denunciando al Estado colombiano ante la Comisión Interamericana de Derechos Humanos (CIDH) por la persecución sistemática –e ilegal– por parte del Departamento Administrativo de Seguridad (policía secreta, adscrita a la Presidencia de la República colombiana).
En la reunión de trabajo con la Comisión, el periodista contará cómo las medidas de seguridad, otorgadas por el Programa de Protección a periodistas de Ministerior del Interior, fueron utilizadas para hacerle espionaje en “tiempo real” a Hollman Morris, su familia –incluyendo a sus dos hijos memores de edad–, y a su equipo de trabajo periodístico.
Hacia las 3pm Morris estará dando declaraciones sobre dicha reunión; para tal efecto se pueden comunicar con:
Juan Pablo Morris (Productor Ejecutivo de ‘Contravía’ y hermano del periodista)
Teléfono: (571) 3170934
Correo: hollmanmorrisgmailcom
In Perù una recente legge promulgata dal presidente della Repubblica Alan García e approvata in tempi record dalla maggioranza del Congresso, ha improvvisamente cancellato gran parte dei benefici carcerari di cui godevano tutti i prigionieri politici che da decenni ormai stanno marcendo lentamente (o morendo congelati a seconda di dove sono rinchiusi) nelle carceri del paese.
I benefici, che erano stati concessi nel 2003 tramite il Decreto Legislativo n. 927 ai carcerati con condanne per “terrorismo” e “tradimento alla Patria”, riguardavano la riduzione di pena per il lavoro svolto, l’educazione, il regime di semilibertà e la libertà condizionale.
La mano pesante di Alan García ha riscosso ampio consenso sia sulla maggior parte dei mezzi di comunicazione, in mano all’oligarchia conservatrice del paese, che nell’opinione della gente comune. Questo si spiega con le polemiche che si erano accese nelle settimane scorse rispetto al dibattito sulla partecipazione alla vita sociale e politica degli ex guerriglieri del movimento armato ormai smobilitato Túpac Amaru. Polemiche inaspritesi ulteriormente dopo la pubblicazione, circa un mese fa, del libro “de puño y letra” di Abimael Guzmán, leader di Sendero Luminoso attualmente in carcere (12 persone legate alla pubblicazione di questo libro sono attualmente indagate per apologia di terrorismo).
Evidentemente non si tratta soltanto di questo. In Perú il fujimorismo è tutt’altro che morto dopo la sentenza che ha condannato l’ex dittatore giapponese a 25 anni di carcere per violazioni dei diritti umani. Serpeggia nemmeno tanto celatamente in tutto un importante settore della società, quello appartenente all’alta imprenditoria, vincolato con i vertici cattolici e le Forze Armate e che si ritrova riunito adesso nel partito Alianza por el Futuro, ma soprattutto in Fuerza 2011, guidato dalla figlia di Fujimori, Keiko, che risulta oggi nei sondaggi possibile vincitrice nelle prossime elezioni presidenziali del 2011.
Keiko Fujimori si sta battendo tra l’altro e sta cercando alleanze proprio per far uscire quanto prima dal carcere suo padre. Lo stesso presidente della Commissione di Giustizia del Congresso, Rolando Sousa, parla addirittura di quella che secondo lui sarebbe una vera ingiustizia e cioè il fatto che i membri delle Forze Armate che si trovano attualmente in carcere (condannate quindi per massacri, sparizioni forzate o esecuzioni extragiudiziali per esempio) non godano, a differenza dei detenuti politici (che hanno combattuto e lottato contro quella che è stata ormai all’unanimità considerata come una dittatura) di alcun beneficio carcerario.
“Da oggi non è più così” ha concluso commentando la nuova legge e segnalando il fatto che con essa si vuole evitare che si vadano a incrementare le fila del terrorismo con la liberazione “di sovversivi che ottengono la libertà grazie alla libertà condizionale e al 7 per 1” (un giorno di libertà per ogni sette di lavoro).
