Parla Salvatore Mancuso e trema Álvaro Uribe in Colombia
Il capo paramilitare e narcotrafficante calabro-colombiano Salvatore Mancuso parla da un carcere di massima sicurezza negli Stati Uniti e inguaia l’ex-presidente colombiano Álvaro Uribe: noi narcos aiutavamo lui per far fuori Hugo Chávez.
Misterioso silenzio della grande stampa che aveva sempre sostenuto il contrario.
Ricordate quando per la stampa mainstream il presidente colombiano Álvaro Uribe era il nostro eroe senza macchia e senza paura mentre Hugo Chávez era il capo dei narcos un po’ come Ugo Tognazzi era il capo delle Brigate Rosse? Chi scrive, e più di me Guido Piccoli, Annalisa Melandri, Simone Bruno, Stella Spinelli e pochi altri blogger, cercavamo di fornire dati, fatti concreti, documenti, per interpretazioni più equanimi della realtà grancolombiana, sulle vere proporzioni del ruolo delle FARC, (altro…)
Alerta Marcha Patriótica!
http://www.marchapatriotica.org/
100.000 PERSONE IN CORTEO A BOGOTÁ PARTORISCONO LA ‘MARCIA PATRIOTTICA’!
Fonte: Nuova Colombia
Dopo tre giorni di assemblee, dibattiti e delibere, che hanno visto protagonisti più di 4000 delegati in rappresentanza di oltre 1700 organizzazioni sociali, politiche e popolari di tutto il paese, e che si sono concluse con la formalizzazione del Consiglio Patriottico Nazionale quale organo di direzione del nuovo movimento Marcia Patriottica, una gigantesca manifestazione nazionale, che si è snodata da tre diversi punti di Bogotá, ha partorito questa nuova speranza per il popolo colombiano.
Oltre 100.000 persone, molte delle quali hanno attraversato per giorni le cordigliere, le selve e gli imponenti fiumi del paese andino-amazzonico per giungere nella capitale, hanno marciato sino ad una stracolma Plaza de Bolívar in cui contadini, lavoratori, studenti medi e universitari, donne, indigeni, senza tetto, venditori ambulanti, sfollati e difensori dei diritti umani hanno detto senza paura basta al regime oligarchico colombiano, al terrorismo di Stato e ad un ingiusto modello economico.
Significativa e variegata anche la presenza di delegazioni internazionali, che hanno portato la loro solidarietà a questo nuovo movimento politico e sociale che irrompe sulla scena nazionale: dal PSUV venezuelano al FMLN salvadoregno, dal MAS boliviano al Frente Amplio uruguayano, dal FSLN nicaraguense al PC cileno, dal MST brasiliano alla sinistra patriottica basca.
Uno dei tanti esponenti internazionali è Asier Altuna, rappresentante della Izquierda Abertzale, arrivata a Bogotá per partecipare alla “Marcha Patriótica por la segunda y definitiva independencia”. Con l’adesione a questa importante iniziativa la sinistra indipendentista basca ribadisce il suo impegno per la costruzione della pace, la democrazia e la giustizia in Colombia. Impegno già dimostrato con la partecipazione a diverse iniziative, come l’Incontro Internazionale per la pace e la soluzione politica del conflitto colombiano tenutosi a Losanna, in Svizzera, il Foro Colombia celebrato in marzo a Bogotá sulla situazione dei prigionieri politici o il ruolo giocato da Maite Aristegi nella liberazione unilaterale da parte delle FARC-EP degli ultimi militari prigionieri di guerra.
Alla Marcia Patriottica si sono uniti anche settori politici liberali colombiani, guidati da Piedad Córdoba e riuniti nella Izquierda Liberal en Marcha, così come il Partito Comunista Colombiano e i Colombiani/e per la Pace , tra gli altri.
La Marcia Patriottica, che ha una vocazione di potere ed un carattere antimperialista, anticapitalista ed unitario, sarà un fattore determinante nella lotta per la soluzione politica del conflitto sociale ed armato colombiano, propedeutica alla costruzione della pace con giustizia sociale.
