El caso Lage — Perez Roque y los cambios en Cuba
Internet a Cuba e ‘Reporters sans Frontières’
di Aldo Garuti
La continua aggressione mediatica contro Cuba, purtroppo, fa presa anche sulle persone più accorte e sensibili, compresi i miei amici, che mi hanno segnalato l’inclusione di Cuba nella solita lista nera dei Paesi considerati nemici di Internet (vedi articolo “Sono dodici gli Stati canaglia dell’Internet”, di cui al link http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/internet/news/2009–03-12_112357397.html), basato sulle asserzioni di ‘Reporters sans Frontières’, fonte della pseudo notizia.
Perciò, nelle considerazioni a seguire cercherò di correggere questa stortura indotta dal sistema (dis)informativo main stream. A tale scopo, riprenderò alcuni appunti miei di qualche tempo fa (e mi scuso in anticipo per qualche eventuale ripetizione o lacuna nell’esposizione).
Va innanzi tutto osservato che a Cuba esistono migliaia di computers a disposizione dei cittadini, in biblioteche, scuole, università, centri sociali che possono essere consultati gratuitamente e liberamente. Il loro uso è insegnato gratuitamente a giovani, adulti e anziani in tutta l’Isola. Chiunque abbia girato per le città cubane ed abbia occhi per vedere può confermare la presenza pressoché capillare nel Paese dei “Club de Computación”.
Il fatto è che IL GOVERNO CUBANO, FINORA, HA DOVUTO LIMITARE L’USO DI INTERNET AI PRIVATI A CAUSA DEL BLOCCO USA CHE IMPEDISCE A CUBA DI COLLEGARSI AI CAVI SOTTOMARINI AD ALTA VELOCITÀ CHE UNISCONO LA FLORIDA CON IL MESSICO.
Per questa ragione, la rete informatica cubana deve dipendere dalle connessioni via satellite che sono molto più lente, costose e precarie. Quindi le connessioni devono essere riservate, in primo luogo, ai servizi di primaria necessità, come ospedali, scuole, ecc.
In pratica, gli Stati Uniti bloccano l’accesso di Cuba alla banda di Internet e poi accusano l’Isola di restringere l’uso di questo servizio a pochi privilegiati. Le restrizioni imposte a Cuba impediscono all’Isola di usufruire di velocità di connessione alla Rete addirittura persino disponibili, invece, per un qualsiasi utente privato, in altre nazioni.
Dalla nascita di Internet, Washington ha bloccato Cuba nell’utilizzazione della Rete informativa mondiale e contemporaneamente ha cominciato una feroce campagna accusando l’Isola di negare la libertà di connessione. Per via delle leggi del Blocco, Cuba non può collegarsi ai canali internazionali di fibra ottica che passano vicino alle sue coste ed è obbligata a farlo via satellite, metodo più caro e che limita l’uso di questa risorsa.
Cuba, come Paese, ha accesso ad Internet dal 1996 e solo via satellite. La connessione via cavo è invece più rapida, di miglior qualità e tra il 15 e il 25% più economica che via satellite. Nel 2005 Cuba infatti, ha pagato più di 4 milioni di dollari per poter accedere a Internet via satellite, secondo quanto riportato dal Ministero dell’Informatica e delle Comunicazioni di Cuba (MIC).
Oggi, dopo 13 anni, in conseguenza del suddetto bloqueo USA Cuba non ha ancora ottenuto accesso ai cavi di fibre ottiche che passano proprio vicino alle sue coste. Ogni volta che Cuba voglia aggiungere un nuovo canale ad Internet, la controparte statunitense deve ottenere la licenza appropriata dal Dipartimento del Tesoro USA. Parimenti, se una compagnia nordamericana volesse aprire un nuovo canale a Cuba o decida di aumentare la velocità della connessione, ugualmente deve farsi rilasciare un’apposita licenza dal Dipartimento del Tesoro USA.
Ne consegue che l’autorizzazione dell’ampiezza di banda via satellite di cui dispone è di soli 65 Megabyte al secondo (MB/s) in uscita e 124 MB/s in entrata, vale a dire inferiore a quello di molte aziende e persino di alcuni utenti privati con connessioni a fibre ottiche ad alta velocità (ADSL) in altri Paesi (in Australia, Bangladesh, Regno Unito, Italia o negli Stati Uniti, ad esempio, una persona può accedere all’alta velocità con un servizio ADSL e con la possibilità di download fino a 24 MB al secondo e in Norvegia o in Giappone si superano persino i 100 MB).
