E’ stato pubblicato in queste ore sul sito dell’ Agencia Bolivariana de Prensa il comunicato delle FARC relativo alla liberazione dei 15 ostaggi nelle mani della guerriglia colombiana, tra i quali Ingrid Betancourt, avvenuta il 2 luglio scorso. Poche righe per affermare sostanzialmente quanto segue:
Le FARC attribuiscono la liberazione degli ostaggi alla “conseguenza diretta della spregevole condotta di Cesar ed Enrique, che hanno tradito il loro impegno rivoluzionario e la fiducia che era stata riposta in essi”. Un tradimento quindi, come era stato già ipotizzato.
Confermano inoltre la loro politica volta al conseguimento di accordi umanitari anche per proteggere la popolazione civile dagli effetti del conflitto. Continuando nell’opzione militare come unica soluzione per la liberazione dei prigionieri, il governo si dovrà assumere tutte le responsabilità della sua temeraria decisione.
Sirvase encontrar aqui anexada una declaración parlamentaria relativa a Colombia, qur firmaron 15 diputados europeos de 4 diferentes grupos políticos, en el marco de la visita al Parlamento europeo de la Senadora colombiana Piedad Cordoba.
DECLARACION PARLAMENTARIA
Por el derecho a la oposición política, el trabajo por la paz, y el respeto de la separación de los poderes en Colombia
Cuatro parlamentarios colombianos de oposición, Piedad Córdoba, Álvaro Leyva, Gloria Inés Ramírez, y Wilson Borja, el periodista Carlos Lozano, y otras personalidades cuyo trabajo a favor del acuerdo humanitario y de la paz es ampliamente reconocido, han sido acusados por el Fiscal General de la Nación de supuestos nexos con las FARC.
También, un delegado suizo, conocido por su papel de buenos oficios, fue acusado públicamente de tener nexos con las FARC cuando hizo unas declaraciones poco placenteras por el Gobierno.
Unos ataques han sido dirigidos igualmente contra la Corte Suprema de Justicia, que ha emitido fallos sobre los lazos entre políticos y paramilitares y sobre los actos de corrupción que permitieron la reelección del Presidente Uribe en el año 2006.
Como diputados europeos, rechazamos estas persecuciones que son obstáculos puestos al proceso de paz. Expresamos nuestra total solidaridad con los parlamentarios, periodistas y las otras personalidades perseguidas por sus opiniones políticas, y reiteramos nuestro apoyo a su labor a favor de una solución pacifica del conflicto colombiano.
Pedimos igualmente que los representantes de la Unión Europea en Colombia insistan ante las autoridades de dicho país para que sea respetado el derecho de hacer oposición, para que se posibilite las gestiones humanitarias, y para que el Gobierno respete la independencia del sistema judicial y acate las decisiones de la Corte Suprema de Justicia.
- Vittorio Agnoletto,
Diputado europeo por Italia, Miembro de la Comisión de Asuntos exteriores del Parlamento europeo
- Giusto Catania,
Diputado europeo por Italia, Vice-presidente de la Comisión de Libertades civiles, Justicia y asunto interiores
- Hélène Flautre,
Diputada europea por Francia, Presidente de la Sub-comisión de derechos humanos
- Monica Frassoni ,
Diputada europea por Italia, Presidente del Grupo de los Verdes / Alianza Libre Europea
- Vicente Garcés,
Diputado europeo por España, Miembro de la Comisión de Presupuestos
- Pedro Guerreiro ,
Diputado europeo por el Portugal , Miembro de la Comisión de desarrollo regional
- Jens Holm ,
Diputado europeo por Suecia , Comisión de Medio Ambiente, Salud Pública y Seguridad Alimentaria
- Richard Howitt,
Diputado europeo por el Reino-Unido, Vice presidente de la Sub-comisión de derechos humanos
- Helmuth Markov,
Diputado europeo por Alemania, Presidente de la Comisión de comercio internacional
- Willy Meyer-Pleite,
Diputado europeo por España, Vice-presidente de la Asamblea parlamentaria bi-regional EUROLAT
- Luisa Morgantini,
Diputada europea por Italia, Vice-presidente del Parlamento europeo
- Josu Ortuondo Larrea,
Diputado europeo por España, Miembro de la Comisión de Transporte y turismo
- Raul Romeva ,
Diputado europeo por España, Miembro de la Comisión de Derechos de la Mujer e Igualdad de Género
- Eva-Britt Svensson,
Diputada europea por Suecia, Vice-presidente de la Comisión de derechos de la mujer e igualdad de género
- Francis Wurtz,
Diputado europeo por Francia, Presidente del grupo Izquierda Unitaria Europea– Izquierda Verde Nórdica
“Si usted me quema el carro, y después salva a mi papá, yo le agradezco que lo haya salvado, pero sí le digo que se portó como un cerdito al quemar mi carro”.
