di Annalisa Melandri — in esclusiva per L’Indro
5 luglio 2013
La proibizione dei governi di Francia, Portogallo, Spagna e Italia, il 2 luglio scorso, di far volare sul proprio spazio l’aereo presidenziale boliviano dove viaggiava il presidente Evo Morales di ritorno dal vertice in Russia dei paesi esportatori di gas, sospettando che sullo stesso si fosse imbarcato Edward Snowden, ha provocato come prevedibile, in America latina un coro di proteste generalizzate contro quello che è stato definito dal governo boliviano «un atto di prepotenza imperialista».
L’aereo di Morales, dopo circa 13 ore di peripezie, sorvolando il cielo di mezza Europa e vedendosi negare l’atterraggio prima da Francia, poi a ruota da Portogallo, Spagna e Italia, rischiando di rimanere senza carburante, ha ottenuto l’autorizzazione infine dal governo austriaco ad atterrare all’aeroporto di Vienna per uno scalo tecnico. Una decisione, quella dei quattro Paesi europei, presa in aperta violazione dei trattati internazionali rispetto all’immunità diplomatica dei capi di Stato e ovviamente eterodiretta dall’intelligence statunitense e che dimostra da un lato il servilismo becero quanto illogico della vecchia Europa, dall’altro l’isteria degli Stati Uniti rispetto al caso Snowden, ormai sfuggito definitivamente al loro controllo. (altro…)
di Annalisa Melandri in esclusiva per L’Indro — 30 aprile 2013
Gli analisti politici considerano che sia di portata “storica”, anche se di esito incerto, la denuncia presentata dalla Bolivia, il 24 aprile scorso, contro il Cile, presso la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, con lo scopo di recuperare l’accesso al mare perduto con la Guerra del Pacifico (1879–1883).
Sono anni ormai che la Bolivia sta mettendo sul tavolo del dibattito nazionale, ma anche regionale e infine internazionale, lo spinoso argomento, che considera di vitale importanza per la sua economia. Come conseguenza della Guerra del Pacifico, conosciuta anche come Guerra del Guano e del Salnitro, combattuta tra il Cile e il Perú e la Bolivia, questi ultimi persero importanti porzioni del loro territorio. Il Perú perse la regione di Tarapacá e la Bolivia perse i porti di Antofagasta e Cobija (circa 400 km. di costa sull’oceano Pacifico) oltre a un importante zona della regione di Antofagasta ricca di risorse naturali, e una porzione della regione di Atacama.
La guerra era iniziata per ragioni economiche: la regione di Antofagasta era ricchissima di salnitro, conosciuto come ‘oro bianco’ importantissimo per la fabbricazione di polvere da sparo, di guano, fertilizzante naturale prodotto dagli escrementi degli uccelli e di miniere di rame. Le miniere di salnitro di Antofagasta erano sfruttate da compagnie cilene controllate da imprese britanniche. (altro…)
L’8 gennaio il voto dei paesi membri della Convenzione della Nazioni Unite
LA PAZ, 11 (ANSA) — Le Nazioni Unite annunciarono oggi che la Bolivia ritornerà alla Convenzione di Vienna il 10 febbraio con una riserva al Trattato sugli Stupefacenti e Sostanze Illecite che permette ai suoi abitanti di coltivare e masticare foglia di coca.
di Annalisa Melandri per L’Indro* — 28 Dicembre 2012
L’8 gennaio prossimo scadrà il termine entro il quale le Nazioni Unite dovranno dare il loro parere rispetto alla depenalizzazione in Bolivia della pratica del ‘pijcheo” o ‘acullico’, la masticazione cioè delle foglie della Erythroxylum coca, o semplicemente, pianta della coca. Sembra ottimista in tal senso Evo Morales, presidente del paese e principale testimonial della campagna che sta portando avanti praticamente da tutta una vita, fin dalla sua militanza negli anni ’90 nel sindacato deicocaleros (produttori di coca) boliviani. Nella nuova Costituzione della Bolivia, redatta proprio dal governo Morales, la foglia di coca è dichiarata come parte del patrimonio nazionale del paese e della biodiversità. (altro…)
di Annalisa Melandri per L’Indro* 19 dicembre 2012
La Bolivia riconosce ufficialmente il diritto di sciopero. Il presidente Evo Morales ha infatti promulgato la settimana scorsa una legge, la n. 316, di “Depenalizzazione del Diritto di Sciopero e di protezione dell’Attività Sindacale”.