Ciò, ovviamente, non è sufficiente per le necessità di sviluppo di Cuba. I suoi costi d’acceso ad Internet sono inoltre molto più elevati. Peraltro, la stessa telefonia non era riuscita ad avanzare, sino a soli pochi anni fa, verso la digitalizzazione e l’installazione di fibre ottiche su tutto il territorio nazionale, e questo limite infrastrutturale ha rappresentato un enorme ostacolo.
L’acquisto di hardware (come Intel, Hewlett Packard, IBM e Macintosh) e software (es. la sola Microsoft, che con Windows domina oltre il 90% del mercato dei sistemi operativi installati nei PC) a Cuba, sempre a causa del bloqueo, non può avvenire direttamente dagli Stati Uniti, che sono l’emporio mondiale della tecnologia informatica, e avviene perciò da Paesi terzi, con maggiori costi di trasporto e rincari anche del 30%. Oltre a ciò, gli Stati Uniti esercitano un controllo egemonico sui server, di cui i principali del mondo si trovano proprio in territorio statunitense.
Stanti tali limitazioni imposte dal bloqueo, la diffusione di Internet a Cuba procede secondo un modello di appropriazione sociale delle tecnologie informatiche e delle comunicazioni, cioè appunto seguendo criteri di priorità sociale, privilegiando, ad es., la diffusione dell’informazione medica (attraverso la rete di salute “Infomed” appositamente dedicata ai medici cubani), i portali informativi per gli intellettuali e gli artisti (Cubarte) la ricerca scientifica e universitaria nei vari rami del sapere, della produzione e dei servizi.
Così, con gli scarsi mezzi economici e tecnologici di cui dispone, le possibilità offerte da Internet e, in generale, dalle nuove tecnologie sono messe a disposizione degli interessi vitali di tutta la popolazione del Paese, non solo a chi è connesso in rete.
Le autorità cubane hanno, cioè, deciso di dare la priorità della connessione alla Rete in maniera organizzata, per garantire il suo uso sociale in forma adeguata a medici, scienziati, studenti, professionisti, personalità della cultura, centri di ricerca, ecc.
Questa strategia è riconosciuta da istituzioni internazionali come un esempio positivo per altri Paesi in via di sviluppo che vogliono superare il divario digitale esistente con i Paesi ricchi, un modello per i Paesi sottosviluppati. Tutte le scuole, anche quelle più remote di campagna (incluse quelle ove non giunge la rete elettrica nazionale), sono dotate di computer, TV e videoregistratori alimentati all’occorrenza da pannelli fotovoltaici (come del resto anche i consultori medici di campagna, presenti capillarmente ovunque). In ogni comune del Paese, inoltre, si può trovare un “Joven Club de Computación” per le persone di qualsiasi età che vogliano apprendere l’uso del computer e farne pratica.
In base ai dati risalenti a 3 anni fa (2006), a Cuba esistono oltre 1.370 domini registrati <.cu> e 2.500 circa siti web, di cui 135 appartenenti ad organi di stampa, ci sono 940.000 utenti di posta elettronica e altri 219.000 di Internet, che diventano centinaia di migliaia tenendo conto del carattere sociale che permette che uno stesso punto di connessione sia utilizzato da varie persone.
Con circa 377.000 PC
usati per scopi di pubblica utilità ed una proporzione di 3,4 PC ogni 100 abitanti, si può affermare che oggi Cuba sta estendendo la socializzazione delle nuove tecnologie dell’informazione. La media aumenta però considerevolmente se si considera che, in effetti, queste macchine si trovano in centri di studio, culturali, industriali e sanitari, oltre che nelle banche e negli uffici postali.
Il 100% dei centri d’insegnamento, per esempio, utilizza le nuove tecnologie come appoggio ai programmi scolastici, assieme a televisori e video, a vantaggio dei 2.230.658 studenti delle 12.784 scuole esistenti. Tutti gli istituti di studio del Paese impiegano computer nel processo educativo, comprese 2.368 scuole rurali con pannelli solari fotovoltaici, 93 delle quali hanno un numero d’iscritti pari ad un solo alunno (uno!).
La domanda che dovrebbe porsi una persona dotata di semplice buon senso sarebbe, allora: MA SE LO STATO CUBANO VOLESSE DAVVERO IMPEDIRE L’ACCESSO AD INTERNET ALLA POPOLAZIONE, PERCHÉ MAI SPENDEREBBE COSÌ INGENTI RISORSE PER CURARNE LA FORMAZIONE INFORMATICA?
