E’ trascorso ormai più di un mese dalla violenta repressione nell’Amazzonia peruviana con la quale il governo di Alan García ha posto fine alla protesta organizzata del movimento indigeno e di ampi settori della società che chiedevano la revoca di alcuni decreti legislativi che minavano profondamente la sovranità indigena su quel territorio ma soprattutto la protezione di uno degli ecosistemi più importanti del pianeta. Al termine di una settimana di scontri violenti che hanno lasciato un saldo di circa 50 morti tra civili e membri di polizia, un numero considerevole di feriti e alcuni casi di persone scomparse, il Congresso ha ritirato due dei decreti legislativi oggetto di contestazione. Si è parlato di vittoria del movimento indigeno, tuttavia resta da far chiarezza sulla sospensione dello Stato di diritto che si è verificata in quei giorni e che ha portato a gravi violazioni dei diritti umani da parte del Governo. Solo da questo si può partire per un dialogo costruttivo tra le parti che al momento è sospeso. Come ci racconta Francisco Soberón, direttore dell’Asociación Pro Derechos Humanos (APRODEH) del Perú, nominato insieme ad altri 50 difensori dei Diritti Umani “che stanno cambiando il mondo” da Terry Kennedy Cuomo nel suo libro dal titolo “Dire la verità al potere” edito da Random House nel 2000.
Annalisa Melandri — Durante le giornate della dura repressione a Bagua, in Amazzonia, ci sono state testimonianze di indigeni gettati dagli elicotteri nei fiumi Marañon e Utcubamba. Avete potuto verificare queste notizie?
Francisco Soberón — Sì. Persone che si trovavano in quella zona nel giorno in cui sono avvenuti i fatti hanno testimoniato di aver visto come i cadaveri venivano caricati sugli elicotteri e gettati nei fiumi. Altre persone hanno riferito che alcuni indigeni sono stati uccisi sulle sponde del fiume e poi gettati in acqua.
A.M. — Ci sono casi di persone scomparse a Bagua? Quante denunce avete ricevuto?
F.S. – Si sono verificate molte situazioni irregolari, per esempio rispetto al fatto che nella zona della “Curva del Diablo” e’ stato impedito per 5 giorni l’accesso a persone, giornalisti, familiari, organizzazioni di difesa dei diritti umani. Questo stato di cose ha creato nella popolazione il sospetto che ci possano essere stati casi di sparizioni di persone. Quando la prima volta ci siamo potuti avvicinare come organismo di difesa dei diritti umani, il 6 giugno, abbiamo ricevuto numerose denunce di casi di persone delle quali non si conosceva la loro ubicazione. Abbiamo quindi redatto una lista di 68 persone scomparse. Durante la missione della Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH), è stata segnalata la necessità di continuare le ricerche e della lista sono rimaste 11 persone da rintracciare. Ad oggi, sono 9 le persone delle quali stiamo cercando di avere notizie. Durante la visita della FIDH nella comunità Wawas, i dirigenti delle comunità indigene hanno riferito che c’erano casi di persone scomparse nella zona dei fiumi Santiago e Cenepa. Tuttavia non ci sono ad oggi casi di denunce specifiche con nomi e cognomi.
A.M. – Quante persone sono state arrestate e quali sono le loro condizioni di detenzione?
F.S. — Attualmente ci sono 18 persone in carcere. Si trovano nel carcere di Chachapoyas, un penale per detenuti già processati e con condanne definitive, nonostante non sia ancora questa la loro condizione.
A.M. — Qual’e’ la situazione legale del leader indigeno Alberto Pizango?
F.S. — Ha un processo in corso e sono stati emessi mandati di cattura da differenti giudici sia di Utcubamba a Bagua Grande sia di Lima.
A.M. — Sappiamo che la Polizia Nazionale sta conducendo le indagini per la morte di alcuni civili. Come è possibile, se proprio membri della Polizia sono accusati di aver ucciso dei civili a Bagua?
F.S. - Giustamente questo è il problema principale riscontrato nell’ indagine preliminare che abbiamo riproposto rispetto alla denuncia di 7 persone con le accuse di omicidio e lesioni gravi. Abbiamo inoltre comunicato al Pubblico Ministero su queste irregolarità nelle indagini sulla morte e lesioni dei civili e abbiamo chiesto che le indagini siano realizzate da un ufficio giudiziario.
A.M. — Qual’è stato l’atteggiamento del governo rispetto alle indagini delle missioni internazionali delle associazioni di difesa dei diritti umani a Bagua?
F.S. — Non possiamo dire che il governo abbia posto ostacoli direttamente al lavoro delle missioni internazionali. Come APRODEH abbiamo promosso la visita di una missione della Federazione Internazionale dei Diritti Umani, che si è realizzata dal 16 al 19 giugno con l’obiettivo di indagare sui fatti avvenuti tra il 5 e il 6 di giugno nell’ambito della protesta in Amazzonia e di identificare le violazioni dei diritti umani che ci sono state e le responsabilità delle persone coinvolte. La missione FIDH, integrata dal messicano Rodolfo Stavenhaguen, ex relatore delle Nazioni Unite sui Popoli Indigeni e la religiosa ecuadoriana Elsie Monge, direttrice esecutiva della Commissione Ecumenica dei Diritti Umani (CEDHU) è arrivata la mattina del mercoledì 17 giugno a Bagua per riunirsi con i dirigenti indigeni, con i membri del Consiglio Comunale di Bagua e con i rappresentanti della Chiesa. Durante la sua permanenza a Lima, la Missione ha effettuato numerose riunioni con diverse autorità, tra le quali il Presidente del Consiglio dei Ministri, Yehude Simon, i ministri di Giustizia, Rosario Fernández, il ministro della Difesa, Antero Flores Aráoz, i rappresentanti del Ministero dell’Ambiente, della Corte Suprema, della Defensoría del Pueblo e del Congresso della Repubblica. Ciò nonostante, si sono verificati episodi gravi, come il trasferimento irregolare dei 18 detenuti dal carcere di Bagua Grande a quello di Bagua Chico un giorno prima dell’arrivo della missione della FIDH. E’ un fatto che richiama l’attenzione perchè, nello stesso momento esisteva il coprifuoco dalle 9 di sera alle 6 di mattina e inoltre in quei giorni la strada verso Chachapoyas era chiusa per lavori dalle 6 di mattina alle 6 del pomeriggio. Questo ha fatto sì che i membri della commissione non abbiano potuto incontrare i detenuti per verificare che fossero stati rispettati i loro diritti o che non fossero stati torturati. Si sarebbe scoperto che 4 persone che sono state trasferite dal Commissariato di Bagua Chicha al carcere di Bagua Grande erano state picchiate da membri della Polizia.
