L’ isteria  statunitense per la visita di Ahmadinejad in America latina è di matrice sionista?

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Fareed Zakaria, prestigioso  giornalista,  redattore di Newsweek International , nel 2008 scriveva  che gli Stati Uniti  sono una “nazione consumata dall’ansia, dalla paura dei terroristi, degli Stati canaglia, dei musulmani, dei messicani, dalle  imprese straniere, del libero scambio, degli immigranti, delle organizzazioni internazionali”.

Le molte preoccupazioni (e altrettanti isterismi)  che sta scatenando la  visita  del presidente iraniano Ahmadinejad di questi giorni in America latina (Venezuela, Cuba, Ecuador e Nicaragua) per la stipula di nuovi  accordi economici e commerciali e per il  consolidamento di nuove relazioni bilaterali,  fanno  pensare che sia tremendamente vero quello che scrive il giornalista indiano.

Tuttavia, analizzando le reazioni, le mosse e le contromosse che gli Stati Uniti  stanno mettendo in atto come  reazione alla visita del presidente iraniano in zona ALBA,  quello che invece  risalta maggiormente è   che  la matrice di tale isteria  si origina nei settori dell’estrema destra venezuelana e cubana che  agiscono in sinergia o su mandato di elementi della potente lobby sionista statunitense. (altro…)


René González solamente sarà libero quando potrà far ritorno a Cuba

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Che il vero terrorista si alzi! di Saul Landau

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L’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba 

organizza:

Incontro con Saul Landau, giornalista-regista statunitense e professore emerito della California State University

In tutte le iniziative sarà proiettato il documentario

  “Che il vero terrorista si alzi!”,

sottotitolato in italiano

sabato 24 settembre  21.30 c/o Tarabaralla Via Saliscendi 14/a CAMPI BISENZIO (FI)
domenica 25 settembre ore 18.30 c/o Teatro Vascello Via G. Carini 78 ROMA
lunedì 26 settembre ore 20.30 c/o Camera del Lavoro Corso di Porta Vittoria 43 MILANO
martedì 27 settembre ore 18.30 c/o Cinema Nickelodeon Via della Consolazione 1 GENOVA

La Asociacion Nacional de Amistad Italia-Cuba organiza:

Encuentro con SAUL LANDAU  periodista — director  de cine estadunidense y profesor emerito de la California State University

En todos los encuentros se proyectarà el documental ” Will the real terrorist please stand up” subtitulado en italiano.

sabado 24 septiembre h.  21.30  c/o Tarabaralla Via Saliscendi 14/a CAMPI BISENZIO (FI) Firenze

domingo 25 septiembre  h. 18.30  c/o Teatro Vascello Via G. Carini 78 ROMA
lunes 26  septiembre ore 20.30 c/o Camera del Lavoro Corso di Porta Vittoria 43 MILANO

martes 27 settembre ore 18.30 c/o Cinema Nickelodeon Via della Consolazione 1 GENOVA


Cuba, ricordi del “Periodo Speciale”

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Cuba, ricordi del “Periodo Speciale”

di Hernando Calvo Ospina

 

Nel 1991 accadde l’impensabile: l’Unione Sovietica collassò. Per  un effetto domino  la stessa sorte toccò agli altri paesi del cosiddetto blocco socialista. Tuttavia  uno di essi non passò  al campo capitalista, quello che possedeva  meno risorse strategiche: Cuba. La caparbia   caribeña  insisteva sul fatto che il suo  sistema politico era adeguato allo sviluppo della sua società e che non c’era motivo di cadere ancora nelle mani del vorace impero.

Cuba si ritrovò  senza i suoi principali partner  commerciali, quelli che avevano permesso gli scambi  di navi di zucchero con petrolio e alimenti. Gli Stati Uniti e i paesi dell’ Europa occidentale approfittarono della situazione per raddoppiare  l’embargo, per negarle  la possibilità di accesso al credito  e perfino l’ acquisto di aspirine.  Cuba era sola al mondo. Per questo venne decretato il “periodo speciale in tempo di pace” che praticamente significò una gravissima crisi economica. La parola “non c’è” divenne l’espressione più comune del vocabolario quotidiano. Non c’era riso, ma nemmeno sapone, sale, carta igienica e ancor meno benzina. (altro…)


1961–2011: Cinquant’anni di Solidarietà e Rivoluzione

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1961–2011  50° anniversario dell’invasione di Playa Giron e della fondazione dell’Ass.ne Naz.le di Amicizia Italia-Cuba