Dalla nascita di Internet, gli Stati Uniti hanno bloccato Cuba nell’utilizzo della rete informatica mondiale e contemporaneamente hanno cominciato una feroce campagna accusando l’Isola di negare la libertà di connessione.
E se i nemici di Cuba considerano che Cuba, per giustificare il suo presunto fallimento, invoca a pretesto il blocco economico, commerciale e finanziario imposto nei suoi confronti, perché il Governo degli Stati Uniti non toglie ai cubani il pretesto, eliminando il bloqueo?
Fortunatamente, il blocco di Cuba all’accesso alla rete delle reti potrebbe terminare nel 2010. Infatti, sta per essere collocato un grosso cavo sottomarino a fibre ottiche che unirà Cuba al Venezuela, risolvendo così definitivamente il problema.
La limitazione alla diffusione di Internet a Cuba, dunque, va posta in relazione in primo luogo al bloqueo e alle carenze tecnologiche che necessariamente la supportano, in particolare alla rete telefonica nazionale, che non raggiunge le abitazioni private se non in una percentuale piuttosto bassa (inferiore al 7%) rispetto agli standard europei e, per lo più, con una diffusione concentrata essenzialmente nella capitale.
Da un punto di vista tecnico, avendo poca banda a disposizione, Cuba non può permettersi un alto volume di utenti. Per motivi non certo imputabili alla volontà dei Paesi del Terzo Mondo, infatti, esiste un divario incolmabile tra l’accesso alle tecnologie dei Paesi più poveri ed i Paesi a più alto sviluppo economico. Sarebbe pertanto assolutamente privo di senso fare un paragone tra queste realtà ben diverse senza tenerne debitamente conto.
La diffusione di Internet a Cuba procede, perciò, secondo criteri di priorità sociale e di progressiva gradualità, privilegiando ad es. la diffusione dell’informazione medica (attraverso la rete “Infomed” appositamente dedicata), la ricerca universitaria, il sistema bancario e finanziario, quello postale e delle telecomunicazioni, le imprese economico-commerciali e le strutture turistiche (hotel, aeroporti internazionali, Internet points, ecc.).
Come già detto, tutte le scuole, incluse quelle più sperdute, sono dotate di computer, TV e videoregistratori alimentati all’occorrenza da pannelli ad energia solare, ove non giunga la rete elettrica nazionale (come avviene anche per i più remoti i consultori medici di campagna).
Ove non esistano gli Internet Points per l’accesso pubblico ad Internet, sono quasi sempre gli uffici postali (presenti in tutte le città) che forniscono un apposito servizio d’invio della posta elettronica, più limitato ma anche molto più economico rispetto all’accesso ad Internet vero e proprio.
In quasi tutti i principali hotel, oltre ai turisti stranieri, è pertanto possibile incontrare cittadini cubani connessi ad Internet e persino collegati in chat con i loro amici all’estero (in questo caso a pagamento, ovviamente, più o meno agli stessi prezzi che qui da noi in Italia).
Certo che le autorità cubane esercitano un controllo al riguardo. Del resto le nostre autorità lo fanno anche da noi. Evidenzio a tal proposito che il decreto Pisanu in materia di anti terrorismo prevede l’obbligo per gli utenti di fornire le generalità ed esibire un documento d’identità in qualsiasi punto pubblico di accesso ad Internet nel territorio italico. Per non parlare delle limitazioni personali in vigore negli Stati Uniti conseguenti al “Patrioct Act”, ivi compresi la sorveglianza, la violazione della privacy e lo spionaggio nelle comunicazioni, anche senza le dovute autorizzazioni giudiziarie, imposte ai cittadini statunitensi dopo la tragedia dell’11 Settembre, violazioni di cui è attualmente oggetto di uno scandalo proprio l’Amministrazione Bush.
Al riguardo, vale la pena osservare che Cuba è un Paese che ha pagato al terrorismo un pesante tributo di sangue. E’ inoltre un dato inconfutabile che, nel continente americano, la CIA ne è da sempre il principale sponsor ed artefice, con tutti i più avanzati mezzi tecnologici possibili, in virtù delle immense dotazioni finanziarie e dello strapotere economico, politico e militare degli Stati Uniti.