A.M. – Qual’è attualmente la situazione in Amazzonia? E’ stato revocato lo stato di emergenza?
F.S. — E’ stato revocato il coprifuoco ma non lo stato d’emergenza.
A.M. — Come prosegue il dialogo tra i rappresentanti delle comunità indigene e il Governo?
F.S. — Due dei decreti impugnati sono stati revocati dal Congresso della Repubblica il 19 giugno. Tuttavia, nonostante il fatto che questa decisione abbia ridimensionato la tensione tra le parti, il dialogo è interrotto perchè un numero considerevole di dirigenti indigeni regionali e di Lima sono indagati e su altrettanti pendono mandati di cattura. Le organizzazioni indigene avevano richiesto tra le altre cose la fine della persecuzione giudiziaria dei suoi dirigenti ma questi continuano ad essere denunciati, processati e con mandati di cattura sul loro capo. Crediamo che le possibilità per un dialogo nazionale rispetto al grande tema dello sviluppo dell’Amazzonia peruviana soltanto si possono raggiungere facendo chierezza su quanto è accaduto tra il 5 e il 6 giugno e con la piena partecipazione dei popoli indigeni.
A.M. — Per finire, può descriverci brevemente qual’è la situazione del rispetto dei diritti umani attualmente in Perú?
F.S. – Dopo quanto accaduto a Bagua e fatti legati ai processi per atti di corruzione di personaggi legati al partito di governo, possiamo segnalare che il rispetto della vita umana e dei diritti dei detenuti, così come le garanzie di un giusto processo, hanno perso importanza o sono venuti meno. Non esiste la reale intenzione del governo di indagare sui casi di violazioni dei diritti umani, tranne per il processo mediatico a Fujimori, ma casi nei quali sono coinvolte persone vicine al regime attuale, come quello di El Frontón o Rodrigo Franco continuano lentamente a rischio di impunità, con risoluzioni di prescrizione come nel caso di El Frontón o allungando i tempi per avere scarcerazioni per eccesso di detenzione preventiva. Oggi inoltre, ci sono violazioni dei diritti della libertà d’espressione, riunione, associazione e violazioni del dovuto processo di molti cittadini che fanno parte di organizzazioni, la maggior parte dirigenti, nell’esercizio del loro diritto della protesta sociale. Si verificano inoltre situazioni di impunità rispetto a casi di persone decedute nel corso delle proteste sociali, uccise per mano di membri della Polizia Nazionale. Il numero di queste vittime è aumentato considerevolmente nel corso dell’attuale governo così come il numero dei conflitti sociali.
Annalisa Melandri
10 luglio 2009
.
In fase di redazione di questa intervista Francisco Soberón ci avvisa di aver ricevuto la denuncia da parte di un giovane nativo di 17 anni che sta cercando suo padre, fu fotografato dal quotidiano locale “Ahora” mentre la Polizia lo faceva scendere da un furgoncino per portarlo al commissariato di Bagua Grande. Il suo nome tuttavia non risulta fra le persone arrestate né sotto processo e non ha ancora fatto ritorno alla sua comunità. Il giovane ha denunciato che altri membri della comunità non sono ancora rientrati nelle loro case.
.
L’intervista in versione ridotta è stata pubblicata sul Manifesto il 23 luglio 2009.
Ya ha pasado más de un mes desde la violenta represión en la Amazonía peruana con la que el gobierno de Alan García ha puesto fin a la protesta organizada del movimiento indígena y de amplios sectores de la sociedad que pedían la revoca de unos decretos legislativos que afectaban profundamente la soberanía indígena sobre ese territorio pero sobre todo la protección de uno de los ecosistemas más importantes del país. Después de una semana de fuertes enfrentamientos que han dejado 50 muertos entre civiles y efectivos de Policía, un número considerable de heridos y algunos desaparecidos, el Congreso ha retirado dos de los decretos objeto de contestación. Antes que celebrarlo cómo una victoria del movimiento indígena hay la necesidad de aclarar sobre la suspensión del Estado de derecho durante toda la represión que ha llevado a graves violaciones de los derechos humanos por parte del Gobierno. Solo así se puede empezar para construir un diálogo constructivo entre las partes que por ahora está suspendido. Esto es lo que nos dice Francisco Soberón, director de la Asociación Pro Derechos Humanos (APRODEH) de Perú, que fue nombrado junto a otros 50 defensores de Derechos Humanos “que están cambiando el mundo” por Terry Kennedy Cuomo en su libro “Decir la verdad al poder” publicado en el año 2000 por Random House.
Annalisa Melandri — En los días de la violenta represión en Bagua hubo testimonios de fosas comunes en Bagua y de cuerpos de indígenas arrojados desde los helicópteros a los ríos Marañón y Utcubamba. ¿Ustedes pudieron aclarar estas noticias?
Francisco Soberón - Sí, fueron testimonios de personas que estuvieron en la zona el día de los hechos y dijeron que vieron cómo se llevaban los cadáveres en helicópteros y los tiraban al río. Otros dijeron que los mataron al margen del río. Y luego los arrojaron al mismo.
A.M. — ¿Hay casos de desaparecidos en Bagua? ¿Cuántas denuncias recibieron?
F.S. - Hubieron muchas situaciones irregulares, como por ejemplo, que en la zona de la “Curva del Diablo”, estuvo impedido el ingreso de personas, periodistas, familiares, organismos de derechos humanos, durante 5 días. Esta situación originó que la población en general sospeche de posibles desapariciones.
Durante la primera vez que como organismo de derechos humanos nos hicimos presente, el 6 de Junio, se recibió innumerables denuncias de personas de las que no se conocía su paradero. En esa oportunidad elaboramos una lista de 68 personas desaparecidas. Durante la mision de la FIDH, se señalo la necesidad de seguir investigando y de la lista en mencion quedaban 11 personas por ubicar. A estas alturas, hay un grupo de 9 nombres que estamos tratando de resolver su situación.
Durante la visita de la Federación Internacional de Derechos Humanos (FIDH) a la comunidad Wawas, los indígenas refirieron que existían desaparecidos en las zonas del río Santiago y del Cenepa, conforme sus dirigentes les habían informado. No hay denuncias, a la fecha, de casos particulares, con nombre y apellido.