Il coordinamento regionale del Lazio dell’Ass.ne Naz.le di  Amicizia ITALIA-CUBA

ORGANIZZA: 
Cinquant’anni di Solidarietà e Rivoluzione.

c/o ARCI MALAFRONTE — Via Dei Monti di Pietralata, 16 ROMA

Venerdi 29 aprile 2011

17.30: inaugurazione Mostra fotografica dei quotidiani dell’epoca
18.30: Incontro dibattito con    Milagros Carina Soto Aguero Ambasciatrice di  Cuba
Alessandra Riccio Direttore Responsabile Rivista Latinoamerica
Luciano VasapolloDirettore della rivista NuestraAmerica e vicepresidente CIG x 5
Franco Forconi coordinatore regionale Italia-Cuba
Marco Papacci Italia-Cuba circolo di Roma

Sabato 30 aprile 2011

17.00: proiezione del documentario: Los 4 años que estremecieron el mundo (lingua originale)
incontro con:                      Vladimir Perez Casal Consigliere Politico dell’Ambasciata di  Cuba a Roma
Luciano VasapolloDirettore della rivista NuestraAmerica e vicepresidente:  CIG x 5
19.00: rinfresco e brindisi.

Info: 331 3774048 Marco 339 4605762 Franco 
e-mail:href=“http://itdotmc290dotmaildotyahoodotcom/mc/compose?to=infoatitaliacubadotnet“>infoatitaliacubadotnet


Olga Salanueva e Adriana Pérez: chiediamo a tutto il mondo di intensificare la campagna per la liberazione dei 5 cubani.

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Olga(izquierda) y Adriana (derecha) con sus esposos en una fotografía de hace 12 años

 

Si può vivere dodici anni per la libertà della persona amata detenuta ingiustamente? Si può vivere dodici anni lottando con la stessa forza fin dal  primo giorno? Adriana  Pérez e  Olga Salanueva, mogli rispettivamente di  Gerardo Hernández e di  René Gonzáles,  due dei cinque cubani detenuti negli Stati Uniti dal 1998, ci raccontano in questa intervista (realizzata durante un loro viaggio in Italia nella primavera scorsa) le loro vite, le difficoltà, i desideri, le lotte. Una chiacchierata tra donne più che un’intervista, esplorando delicati sentimenti di affetto e amore ma sempre accompagnati da una forza e una determinazione ammirevoli. Non ci sono dubbi che i cinque cubani , Gerardo Hernández, René González, Ramón Labañino, Fernando González y Antonio Guerrero, i quali, ricordiamo, furono arrestati a Miami (dove stavano svolgendo indagini sui gruppi anticastristi che progettavano attentati terroristi a Cuba) e i loro familiari, siano veri uomini e donne di pace, per star sacrificando le loro vite e la loro libertà per la sicurezza del popolo cubano.

Adriana e Olga non vedono i propri  mariti da dodici anni. Le autorità statunitensi hanno negato loro il visto e quindi la possibilità di visitarli,  circa una decina di  volte con argomenti diversi, come il fatto che si tratti di possibili immigranti o che  rappresentano una “minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. Olga ha potuto visitare René in carcere soltanto  i primi due anni  di detenzione, poi è stata deportata dagli Stati Uniti come forma di ricatto perché lui non voleva ammettere l’infame accusa secondo la quale  stava spiando il governo statunitense.

Olga e Adriana sono due donne tenere e innamorate, ma soprattutto determinate, che da dodici anni percorrono il mondo denunciando la prigionia ingiusta dei loro mariti da parte di un governo arrogante e prepotente. Un governo che lascia passeggiare tranquillamente per le strade di Miami il terrorista cubano Luis Posada Carriles reo confesso di vari  attentati contro Cuba (tra i quali quello che costò la vita al nostro Fabio Di Celmo). Lo stesso Posada Carriles sul quale stavano indagando a Miami i 5 cubani e che per questo furono arrestati.


A.M.:  Olga e Adriana, che condanne stanno scontando Rene e Gerardo?

OLGA: René è stato condannato a 15 anni di carcere e Gerardo, che ha la condanna più  dura, deve scontare due ergastoli più 15 anni. Sono detenuti entrambi dal 12 settembre 1998.

 

AM. : Che tipo di contatti avete con loro?