Chiarito ciò, cerchiamo anche di capire perché si mettono in giro queste fandonie. Una seria informazione, infatti, non può prescindere dalla verifica dell’attendibilità delle fonti, in questo caso il gruppo francese “Reporters sans frontières” (RSF). Come hanno osservato, giustamente, altri commentatori ben più autorevoli di me, quella dei “reporter senza frontiere morali” è un vero e proprio esempio d’informazione a comando. In effetti, RSF riceve appositamente denaro per “satanizzare” l’uso di Internet a Cuba. RSF, la famosa organizzazione di Robert Ménard & Soci che sostiene di promuovere e difendere la libertà di stampa, ogni anno stila la lista nera dei Paesi definiti “nemici di Internet” in cui, com’è prevedibile, Cuba non deve mai mancare.
Va perciò detto che questi grandi comunicatori sono regolarmente retribuiti dall’USAID (United States Agency for International Development), organismo del Dipartimento di Stato di Washington con cui gli Stati Uniti concedono i finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo, attraverso l’intermediazione del CFC (Center for a Free Cuba). Inoltre, mediante il NED (National Endowment for Democracy), altro organismo che a sua volta dipende dal Congresso degli Stati Uniti e che è incaricato di promuovere la politica estera statunitense, sono finanziati una serie di siti web e presunte agenzie di stampa satelliti di RSF, responsabili di continue aggressioni contro Cuba, purtroppo non solo mediatiche.
Il pensiero di questi professionisti della disinformazione è indubbiamente ispirato dalla regola aurea coniata dall’indiscusso talento propagandista del Terzo Reich, Paul Joseph Goebbels: “Una bugia ripetuta mille volte si converte in una verità”. La menzogna, infatti, da sempre è una componente organica del potere egemonico per fabbricare il consenso, come ampiamente dimostrato, ad esempio, con l’invasione dell’Iraq alla ricerca delle famose armi di distruzione di massa, mai rinvenute.
RSF sarebbe di certo moralmente più credibile se, tra le priorità di cui potrebbe invece occuparsi, considerasse che proprio il governo degli Stati Uniti, loro finanziatore (e che si dovrebbe pertanto presumere aver a cuore la libertà d’informazione), la prima cosa che ha f
atto nell’intervento militare a Belgrado, è stata quella di bombardare la sede della TV serba. Lo stesso ha fatto a Baghdad con la TV irachena. In Iraq si sono portati al seguito soltanto i più fedeli giornalisti “embedded”, quindi hanno deliberatamente bombardato l’Hotel Palestine ove erano ospitati i giornalisti internazionali, causando tra l’altro la morte del cameraman spagnolo José Couso. In proposito RSF si era distinta escludendo categoricamente la responsabilità USA, nonostante le flagranti prove dimostrate.
Poi le autorità d’occupazione statunitensi hanno espulso dall’Iraq “Al Jazeera”, colpevole di riferire sugli effetti sulla popolazione civile dei bombardamenti USA che hanno completamente raso al suolo la città di Fallujah. La catena araba, in quella parte del mondo, era l’unico network diverso dalla CNN che poteva coprire le notizie sui crimini contro l’umanità perpetrati “esportando la democrazia”, in nome della lotta contro il terrorismo.
Perciò l’Amministrazione Bush è arrivata a pianificare il bombardamento della sua sede in Qatar, nel Golfo Persico. Nel frattempo hanno deportato a Guantánamo il loro corrispondente in Afganistan, il sudanese Sami al Hajj, sottoponendolo a torture e a maltrattamenti inumani. Il suo caso è stato oggetto di precisi rapporti di “Amnesty Internacional”, ma RSF, diretta dal giornalista francese Robert Ménard, non ha ritenuto di occuparsene.
E’ quanto mai significativo l’assordante silenzio in proposito di “Reporter sans Frontières”. Evidentemente, la proclamata difesa della libertà di stampa non è il vero fine delle proprie campagne giornalistiche. Per RSF, alias Robert Ménard, è indubbiamente molto più interessante cercare qualche pretesto per attaccare la terribile “dittatura” cubana. Proprio per questo, infatti, viene pagato.
Domando: Cos’ha da dire l’organizzazione per la libertà di stampa “Reporter sans Frontières” su come la libertà d’informazione è garantita nell’Iraq occupato dal Paese presumibilmente più libero del mondo, gli Stati Uniti d’America? Per RSF, bombardare le TV, imprigionare, torturare e uccidere i giornalisti scomodi per raccontare una verità sulla guerra d’aggressione illegale che non sia quella riportata dalla CNN e dagli altri giornalisti “embedded”, significa forse “esportare la democrazia” e “difendere la libertà di stampa”?