A.M. — ¿Cuántos presos hay en las cárceles y cuáles son sus condiciones de detención?
F.S. - Actualmente hay 18 personas con detención definitiva y se encuentran el establecimiento penal de Chachapoyas, lugar para presos sentenciados, pese a que esta no representa su condición carcelaria.
A.M. — ¿Cuál es la situación legal del líder indígena Alberto Pizango?
F.S. - Actualmente procesado y con orden de captura en diferentes juzgados tanto de Utcubamba en Bagua Grande, así como en Lima.
A.M. — Aprendemos que la Policía Nacional está llevando las investigaciones por la muerte de algunos civiles. ¿Cómo es posible si miembros de la misma Policía Nacional están acusados de haber matado civiles en Bagua?
F.S. — Justamente ese es el principal problema que encontramos en la investigación preliminar que nosotros hemos reactivado con la denuncia de 7 personas por delitos de homicidio y lesiones graves. También se comunicó a la Fiscalía de la Nación sobre esta irregularidad en la investigación de la muerte y lesiones de los civiles nativos y no nativos. Solicitamos que la investigación sea realizada en despacho fiscal.
A.M. — ¿El Gobierno permitió que misiones internacionales viajaran hasta Bagua para que sean aclaradas las denuncias de violaciones de derechos humanos contra los indígenas?
F.S. - Si dijéramos que el gobierno puso obstáculo para la labor de las misiones internacionales, de manera directa, la respuesta sería no.
Desde Aprodeh promovimos la visita de una misión de la Federación Internacional de Derechos Humanos (FIDH), la misma que se realizó del 16 a 19 de junio, con el objetivo de investigar los sucesos ocurridos el 5 y 6 de Junio en el marco de la huelga amazónica, e identificar las violaciones de derechos humanos que se dieron y las responsabilidades de los actores involucrados. La Misión FIDH, integrada por el mexicano Rodolfo Stavenhaguen, ex relator de las Naciones Unidas sobre Pueblos Indígenas y la religiosa ecuatoriana Elsie Monge, directora ejecutiva de la Comisión Ecuménica de Derechos Humanos (Cedhu), llegó la mañana del miércoles 17 de junio a Bagua para reunirse de inmediato con los dirigentes indígenas, con miembros del Consejo Municipal de Bagua, así como representantes de la Iglesia. Durante su permanencia en Lima, la Misión sostuvo reuniones con diversas autoridades, entre ellas, el Presidente del Consejo de Ministros, Yehude Simon, así como con los ministros de Justicia, Rosario Fernández; el Ministro de Defensa, Antero Flores Aráoz; entre otros representantes del Ministerio del Medio Ambiente, de la Corte Suprema, la Defensoría del Pueblo y del Congreso de la República.
Sin embargo, han habido hechos relevantes como por ejemplo, el irregular traslado de los 18 detenidos del Penal de Bagua Grande hacia el Penal de Bagua Chico, un día antes que llegara la misión de la FIDH. Este es un hecho que llama la atención porque, coincidentemente, durante la noche existía el toque de queda, de 9 de la noche a 6 de la mañana, además por esos días la carretera hacia Chachapoyas estaba cerrada por trabajos, de 06 de la mañana hasta las 6 de la tarde. Esto implicó que los comisionados no pudieran entrevistarse con los detenidos para que les digan si sus derechos fueron respetados, o si fueron torturados. Así se hubiera descubierto que alguno de los 4 internos que fueron trasladados de la Comisaría de Bagua Chicha al Penal de Bagua Grande habían sido golpeados por personal policial.
A.M. — ¿Cómo es la situación ahora en la Amazonía? ¿Ha sido levantado el estado de sitio?
F.S. - Se levantó el toque de queda pero el estado de emergencia no ha sido levantado.
A.M. — ¿Cómo avanza el diálogo entre los representantes de las comunidades indígenas y el Gobierno?
F.S. - Dos de los decretos impugnados fueron derogados por el Congreso de la República, el 19 de junio. Sin embargo, pese a que esta medida logró aquietar la situación de tensión entre las partes, el diálogo se ha visto truncado pues un buen grupo de dirigentes nativos regionales y de Lima están siendo investigados y otros tantos tienen orden de captura. Las organizaciones indígenas tienen entre sus demandas el cese a la persecución judicial de sus dirigentes y estos vienen siendo denunciados, procesados y tienen órdenes de captura.
Creemos que las posibilidades para un diálogo nacional en torno al gran tema del desarrollo de la amazonia peruana solo puede darse a partir del esclarecimiento de los hechos ocurridos entre el 5 y 6 de junio, y con la plena participación de los pueblos indígenas.
A.M. — Finalmente puede relacionarnos brevemente sobre la situación del respeto de los derechos humanos en Perú actualmente.
F.S. — Luego de lo sucedido en Bagua y lo que es el procesamiento a personas ligadas al partido de gobierno por actos de corrupción podemos señalar que el respeto a la vida humana y a los derechos del detenido, así como a las garantías del debido proceso se han estancado o dejado de lado. No hay intención del gobierno en investigar los caso de violaciones a los derechos humanos, salvo el caso televisado del juicio a Fujimori, pero los casos en los que están investigados gente cercana al régimen actual como el Frontón, Rodrigo Franco se siguen lentamente con visos de impunidad, con resoluciones judiciales declarando la prescripción como el caso El Frontón o dilatando para conseguir excarcelaciones por exceso de detención. Hay, a su vez, una vulneración a los derechos a la libertad de expresión, reunión, asociación y violación al debido proceso de muchos ciudadanos organizados, la mayoría dirigentes, que han venido ejerciendo sus derechos a la protesta social. A su vez, hay impunidad frente a los casos de personas que han muerto en situaciones de protesta social, a manos de miembros de la Policía Nacional. El número de estas víctimas mortales se ha incrementado considerablemente en el presente gobierno, así como el número de conflictos sociales.
La entrevista ha sido publicada en versión reducida en el periódico italiano Il Manifesto del 23 de julio de 2009
L’Interpol, su richiesta del governo colombiano, ha emesso nei giorni scorsi una così detta ficha roja, un mandato di cattura internazionale contro Lucía Morett, la giovane messicana sopravvissuta ma rimasta gravemente ferita, nel bombardamento effettuato dall’Esercito colombiano contro un accampamento delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, avvenuto il 1 marzo 2008 a Sucumbíos, in territorio ecuadoriano, dove oltre al numero due delle FARC, Raúl Reyes e altri 25 guerriglieri, hanno perso la vita quattro suoi connazionali, gli studenti Verónica Velázquez Ramírez, Juan Gonzáles del Castillo, Fernando Franco Delgado e Soren Ulise Avilés Angeles.