OLGA : Abbiamo dei contatti tramite le telefonate che possono essere fatte esclusivamente dal carcere verso l’esterno. Hanno a disposizione una certa quantità di minuti che devono utilizzare per parlare con gli avvocati, con i funzionari del governo cubano che sono quelli che trasmettono tramite il consolato le notizie dei familiari e con le proprie famiglie. Alla fine rimane veramente  poco tempo per parlare con noi.

L’altro modo è tramite la posta ma questa forma di comunicazione è compromessa dalla  censura del carcere così come accade anche per le telefonate. Queste sono registrate  tutto il tempo e anche la posta è controllata. Tuttavia non è  importante, la cosa importante è il tempo che impiega una lettera ad uscire o a entrare in carcere, specialmente nel caso di Gerardo che sconta  la pena più dura  e al quale ostacolano anche maggiormente la corrispondenza: una lettera indirizzata a lui può impiegare anche più di due mesi per arrivare; nel suo caso inoltre è anche violata la legge sulla corrispondenza.  Questo molte volte ha interferito in alcuni momenti importanti del processo rispetto ai dibattimenti. Non ha potuto avere e controllare  tutta la documentazione che si doveva presentare alla Corte Suprema, nonostante fosse il più coinvolto nel caso. Quindi la comunicazione con loro è minima, cerchiamo di approfittare al massimo; il maggior tesoro che abbiamo sono quei due o tre minuti di telefonate,  a volte perfino 15, ma a volte quei pochi minuti devono essere condivisi.

Per noi sono molto più importanti le telefonate perché attraverso la posta,  sebbene puoi esprimere tutti i tuoi sentimenti, questa impiega troppo tempo per  arrivare. Inoltre ultimamente nelle carceri federali è stata  approvata la posta elettronica, ma in due casi, quello di Fernando e di Gerardo loro hanno la proibizione assoluta di usare la posta elettronica e anche per gli altri tre ai quali è stata autorizzata, può essere che una mail gli arrivi dopo due, tre giorni, o quattro giorni.

 

AM.: Avete figli?

ADRIANA: No, Gerardo ed io non ne abbiamo.

OLGA:  René  ed io abbiamo due bambine che non sono più tanto bambine, la maggiore compie 26 anni e la più piccola 12. Noi siamo sposati da 27 anni, siamo i più grandi del gruppo.

 

A.M.:  Avevate  nutrito in qualche momento  delle speranze con l’elezione  di Obama alla presidenza degli Stati Uniti?

ADRIANA:  Sappiamo che ogni amministrazione ha una posizione ben definita rispetto a Cuba, ma l’ingiustizia verso i 5 è evidente, loro hanno trascorso già troppi anni in prigione. Quello che è certo è che abbiamo fiducia nella pressione che da ogni parte del mondo si può esercitare verso l’amministrazione di Obama, tenendo presente  che si tratta di una amministrazione un po’ più ricettiva ai reclami internazionali delle precedenti. Ciò nonostante è passato già un anno e mezzo dalla sua elezione e non abbiamo avuto nemmeno  il gesto di buona volontà della concessione del visto.  Ovviamente abbiamo molta più  fiducia nelle  iniziative che la gente  può intraprendere per spingere Obama e la sua amministrazione a prendere una decisione. In questo modo si potrebbe dimostrare che la decisione che lui prende non è solo una sua decisione personale ma è frutto di una richiesta internazionale, che si sappia cioè che a livello internazionale c’è attenzione rispetto a questo governo e alla giustizia. E’ proprio per questo che facciamo una richiesta a tutto il mondo, e cioè che si intensifichi  la campagna di liberazione per i 5. E’ il momento di dimostrare agli Stati Uniti che il loro operato è osservato da tutto il mondo.  Sappiamo anche che Obama non agirà mai volontariamente e spontaneamente,  per questo bisogna fare pressioni e non con azioni isolate, ma cercando di fare in modo che ogni giorno gli arrivino i messaggi, che arrivino le informazioni, che arrivino le richieste, per ottenere che si metta fine a questa ingiustizia e che non si ottenga per vie legali  ma tramite  pressione internazionale.

 

A.M.: Avete provato ad  ottenere un incontro con Obama?