La (presunta) tutela della libertà di stampa e d’informazione da parte di RSF non è che un mero pretesto per operazioni politiche di bassa lega, funzionali al padrone che la paga.
Per questo ritengo più che mai necessario evitare di prestarsi alle solite, squallide, avvilenti, pretestuose e strumentali campagne mediatiche anticubane, posto che nessun Paese è perfetto e che naturalmente anche Cuba è suscettibile di miglioramenti, che però sarebbero di certo molto più facilmente realizzabili qualora il cosiddetto autoproclamato “mondo libero” si decidesse a lasciarla vivere in pace e a rispettarne la sovranità.
Aldo Garuti
Riferimenti su Internet a Cuba e su RSF (fonti dei dati da me riportati)
- Cómo utiliza Cuba la Internet:
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=40228
- Estados Unidos bloquea Internet en Cuba (1):
http://www.granma.cu/espanol/2006/noviembre/juev2/informatica-e.html
- Estados Unidos bloquea Internet en Cuba (2):
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=40807
- Internet a Cuba: anno decimo:
http://www.granma.cu/italiano/2006/abril/jue27/internet.html
- Bloqueo de EE.UU. encarece acceso a Internet:
http://www.granma.cu/espanol/2006/junio/juev22/26internet.html
- Denunciato il blocco USA che impedisce l’accesso di Cuba ad internet:
http://www.granma.cu/italiano/2006/noviembre/mier8/bloqueo-it.html
Subsidios UE de 1.300.000 euros para cubrir a Robert Ménard (Reporters sans Frontières): http://www.granma.cu/espanol/2006/marzo/mar21/13menard.html
- Ménard (RSF) ricorre alle minacce:
http://www.granma.cu/italiano/2006/abril/mier19/17rsf.html
Cuba nel Gruppo di Río. Svolta epocale in America latina?
“Ieri eravamo una colonia ma domani possiamo essere una grande comunitá di paesi strettamente uniti. La natura ci ha dato ricchezze incalcolabili e la storia ci ha dato radici, lingua, cultura e vincoli comuni, come in nessun’altra regione della Terra”
Una breve historia de la contrarrevolució n cubana
de Michael Moore
¿Alguna vez se preguntaron como ha hecho Fidel Castro para permanecer tanto tiempo en el poder? Nadie — excepto el Rey de Jordania — ha permanecido en el gobierno por un período más largo de tiempo. El hombre ha sobrevivido a ocho presidentes estadounidenses, diez Juegos Olímpicos, y el regreso del Cometa Halley. Y sin importar lo que el gobierno de Estados Unidos hace para derrocarlo, tiene más vidas que «regresos» ha tenido Cher.
No es porque nuestros líderes (estadounidenses) no hayan hecho su mejor esfuerzo para derrocarlo. No, ya desde que Castro liberó su país del corrupto régimen de Fulgencio Batista (al que apoyaban los Estados Unidos y la Mafia) Washington ha probado una gran variedad de métodos para derrocarlo. Éstos han incluido intentos de asesinato (pagados con el dinero de nuestros impuestos), invasiones, bloqueos, embargos, amenazas de aniquilación nuclear, desorganizació n interna, y guerra biológica (la CIA tiró manojo de gérmenes de Fiebre Porcina Africana sobre el país en 1971, obligando a los cubanos a matar 500 mil cerdos).
Y –algo que siempre me ha parecido extraño– ¡hay actualmente una base naval estadounidense en la isla de Cuba! Imaginen si nosotros los estadounidenses, luego de haber derrotado a los británicos en nuestra Revolución de Independencia, les hubiéramos dejado mantener unos miles de soldados y un puñado de acorazados en la bahía de Nueva York. ¡Increíble! El presidente Kennedy, que siguió con el plan del Presidente Eisenhower para invadir Cuba en la Bahía de Cochinos, ordenó a la CIA matar a Castro, intentándolo todo, desde una lapicera rellena con tinta envenenada hasta un cigarro explosivo. (No, no estoy obteniendo mi información de Maxwell Smart; está todo en el informe del Comité Church al Congreso, de 1975). Por supuesto que nada de esto funcionó. Castro se volvió más fuerte y los Estados Unidos continuaron pasando vergüenza.