Juan Carlos Lecompte, esposo di Ingrid Betancourt hablando de Àlvaro Uribe en una entrevista de esos días.
E’ la grande notizia. Forse la notizia più attesa degli ultimi tempi.
Quella che dall’Europa all’America da tempo avremmo voluto ricevere. Ingrid Betancourt, 46 anni, di cui gli ultimi sei trascorsi nella foresta nelle mani della guerriglia colombiana delle FARC è stata liberata insieme a tre cittadini americani (tre “contractors” accusati dalla guerriglia di essere al soldo della Cia) e a 11 colombiani membri dell’Esercito e della Polizia.
Le ultime notizie che avevamo di lei, pochi mesi fa, la davano quasi in fin di vita. Probabilmente le sue condizioni non erano così gravi, certo è che le sue immagini e le sue parole giunte fino a noi sotto forma di una missiva riservata inviata alla madre e poi invece fatta circolare su tutti i giornali e pubblicata anche sotto forma di libro, testimoniavano di una donna visibilmente provata nel fisico e nell’animo da anni di prigionia in condizioni difficili.
Si è già ricongiunta ai suoi familiari, ai figli, al marito, alla madre e alla sorella, che con fiducia e speranza ammirevoli le sono stati vicini in tutto questo tempo, che hanno sempre parlato in nome e per conto di Ingrid, madre, sorella, figlia e moglie, ma anche in nome e per conto di tutti gli altri ostaggi, spesso dimenticati dai media, e in nome e per conto di un popolo, quello colombiano che non merita di vivere un conflitto così lungo e violento sulla propria pelle. Familiari che pur nella tragedia della situazione, anche in momenti particolarmente drammatici, hanno sempre dovuto con dignità e umiltà mediare tra le intemperanze di Uribe che premeva per mettere a ferro e fuoco la selva per liberarla e dimostrare così il successo della sua politica del “pugno duro” e la guerriglia, per la quale non hanno mai, nonostante il dolore che ha inflitto loro con il sequestro, avuto parole dure.
Probabilmente hanno saputo soltanto al momento di ricevere la notizia della liberazione di Ingrid, del blitz che le forze armate colombiane stavano preparando da tempo, loro che si sono sempre opposti, perchè considerati troppo rischiosi per la vita degli ostaggi, ai progetti di “rescate a sangre y fuego”, riscatti a sangue e fuoco, tanto cari al presidente colombiano.
Il blitz – Stranezze e coincidenze sospette
“Operazione Scacco” è stata chiamata l’operazione. E a giudicare dal nome il suo successo era scontato. Come mai? “L’operazione Scacco” non è stata un’operazione militare nel senso stretto del termine, piuttosto una vera e propria operazione di intelligence risolta senza nemmeno sparare un solo colpo. Perfetta, forse anche troppo. Proprio la perfezione dei dettagli con i quali è stata portata a termine potrebbe nascondere dei risvolti. Si sa che in Colombia erano da giorni presenti due europei, l’ex console francese a Bogotá Noël Sáenz e il diplomatico svizzero Jean-Pierre Gontard. Avevano avuto perfino l’ autorizzazione dal governo colombiano per intraprendere trattative con i nuovi vertici della guerriglia, dopo la promessa che era stata fatta della liberazione di 40 ostaggi tra i quali Ingrid Betancourt e i tre americani. Probabilmente, ma è ovvio che al momento si tratta solo di supposizioni, gli ostaggi erano pronti per essere già liberati e qui la facilità con la quale il capo dei carcerieri sarebbe stato convinto ad accettare il trasferimento in elicottero o si è invece trattato di una liberazione già in atto con l’intervento dell’esercito nelle ultime fasi per farla passare come esclusivo successo governativo.