Alla Procura Generale della Repubblica del Messico tuttavia ad oggi non è stata notificata nessuna richiesta ufficiale di arresto contro la giovane, volta ad una sua eventuale estradizione in Colombia.
I legali di Lucía Morett stanno preparando due ricorsi, uno da presentare in Colombia e uno in Messico, mentre verrà anche chiesto l’intervento della Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) affinchè consideri Lucía Morett come perseguitata politica del governo di Álvaro Uribe e possa pertanto offrirle protezione adeguata.
Con l’apertura della ficha roja n. A – 1873/7–2009, con data 3 luglio, da parte dell’Interpol, Lucía Morett che viene segnalata come “persona armata, pericolosa e violenta” potrebbe essere arrestata in almeno 186 paesi diversi e consegnata alle autorità colombiane che già hanno avviato un procedimento penale contro di lei per terrorismo, accusandola di far parte delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC).
L’avvocato di Lucía Morett, Hugo Rosas, ha spiegato che l’Interpol ha commesso una evidente violazione al suo statuto, e in particolare all’articolo tre, accettando di emettere un ordine di cattura per una persona che è palesemente vittima di persecuzione politica da parte di un governo, in questo caso quello colombiano. Due pesi e due misure nell’agire dell’Interpol se si pensa che appena poche settimane fa, l’ente internazionale ha respinto la richiesta del governo dell’Ecuador di emettere ficha roja contro Juan Manuel Santos, ex ministro della Difesa colombiano, ritenuto responsabile della morte di 25 persone da un giudice di Sucumbíos in quanto coordinatore dell’operazione militare del 1 marzo 2008, conosciuta come operazione Angostura, commessa in aperta violazione del diritto internazionale avendo violato la sovranità territoriale dell’Ecuador. In questo caso la direzione generale dell’Interpol in Francia ha fatto saper di aver respinto la richiesta in quanto secondo il proprio statuto non si puó utilizzare questo meccanismo per motivi politici, militari, razziali o religiosi.
In Ecuador, tuttavia, da tempo è stato aperto un altro procedimento contro Lucía Morett, accusata di aver “attentato contro la sicurezza dello Stato” e una richiesta di estradizione è pronta per il Messico.
I genitori di Lucía Morett, Jorge Morett e María de Jesús Álvarez, in una conferenza stampa hanno confermato l’estraneità della figlia alle accuse mosse da parte del governo colombiano e hanno denunciato i ripetuti tentativi di criminalizzare la figlia in quanto testimone scomoda delle gravi violazioni dei diritti umani commesse dall’esercito colombiano a Sucumbíos. La stessa Lucía Morett raccontó dopo il bombardamento di come i soldati colombiani avessero sparato ad alcuni feriti che stavano chiedendo aiuto e di come, sebbene gravemente ferita, fosse stata lasciata sola per terra priva delle cure necessarie.
Come estremo tentativo di proteggerla da un mandato di cattura o da una richiesta di estradizione, il Partito del Lavoro aveva offerto a Lucía Morett la possibilità di presentarsi come candidata, e quindi ottenere l’immunità parlamentare, alle recenti elezioni del 5 luglio che si sono svolte in Messico. Purtroppo non ha raggiunto i voti necessari.
Una parte importante della società civile e politica messicana, l’Università Autonoma del Messico che le è sempre stata vicina e la ha sostenuta, gli amici, i familiari, le associazioni di difesa dei diritti umani, stanno chiedendo in questi giorni vivamente al presidente Felipe Calderón che respinga ogni richiesta di estradizione di Lucía Morett in Colombia, in quanto vittima di persecuzione politica da parte del governo colombiano.
di Edo Dominici
Il leader del Movimento per l’emancipazione del delta del Niger (Mend), Henry Okah, sotto processo per traffico di armi e tradimento, ha accettato l’offerta di amnistia fatta dal governo, lo ha confermato oggi il suo avvocato, Femi Falana.
Falana ha detto oggi che non sa quando il leader dei ribelli sarà rilasciato e precisando che “questo dipende da ciò che il governo decide”, ma ha espresso fiducia nel fatto che “succederà molto presto”.
“Henry Okah ha accettato l’amnistia incondizionata offerta dal Presidente Yar’Adua,” ha dichiarato l’avvocato e difensore dei diritti umani alla AFP.
” Okah è preoccupato per il deterioramento del suo stato di salute in carcere e vuole essere al più presto liberato”.
Falana ha detto che il suo cliente “non ha ancora firmato alcun documento formale per la sua accettazione dell’offerta di amnistia ma sono in corso i colloqui tra i funzionari del governo e i suoi avvocati sui dettagli della sua liberazione”.
Un altro dei legali di Okah, Wilson Ajuwa, ha fatto lo stesso annuncio, senza chiarire se questo passo vincoli anche il Mend che nei giorni scorsi ha continuato ad attaccare gli impianti delle compagnie straniere nel delta del Niger. Il governo “gli ha offerto l’amnistia ieri e Okah l’ha accettata”, ha spiegato l’avvocato, aggiungendo che “stiamo per raggiungere l’accordo. Spero che tutto sia risolto la prossima settimana”.
Al momento non ci sono reazioni ufficiali alla notizia della possibile liberazione del loro leader da parte del Mend.
La liberazione di Henry Okah era la precondizione posta dal movimento per l’inizio di “qualsiasi” trattativa per portare la pace nella tormentata regione ricca di petrolio.
Molto probabilmente l’annuncio di oggi fermerà gli attacchi del Mend alle compagnie petrolifere e si attenderà la liberazione di Okah per “verificare” la reale volontà del governo di avviare una vera trattativa di pace nella regione sulle base delle richieste del movimento.
Potrebbe essere il primo piccolo passo vero la soluzione di un conflitto nato dalla “tragedia umana” della popolazione del delta del Niger colpevole di vivere nella regione più ricca di risorse del paese e privata di tutto quello che serve per vivere.
Don Quijote y Sancho Panza se están dirigiendo en estas horas hacia Coppito, cerca de L’Aquila, donde está empezando la cumbre del G8.
Es la singular forma de protesta organizada por el Movimiento No G8 en Italia.