Cuba era visto como «el país que se nos escapó». Comenzó a ser una molestia para nosotros. Aquí tenemos a cada nación de este hemisferio metida en nuestro bolsillo, excepto a «esos malditos cubanos». Se ve mal. Como cuando toda la familia sale a cenar y la oveja negra, el pequeño Billy, no se quiere quedar quieto en la silla y hacer lo que le dicen. Todos en el restaurante miran a los padres y se preguntan qué clase de educación le están dando. La apariencia de que no lo están disciplinando o controlando como se debe es la peor humillación.
Entonces comienzan a vapulear al pequeño Billy, el que –olvídenlo– no va a terminar sus porotos nunca. Así es cuán tontos lucimos al resto del mundo. Como si nos hubiéramos vuelto locos por esta pequeña isla a 90 millas de nuestras costas. No nos sentimos de ese modo frente a una real amenaza para la humanidad, como la que significa el gobierno Chino. ¡Y hablo acerca de una pandilla de asesinos! Aún así no podemos movernos más rápido para meternos en la cama con ellos. Washington gastó 23 años poniéndonos en contra de los chinos, y luego, repentinamente: ¡un día son nuestros amigos! Parece que los Republicanos y sus compinches empresarios no estaban realmente en contra de los dictadores comunistas, sino contra aquéllos que no los dejaban entrar a China para hacer dinero. Y ése fue, por supuesto, el error fatal de Castro.
Una vez que tomó el poder, nacionalizó todos los negocios americanos y pateó a la mafia fuera de La Habana. Fue como si se sentara en la Falla de San Andrés, porque la ira del Tío Sam cayó duro sobre él, y no lo ha dejado tranquilo por más de 37 años. Y a pesar de eso Castro ha sobrevivido. Por ese sólo éxito, y a pesar de todos sus defectos (represión política, discursos de cuatro horas y una tasa de alfabetismo del cien por ciento), hay que admirar al muchacho.
Pero: ¿por qué continuamos peleando por esta pata de pavo sobrante de la Guerra Fría? La respuesta puede encontrarse mirando no más lejos de una ciudad llamada Miami. Es desde allí que un puñado de exilados cubanos enloquecidos han controlado la política extranjera de los Estados Unidos hacia esta insignificante nación insular. Estos cubanos, muchos de ellos acólitos de Batista que vivían a todo trapo mientras esa pandilla asolaba el país, parecen no haber cerrado un ojo desde que juntaron su dinero y huyeron a La Florida. Y desde 1960, han insistido en contagiarnos su locura.
¿Por qué es que en cada incidente o crisis nacional que ha sufrido nuestro país en las pasadas tres décadas (el asesinato de Kennedy, Watergate, el caso Irán Contras, la epidemia del abuso de drogas, y la lista sigue…) siempre encontramos a exilados cubanos presentes o implicados?
a.. Primero, fue la conexión de Lee Harvey Oswald con los cubanos de Nueva Orleans. ¿O eran exilados cubanos actuando solos para matar a Kennedy, o Castro ordenando su asesinato porque se había aburrido que Kennedy intentara derrocarlo? En cualquiera de las teorías que usted suscriba, los cubanos están rondando por el barrio.
b.. Luego, en la noche del 17 de junio de 1972, tres cubanos, Bernard Barker, Eugenio Martínez, y Virgilio González (junto con los estadounidenses Frank Sturgis (que fue capitán de Batista) y James McCord Jr.) fueron atrapados entrando en las oficinas de campaña del Partido Demócrata en Watergate. Esta operación encubierta, eventualmente causó la renuncia de Richard Nixon, por lo que entreveo que hay gato encerrado en esa operación del exilio cubano en particular. Hoy, Barker y González son considerados héroes en la comunidad cubana de Miami. Martínez, perdonado más tarde por Ronald Reagan, es el único que se siente mal. «Yo no quise estar implicado en la caída del Presidente de los Estados Unidos», dijo. ¡Oh! ¡Que hermoso de su parte!
c.. Cuando Oliver North necesitó un grupo encubierto para entrar armas en Nicaragua con el objetivo de derrocar al gobierno sandinista: ¿a quién pudo recurrir sino a los cubanos de Miami? Los veteranos de Bahía de Cochinos Ramón Medina y Rafael Quintero eran los hombres clave en la compañía de transporte aéreo que entregaba las armas a los Contras. La guerra de los Contras, apoyada por Estados Unidos, fue responsable de la muerte de 30 mil nicaragüenses.