Il ministro della difesa Manuel Santos nella conferenza stampa di ieri, descrivendone i dettagli rende noto invece che l’operazione era stata studiata e programmata già da molto tempo e che per poterla mettere in atto è stato necessario l’utilizzo di soldati infiltrati nel campo dove erano tenuti in ostaggio i prigionieri. Questi sono riusciti a convincere Gerardo Antonio Aguilar, alias “Cesar” il capo dei carcerieri di Ingrid e degli altri prigionieri liberati, dell’opportunità di trasferire gli ostaggi in un elicottero messo a disposizione da un’ associazione umanitaria, fino al luogo dove si sarebbero dovuti incontrare con Alfonso Cano, il nuovo leader delle Farc succeduto a Manuel Marulanda alla sua morte, avvenuta probabilmente per cause naturali qualche tempo fa. L’elicottero, opportunamente modificato, era invece un velivolo dell’esercito, e soltanto una volta in volo il comandante “Cesar” è stato neutralizzato e ai prigionieri data la notizia della loro liberazione. Senza spargimenti di sangue, senza mettere a rischio la vita degli ostaggi. Ingrid Betancourt stessa, nella sua prima conferenza stampa la definisce “un’operazione impeccabile” paragonandola a quelle israeliane ben note per precisione e successo. Un’operazione che sebbene il ministro della difesa Santos affermi sia stata condotta esclusivamente grazie all’intelligence colombiana non abbiamo difficoltà a immaginare che invece sia stata organizzata e studiata in accordo con quella statunitense e probabilmente anche con quella israeliana, che avrebbe fornito l’ avanzatissima tecnologia satellitare con la quale il luogo in cui si trovavano gli ostaggi era stato identificato già da alcune settimane. Identificazione favorita dai rilievi effettuati sulle prove in vita degli ostaggi, (alcune riprese video) sequestrate alla guerrigliera che le stava consegnando alla fine dell’anno scorso.
Un’operazione, il cui successo dimostrerebbe, se fosse vera la versione fornita, (al momento soltanto quella ufficiale) delle difficoltà organizzative e strutturali in cui si troverebbe la guerriglia colombiana, che solo nell’ultimo anno ha perso almeno quattro suoi capi.
Le Farc infatti non hanno fornito ancora nessuna versione dell’accaduto e il sito ANNCOL, considerato il più vicino al gruppo guerrigliero è nuovamente inaccessibile da circa due giorni. Stranamente.
Come sospetta sembra essere anche la presenza proprio nella giornata di ieri in Colombia del canditato statunitense McCain, il quale ha dichiarato che lo stesso Uribe lo aveva informato il giorno precedente dell’operazione che stava per svolgersi per la liberazione di Ingrid Betancourt. Nel teatrino Colombia abbiamo imparato da tempo che le coincidenze difficilmente sono causali e che la verità è un bene prezioso al servizio del miglior offerente. Probabilmente in questo caso non la sapremo mai, perchè il miglior offerente è proprio il presidente colombiano Álvaro Uribe.
Il coniglio dal cilindro di Uribe
Quel che è certo è infatti che la liberazione di Ingrid Betancourt appare in questo momento come il coniglio dal cilindro dei celebri giochi di prestigio.
La popolarità di Uribe che non era mai stata così bassa come nei giorni scorsi, con la sua seconda rielezione messa in discussione da un’accusa di corruzione alla deputata Yidis Medina che si trova ora in carcere per aver venduto il suo voto favorevole alla riforma costituzionale che ha permesso al presidente colombiano di ricandidarsi per la seconda volta, probabilmente già da oggi è in forte aumento. Intanto mentre la Corte Suprema di Giustizia e la Corte Costituzionale stavano proprio in questi giorni esaminando tutti gli atti per stabilire o meno l’illegalità della seconda rielezione di Uribe, questi, mettendosi a muso duro contro l’unico potere di fatto ancora indipendente e scevro da scandali legati alla parapolitica e cioè quello giudiziario, ha proposto niente di meno che un referendum popolare per chiamare il popolo a esprimersi sulla conferma o meno della sua rielezione del 2006. Praticamente quindi, chiamando il popolo colombiano a sostituirsi al potere giudiziario, e chiedendogli di assolverlo o meno dal reato gravissimo di aver comprato voti utili per modificare la riforma costituzionale con la quale è stata possibile la sua seconda rielezione. Operazione che ha coinvolto in prima persona anche Sabas Pretelt de la Vega, allora ministro dell’interno e adesso ambasciatore a Roma.