Dos hombres, acompañados por un burro y un caballo y disfrazados como los célebres personajes de la novela de Cervantes llevarán a los poderosos de la tierra, si lograrán acercarse a la zona roja, un “edicto de los hombres libres” para demostrar que las libertades personales y de los pueblos no conocen soberanía limitada. Es una de las muchas protestas pacifícas, organizadas o espontáneas, que se están llevando a cabo en estos diás en Italia contra la cumbre internacional del G8.
Sin embargo, el gobierno del premier Silvio Berlusconi se está caracterizando por una poderosa criminalización de la protesta social con decenas de presos en todas las ciudades.
Esta postura pero no ha sido una prerogativa de estos días, sino un modus operandi que se ha desarrollado desde los meses pasados cuando empezaron las mobilitaciones de los diferentes sectores de la ciudadanía para la discusión de diversos temas internacionales.
Con el intento de mostrar pulso firme ante las protestas que se iban organizando en la isla Sardinia y de ganar confianza antes todas las delegaciones extranjeras de los jefes de estado de todo el mundo y la inteligencia internacional, fueron arrestados apenas hace un mes en Roma y otras ciudades de Italia, algunas personas, (la mayoría de ellas en edad pensionable), que fueron liberadas ya los días siguientes sin cargos, acusadas sin ninguna prueba digna de este nombre de ententar de reorganizar el grupo armado de las Brigadas Rojas y de tener vínculos con el terrorismo italiano, además de estar preparando atentados en la Maddalena contra la cumbre del G8, antes que fuera trasladada su organización a L’Aquila, la ciudad afectada por el terremoto. Lo paradójico fue que las armas encontradas eran unos viejos fuciles de la segunda guerra mundial que algún abuelo partesano había enterrado en un jardín y que ni siquiera estaban buenos para ser vendidos cómo hierro viejo. Según las interceptaciones telefónicas algunas de estas personas tenían la intención de atacar la cumbre en la isla Maddalena con pequeños modelos de aviones radio controlados. O sea, como un chiste telefónico se pueda convertir en Italia en prueba de terrorismo organizado por altos niveles.
El 5 de julio, en Vicenza , en el norte de Italia, donde hay una base militar estadounidense, más de 10 000 personas se reunieron la semana pasada, protestando en forma pacífica contra de los planes, autorizados por el gobierno italiano, de expansión de la misma, que la convertiría en una de las más grandes de Europa.
«Lo que tenemos aquí es la democracia del pueblo. En el G8, hay ocho potencias que quieren gobernar imponiendo su voluntad. Eso no es democracia», dijo Marco Palma, portavoz de los manifestantes, a Reuters. Sin embargo los manifestantes, entre los cuales estaban mujeres, ancianos, politícos y representantes de la ciudadanía (que en el curso de este año recharó con un referendum no autorizado por el gobierno la expansión de la base) fueron violentemente reprimidos por la policía.
Por otro lado, el movimiento de la Onda Anomala (Ola Anómala) que apareció en el panorama político y juvenil el pasado mes de octubre en contra de la Ley de Reforma Escolar de la Ministra de la Educación Gelmini, ha sido en estos días duramente golpeado por la ola represiva del gobierno Berlusconi. Los estudiantes habían participado masivamente a la anti cumbre del G8 de la Universidad que se desarrolló en la ciudad de Turín el 18 de mayo. En esa ocasión se realizaron marchas y eventos y en unos momentos se producieron enfrentamientos con la Policía. Hubo algunos heridos y tres detenidos. Sin embargo el 6 de julio, apenas dos días antes del inicio del G8, la Procuradoría de Turín, bajo las ordenes del Ministerio del Interior, ha emitido ordenes de encarcelación para 21 jóvenes de diferentes ciudades italianas considerados responsables por los desordenes en Turín.
A esa noticia todo el movimiento estudiantil italiano ha respondido en manera conjunta y organizada, contrariamente a los que ipotizaban que estaba ya demasiado dividido y sin fueza, ocupando diferentes universidades en todo el país, convencidos que las ordenes de aprensión emitidas apenas dos días antes del inicio de la cumbre corresponden a una precisa voluntad de golpear el movimiento italiano anti G8 y criminalizar la protesta social relacionada.
La ciudad de Roma ayer estubo paralizada por las diferentes marchas organizadas por la Red anti G8 y por protestas de diferentes sectores de la sociedad civil italiana.
Estaban los trabajadores del sector de los transportes frente al Ministerio del Trabajo pidiendo más seguridad y mejoría de las condiciones laborales, después de la tragedia ocurrida en la estación de trenes de Viareggio, al centro de Italia, donde un tren cargado de gas ha explotado el día 29 de junio provocando la muerte de por lo menos 22 personas y numerosos heridos.
Unos estudiantes y representantes de los movimientos sociales estaban bajo las cárceles pidiendo la liberación de los 21 compañeros presos hace dos días.
Todos ellos se reunieron en la tarde en la Plaza Barberini, a pocos metros de la embajada de Estados Unidos. Estaban todos, estudiantes, activistas del movimiento anti G8, representantes del sector laboral y de los sindicatos, toda la sociedad civil y política de izquierda, jóvenes y activistas que llegaron de toda Europa. La plaza estaba presidiada por una masiva presencia de fuerzas policiales con las vías de acceso cerradas. Otras marchas no autorizadas en el mismo tiempo se habían organizado en otras áreas de la ciudad y unos binarios de la estación Termini habían sido ocupados pacíficamente. El Ministerio del Interior sin embargo, junto a el fascista alcalde de Roma Giorgio Alemanno, que ya se había caracterizado por su gestión de tolerancia cero por cualquier marcha o manifestación no previamente autorizada o fuera de los percursos establecidos, han reprimido violentemente todas estas iniciativas. Once personas han sido arrestadas, entre las cuales unos 4 franceses y un griego que habían abierto una pancarta contra el premier Silvio Berlusconi en la central y turistíca Plaza de España.
La gestión del G8 está lejos de representar el real objetivo del gobierno italiano. Lo que se está intentando hacer en estos días es acabar con un movimiento que está diciendo contundentemente NO a las políticas de ”seguridad social” implementadas por el Ejecutivo. Ante un movimiento que está desarrollando su conciencia política después de tiempo de silencio y totalmente ajeno a los juegos de la politiquería institucional, hace miedo al gobierno una multitud que pide con firmeza respuestas ciertas a los grandes de la tierra y a los que gobiernan el país sobre la crisis, el desempleo, el derecho a la instrucción, a la vivienda, a la salud, sobre el paradigma de desarrollo que se quiere implementar para las generaciones futuras.