d.. Uno de los premios mayores que recogimos de nuestra inversión en estos exilados cubanos fue la ayuda que nos dieron introduciendo drogas ilegales en los Estados Unidos, destruyendo familias y barrios enteros de nuestras ciudades. Comenzando a principios de los sesenta, una cantidad de cubanos (que también participaron en la invasión de Bahía de Cochinos) empezó a regentear los círculos mayores de los narcóticos en éste país. La DEA encontró poco apoyo dentro del gobierno federal para ir atrás de estos exilados cubanos, porque se habían organizado a sí mismos bajo la falsa bandera de «grupos de la libertad». De hecho, muchos no eran más que frentes de operaciones masivas de contrabando de drogas. Los mismos con
trabandistas de drogas que ayudaron más tarde a contrabandear armas para los Contras nicaragüenses.
e.. Las organizaciones terroristas cubanas radicadas en los Estados Unidos han sido responsables por la colocación de más de 200 bombas y por lo menos un centenar de asesinatos desde el triunfo de la revolución de Castro. Tienen a todos tan preocupados por apoyarlos, que yo probablemente no debería estar escribiendo este capítulo. ¿Pero por que no estoy preocupado? Porque estos exiliados cubanos, con toda su alharaca y terrorismo, son realmente una manga de cagones. Eso: Cagones.
¿Quieren pruebas?
Para empezar, cuando a uno no le gusta el opresor de su país, se queda allí y trata de derrocarlo. Esto puede ser hecho por la fuerza (Revolución Americana, Revolución Francesa) o a través de medios pacíficos (Gandhi en India o Mandela en Sudáfrica). Pero lo que no se hace meter la cola entre las patas y correr, como hicieron estos cubanos. Imaginen si todos los colonos americanos hubieran huido al Canadá, y luego hubieran insistido en que los canadienses tenían la responsabilidad de echar a los británicos de América.
Los Sandinistas nunca hubieran liberado su país de Somoza si hubieran estado todos sentados en una playa en Costa Rica, bebiendo margaritas y enriqueciéndose. Mandela se fue a la cárcel, no a Libia o a Londres. Pero los cubanos ricos se pelaron a Miami… y se volvieron más ricos.
El noventa por ciento de estos exilados son blancos, mientras la mayoría de los cubanos (62 por ciento) son negros o mestizos. Esos blancos sabían que no podían quedarse en Cuba porque no tenían apoyo del pueblo.
Entonces vinieron aquí, esperando que nosotros peleáramos su pelea por ellos. Y, como tarados, la peleamos. No es que estos nenes llorones de los cubanos no hayan tratado de ayudarse a sí mismos. Pero una rápida mirada a sus esfuerzos recuerda a las viejas películas cómicas mudas. El de Bahía de Cochinos es su fiasco más conocido. Tenía todos los elementos de una gran comedia cómica: barcos equivocados, playa equivocada, no tenían municiones para sus armas, nadie los fue a esperar, y –finalmente– fueron dejados morir vagando por una parte de su isla completamente desconocida para ellos (los choferes de sus limosinas –adivino– nunca los habían llevado allí en los viejos buenos tiempos).
Este fiasco fue tan monumental que el mundo todavía no ha parado de reírse, y los cubanos de Miami nunca han olvidado ni perdonado esto. Diga «Bahía de Cochinos» a alguno de ellos, y lo verán como a un dentista taladrándole el nervio de un diente.
Uno pensaría que la derrota de Bahía de Cochinos les debería haber enseñado una lección, que hubieran dejado de insistir con esas cosas. No hizo eso esta pandilla. Desde 1962 numerosos grupos de exilados cubanos han intentado más incursiones para «liberar» su patria. Veamos las más sobresalientes:
a. En 1981, un grupo de cubanos exilados de Miami desembarcaron en la islita de Providenciales, en el Caribe, camino a invadir Cuba. Su barco, el único que llegó de cuatro que salieron del Río Miami (los otros tres fueron hechos volver por la Guardia Costera debido al mar picado, problemas de motor o falta de chaquetas salvavidas), tocó tierra en un arrecife cerca de Providenciales. Atascados en la isla sin comida ni abrigo, los cubanos de Miami comenzaron a pelearse entre ellos. Rogaron a la gente de Miami que los rescatara de la isla, y luego de tres semanas fueron devueltos a Florida vía aérea. El único de ese grupo que llegó a aguas cubanas, Gerardo Fuentes, sufrió un ataque de apendicitis en el mar, y tuvo que ser evacuado por la Guardia Costera hacia Guantánamo.