Oggi Uribe agli occhi del paese, ma soprattutto agli occhi della comunità internazionale da sempre silenziosa sugli scandali legati alla parapolitica che da tempo ormai lo lambiscono molto da vicino senza però colpirlo direttamente, (nel parlamento colombiano, 30 parlamentari sono attualmente in carcere e 70 sono inquisiti, tutti legati al partito della U, quello della maggioranza) è il grande salvatore di Ingrid Betancourt e questo probabilmente basta a far dimenticare il marcio sul quale poggia il suo potere e la sua carica e a rilanciare l’ipotesi, disastrosa per la libertà e per lo stato sociale del paese, della sua terza rielezione.
Ne esce vincente senza doversi prendere la briga nemmeno per un momento di affrontare questioni come lo scambio umanitario o il conflitto civile in corso nel paese, per le quali tanto si erano adoperati anche con qualche successo nei mesi scorsi il presidente venezuelano Hugo Chávez e la senatrice colombiana Piedad Cordóba. L’ostaggio eccellente ormai è stato tolto dalla selva e non sarà difficile immaginare che presto scenderà il sipario sugli altri prigionieri, tra i quali il figlio del maestro Moncayo, da 10 anni nelle mani delle FARC e su tutti i guerriglieri che sono attualmente reclusi nelle carceri colombiane, circa 500 e che si definiscono prigionieri politici in virtù del fatto che in Colombia è in corso da mezzo secolo ormai un conflitto civile. Conflitto negato sia nel paese che all’estero. Per tutti, per gli Stati Uniti in testa, ma anche per l’Unione Europea che si è sempre rifiutata di riconoscere lo stato di belligeranza alla guerriglia colombiana, i 500 guerriglieri che sono in carcere in condizioni non certo migliori di quelle in cui si trovava Ingrid nella selva, sono soltanto terroristi.
E’ facile anche immaginare che adesso veramente la foresta sarà messa a ferro e fuoco per cercare di catturare il nuovo leader Alfonso Cano e piegare definitivamente i ribelli, senza Ingrid laggiù in pericolo e senza la sua famiglia ingombrante e testarda pronta ad attaccare continuamente Uribe per i suoi tentativi di riscatto militare dei prigionieri. Con i paramilitari di supporto ancora sguinzagliati perchè mai smobilitati del tutto. Aguilas Negras adesso si fanno chiamare e non più Autodefensas Unidas. La sostanza resta la stessa. E i rischi che correranno contadini, comunità di indigeni e comuni cittadini, con la caccia al guerrigliero formalmente aperta, anche.
Ingrid, e dopo?
Al momento della sua liberazione, una delle prime dichiarazioni rilasciate da Ingrid Betancourt ieri sera è stata:” “Credo che questo sia un segnale di pace per la Colombia, possiamo ottenere la pace e abbiamo fiducia nella nostra forza militare e vorrei ringraziare ognuno dei soldati della Colombia”.
Che farà Ingrid Betancourt una volta ristabilitasi? Molte persone in Colombia e non solo, sperano che possa e voglia dedicarsi alla politica attivamente, trasformandosi in una nuova speranza per i sogni di libertà e di giustizia sociale del paese. Nel 2002 al momento del suo sequestro era candidata presidenziale. Fu rapita il 23 febbraio, il 26 maggio Uribe vinse le elezioni. Oggi lascia intendere che il suo desiderio di giustizia, di riforma sociale profonda del paese, sicuramente rafforzati dai sei anni di prigionia, sono ancora forti e vivi e potrebbero ancora concretizzarsi in una prossima candidatura. Forse quella del 2010. Quando, se non dovesse trovarsi davanti un Uribe al suo terzo mandato, l’alternativa non sarebbe migliore. E’ quasi certa la candidatura di Juan Manuel Santos, attuale ministro della difesa colombiana, in linea con la politica dura sulla sicurezza e sulla lotta alla guerriglia. Intanto al 2010 mancano ancora 2 anni, nei quali il paese dovrà affrontare ancora momenti difficili, con un esercito di ventimila persone nella foresta in bilico tra un passato di lotta e di aspettative gloriose e un futuro quanto mai incerto, una sinistra ancora in via di definizione e pesantemente sotto attacco anche dallo stesso presidente, una miriade di piccoli focolai di speranza, piccole realtà organizzate, reti e movimenti sociali poco strutturati ma in continuo fermento, che si muovono costantemente in pericolo di vita e di sopravvivenza e una classe politica al governo corrotta e pesantemente collusa con il paramilitarismo più attivo che mai. E’ questo il paese che accoglie oggi Ingrid Betancourt alla sua nuova vita, non molto diverso in fondo da quello per il quale stava lottando fino a sei anni fa.