Los comunicados de las FARC respecto a Roméo Langlois: hay mal aroma…
Si el primer comunicado atribuido “presuntamente” a la guerrilla de las FARC en que una guerrillera vía telefónica comunicaba que el periodista era prisionero de guerra en manos del Frente 15, había despertado dudas acerca de su autenticidad (la guerrilla nunca hace comunicados vía telefónica y menos en estos momentos en que las operaciones de inteligencia alrededor de ella son tan fuertes) el ultimo “presunto” comunicado (un video) no puede que confirmar estas dudad y esparcir un velo de inquietud respecto a la situación y a la misma seguridad de Roméo. (altro…)
1 Maggio con la Marcha Patriótica
Continuismo uribista nel processo contro Joaquín Pérez Becerra
Continuismo uribista nel proceso contro Joaquín Pérez Becerra
“Vorrei sottolineare che é stato veramente unico il contributo che la nostra cultura ha ricevuto, risultato del fatto che siete stati obbligati a fuggire dalle vostre patrie e venire qui […] così che non e dovuto ai nostri meriti personali, ma siamo noi quelli che abbiamo ottenuto del beneficio dalla situazione, arricchendo la nostra cultura. E questo è veramente importante per un paese piccolo come la Svezia.”[1] (Olof Palme)
di Annalisa Melandri – www.annalisamelandri.it
Il giornalista e cofondatore dell’Agenzia di Notizie Nuova Colombia (Anncol), Joaquín Pérez Becerra, 55 anni, cittadino svedese di origine colombiana[2], venne arrestato all’aeroporto Maiquetía di Caracas, appena sceso da un volo proveniente dall’Europa, il 23 aprile del 2011. Pochi giorni dopo fu deportato in Colombia, a Bogotá, dove attualmente si trova detenuto nel carcere de La Picota, in un reparto di massima sicurezza, insieme a narcotrafficanti e paramilitari (e quindi in una situazione estremamente pericolosa per la sua incolumità) in attesa del processo che inizierà il 16 di questo mese.
Joaquín viveva da oltre venti anni in Svezia dove godeva dello status di rifugiato politico, dopo essere stato costretto a fuggire dalla Colombia per non diventare un numero in più degli oltre 4000 morti del “genocidio politico” del partito Unión Patriótica, conosciuto con il macabro nome di Baile Rojo. Il partito fu “sterminato, fino all’estinzione totale, un morto ogni 19 ore per sette anni”, dai paramilitari e dall’esercito, come ricorda lo scrittore e giornalista Guido Piccoli nel suo libro Colombia il paese dell’eccesso[3]. Tra quei morti, anche la prima moglie di Joaquìn.
L’arresto di Becerra da parte delle autorità venezuelane all’aeroporto di Caracas avvenne in base ad un “presunto” mandato di cattura dell’Interpol richiesto dalla Colombia. Tuttavia apparve immediatamente chiaro che “il codice rosso” dell’Interpol era stato emesso mentre Joaquín si trovava in volo dall’Europa verso il Venezuela. (altro…)
Lettera all’Ambasciata svedese a Roma sul caso Joaquín Pérez Becerra
Il 16 aprile prossimo inizierà formalmente a Bogotá il processo farsa contro il giornalista Joaquín Pérez Becerra, direttore di Anncol. Ho creduto doveroso scrivere una lettera, che le arriverà’ anche via posta ordinaria, all’Ambasciatrice svedese in Italia, Sig.ra Ruth Jacoby. Joaquín e’ cittadino svedese dal 2000 eh ha diritto a tutto l’ appoggio del suo governo. Chiunque voglia (spero che siate in tanti) puo’ copiare il seguente testo e inviarlo all’ambasciata aggiungendo la sua firma, o scrivendone uno nuovo, se desidera. Questo il fax 06/441941 e questa la mail: ambassadenromforeignministryse
Egregia Ambasciatrice Sig.ra Ruth Jacoby,
presso Ambasciata di Svezia in Italia
Roma, 10 aprile 2012
Oggetto: Detenzione e processo in Colombia al cittadino svedese Joaquín Pérez Becerra
Da quasi un anno, Joaquín Pérez Becerra, giornalista di origine colombiana e cittadino svedese dal 2000, direttore dell’Agenzia di Notizie per la Nuova Colombia (Anncol), si trova in carcere in Colombia, accusato ingiustamente di terrorismo per presunti vincoli con la guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC).
Il suo arresto all’aereoporto di Caracas, in base ad un “codice rosso” dell’Interpol creato ad hoc su richiesta del governo colombiano mentre era in volo, e la successiva deportazione 55 ore dopo in Colombia, sono avvenuti in totale spregio di ogni convenzione internazionale sulla difesa dei rifugiati politici e in violazione della Costituzione venezuelana. In particolare non si è rispettata la Convenzione ONU di Ginevra del 1951 (e il suo protocollo del 1967) sullo statuto dei Rifugiati, nella quale oltre a descrivere la figura del “rifugiato” (“chiunque, per causa di avvenimenti anteriori al 1° gennaio 1951 e nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato” (Art. 1) dichiara che “nessuno stato contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche” (art. 33).