E infatti è con sorprendente velocità che gli ex tupamaru Jaime Castillo Petruzzi, Elmer Ramírez Palacios, Fernando Martin Morales Ponce, Rider Arévalo López, Abraham Guizado Ugarte ed Emilio Villalobos Alva, che stavano scontando pene comprese tra i 14 e i 18 anni nel carcere di Castro Castro, sono stati improvvisamente trasferiti al carcere di massima sicurezza di Pietras Gordas. Ed è con sorprendente velocità inoltre che sono stati cancellati tutti i laboratori di manualità e i corsi di studio dei quali potevano beneficiare questi ed altri detenuti.
Il ministro della giustizia Aurelio Pastor, ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale i detenuti sarebbero stati trasferiti in modo da non avere più nessun contatto con l’esterno. Essendo un carcere di massima sicurezza il regime vigente è diverso dal precedente ed inoltre trovandosi ad oltre 50 chilometri da Lima è più difficile per i familiari dei detenuti mantenere una continuità nelle visite.
Giorni fa inoltre non è stata concessa la libertà condizionale ad Alberto Gálvez Olaechea, ex dirigente del MRTA, che ha già scontato 20 anni di prigione pur non avendo mai ucciso un uomo, che in carcere ha vinto un premio letterario e che ha dimostrato sempre un’ottima condotta e volontà di reintegro alla vita sociale del paese.
Tutto questo accade mentre il quotidiano Republica pubblica un editoriale secondo il quale l’ex dittatore Fujimori nel carcere dove si trova rinchiuso dopo la recente condanna è libero di scegliersi il personale di sorveglianza di sua fiducia (con il rischio quindi di sue possibili fughe) e di passeggiare e coltivare rose al di fuori della zona a lui destinata.
Quanto sia strumentale ad altri fini questa criminalizzazione che si fa degli ex prigionieri politici è evidente se si tiene in considerazione il fatto che non si è mai stato registrato un solo caso di prigioniero politico uscito dal carcere che abbia ripreso la via della lotta armata. Anzi, soprattutto nel caso di quelli che sono appartenuti all’MRTA, a partire dal loro leader Victor Polay, hanno pubblicamente manifestato in varie interviste che tale opzione non è più accettabile per il ripristino della giustizia e della democrazia partecipativa nel loro paese.
Il terrorismo, o meglio il narcoterrorismo resta quindi il grande spauracchio del Perù di Alan García, che come il suo omologo colombiano Álvaro Uribe, sta investendo in questa battaglia una quantità sproporzionata di uomini, mezzi e risorse. Questo sebbene non vi siano avvisaglie di una recrudescenza importante del fenomeno, sebbene sia abbastanza evidente che quei pochi e isolati attentati che si sono verificati in questi ultimi mesi abbiano a che fare più con il narcotraffico (molto sviluppato nella regione del VRAE, Valle dei fiumi Apurímac e Ene, una delle più povere e dimenticate del paese) e la criminalità organizzata e sebbene sia sempre più evidente che la crescente militarizzazione del paese e la criminalizzazione di ogni forma di dissenso o di attività politica organizzata di sinistra o che faccia riferimento per esempio ad altri movimenti antimperialisti latinoamericani, stia ormai raggiungendo livelli veramente preoccupanti.
I militanti del movimento Patria Libre, che sta raccogliendo firme per la sua presentazione alle prossime elezioni presidenziali del 2011 e che tra le sue fila raccoglie molti ex emerretisti, non passa giorno che non vengano discreditati o additati su stampa e televisione come terroristi o come un pericolo per la stabilità del paese.