OLGA: Magari potessimo avere l’opportunità di incontrarci personalmente con lui! Abbiamo cercato di arrivare a lui in modi diversi, attraverso personalità, attraverso persone solidali in Parlamento… Non possiamo vedere Obama perché lui non va a Cuba e noi non possiamo andare negli Stati Uniti. I familiari, ai quali sono consentite le visite, ottengono  i visti con condizioni molto specifiche. Rispetto  al luogo di accesso, cioè per dove devono entrare, rispetto alla  città dove devono stare, che deve essere quella dove si trovano i detenuti, inoltre hanno proibizione assoluta di accesso a qualsiasi incontro, a qualsiasi intervista, non possono avvicinare nessuna personalità nel momento in cui hanno il visto in territorio statunitense. Questo gli viene concesso solo ed esclusivamente per recarsi in carcere ed effettuare la visita di quel mese e fare ritorno, quindi se non possono vedere  un giornalista, molto meno nessuno di noi potrà avere accesso alla Presidenza.

Come diceva Adriana la cosa più importante adesso è il lavoro delle  persone solidali che ci permettono in  forma indiretta di arrivare all’amministrazione Obama. Evidentemente le voci dei 5 non sono ascoltate, non sono ascoltate le voci dei familiari e nemmeno del popolo di Cuba e del governo cubano che si è espresso apertamente a favore della liberazione dei 5.

 

A.M. : Uno sguardo femminile e rivoluzionario alle vostre vite…

OLGA: Noi, le mogli e le madri, la parte  femminile della famiglia, viviamo la maggior parte del tempo in attesa. Rimangono solamente tre madri, le altre sono morte, quella di Gerardo recentemente. Quelle che sono ancora in vita vivono con gli altri figli, soffrendo giorno dopo giorno in attesa della liberazione di quelli in prigione. Rispetto alle mogli, due coppie non hanno figli, Adriana e Gerardo e Rosa Aurora e Fernando. Loro vivono sole nelle loro case aspettando i loro mariti.

Economicamente siamo tutte indipendenti, siamo professioniste, in diversi settori. L’aspetto economico non è quello più importate, godiamo come tutti i cubani della sicurezza sociale, della tranquillità cittadina, ma ci manca la cosa fondamentale. Io e Gerardo e Ramón e sua moglie abbiamo figli. Ramón ha una figlia maggiore da un altro matrimonio che vive con la madre e con Elizabeth ha due figlie, una bambina di 13 anni e  una ragazza di 17 ed io ho le due di cui ti ho parlato.

E’ molto difficile… non ti nego che è molto difficile, giorno dopo giorno, perché  non si tratta né di due mesi e nemmeno di due anni, sono 12 anni trascorsi con la tristezza di non avere nostro marito in casa. I nostri  matrimoni sono stati matrimoni d’amore  e ogni coppia quando si forma fa dei progetti per vivere insieme, per trascorrere la vita insieme, per avere figli, per fare piani futuri. Tutto questo un giorno si è paralizzato, ma dobbiamo andare avanti, dobbiamo passare sopra a tutto questo perché dobbiamo vivere  per avere la forza di continuare a lottare, affinché loro possano tornare a casa prima di quando il governo degli Stati Uniti abbia programmato, che nel caso di Gerardo è mai più.

Quindi è molto difficile stare sole, tornare a casa la sera e chiudersi la porta alle spalle.  Nel caso per esempio di quelle che non hanno figli lo è ancora di più,  senza nemmeno la confusione dei figli in casa, perché quella confusione ti aiuta a riprendere le forze non solo per te stessa,  ma anche per loro e il tempo passa più velocemente. Nel caso di quelle che sono sole è difficile restarlo un giorno in più e poi un altro e poi un altro ancora, le speranze a volte si affievoliscono,  come quando vediamo che da un punto di vista giuridico non ci sono sviluppi. Per  questo la famiglia  è così importante, le persone invecchiamo, perdi i tuoi affetti, questo aspetto è veramente difficile.

Noi pensiamo sempre prima a loro, se noi siamo sole, se tutto questo è molto difficile da un punto di vista affettivo, che cosa staranno passando loro chiusi in celle d’isolamento per tanti mesi? Cosa staranno passando con tanto tempo senza comunicare, mentre cercano di  impedirgli anche di ricevere una lettera, vedendo che non ci sono speranze di uscire presto. Questo ci dà la forza perché noi dobbiamo essere le loro voci, la loro possibilità di muoversi, di avere amici, di cercare voci… questo siamo noi, perché loro non possono.