Julio, 8 de 2009
AUI-029‑2009-ESECUZIONI PER MANO DI MILITARI GOLPISTI-HONDURAS
Città del Messico, 5 luglio 2009
AZIONE URGENTE INTERNAZIONALE: Esecuzione extragiudiziale evvenuta nell’aereoporto internazionale di Tegucigalpa in Honduras
Alberto Brunori
Rappresentante in Messico dell’Ufficio dell’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite
per i Diritti Umani
Santiago Cantón
Segretario Esecutivo della CIDH
Navanethem Pillay
Alto Commissariato dell’ONU
Ai Governi e ai popoli del Mondo
La Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani A.C. (Limeddh), La Fondazione Diego LuceroA.C., il Comitato dei Diritti Umani di las Huastecas e Sierra Orientale (CODHSSO), l’Associazione dei Familiari dei Detenuti Scomparsi e Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani in Messico (AFADEM-FEDEAM), il Centro dei Diritti Umani Coordinatrice 28 Maggio A.C., l’Associazione dei Diritti Umani dello Stato del Messico (ADHEM), l’Associazione per la Difesa dei Diritti Umani e l’Uguaglianza di Genere (ADDHEG), la Rete Universitaria dei Monitori dei Diritti Umani (RUMODH) ‚l’Associazione Nazionale di Avvocati Democratici (ANAD), il Centro Nazionale della Comunicazione Sociale (CENCOS) con domicilio postale nella Calle Tehuiztitla 1era cerrada n. 44 Col. Los Reyes Del. Coyoacan, C.P. 04330 Mèxico D.F. con numero telefonico e fax 56108790 mail href=“denunciaslineddhgmailcom“>denunciaslimeddhgmailcom sollecita il vostro intervento urgente per l’esecuzione extragiudiziale avvenuta nell’aeroporto internazionale di Tonkontin in Honduras, per mano dei militari golpisti.
FATTI:
Il giorno 5 luglio del 2009, domenica, elementi dell’esercito dell’ Honduras hanno sparato contro un gruppo di cittadini hondureñi, giustiziandone due, uno dei quali minorenne e lasciando un numero significativo di feriti, oltre ad aver evitato l’atterraggio dell’aereo che conduceva il presidente e una delegazione internazionale a capo della quale c’era il Segretario Generale della OEA, motivo per la quale si trovavano i civili giustiziati in quel luogo.
Il contesto nel quale avviene questa azione è dovuto all’arrivo del presidente dell’Honduras, Manuel Zelaya, a seguito del colpo di Stato realizzato dalle Forze Armate hondureñe e da settori ultraconservatori rappresentati dal Congresso Nazionale e dal Potere Giudiziario di tale nazione, domenica 28 giugno del 2009 contro il Presidente Costituzionale José Manuel Zelaya Rosales, che è stato sequestrato e trasferito alla Repubblica del Costa Rica violentando così la vita democratica del popolo hondureño.
Per quanto sopra sollecitiamo:
- All’Organizzazione delle Nazioni Unite, all’Organizzazione degli Stati americani, così come ai governi del mondo, che condannino questi delitti contro l’umanità e contribuiscano a che l’esercito deponga le armi nella comprensione che che la sovranità degli stati non permette la violazione dei diritti umani.
- Alla diplomazia dei governi del mondo e alle organizzazioni multilaterali, dimostrare il loro impegno per il rispetto dei diritti umani e le libertà fondamentali in qualsiasi parte del mondo affinchè i militari e quelli che detengono il potere di fatto in Honduras siano isolati e si dimettano.
- La soluzione di questo conflitto mediante il dialogo e non mediante l’uso della forza.
- Si chiede al Governo degli Stati Uniti d’America una posizione chiara rispetto ai fatti avvenuti in Honduras e che metta a disposizione la sua diplomazia.
- Rispetto al legittimo ultilizzo dell’organizzazione politica da parte del popolo hondureño come mezzo di difesa dei suoi diritti fondamentali, riconosciuti a livello internazionale.
- Rispetto all’integrità fisica, psicologica e giuridica del popolo hondureño.
- Rispetto ai Trattati dei Diritti Civili e Politici e ai Trattati Internazionali ratificati dall’Honduras.
- In maniera generale conformare le azioni a quanto disposto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e ai Trattati e Convenzioni Internazionali sui Diritti Umani e riferenti al rispetto della libertà di espressione , diritto alla manifestazione e libera circolazione ratificati dall’Honduras.
Per le organizzazioni:
Adrián Ramírez López
Presidente della Limeddh
Navanethem Pillay
Alta Comisionada de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos
Oficina del Alto Comisionado para los Derechos Humanos
Palais des Nations, 8–14 avenue de la Paix, CH 1211 Ginebra 10, Suiza
Tel: +41 22 917 9000
Alberto Brunori
Representante en México de la oficina del Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los
Derechos Humanos
Alejandro Dumas #165, Col. Polanco Delegación Miguel Hidalgo, C.P 11560, México D.F Tel:(52 55)5061–
6350 Fax: 5061–6358
Sr. Santiago Cantón
Secretario Ejecutivo de la Comisión Interamericana de Derechos Humanos
1889 F Street, N.W. Washington, D.C., 20006 U.S.A.
Tel: 202–458-6002 Fax: 202–458-3992
copia a : denunciaslimeddhgmailcom
Né interino, né provvisorio, non chiamatelo presidente in nessun modo. E’ solo un viscido golpista.
I leader della resistenza, che per il momento stanno lottando con metodi pacifici per il ritorno del presidente legittimo dell’Honduras, parlano di circa 200 000 persone che in queste ore stanno occupando l’aereoporto internazionale di Tegucigalpa in attesa di Manuel Zelaya, il cui ritorno nel paese è previsto per oggi.
Al momento i militari non hanno opposto resistenza, anche se foto pubblicate da TeleSur mostrano la presenza di soldati francotiratori appostati sulle torri di controllo dell’aeroporto.. Nel messaggio inviato da Mel ai suoi connazionali egli dice: “saremo liberi o schiavi per sempre se non avremo il coraggio di difenderci”, invitando tuttavia i suoi sostenitori a una resistenza pacifica.
Manuel Zelaya ha confermato che arriverà a Tegucigalpa accompagnato dai presidenti Cristina Fernàndez di Argentina, Fernando Lugo del Paraguay e Rafael Correa dell’ Ecuador, nonchè dal ministro degli Esteri dell’Honduras Patricia Rodas, anche lei costretta domenica scorsa a lasciare il paese in seguito al colpo di Stato che ha destituito Zelaya.