L’atto ufficiale è stato realizzato nel Palazzo del Governo alla presenza di Juan Carlos Trujillo, segretario generale della Central Obrera Boliviana (COB) e di altri funzionari di quella che è considerata la maggiore associazione sindacale del paese alla quale appartengono operai del settore minerario ma anche dell’industria, nonché contadini organizzati.
Juan Carlos Trujillo ha dichiarato che la nuova legge ha una portata storica, ricordando come nel passato i governi dittatoriali e neoliberali “hanno applicato a noi lavoratori decreti e leggi per penalizzare la difesa dei nostri diritti economici, sociali e culturali” e di come sia importante oggi questa data, per essere stata finalmente accolta una richiesta del settore operaio e sindacale.
Con la nuova legge viene modificato l’articolo 232 del Codice Penale che tipifica il ‘sabotaggio’ e condanna con la reclusione da uno a otto anni quei lavoratori o dirigenti sindacali che hanno occupato fabbriche o miniere e hanno provocato danni nello svolgimento dello sciopero o dell’occupazione; ha revocato inoltre l’articolo 234 del C.P. che prevedeva la condanna da uno a cinque anni di carcere e la multa da uno a 500 giorni di salario per chi promuoveva il lock-out (serrata patronale), ma anche scioperi che fossero stati dichiarati illegali dalle autorità del lavoro. (altro…)
Dopo undici anni il primo censimento del governo del presidente indigeno Evo Morales: “Per sapere quanti siamo, come stiamo e quello che c’è da fare”
di Annalisa Melandri — L’Indro* 23 novembre 2012
Si avvia verso la conclusione il censimento generale della popolazione che ha paralizzato nella giornata di mercoledì la Bolivia. Un avvenimento collettivo di estrema importanza per il piccolo ’Stato Plurinazionale’, come è stato definito nella nuova Costituzione, approvata per via referendaria nel 2009 con il 61,34 per cento dei voti.
Il presidente boliviano, l’indigeno (di etnia Aymara) Evo Morales, ha dichiarato che questo Censimento Nazionale di Popolazione e Alloggi 2012 si è svolto con grande successo in tutto il paese e che, soprattutto nelle aree urbane, gli obiettivi fissati sono stati raggiunti. Soltanto in alcune aree rurali, più difficilmente raggiungibili — ricordiamo che il 28% del territorio nazionale del paese rientra nella regione andina latinoamericana — il censimento si concluderà entro questo fine settimana. (altro…)
Il ministro del governo boliviano Carlos Romero ha informato che all’alba di ieri é stato fermato un veicolo appartenente all’ambasciata statunitense nel paese che stava trasportando armi e munizioni verso la regione di Santa Cruz.
Due persone sono state arrestate e sono stati sequestrati tre fucili Remington calibro 12, una pistola Smith calibro 38, circa 2000 munizioni, apparecchiature trasmittenti e un computer. (altro…)
Che differenza c’e’ tra la repressione nel sangue di una protesta indigena in Cile e una in Bolivia?
La repressione e’ sempre repressione e non esistono poteri buoni.
La questione ambientale è clamorosamente scomparsa dall’agenda politica del nostro paese dopo il fallimento del vertice mondiale sul clima di Copenhagen”. E’ la denuncia che fa Giuseppe De Marzo, economista, attivista e portavoce dell’associazione ASud nel corso della conferenza stampa che si è tenuta il 13 aprile scorso presso la sede della FNSI (Federazione Nazionale della Stampa Italiana) per il lancio della Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra, che si terrà in Bolivia dal 19 al 22 aprile (giornata internazionale della Madre Terra) e alla quale hanno partecipato anche il giornalista Giulietto Chiesa e Padre Alex Zanotelli.
Alla conferenza mondiale di Cochabamba, fortemente voluta dal presidente boliviano Evo Morales, prenderanno forma proposte serie e concrete che verranno sottoposte poi al prossimo vertice internazionale di Cancún, in Messico, a dicembre. A Cochabamba si va delineando un modus operandi contrapposto a quella “burocrazia del clima” che è andata di scena a Copenhagen lo scorso dicembre e poi ancora a Bonn all’inizio di questo mese di aprile dove si è tenuto il primo incontro dell’Unfcc, il tavolo di lavoro dell’ONU sui cambiamenti climatici. Tavolo di lavoro alquanto traballante perché fondato su un “accordo” tra Cina, Stati Uniti, Brasile, Sudafrica e India che è stato imposto all’assemblea dei paesei riuniti a Copenhagen in modo non consono alla regolare procedura.