Quindi la lotta per la loro libertà diventa il cardine dei nostri giorni, tutti i giorni lottiamo per questo, ma quando torniamo nelle nostre case dopo il lavoro, quando cuciniamo, puliamo la casa, andiamo dormire, in quel momento la nostra mente ritorna lì, non riposa, non riposiamo mai. Ricordiamo anche che loro si trovano in quel luogo per difendere la vita e che questo ha colpito il popolo cubano  da vicino: sono molte le famiglie che vanno a dormire la sera pensando alle persone care che hanno perso negli attentati terroristi. Allora ci diciamo che loro si trovano lì per avvertire il nostro popolo del pericolo e dobbiamo fare di tutto perché escano per continuare a difendere  la vita.

di Annalisa Melandri

www.annalisamelandri.it

 

 

 


Olga Salanueva y Adriana Pérez: ellos están allí por querer advertir a nuestro pueblo de la muerte

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Olga (izquierda) y Adriana (derecha) con sus esposos en una fotografía de hace 12 años






Se puede vivir doce años luchando por la liberación de la persona amada detenida injustamente en una cárcel? Se puede vivir doce años luchando con la misma fuerza desde el primer día?  Adriana Pérez y Olga Salanueva, esposas  respectivamente de Gerardo Hernández y de René Gonzáles,  dos de los cinco cubanos presos en Estados Unidos desde el año 1998,  nos cuentan en esta entrevista  (realizada durante un viaje de ellas a Italia en la primavera pasada),  sus  vidas, sus dificultades, sus deseos, sus luchas. Una  charla entre mujeres  más que una entrevista, explorando delicados sentimientos de amor y cariño pero siempre acompañados por una fuerza y una terquedad admirables. No hay dudas  en que los 5 cubanos, Gerardo Hernández, René González, Ramón Labañino, Fernando González y Antonio Guerrero, que recordamos fueron arrestados en Miami donde estaban  haciendo investigaciones  sobre los grupos anticastristas que proyectaban   atentados terroristas en Cuba y ellas, además de las otras esposas y familiares  sean   verdaderos hombres y mujeres de  paz al estar sacrificando sus vidas y su libertad por la seguridad de su pueblo.

Adriana y Olga no ven a sus esposos desde doce años. Les  han negado la visa para visitarlos alrededor de  diez veces con argumentos diferentes, como que son  posibles inmigrantes o que representan una amenaza por la “seguridad nacional de Estados Unidos”. Olga pudo visitar los primeros dos años a René en la cárcel,  luego fue deportada  de Estados Unidos como forma de  chantaje  y de  venganza porque René no quiso admitir la infamante acusación según la cual  estaba espiando el gobierno americano.

Olga y Adriana  son  dos mujeres tiernas y enamoradas, pero sobre todo determinadas,  que desde doce años recurren el mundo denunciando la injusta detención de sus esposos de parte de  un gobierno arrogante y prepotente. Un  gobierno que ahora deja pasear  líberamente por las calles de Miami el terrorista cubano Luis Posada Carriles reo confieso de diferentes atentados en Cuba(entre ellos el que costó la vida al nuestro Fabio Di Celmo). El mismo Posada Carriles sobre quien los 5 cubanos estaban investigando en Miami y que por esto fueron detenidos.

por Annalisa Melandri — www.annalisamelandri.it


A.M. :¿Olga y Adriana, qué condenas  tienen René Y Gerardo?

OLGA: René  está condenado a 15 años de cárcel y Gerardo, que tiene la condena más  pesada, a doble cadena perpetua más 15 años de prisión. Están presos  todos los 5 desde el  12 de septiembre de 1998.


A.M. : ¿Ustedes no tienen ningún tipo de contacto con ellos?

OLGA: Bueno,  nosotros tenemos contactos a través de llamadas telefónicas que se hacen únicamente de  las cárceles  hacia afuera. Ellos tienen una  determinada cantidad de minutos  a disposición que  tienen que emplear para hablar con sus abogados, hablar con funcionarios cubanos que son los que le transmiten a través de los accesos  consulares fundamentalmente las noticias de las familias y con los familiares. Efectivamente tienen  muy poco tiempo a disposición para para comunicarse.