Joaquín Pérez Becerra, cosa della quale sicuramente le autorità del Suo paese sono a conoscenza, era stato costretto a chiedere asilo politico alla Svezia nel 1993 per non diventare uno degli oltre 4000 assassinati dai paramilitari e membri dell’esercito nell’ambito del genocidio politico del partito Unión Patriotíca nel quale militava. Abbandonò il paese dopo il sequestro e l’omicidio della sua prima moglie.
La Svezia, si è sempre distinta tra i paesi europei nei decenni passati per la sua ospitalità e per la difesa dei diritti politici e civili di tutti i cittadini che cercavano rifugio dalle dittature e dai regimi violenti che imperavano in quegli anni in America latina. La situazione della Colombia, purtroppo, non é molto diversa da allora, pur essendo (sic), oggi come ieri, a tutti gli effetti, una “democrazia”. Non sto qui ad elencare le ultime, in ordine di tempo,vicende colombiane che non fanno ben sperare per la democrazia in quel lontano paese. La scoperta della fossa comune più grande dell’America latina, lo scandalo dei “falsi positivi”, i forni crematori dei paramilitari delle AUC, sono storia recente uscita alle cronache di tutti i mezzi di informazione internazionali.
Joaquín Pérez Becerra oggi, sta rischiando la sua vita giorno dopo giorno, ancora una volta, nel carcere La Picota di Bogotá tra narcotrafficanti e paramilitari, senza nessuna misura di protezione. (altro…)
Carta a la embajada de Suecia en Italia respecto al caso de Joaquín Pérez Becerra
Estimada Embajadora S.ra Ruth Jacoby,
Embajada de Suecia en Italia
Roma, 10 de abril de 2012
Ref: Detención y juicio al ciudadano sueco Joaquín Pérez Becerra
Desde casi un año, Joaquín Pérez Becerra, periodista de origen colombiano y ciudadano sueco desde el 2000, director de la Agencia de Noticias Nueva Colombia (Anncol), se encuentra detenido en Colombia, acusado injustamente de terrorismo y de ser vinculado con la guerrilla de las Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC).
Su detención en el aeropuerto de Caracas, sobre la base de una “ficha roja” de la Interpol creada ad hoc detrás de un pedido del gobierno colombiano mientras estaba sobrevolando el Atlántico, y la siguiente deportación en Colombia, (altro…)
9 aprile 1948: assassinio di Jorge Eliécer Gaitán
“Ninguna mano del pueblo se levantará contra mí y la oligarquía no me mata, porque sabe que si lo hace el país se vuelca y las aguas demorarán cincuenta años en regresar a su nivel normal.”
Gaitán 64 años después…
Sciopero della fame di Leonardo Chaux Hernandez, prigioniero politico colombiano, 179 ore
L’associazione Patria es Solidaridad (che avevamo intervistato qui) denuncia che Leonardo Chauz Hernandez e’ l’ultimo dei 555 prigionieri politici colombiani a portare avanti lo sciopero della fame. Sono trascorse ormai 179 ore da quel 20 di marzo scorso dichiarata “giornata nazionale dello sciopero della fame”.
Il governo colombiano ancora non ha risposto alla richiesta dei detenuti di ricevere una visita per accertare le loro condizioni da parte della Commissione Internazionale di Osservazione della situazione dei Diritti Umani e delle condizioni dei Prigionieri Politici in Colombia.
L’associazione Patria es Solidaridad invita a far pervenire alle autorita’ colombiane richieste perche’ accettino la visita alle carceri della Commissione.
Álvaro Uribe cita nel suo twitter annalisamelandri.it
Quanto pesa Twitter? Un caso di scuola
Chi tra gli utenti umani di Twitter, quelli che i follower non li comprano a pacchetto, non ha sognato di essere citato da Barack Obama o altri personaggi pubblici Twitter-star con milioni di follower per vedere l’effetto che fa? La bravissima blogger e amica della prima ora di Giornalismo partecipativo, Annalisa Melandri, ci offre uno spunto.
Circa 27 ore fa è stata citata dall’ex-presidente colombiano Álvaro Uribe che ha oltre un milione di follower e ha sempre fatto un uso molto avanzato di Internet e social network. Il Tweet nell’immagine invita polemicamente a consultare il programma completo di un incontro per la pace in Colombia che lui evidentemente disdegna. Ma non è questo il punto.
Il punto è: quanto ha reso ad Annalisa essere citato da una Twitter star da oltre un milione di follower? Poco, quasi nulla. Nonostante il contributo di 23 retweet e sei indicazioni di preferito, ad Annalisa (su Twitter qui) sono arrivate circa 140 visite, non esattamente un boom per un blog ben frequentato come il suo.
Ancora una volta si conferma che i social network sono importanti ma il cuore di tutto resta nella cura dei nostri blog. Nel dubbio, seguite https://twitter.com/#!/GenCarotenuto