Liberata Ingrid Betancort e con lei altri 14 ostaggi con un blitz delle forze armate colombiane. Lo ha annunciato il ministro della difesa Juan Manuel Santos. Leggi Ansa.
Motivos para una renuncia y la construcción de la Nueva Colombia
La caída del régimen narco-paramilitar es inminente. Motivos hay suficientes. Es necesario adelantar todo lo necesario para un Nuevo Gobierno de Reconstrucción y Reconciliación Nacional que nos enrumbe hacia la Nueva Colombia.
El régimen narco-paramilitar de Álvaro Uribe Vélez ha colapsado. Sus prácticas fraudulentas y mafiosas lo han llevado hasta allá. Este llamamiento es a todas las fuerzas democráticas de Colombia para construir un nuevo país.
MOTIVOS
El narco-paramilitar presidente Uribe Vélez debe renunciar porque:
1– Su elección en el año 2006 estuvo sustentado en un acto ilegal, fraudulento, con la práctica del delito de co-hecho como ya no sólo es conocido por toda Colombia sino está legalmente comprobado por la Corte Suprema de Justicia.
2– Su elección del 2002 fue realizado bajo las condiciones de un fraude instrumentado en la Registraduría Nacional del Estado Civil y en las armas de los narco-paramilitares, hecho estos que se repitieron también en las elecciones del 2006. En ambos casos, Jorge Aurelio Noguera Cotes fue el instrumentador del ilícito.
3– Sus dos elecciones –2002 y 2006- estuvieron sustentados en los votos de los narco-para-congresistas uribistas. En el 2006 fue elegido por los votos fraudulentos de los narco-para-políticos y los 35 parlamentarios presos le significaron más de 1’300.000 votos. Falta todavía ver el resultado de los 65 parlamentarios encartados por la Corte Suprema y la Fiscalía, lo que ha llevado al Congreso a la peor crisis en su ya endémica corrupción.
4– Su poder se ha sustentado en las estructuras narco-paramilitares y para lograrlo adelantó un fraudulento ‘Proceso de Paz’ con éstas estructuras criminales para institucionalizarlas y apoderarse del estado. Es de resaltar que durante el tiempo de los llamados ‘Ralitos’ fueron asesinados por los narco-paramilitares más de 3.800 colombianos.
5– La práctica de la guerra contra los países hermanos vecinos ha significado un clima de inestabilidad y enfrentamientos con los presidentes de Ecuador y Venezuela, Rafael Correa y Hugo Chávez respectivamente. Esta estabilidad ha conllevado a unas dificultosas relaciones en todos los campos, especialmente el diplomático y comercial con grandes pérdidas económicas para el país.
6– El ataque y masacre de un campamento de Raúl Reyes, al igual que personal civil, en territorio de Ecuador, con violación de la soberanía del hermano país, produjo una herida profunda en la conciencia de los ecuatorianos y amenaza la región con llevar allende las fronteras el Plan Colombia, verdadero engendro guerrerista de los gobiernos de Colombia y Estados Unidos.
7– La gobernabilidad ha estado ausente durante el régimen narco-paramilitar de Uribe Vélez y su visión fascista está patentizada en la torsión de los hechos de la vida del país al querer del emperadorcito populista que manipula las estadísticas de la economía y de la política para colocarlas todas a su servicio.
8– Las tasas de desempleo; pobreza, indigencia; muertes de niños por falta de agua potable y atención de salud adecuada y oportuna; vivienda y adecuados servicios públicos –satisfacción de las necesidades básicas-; educación para todos los colombianos; entrega de nuestros recursos naturales a la voracidad de las multinacionales, etc, etc, son las más deplorables en toda la historia de la vida del país.
9– El régimen narco-paramilitar es quizá el más corrupto en toda la historia de Colombia, que es mucho decir, y en la impunidad están las denuncias de los escándalos de Incoder, Finagro, Supervigilancia privada, Supernotariado y Registro, etc.
10– El régimen narco-paramilitar de Uribe Vélez es responsable por acción y omisión del asesinato de 10.282 colombianos ‘fuera de combate’, 85% de ellos adelantados comprobadamente por las fuerzas militares-narcoparamilitares.
LLAMAMOS
1. A todos los colombianos a exigir la renuncia inmediata del narco-paramilitar presidente colombiano Álvaro Uribe Vélez.