Ricordiamo inoltre emblematico il caso di Roque Gonzáles La Rosa, ex militante del MRTA e membro del Coordinamento Continentale Bolivariano che fu arrestato in Perù nel febbraio del 2008 insieme ad altre 6 persone, tra le quali la poetessa Melissa Patiño, mentre faceva ritorno dal II congresso della CCB che si era svolto a Quito, con accuse gravissime quali vincoli con le FARC e tentata ricostituzione del MRTA con lo scopo di effettuare attentati terroristi nel suo paese. Per lui, che in carcere per la sua militanza nel MRTA aveva già scontato ben 8 anni, tali accuse, mai provate, hanno significato altri 8 mesi di carcere e un processo ancora in corso.
Ma nemmeno Abimael Guzmán leader indiscusso del Partito Comunista del Perú – Sendero Luminoso, ci sta ad essere strumentalizzato nella guerra senza quartiere di Alan García contro il narcotraffico.
Dalla base navale del Callao, il carcere militare dove è rinchiuso dal 1992 giorno del suo arresto, fa sapere attraverso un comunicato diffuso dai militanti senderisti agli arresti, che lui e Sendero Luminoso nulla hanno a che vedere con il gruppo armato che sta spadroneggiando nel VRAE, trattandosi di “un gruppo di mercenari che obbediscono ai propri interessi personali e non a quelli del popolo”.
Auspica Guzmán inoltre, una soluzione politica, un’amnistia generale e una riconciliazione nazionale, che se pure si era tentata con quell’ imponente lavoro di studio e analisi della guerra civile nel paese tra il 1980 e il 2000 che ha compiuto la Commissione di Verità e Riconciliazione, nei fatti e soprattutto nella coscienza collettiva del paese è ben lontana dall’essere raggiunta.
Le stesse istituzioni governative con la proposta e l’approvazione della legge che cancella i benefici carcerari ai prigionieri politici stanno violando e venendo meno a quanto indicato loro dalla stessa Commissione di Verità e Riconciliazione, (nominata proprio dal governo nell’anno 2003 proprio per far luce sul conflitto armato nel paese), quando questa segnala nella relazione finale che: “l’opinione pubblica in generale, non mostra un interesse positivo per la sorte di coloro che si trovano in carcere. C’è un’idea molto diffusa della pena come un castigo che va a esasperarsi quando si tratta di delitti molto gravi. Spesso si odono espressioni estremamente dure che rivelano poca disposizione a comprendere un fenomeno complesso come questo. Nel caso dei prigionieri per reati connessi con il terrorismo, i crimini ai quali hanno partecipato e l’angoscia che hanno seminato nel paese, sono presenti nella memoria della gente a tal punto che questa guarda con compiacenza le severe restrizioni al diritto. Nonostante questo è obbligazione dello Stato di Diritto restituire diritti fondamentali compatibili con la reclusione e trasmettere alla cittadinanza un’idea più corretta della vita in carcere, specialmente di quella vissuta e che ancora vivono i circa 2mila carcerati accusati di terrorismo”.
Alan García, ancora una volta invece, lo Stato di Diritto continua a calpestarlo, dopo averlo fatto impunemente durante il suo primo mandato presidenziale (1985–1990), già sotto accusa da numerosi organismi internazionali per le ripetute violazioni dei diritti umani commesse.
Promotore evento:
CSOA eXSnia
Reading al libro
“Perché io, perché non tu”
Barbara Balzerani, DeriveAPPRODI, 2009
Venerdì 30 ottobre Ore 20:30
Drammaturgia e voce Tamara Bartolini
Sonorizzazioni, chitarra e voce Michele Baronio
Immagini Camilla Fusco
Sarà presente l’autrice
In funzione bar e trattoria
con specialità di pesce
ingresso a sottoscrizione libera
—
Storie e analisi per capire
DA CHE PARTE STARE
Ogni venerdì in via Prenestina 173
Perchè io, perchè non tu. Un libro denso e intenso che fa economia di parole per esprimere in poche pagine il dolore di alcune scelte che hanno trasformato una vita, molte vite, la vita stessa di un paese. Un dolore in bilico tra fatti pubblici e sentimenti privati che si nutre della carcerazione speciale della sua protagonista, cresce nel formarsi di una comunità «politica» delle detenute e che si distingue da quello delle recluse comuni. Per proseguire poi nei primi passi incerti, nelle prime parole balbettate, nei primi sguardi allucinati di una libertà costantemente vigilata, e ricattata. Una narrazione che accende improvvisi fasci di luce su eventi esistenziali anche minimali trasformandoli poi, come d’incanto, in secche metafore di una consapevolezza di gravi errori e grandi sconfitte, mai disgiunta però da una ferma, orgogliosa rivendicazione di un’etica della dignità.