L’ Organizzazione degli Stati americani (OEA), dopo la visita senza esito positivo del suo presidente José Miguel Insulza, che si è incontrato con il golpista Roberto Micheletti due giorni fa, ha espulso il paese dall’organizzazione.
L’Honduras appare sempre più isolato, mentre alcuni paesi stanno intraprendendo anche iniziative economiche, il Venezuela per esempio ha sospeso le forniture di petrolio, tuttavia questo sembra non essere sufficiente a far desistere il governo della giunta militare comandato dal fantoccio Micheletti, che ha minacciato l’arresto immediato di Manuel Zelaya al suo rientro nel paese.
Tegucigalpa, D.C., 03 de julio de 2009
Excelentísimo
Señor Secretario General de la Organización de Estados Americanos
Don José Miguel Insulza
Las organizaciones abajo firmantes representantes del movimiento popular y social del país, en relación al golpe de Estado y rompimiento del orden constitucional ejecutado por las cúpulas de los partidos Liberal, Nacional, Democracia Cristina y Innovación y Unidad Social Demócrata y las Fuerzas Armadas de Honduras, quienes son los instrumentos de la oligarquía nacional, hacemos del conocimiento de la ORGANIZACIÓN DE ESTADOS AMERICANOS por medio de Usted como Secretario General de dicho organismo internacional, nuestra posición oficial:
ANTECEDENTES
PRIMERO: En fecha veintiocho de junio de dos mil nueve se llevaría a cabo una encuesta de opinión por el Instituto Nacional de Estadísticas, convocada por el Poder Ejecutivo para conocer la opinión del pueblo en relación a instalar o no una cuarta urna en las elecciones generales del veintinueve de noviembre del año en curso, donde se preguntaría si esta de acuerdo en convocar o no a una Asamblea Nacional Constituyente cuyo anteproyecto de decreto en caso de ser afirmativa la encuesta, se enviaría al Congreso Nacional para que éste votara por la instalación o no de la misma.
Previo a la realización de la encuesta de opinión antes relacionada y a raíz de la misma se desarrolló un conflicto entre cuatro bancadas del Congreso Nacional de la República y el Poder Ejecutivo, en el cual el Congreso Nacional dejó de manifiesto su posición para que la misma no se llevara a cabo por considerarla ilegal. El Poder Ejecutivo continuó promoviéndola y anunciando la realización de la misma para el veintiocho (28) de junio, amparados en la Ley de Participación Ciudadana.
Ante la firme decisión del Poder Ejecutivo de llevar a cabo dicha encuesta, el Congreso Nacional por medio de las instituciones cuyas autoridades son elegidas por dicho poder del Estado como ser: Fiscalía General del Estado, Corte Suprema de Justicia, Procuraduría General de República, Tribunal Supremo Electoral, emprendió las siguientes acciones legales:
1. La Fiscalía General presentó una demanda ante el Juzgado de Letras de lo Contencioso Administrativo contra la consulta popular que inicialmente había promovido el poder ejecutivo, solicitando la medida cautelar de Suspensión de acto reclamado
2. La Procuraduría General de la República, no obstante ser la representante del poder ejecutivo, al momento de manifestarse sobre la medida cautelar solicitada por el demandante, se adhirió al planteamiento del Ministerio Público
3. La Corte Suprema de Justicia por medio del juzgado supra citado declaró la ilegalidad de la consulta y ordenó el decomiso de todos los materiales relacionados con la misma.
4. Las acciones legales de oposición a la consulta se plantearon sin que aún se hubiese publicado el Decreto Ejecutivo que legitimaba la consulta, sin embargo la Corte Suprema de Justicia a través de la instancia contencioso administrativo, rechazaba la consulta popular, sin que se hayan agotado las distintas instancias jurisdiccionales.
Posteriormente el Poder Ejecutivo emitió el decreto de la encuesta de opinión publica con base a la ley de participación ciudadana, teniendo como consecuencia que ese mismo día (28 junio del 2009) a eso de las cinco y diez de la mañana, aproximadamente cien (100) elementos de la Fuerzas Armadas de Honduras, violando el domicilio del Señor Presidente Constitucional de la República José Manuel Zelaya Rosales, lo privaron de su libertad, causando daños al inmueble, sacándolo por la fuerza en ropa de dormir, lo trasladaron violentamente a una base militar aún desconocida, para luego expatriarlo vía aérea a San José de Costa Rica, concretándose en este episodio la fractura de la institucionalidad democrática de nuestro país.
Coherente con el plan de irrupción del orden constitucional, el Congreso Nacional que ordinariamente se reúne de martes a jueves, esta vez sesiono el mismo día domingo en que se expatrio al Presidente de la República; y en dicha reunión se resolvió la destitución del titular del Poder Ejecutivo y se nombro a Roberto Micheletti Bain como sucesor. Es procedente advertir, que la mayoría de congresistas son del interior del país y los fines de semana como norma se desplazan a sus lugares de origen; sin embargo a esta sesión extraordinaria hubo presencia masiva de diputados y diputadas, con lo cual puede inferir que dicha actividad era parte de la maquinaria golpista que se ha impuesto.
SEGUNDO: Como consecuencia de este acto, nuestros derechos individuales sistemáticamente están siendo violados, a través de restricciones arbitrarias a la libertad personal, cierre de medios de comunicación independientes, violación a la libertad de expresión, represión a las movilizaciones de ciudadanos y ciudadanas declarados en desobediencia civil en apego al artículo 3 Constitucional; de igual manera se ha declarado oficialmente por el gobierno de facto la limitación general de garantías, a través de la declaración de estado de excepción, al margen de lo que dispone el articulo 187 de la Constitución de la República, artículo 4 del Pacto Internacional de los Derechos Civiles y Políticos y 27 de la Convención Interamericana de los Derechos Humanos. Siendo que el Golpe de Estado, como parte del plan, ha sido avalado por las cúpulas de todas las instituciones, entre ellas las del sistema de administración de justicia; ningún recurso legal resulta efectivo para neutralizar
los excesos del gobierno usurpador; situación que provoca una absoluta indefensión para la ciudadanía.