2. A rodear decididamente la Corte Suprema de Justicia que es la única institución que se ha opuesto a la carrera de desinstitucionalización de Álvaro Uribe Vélez, la cual debe adelantar la convocatoria de la conformación de un Nuevo Gobierno.
3. A los militares a resguardar al país de los intentos de desinstitucionalización adelantada por la mafia narco-oligárquica que quiere sumirnos en el caos más absoluto.
4. A los partidos políticos, especialmente los partidos democráticos y de izquierda, a los sindicatos, las asociaciones de todo tipo, a construir un Nuevo Gobierno de Reconstrucción y Reconciliación Nacional que nos lleve a una Nueva Institucionalidad, mediante una Asamblea Constituyente que sea la base de la Nueva Colombia en paz con justicia social, democracia, pluralismo, libertad, independencia y soberanía nacional.
5. Llamamos a los empresarios y sectores de la producción no comprometidos con el narco-paramilitarismo a actuar con sentido patriótico en la actual crisis y coadyuvar con todos los colombianos para ese nuevo país que todos queremos.
6. A la insurgencia armada, las FARC-EP y el ELN, a trabajar con todos los demás sectores populares para avanzar hacia esa Nueva Colombia, como en efecto loa han venido haciendo.
7. A los países hermanos a expresar de todas las formas posibles su solidaridad y hermandad en estos momentos de transición que vivimos.
8. A los países del mundo a manifestar su solidaridad sin cálculos de ningún tipo.
ALP
Il 13 maggio scorso 14 capi paramilitari colombiani, tra i quali Salvatore Mancuso, “Jorge 40” e “Don Berna” sono stati estradati negli Stati Uniti per essere giudicati per reati legati al narcotraffico.
La Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) organismo dell’OEA, critica duramente questa estradizione, affermando che “va contro l’obbligo dello stato colombiano di garantire il diritto delle vittime alla verità, alla giustizia e al risarcimento dei crimini commessi dai gruppi paramilitari. L’estradizione impedisce l’indagine e il giudizio di crimini gravi per mezzo della Legge di Giustizia e Pace in Colombia e per i procedimenti ordinari della giustizia colombiana. Nega anche alle vittime la possibilità di partecipare direttamente alla ricerca della verità relativamente ai crimini commessi durante il conflitto e limita l’accesso al risarcimento del danno procurato. Inoltre questo atto interferisce con gli sforzi per determinare i vincoli tra gli agenti dello Stato e questi stessi capi paramilitari”.
Leggi anche:
“Le associazioni sindacali, in coordinazione con le associazioni per la difesa dei diritti umani, le organizzazioni sociali ed alcuni partiti politici, hanno stabilito che questo primo maggio 2008 debba avere un elevato contenuto politico” ha detto Fabio Arias, vicepresidente della
Central Unitaria de Trabajadores (CUT). Ha aggiunto anche che il “movimento sindacale è stato uno delle vittime principali del paramilitarismo”.
Nel corso del 2008 sono stati assassinati già 24 sindacalisti, 39 sono stati quelli uccisi invece nel 2007.
Tra il gennaio 1991 e il dicembre 2006 invece sono stati uccisi 2245 sindacalisti, 3400 sono stati minacciati e 138 sono stati vittime di sparizioni forzate (Fonte Amnesty International)
L’impunità è elevatissima, se si pensa che dal 1986, secondo la Escuela Nacional Sindical (ENS) sono stati registrati 2.578 casi di omicidi di sindacalisti, di questi solo in 76 casi sono state emesse sentenze. Rimangono ancora pertanto 2.500 casi irrisolti.
Per i casi più recenti il gruppo paramilitare delle “Aguilas Negras” è il maggior indiziato degli omicidi di sindacalisti in Colombia .
Julio Roberto Goméz della Confederación General del Trabajo (CGT) denuncia inoltre una persecuzione “legale” dell’attività sindacale nel paese. Ci sono infatti notevoli difficoltà a registrare nuovi sindacati, il Ministero della Protezione Sociale ne ha bloccato la registrazione di circa 230 e spesso i lavoratori sono costretti a firmare contratti dove rinunciano alla loro adesione a un sindacato.
E’ richiesta a gran voce inoltre la ricomparsa in vita di Guillermo Rívera, leader sindacale e militante del Partito Comunista Colombiano scomparso il 22 aprile scorso, anche per lui si è sfilato a Bogotà in questo 1 maggio.