Erri De Luca
Prefazione
…Eravamo nelle stesse strade, negli stessi urti contro i poteri costituiti, avevamo collere e compassioni uguali. Le forme furono diverse, le vite nostre e di molti di noi si suddivisero minuziosamente in destini simili a frantumi. Quell’interezza che siamo stati si infranse da dentro, non per i colpi ricevuti da fuori. Anzi, quelli ci avevano indurito, compattando la materia prima delle nostre ragioni. A te è toccata la malora penale, fino all’ultima sillaba di decenni insaccati dentro recinti di sbarre. Tu hai pagato tutto il conto e il compito di stare tra i centimetri per la durata di cinque olimpiadi. In questo paese di insolventi, di chi si può permettere l’acquisto dell’impunità, tu e alcuni dei tuoi avete saldato con il vostro corpo il debito penale di una generazione. Da qualche parte ho scritto: qualcuno in una cella e in un esilio sconta il novecento anche per me. Mi riferivo a te e ai tuoi compagni.
A te ho cantato la mia ballata per una prigioniera e poi l’ho ricantata cento volte su e giù per teatri, a te ho girato tutti gli applausi raccolti. A te ho telefonato in una notte di maggio dentro Belgrado sotto il più violento acquazzone di bombe piovute dall’ovest, incluso il nostro paese ridotto a tappetino e pista di decollo per bombardieri di città vicine. Bombardare una città è l’atto di terrorismo per eccellenza: vuole terrorizzare e distruggere il maggior numero di vite inermi. Il terrorismo comincia a Guernica nel 1937 e continua ovunque un bombardiere, un missile abbia per bersaglio una città.….
Barabara Balzerani nei primi anni Settanta milita in Potere operaio, poi nelle Brigate rosse, con incarichi nella sua direzione strategica. A termine di una lunga latitanza viene arrestata e sconta ventuno anni di carcere.
Ha già pubblicato Compagna luna (Feltrinelli, 1998) e La sirena delle cinque (Jacabook, 2003)
Bersani tra gli operai, si legge oggi un po’ dovunque. Liberazione titola : “In fabbrica, su una sedia l’esordio da leader di Bersani”, evocando immagini sbiadite dei comizi di fine anni ’60. Il giornalista Stefano Bocconetti scrive che ad aspettare il leader del PD “c’era un mare di folla, tutti lavoratori”.
Ne siamo sicuri Bocconetti? Del fatto che fossero tutti lavoratori?
No, perché la zona che Bersani ha deciso di visitare da neo segretario del piddì è ricca di microimprese artigianali delle quali ognuna conta con un numero ridotto di operai. Bersani la visita sembra averla fatta più alla piccola e media imprenditoria locale che non all’operaio vero e proprio, se vogliamo vedere la cosa secondo un’ottica di divisione di classi.
E anche se lui ha parlato di “ricominciare dal lavoro” come nuova linea politica del partito è pur vero che la piccola fabbrica da lui visitata ha solo 9 operai.
Bersani lungi dall’andare dai lavoratori volge lo sguardo all’imprenditoria, piccola e media questa volta. La grossa sta con Berlusconi.
Una passeggiata a Pomigliano o Termini Imerese no?