La otra vía es la correspondencia,  pero  esa se ve afectada por la censura que lleva  la cárcel igual que como ocurre con las llamadas telefónicas. Estas son  grabadas todo el tiempo y la correspondencia también es revisada. Sin embargo   eso no es lo importante, lo  importante es la demora en la llegada y la salida de la correspondencia  hacia el exterior que se va  muy afectada , fundamentalmente en el caso de Gerardo  que es precisamente el que tiene los mayores cargos, la mayor sentencia, dos cadenas perpetuas  y además le ponen  más  obstáculos en la correspondencia. Escribirle  a Gerardo puede ser que le demore a llegarle una carta varios meses y en su caso también es violada la ley de la correspondencia legal   que debería  ser entregada cerrada o abierta delante de él,  le llega muy tardíamente y  abierta sin su  presencia.  Esto  ha interferido en muchas ocasiones importantes  de los procesos en las diferentes apelaciones; de hecho él no pudo tener en su mano toda la documentación que se iba a presentar ante la Corte Suprema, él no la pudo revisar no obstante  fuera  el más implicado en el caso. Entonces la comunicación con ellos  es mínima,  la tratamos de aprovechar al tiempo, el mayor tesoro que tenemos nosotras son  dos tres minutos de llamada,  cuatro,  hasta 15 minutos en una llamada, pero a veces se tienen que compartir los minutos .

Para nosotras son mucho más importantes las llamadas porque la carta si bien  puede  expresar  todo tu sentimiento, demora mucho.  Además últimamente en las cárceles federales se ha aprobado el correo electrónico,  pero en dos de los casos, el de Fernando y de Gerardo   tienen la prohibición absoluta de acceso al correo electrónico,  aunque en el caso de los  otros tres que  lo tienen aprobado,  tu escribes un correo y puede que demore  dos o  tres días, o cuatro.


A.M. ¿Ustedes tienen hijos?

ADRIANA:  No.  Gerardo y yo no tenemos.

OLGA: René tiene dos  niñas que ya no son tan niñas, la  mayor va a cumplir 26 años y la más chiquita tiene  12. Nosotros llevamos 27 de matrimonio y  somos los mayores del grupo.


A.M. : ¿Habían esperado que con la elección de Obama a  la presidencia de Estados Unidos hubiera podido cambiar algo en la situación de los 5?

ADRIANA: Nosotros sabemos que cualquier  administración  tiene una posición muy bien definida hacia Cuba, pero la injusticia hacia los 5 es muy evidente, ellos ya han pasado muchos años  en prisión. Lo  que es cierto es que tenemos confianza en la presión que se puede ejercer desde el mundo hacia la administración de Obama, teniendo en cuenta que esta es una administración un poco más receptiva a los reclamos internacionales. Sin embargo  ya  ha transcurrido prácticamente un año y medio donde no hemos logrado ni siquiera un gesto de buena voluntad de otorgarnos la visa. Por supuesto confiamos más en las acciones que las personas puedan hacer para obligar a que Obama tome una decisión, Obama junto con todo  su staff administrativo,  porque realmente podría demostrarse de esta manera que la decisión que él tome no sea  una decisión  solamente por una intención personal , sino dada  por una solicitud, por un reclamo internacional de que está observando cual es la política y la posición  de ese gobierno ante la justicia. Precisamente por eso nosotros hacemos un pedido y un reclamo a todo el mundo, o sea   de intensificar la  campaña. Es  el momento de demostrarle a Estados Unidos que su actuar se está  observando por el  resto de la humanidad. También sabemos que Obama de una forma voluntaria y espontanea no lo va a hacer,  por eso hay que tratar de presionar y no  con accionares aisladas,   sino tratando que  cada día  le lleguen los mensajes, que le lleguen las informaciones, que le lleguen las solicitudes,  para lograr que se ponga fin a esta injusticia,  que no va a hacer porque la ley nos permita  ese beneficio sino por la presión internacional.


A.M. ¿Han buscado la forma de  pedir un encuentro con Obama?