Situazione sempre più difficile in Colombia per Álvaro Uribe, ma probabilmente si profilano tempi duri anche per l’attuale ambasciatore colombiano in Italia, Sabas Pretelt de la Vega e per altri funzionari, tra i quali il Fiscal General (la massima carica della magistratura colombiana) Mario Iguarán. La Corte Suprema di Giustizia, forse l’unica ancora di salvezza che rimane alla Colombia, sta indagando addirittura sulle modalità con la quale fu approvata nel 2004 la riforma costituzionale che ha reso possibile la rielezione del presidente colombiano due anni più tardi.
E’ stato emesso infatti un mandato di arresto per la parlamentare Yidis Medina, la quale una settimana fa ha rivelato in un’ intervista ai mezzi di comunicazione, di aver accettato incarichi pubblici, tra i quali probabilmente un consolato, in cambio del suo voto favorevole che fu decisivo proprio per l’approvazione di quella riforma costituzionale. La stessa Medina ha affermato inoltre in quell’intervista, che sia Uribe, sia alcuni suoi stretti collaboratori, quali l’allora segretario generale della Presidenza Alberto Velásquez, l’attuale ambasciatore colombiano a Roma e all’epoca ministro dell’Interno, Sabas Pretelt de la Vega ‚ nonché l’attuale Fiscal General Mario Iguaráni, erano perfettamente a conoscenza della proposta dello scambio del voto contro incarichi pubblici. La Medina attualmente è latitante, ma ha comunicato tramite il suo avvocato, Ramón Ballesteros, che probabilmente si consegnerà alla giustizia tra lunedì e martedì prossimo.
Tutte le persone coinvolte potrebbero essere pertanto inserite nelle indagini e l’attuale ambasciatore colombiano essere richiamato in patria. Egli operò nella vicenda come tramite tra le proposte del governo e Yidis Medina.
La storia si ripete quindi, e per il corpo diplomatico di via Pisanelli, sede dell’ambasciata colombiana a Roma, potrebbe figurarsi un nuovo cambio al vertice se la Corte Suprema di Giustizia della Colombia decidesse di procedere anche contro l’ambasciatore Sabas Pretelt de la Vega e se lui dovesse quindi far ritorno in patria per far luce sul suo ruolo nell’intera vicenda. Già in passato sorte analoga era toccata all ’ex console di Milano Jorge Noguera Cote e al precedente ambasciatore a Roma, Luis Camilo Osorio.
Luis Camilo Osorio, fu trasferito da Roma alle sede diplomatica messicana, e fu costretto a ritornare in patria per rispondere in tre processi tutt’ora aperti in cui è accusato di aver favorito l’ingerenza dei paramilitari quando ricopriva la carica di Fiscal General tra il 2001 e il 2005. Secondo le accuse e le testimonianze fornite, favorì l’impunità dei criminali e politici che avevano commesso crimini contro l’umanità legati al paramilitarismo e al narcotraffico, proteggendo tra gli altri il generale Rito Alejo del Río, indicato da Salvatore Mancuso come artefice dell’espansione del paramilitarismo in Colombia. Nel 2002 fu denunciato da Human Right Watch per aver ostacolato la giustizia con il suo operato: “mancanza di appoggio ai pubblici ministeri che lavoravano su casi sensibili di diritti umani, incapacità di fornire una protezione efficace e tempestiva ai funzionari le cui vite erano minacciate, e licenziamento o rinuncia forzata di pubblici ministeri e investigatori esperti”.
Jorge Noguera Cote, ex console a Milano, fu costretto invece a lasciare l’incarico nel 2006 per i procedimenti penali avviati contro di lui e fu arrestato nel luglio del 2007 in Colombia, con l’accusa di avere avuto stretti legami con i paramilitari e di aver fornito ai capi delle AUC informazioni riservate, in particolare è accusato di aver fornito agli stessi liste di sindacalisti, politici e attivisti sociali che furono successivamente eliminati.
Sabas Pretelt de la Vega , l’ideatore della legge di Giustizia e Pace, con la quale i paramiliatri che si sono macchiati di crimini terribili vengono condannati con pene che prevedono la reclusione al massimo per otto anni di carcere, è accusato da due capi paramilitari di aver promesso loro la non estradizione negli Stati Uniti in cambio del loro appoggio alla rielezione di Uribe. I due fratelli Mejía Muñera (alias Los Mellizos) lo hanno accusato invece di aver fatto da tramite nel trasferimento del denaro con il quale i paramilitari hanno finanziato la rielezione di Uribe nel 2006, denaro sporco di sangue e frutto dei proventi del narcotraffico.