Proprio la Bolivia denunciò allora con forza questo accordo fraudolento tra i 5 grandi della Terra. A Copenhagen si è dimostrata ancora una volta l’assoluta incapacità dell’ONU di prendere accordi condivisi e si è reso evidente di come il Diritto Internazionale stia diventando sempre di più una sorta di “modello di tipo oligarchico-aristocratico”. D’altra parte era stato proprio Johnatan Pershing, vice inviato speciale per i cambiamenti climatici del Ministero degli Esteri degli Stati Uniti ad affermare che non era “possibile immaginare che 192 Stati siedano tutti attorno ad un tavolo per raggiungere il consenso su ogni dettaglio”. Più semplice, fare in modo che pochi, i soliti grandi, prendano decisioni valide per tutti, anche se non da tutti condivise. La chiamano democrazia.
Hanno partecipato alla conferenza stampa anche il giornalista Giulietto Chiesa e Padre Alex Zanotelli.
E’ stato reso noto inoltre l’appello per la Giustizia Climatica e la Democrazia della Terra che molte personalità del panorama politico, culturale e dell’associazionismo italiano hanno sottoscritto.
I concetti sono nuovi e quindi rivoluzionari. Il primo consiste nel riconoscimento del debito ecologico, ma anche sociale (e quindi politico) che il Nord del mondo ha con il Sud. Il debito ecologicocome lo ha definito Giuseppe De Marzo nel suo libro Buen Vivir (ed Ediesse) “è il debito storico e attuale accumulato dai paesi del Nord, dai governi e dalle multinazionali nei confronti dei popoli e dei paesi del Sud del mondo a causa dello sfruttamento, della depredazione e dell’usufrutto delle risorse naturali, dell’energia, dello spazio biorioproduttivo, dell’inquinamento e distruzione dei patrimoni naturali, culturali e delle fonti di sostentamento dei popoli del Sud”. “Ed è un debito” — spiega De Marzo– “che introduce l’elemento delle responsabilità di governi, politiche e imprese che hanno provocato la progressiva degradazione della terra”.[1]
La Democrazia della Terra invece è un paradigma che va applicato al più presto sia all’agire dei singoli individui ma anche e soprattutto nelle politiche economiche ed energetiche di tutti i governi se non si vuole intraprendere la strada di non ritorno verso la distruzione del pianeta.
Possibilmente cominciando dal renderlo parte integrante delle Carte Costituzionali di ogni paese come già hanno fatto la Bolivia e l’Ecuador in questi ultimi due anni.
Bisogna assolutamente “superare la visione antropocentrica che continua a guardare alla natura esclusivamente in base al valore d’uso che egoisticamente se ne può trarre… Riconoscere i diritti della natura, così come avvenuto nelle due nuove costituzioni di Bolivia ed Ecuador, affronta finalmente due temi centrali per allargare il campo della giustizia e della partecipazione: la titolarità e la tutela. La titolarità viene riconosciuta quando si è portatori di diritti propri. Così come sono stati riconosciuti titolari di diritto società anonime o commerciali, allo stesso modo è indispensabile che la natura sia titolare di diritti propri.”[2]
Ed è per questo che proprio a Cochabamba durante la Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico, dal 19 al 22 aprile di discuterà e verrà redatta la Dichiarazione Universale per i Diritti della Madre Terra, un documento di portata storica che segna uno spartiacque in quella che fino ad oggi è stata la visione generale del concetto di diritti umani: per la prima volta si pensa anche al diritto all’esistenza delle generazioni future e all’obbligo che abbiamo di assicurare loro la vita in un pianeta ospitale e sano.
“Abbiamo soltanto 10 anni” ammonisce Giulietto Chiesa nel suo intervento, venato da un più che condivisibile pessimismo lucido e razionale, frutto della ragione, per invertire la corsa folle verso l’autodistruzione oramai intrapresa dall’umanità.
L’impegno fondamentale che ognuno di noi può dare consiste soprattutto nel non lasciarsi intorpidire coscienza e intelletto dal bombardamento mediatico al quale siamo sottoposti. Abbiamo il diritto ma anche il dovere di pretendere di fruire di un’informazione corretta. “Le persone non sanno niente” afferma Giulietto Chiesa puntando il dito contro i mezzi di informazione servi di un sistema economico che vende lucciole per lanterne allo scopo soltanto di favorire i grandi piani industriali e capitalisti del governo. La propaganda rispetto al nucleare è emblematica a questo proposito: stiamo investendo 30 miliardi di euro per costruire dei “monumenti alla nostra imbecillità” che lasceranno tracce velenose sul nostro territorio per circa 100 mila anni. Le scorie nucleari verranno smaltite infatti in altri paesi, sicuramente appartenenti alla sfera di quelli sotto sviluppati o in via di sviluppo, continuando così ad accrescere il nostro debito ecologico con loro. Investendo 30 miliardi di euro nelle energie alternative si avrebbero invece immediatamente migliaia di posti di lavoro in più e nel futuro un immenso ritorno in termini di possibilità per la continuazione della vita sul nostro pianeta.