TERCERO: La Constitución de la República de Honduras, establece que para sustituir definitivamente al Presidente de la República, es indispensable la falta absoluta del mismo (Artículo 242 ); quizá pueden comprenderse dentro de las faltas absolutas entre otras; su muerte o inhabilitación por razones legales determinadas judicialmente; este ultimo, que parece ser el argumento de los golpistas, es tan frágil que se desvanece en la propia lógica de la institucionalidad democrática de un Estado de Derecho como el hondureño; Vale destacar que hasta la fecha, no hay condena contra el presidente de la República, dictada por un órgano jurisdiccional que le impida el ejercicio de sus derechos políticos y ciudadanos. Sobre la base de la prohibición de prejuzgamiento que existe a favor de cualquier ciudadano, en este caso la del Presidente hondureño, sobresalen las garantías de defensa, debido proceso y en general el principio de legalidad en sus distintas manifestaciones; estos princi
pios que son base indispensable para la legitimidad democrática de cualquier Estado, han sido deliberadamente desconocidos por quienes por la vía de la fuerza han suplantado el orden constitucional y sobre esta base se sustenta su ilegitimidad.
De manera contundente señalamos que nuestra constitución no contempla trámite alguno para que el Presidente de
la República pueda ser destituido por el Congreso Nacional. El artículo 205 Constitucional establece claramente las atribuciones del Congreso Nacional, sin embargo ninguna de ellas otorga facultad alguna para Destituir al Presidente, pues el Congreso Nacional de acuerdo al artículo 4 de la Constitución, solo es un poder más, en relación al Poder Ejecutivo y Poder Judicial y esos tres poderes de acuerdo a la norma citada, son complementarios e independientes y SIN RELACIONES DE SUBORDINACION.
CUARTO: Muchas de las organizaciones que suscribimos este documento, no somos seguidoras o defensoras del Presidente José Manuel Zelaya Rosales, mucho menos afines a la institución política a la que el pertenece. Estamos movidas por el respeto de una institucionalidad, que aunque no nos favorece como pueblo mayoritario, hasta ahora es la base del consenso mínimo de la sociedad, sobre la cual se desarrolla y se resuelven los conflictos y la vida de los hondureños y hondureñas, y su modificación será posible en la medida que el pueblo en el ejercicio de su soberanía, instaure un nuevo pacto social sobre la base de la inclusión y no discriminación, lo cual es el anhelo de las suscribientes y suscribientas.
QUINTO: Tal como lo ha concebido la Organización de Naciones Unidas, la Organización de Estados Americanos y otros organismos internacionales, como sector organizado del país, ratificamos que en Honduras se ha producido una alteración al orden constitucional que precariza la situación de la frágil democracia en la que hemos vivido los últimos 28 años, tal como lo prescribe Carta Democrática Interamericana, en la sección IV del fortalecimiento y preservación de la institucionalidad democrática artículos 17 al 22.
SEXTO: Ratificamos que los vanos esfuerzos que efectúa el gobierno usurpador, por presentar su criminal proceder como una normal sustitución del poder; se inscribe en un escenario en que cuatro de las cinco bancadas del Congreso Nacional de la República, las Fuerzas Armadas, la Procuraduría General de la República, la Corte Suprema de Justicia, el Ministerio Público, Comisionado Nacional de Derechos Humanos a través de su máxima jerarquía resultan autores al mismo nivel de este zarpazo al orden constitucional democrático de Honduras, hecho para el cual también han efectuado alianzas con personajes estratégicos del sector religioso del país. Por esta razón es que resulta atípico el hecho de que no sean militares los que estén conduciendo formalmente el gobierno golpista, tampoco resulta necesaria la disolución del poder judicial y del Congreso Nacional; seguramente los usurpadores del orden constitucional hondureño han patentado la mas moderna concepción de golpes de Estado;
la cual merece y debe merecer el mismo repudio como comunidad nacional y de ustedes como comunidad internacional
Señor Secretario General, después de esta relación histórica y la argumentación en torno a la situación de nuestra patria, concretamente le expresamos.
1.- Saludamos y reconocemos las medidas que con inmediatez a resuelto esa Organización de Estados Americanos, en aras del respeto a la institucionalidad en Honduras.
2.- Valoramos la determinación de ese máximo organismo continental, por hacer prevalecer la Carta Democrática Interamericana, situación que da validez y vigencia a la existencia de la OEA.
3.- Ratificamos que como sociedad organizada, en función de lo establecido en el artículo 3 de nuestra Constitución de la República, nos hemos declarado en desobediencia civil y resistencia pacifica permanente, hasta que se restablezca el orden constitucional.
4.- Aseguramos que su visita a nuestro país, al margen de la manipulación del poder constituido arbitrariamente, le permitirá verificar in situ la precariedad de la institucionalidad democrática y la indefensión en que nos encontramos la ciudadanía hondureña y en particular quienes dignamente enfrentamos al gobierno golpista.
5.-Ratificamos que cualquier salida a la crisis que vivimos los hondureños y hondureñas, pasa por un inexcusable sometimiento a la justicia penal a quienes en esta ocasión han mancillado el honor y la dignidad de nuestra patria
6.- Solicitamos respetuosamente que por su medio, la Organización de los Estados Americanos, ratifique las medidas necesarias en contra del gobierno golpista hasta obligarlo a restituir el orden constitucional, que pasa por la restitución al cargo del Presidente arbitrariamente destituido, tal como lo estableció la Organización de Naciones Unidas.
Tegucigalpa, MDC 03 de Julio de 2009.
Carlos H. Reyes
Coordinadora Nacional de Resistencia Popular.
Daniel Duron
Central General de Trabajadores
Víctor Antonio Fernández Guzmán
Movimiento Amplio por la Dignidad y la Justicia
Israel Salinas
Confederación Unitaria de Trabajadores
José Hilario Espinoza Herrera
Confederación de Trabajadores de Honduras
Dagoberto Suazo Zelaya
Central de Cooperativas del Café.
Suyapa Martínez
Centro de Estudios de la Mujer-Honduras
Rafael Alegría
Vía Campesina
Bertha Cáceres
Consejo Cívico de Organizaciones Populares
Juan Barahona
Bloque Popular
Cornelio Chirinos
Consejo Coordinador de Organizaciones Campesinas de Honduras
José Maldonado
Confederación Nacional Campesina
Bertha Oliva
Comité de Familiares Detenidos Desaparecidos de Honduras
Andrés Pavón
Comité para la Defensa de los Derechos Humanos en Honduras
Federación de Organizaciones Magisteriales de Honduras
Ramón Melgar
Organización Nacional Indígena de Honduras.
Gilda Rivera
Centro de Derechos de Mujer
Alba Maldonado
Asociación Hondureña de Mujeres
Foro Social Valle de Sula.
Organizaciones de Jóvenes y Estudiantes de Honduras.
Organizaciones Afrodescendientes