Si trova ancora a Roma, ma se dovessero essere confermate le accuse mosse contro di lui da Yidis Medina e se la Corte Suprema dovesse decidere di procedere nelle indagini, ben presto potrebbe essere costretto a rinunciare per finire sotto processo in Colombia e quindi fare ritorno in patria in veste di inquisito.
L’Italia in Europa, quindi, sembrerebbe svolgere rispetto alla Colombia, lo stesso ruolo che svolge il Messico in America centrale: entrambi i paesi funzionano da centro di smistamento di loschi personaggi coinvolti con il paramilitarismo e il narcotraffico nel loro paese; personaggi sul capo dei quali pendono accuse gravissime che poi si concretizzano in mandati di cattura.
E’ evidente che la Farnesina dovrebbe compiere indagini più accurate sulla storia personale dei diplomatici provenienti dalla Colombia. Jorgue Noguera Cote per esempio fu accettato in Italia, allora era Gianfranco Fini ministro degli affari Esteri, dopo aver dovuto, nel 2005, rassegnare le dimissioni come direttore del DAS (Dipartimento Amministrativo di Sicurezza, la polizia segreta colombiana), per le accuse che Rafael García, ex capo del reparto di informatica del Dipartimento gli stava muovendo. Accuse che successivamente si dimostrarono fondate, dal momento che Jorgue Noguera Cote fu arrestato nel febbraio del 2007. In seguito alle sue dimissioni, il presidente Uribe lo nominò console a Milano, dopo che il Canada aveva rifiutato saggiamente la proposta di averlo nel suo paese come rappresentante diplomatico della Colombia.
In Italia non si guardò tanto per il sottile, accuse come collusione con il paramilitarismo, organizzazione di frode elettorale (con la quale Uribe avrebbe vinto le elezioni nel 2002), ingerenza negli affari interni di un paese straniero (il Venezuela) dove Noguera avrebbe tentato di organizzare insieme ad alcuni capi paramilitari l’omicidio di Chávez e dove avrebbe pianificato l’omicidio del pubblico ministero Danilo Anderson, (che stava svolgendo indagini sul golpe dell’aprile 2002), probabilmente sembrarono cose di poco conto, dal momento che la Farnesina lo accolse senza nessuna riserva nel nostro paese.
Il presidente Álvaro Uribe ha ammesso ieri di essere oggetto di indagini per il suo coinvolgimento diretto in un massacro compiuto da paramilitari, che sarebbe avvenuto nel 1997 quando egli era governatore del dipartimento di Antioquia.
Nella località di El Aro, in sei giorni vennero assasinate e torturate 15 persone, distrutte 43 abitazioni, violentate donne e spinte all’esodo circa 800 persone della zona.
Le indagini sarebbero state avviate in seguito alla confessione di un testimone che lo accusa di aver preso parte ad una riunione alla quale erano presenti tra gli altri il generale Ospina, il generale Rosso e il capo paramilitare Salvatore Mancuso, riunione che aveva lo scopo di pianificare e organizzare il massacro.
Uribe, secondo il testimone, un ex paramilitare, avrebbe anche ringraziato personalmente gli autori materiali del massacro perchè nell’occasione riuscirono a liberare anche sei sequestrati tra i quali un suo cugino e che il fratello del presidente, Santiago Uribe, avrebbe “prestato” 20 paramilitari per compiere quel crimine.
Questa notizia giunge appena dopo l’arresto del cugino del presidente Uribe, Mario Uribe Escobar, in carcere oggi per vincoli con il paramilitarismo e nel momento in cui circa 30 parlamentari del congresso si trovano in carcere e una settantina sono inquisiti.
Ad essi si aggiunge adesso il Presidente in persona.
Si rende pertanto sempre più necessaria nel paese, come chiesta a gran voce in questi giorni dalle associazioni, dai movimenti sociali e dalle forze politiche di opposizione, in particolare dal Polo Democrático Alternativo, una Assemblea Costituente, con il fine di “rilegittimare le istituzioni del paese”.
Il presidente Uribe, ovviamente respinge tutte le accuse come prive di fondamento e nega la possibilità di convocare l’Assemblea Costituente.
Resta l’ipotesi delle elezioni anticipate ma è sempre più evidente che la Colombia potrebbe trovarsi ad una svolta decisiva per ristabilire la democrazia perduta tra massacri e fosse comuni.