La conferenza internazionale di Cochabamba sicuramente rappresenta una grande possibilità, il “piano B” per la salvezza del mondo, come lo definisce De Marzo, dopo il clamoroso fallimento di tutti i piani e programmi portati avanti dai governi, da Kyoto in avanti.
Programmi dai quali, fino a questo momento i movimenti sociali, le associazioni di cittadini, i gruppi ambientalisti e la società civile in genere, sono stati sempre esclusi, e che a Cochabamba invece, sono diventati protagonisti, a fianco, ed è questa la vera novità, di un governo. Quello della Bolivia di Evo Morales.
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Link utili:
Qui si possono seguire in diretta i lavori della Conferenza
Intervista realizzata da RadioTre Rai a Giuseppe De Marzo in diretta da Cochabamba
[1] Giuseppe De Marzo, Buen Vivir – Ediesse, 2009 pag. 63 e seg.
[2] Giuseppe De Marzo – op. cit. pag. 249
Ascolta qui l’intervista a Giuseppe De Marzo fatta da Radio Onda Rossa sulle nuove costrituzioni latinoamericane, quella della Bolivia e dell’Ecuador
Sabato 18 Aprile
Il presidente boliviano Evo Morales ha denunciato ieri che le forze di sicurezza boliviane hanno sventato due giorni fa a Santa Cruz un piano organizzato da «mercenari internazionali» per attentare contro la sua vita e quella del vicepresidente, Alvaro Garcia Linera: lo ha detto in Venezuela lo stesso Morales, mentre a La Paz la polizia locale annunciava l’uccisione dei tre attentatori.
I tre uomini uccisi dalle forze speciale sono il rumeno Mayarosi Ariad, l’irlandese Dyer Micheal Martin e il boliviano di origine ungherese Eduardo Rozsa Flores, sospettato di essere il capo della banda. Lo affermano fonti ufficiali di La Paz, e lo ha ripetuto Morales subito dopo essere giunto a Cumanà, in Venezuela, dove partecipava al vertice dell’Alternativa Bolivariana delle Americhe (Alba), accolto dal presidente Hugo Chavez.
L’anno scorso l’opposizione è fallita nel tentativo di allontanarlo dalla presidenza tramite un referendum, ha ricordato Morales: «successivamente, ha aggiunto, hanno provato con un golpe di stato civile… ora stavano cercando di crivellarci».
La polizia ha arrestato altre due persone, il boliviano Francisco Tadic Astorga (ex militare residente in Croazia) e l’ungherese Elot Toazo (anche esgi residente in Croazia) con l’accusa di essere coinvolte nell’attentato. Il capo della polizia di Santa Cruz, Victor Hugo Escobar, ha precisato che i tre attentatori uccisi erano «terroristi specializzati e addestrati» per questo tipo di attentati e che la polizia è intervenuta «per rispondere al fuoco» dei tre.
Lo scenario disegnato dagli attentati contro il Presidente e il Vicepresidente della Bolivia e contro il cardinale di Santa Cruz appare estremamente grave e preoccupante non solo per la Bolivia ma per tutte le forze democratiche e progressiste dell’America Latina e del mondo.
Il coinvolgimento di mercenari europei, già attivi nelle milizie di destra all’interno della guerre che hanno dilaniato la Jugoslavia negli anni Novanta, rivelano all’opinione pubblica internazionale l’esistenza di una rete terrorista neofascista ancora attiva e che trova nelle forze reazionarie ancora dominanti in alcune regioni boliviane, un inquietante centro di complicità.
Il senatore del MAS Riccardo Diaz ha accusato l’ex governatore di Santa Cruz Branco Marinkovic di avere legami con i grupp terroristi croati.
Quanto accaduto in Bolivia concretizza agli occhi dell’opinione pubblica l’esistenza ancora attiva di quella rete terroristica neofascista che da mesi in Bolivia tenta di ribaltare il governo legittimo di Morales e che ha trovato rifugio e complicità proprio negli ambienti della destra boliviana che oggi si oppone violentemente al cambiamento democratico in corso nel paese, dove proprio all’inizio del 2009 è stata approvata da referendum consultazione popolare la nuova costituzione: una costituzione che riconosce nuovi diritti e disconosce antichi privilegi, minacciando lo status quo della ricca oligarchia boliviana.
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