OLGA:  ¡Ojalá nosotros pudiéramos  tener la oportunidad de entrevistarnos personalmente con él!  Hemos tratado de llegar a Obama  por diferentes vías, por  personalidades, por  gente solidaria en el  Parlamento que le lleven la  información… No podemos ver  a Obama porque él   no va ir a Cuba y nosotros no vamos a Estados Unidos. Los familiares que han podido ir a visitarlos a ellos, que le dan visa, es una visa  muy  restringida. Restringida en el lugar de acceso, es decir por donde deben entrar , restringida en la ciudad por donde deben estar, que coincide con la ciudad donde están los presos, le tienen prohibición total de acceso a cualquier tipo de meeting, de dar cualquier tipo de entrevista, de llegar a alguna personalidad en el momento en que tienen la visa en  territorio norteamericano. Es  decir  que se la dan única y  exclusivamente para trasladarse hacia la cárcel y  cumplir con la visita de ese mes y regresar, entonces si no  nos dejan ver a un periodista, mucho menos  ninguno  de nosotros va  poder tener acceso a la Presidencia. Por lo tanto, como decía Adriana, lo más importante son ahora  las personas solidarias que nos permitan de forma indirecta llegar a la administración  Obama porque evidentemente no son escuchadas las voces de ellos, ante la Corte, no son escuchadas las voces de ellos en los  reclamos,  no son escuchadas las voces de los familiares, ni siquiera del pueblo de Cuba y el gobierno de Cuba que abiertamente se ha manifestado a favor de la liberación de los 5.


A.M. : Una mirada femenina y revolucionaria a la vida de ustedes…

OLGA:  Nosotras, las madres, la parte femenina de la familia, vivimos la mayoría del tiempo esperando. Solamente quedan tres madres , las otras fallecieron y  la de Gerardo recientemente. Las  que viven están  con otros hijos que tienen, sufriendo día a día en espera de sus hijos que sean liberados. Respecto a las esposas, dos parejas no tienen hijos, Adriana y Gerardo y Rosa Aurora y Fernando. Ellas  viven solas en sus hogares esperando por ellos.

Económicamente somos todas independientes, somos profesionales, de distintas profesiones. La  parte económica no es lo importante, gozamos como todos los cubanos de la seguridad social, de la  tranquilidad ciudadana,  pero nos falta lo fundamental. Las otras dos parejas tenemos hijas, Ramón  tiene una hija mayor de otro matrimonio que vive  con su mamá y con Elizabeth su esposa,  tiene dos, una jovencita  y otra más adolescente , 17 y 13 años,  y yo tengo las dos niñas que te dije.

Es muy difícil, no te voy a negar que es muy difícil, el día a día,  porque no son dos meses ni dos años, son 12 años con la tristeza de no tener  nuestro a esposo en la casa. Somos   matrimonios que los ha unido el amor y toda pareja cuando se une hace planes para vivir juntos , para vivir la vida juntos, para tener hijos, para hacer planes futuros. Todo esto  se quedó paralizado un día,  pero tenemos que seguir , tenemos que sobreponernos a todo esto porque  hay que seguir viviendo para tener fuerzas  para luchar,  para que ellos regresen  antes de lo que tiene pronosticado el gobierno de Estados Unidos, que en el caso de Gerardo es  que nunca regrese.

Entonces se hace  bien difícil estar solos, regresar a la casa y cerrar la puerta. Esto  en  el caso por ejemplo de las  que no tienen ni siquiera la tormenta  que son  los hijos en casa,  pero esa tormenta te ayuda a tomar fuerzas ya no por ti sino por ellos mismos y  el tiempo un poco se te llena más. En  el caso de las que no tienen hijos bueno es difícil  estar sola un día más, otro día, otro día, las esperanzas se van acortando  a veces cuando vemos unos regresos de un punto  de vista jurídico y por eso es tan importante  la familia…  las personas se van poniendo mayores, vas perdiendo tus afectos también,  esa parte es muy difícil.

Nosotros siempre  en primero pensamos en ellos , si nosotros estamos solos, si nosotros estamos pasando mucho trabajo  desde el punto de vista afectivo,  que no pasarán ellos que han estado in celdas en solitario tantos meses, por tantas veces sin comunicación, tratando de impedir que reciban ni siquiera cartas, viendo que el proceso se complica y se termina, y que no hay una esperanza pronta de salir… Eso  nos  da fuerza porque tenemos que nosotros ser las voces de ellos, la forma de moverse,  de buscar solidarios, de buscar voces, somos nosotros , porque ellos no pueden.

Es decir que la lucha por la liberación de ellos se  devuelve el eje de nuestros días, todos los días hacemos algo por eso, pero cuando vamos a la casa después que trabajamos, que cocinamos,  que limpiamos la casa, que nos vamos a acostar…  en este momento nuestra mente se vuelve a ocupar del mismo tema, es decir que no se descansa, no se descansa nunca. También  nos acordamos de que ellos están ahí por defender la vida y que al pueblo cubano le ha tocado muy de cerca, o sea  que son muchas las familias que también se acuestan pero en este caso pensando en los seres queridos que ellos perdieron por acciones terroristas. Entonces  decimos bueno, ellos están allí por querer advertir a nuestro pueblo de la muerte y  nosotros tenemos que hacer de que  salgan para seguir protegiendo la vida.




Tony Guerrero: Luogo di ritiro (venerdí 12 febbraio 2010)

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Stanco, non mi arrendo. Ferito, non sanguino … (Tony Guerrrero)



Nell’attraversare il cuore dell’azzurro

insondabile, in un groviglio di rotte,

ma accompagnato da speranze

insignificanti però certe,

osservo la geografia silente

sommersa in un fulgore di neve,

territorio dell’indefinito,

miraggio della libertà.

Stanco, non mi arrendo.

Ferito, non sanguino.

Tanta fatica, tanti dolori:

li calmo con l’amore dei miei sogni,

materia invincibile

che i guardiani non sanno riconoscere.

(Tony Guerrero — traduzione di Silvano Forte)

La pubblicazione di questa poesia, oggi sabato 12 di gennaio   rientra nell’ ambito dell’ iniziativa “Poesie per rompere silenzi” che  consiste nel pubblicare ogni giorno dal 26 gennaio al 12 febbraio la poesia corrispondente scritta da Tony Guerrero durante questi stessi giorni dell’ anno 2010. Tony è uno dei 5 cubani detenuti ingiustamente negli Stati Uniti e ha scritto queste poesie durante la sua detenzione in isolamento in una cella chiamata “il buco”. Diciotto lunghi giorni che lui stesso ha  detto essere sembrati un’ “eternità”.



Tony Guerrero : Un lugar de retiro (Viernes, 12 de febrero de 2010)

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Hay cansancio, pero no me rindo. Hay cortaduras, pero no sangro (Tony Guerrero)



Cruzando el corazón del azul

insondable, confuso de rutas,

mas, acompañado de esperanzas

insignificantes pero ciertas,

miro la callada geografía

sumergida en un fulgor de nieve,

territorio de lo indefinido,

espejismos de la libertad.

Hay cansancio, pero no me rindo.

Hay cortaduras, pero no sangro.

Tanta fatiga, tantos dolores

calmo con el amor de mis sueños

hecho de una materia invencible

que no reconocen los guardianes.

(Tony Guerrero)

La publicación de este poema,  hoy sabato 12 de febrero se da en el marco de la iniciativa poetica llamada “Rompiendo silencios” que consta en publicar cada día desde el 26 de enero hasta el 12 de febrero el poema correspondiente escrito por Tony Guerrero durante estos mismos dias del año 2010. Tony es  uno de los cinco cubanos prisioneros injustamente en Estados Unidos; escribió estos poemas  durante su detención aislado en una celda llamada “el hueco”.  Dieciocho largos dias que él mismo dijo parecieron una “eternidad”.



Tony Guerrero: Luogo di ritiro (giovedí 11 febbraio 2010)

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Il tuo amore mi sprona, il tuo amore mi colma di luce, patria !(Tony Guerrero)



Sin dalla mia infanzia tra casa e scuola,

nella mia gioventù da un posto all’altro,

per tutta la mia vita, e persino nei sogni,

hai abitato nel mio cuore.

Isola di sole che offri a tutti

palme e spiagge, uccelli e frutti,

quell’estate rovente che amo,

quell’albero campagnolo e libero,

disposta ogni giorno a prendersi cura del fiore

indispensabile della speranza

mi alimenti sempre un anelito di pace.

Il tuo amore mi sprona, il tuo amore mi colma

di luce, patria !, arriverà il ritorno

e il tuo bacio che ci aspetta.

(Tony Guerrero — traduzione di Silvano Forte)

La pubblicazione di questa poesia, oggi venerdí 11 gennaio   rientra nell’ ambito dell’ iniziativa “Poesie per rompere silenzi” che  consiste nel pubblicare ogni giorno dal 26 gennaio al 12 febbraio la poesia corrispondente scritta da Tony Guerrero durante questi stessi giorni dell’ anno 2010. Tony è uno dei 5 cubani detenuti ingiustamente negli Stati Uniti e ha scritto queste poesie durante la sua detenzione in isolamento in una cella chiamata “il buco”. Diciotto lunghi giorni che lui stesso ha  detto essere sembrati un’ “eternità”.



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