b. En 1968, un grupo de cubanos de Miami supieron que un barco polaco estaba amarrado en el puerto y que una delegación cubana podía estar a bordo del carguero. De acuerdo al St. Petersburg Times, los exilados cubanos dispararon con una bazooka casera e hicieron impacto en el casco del buque. Sólo le hicieron un abollón, y el líder del grupo, Orlando Bosch, fue apresado y sentenciado a diez años de prisión, pero fue liberado en 1972. Bosch explicó que habían esperado causar más daños al barco pero, se excusó: «¡Era un barco grande!» Bosch había estado arrestado antes por remolcar un torpedo a través de las calles de Miami a la hora de salida de las oficinas, y otra vez había sido capturado con 600 bombas aéreas cargadas con dinamita en el baúl de su Cadillac. En 1990 la administració n Bush lo sacó de la prisión, donde estaba nuevamente, cumpliendo una pena por violación de libertad condicional.
c. De acuerdo al Washington Monthly, «Durante el verano y principios del otoño de 1963, fueron lanzadas cinco incursiones de comandos contra Cuba con la esperanza de desestabilizar al régimen. La raquítica “quinta columna” en Cuba fue instruida para dejar las canillas abiertas y las lamparillas prendidas para gastar energía… En 1962, según el San Francisco Chronicle, el exilado cubano José Basulto, en una misión auspiciada por la CIA, disparó un cañón de 20 mm desde una lancha rápida contra el Hotel Inca, cerca de la bahía de La Habana, esperando matar a Fidel Castro. El proyectil erró al blanco, y Basulto, viendo que su barco se llenaba de gasolina derramada, pegó la vuelta para Florida. “Uno de nuestros tanques de combustible, hecho de plástico, comenzó a gotear”», explicó Basulto más tarde. «El combustible se derramó sobre la cubierta. No sabíamos qué hacer».
d. Años más tarde, Basulto formó «Hermanos Al Rescate», un grupo de exilados que hace unos años estuvo haciendo vuelos sobre Cuba, zumbando con sus aviones sobre las ciudades, tirando panfletos, y generalmente tratando de intimidar al gobierno cubano. En febrero de 1996, Castro aparentemente se aburrió de este acoso, y luego del 25avo incidente en un año de los «Hermanos» violando el espacio aéreo cubano, ordenó que dos de sus aviones fueran derribados.
Aunque los «Hermanos al Rescate» violaban la ley estadounidense por volar dentro del espacio aéreo cubano, la administració n Clinton fue de nuevo al chiquero del exilio e instantáneamente sacó un decreto para endurecer el embargo contra Cuba. Este embargo trajo la ira del resto del mundo contra nosotros. La Asamblea General de las Naciones Unidas votó 117 a 3 a favor de condenar a los Estados Unidos por su violencia económica contra Cuba, tal y como ha sido en cada votación sobre el tema desde que el embargo fue impuesto.
La semana después de que los aviones fueran derribados, los exilados trataron de apurar a los Estados Unidos, esperando comprometer a los militares en algún tipo de acción contra Castro. Anunciaron que al siguiente sábado llevarían una flotilla de barcos desde Florida hasta la costa cubana para protestar por el derribo de los dos aviones. Clinton decidió la puesta en escena de la más grande exhibición de fuerza contra Cuba desde la Crisis de los Misiles, y envió un escuadrón de cazas F-15, once escampavías de la Guardia Costera, dos cruceros mi
silisticos de la Marina, una fragata de la Marina, dos aviones C 130, una bandada de Choppers, AWACs (Airborne Warning and Control System) y 600 guardiamarinas para apoyar a la flotilla.
Lo único que se olvidó de mandar fue remedio contra el mareo, que –al final– era lo único que los cubanos de Miami hubieran necesitado realmente. Sólo a 40 millas de Key West, los cubanos en los botes comenzaron a marearse, a vomitar y a rogar a sus pilotos que dieran vuelta los malditos yates y volvieran a Miami. Con el mundo entero mirando, los cubanos huyeron de nuevo con la cola entre las patas. Cuando llegaron al puerto, dieron una conferencia de prensa para explicar su retirada. El portavoz estaba todavía un poco mareado, y se podía ver cómo los periodistas se separaban de él, temiendo ser cubiertos por un «Linda Blair Special» en cualquier momento… «Una terrible tormenta se levantó en el mar», dijo el líder de la huida cubana mientras palidecía rápidamente. «¡Las olas tenían más de diez pies de alto, y tuvimos que volver o perder nuestros barcos!» Mientras así hablaba, algún genio creativo en la CNN comenzó a emitir imágenes aéreas de la flotilla rumbo a Cuba. El sol brillaba, el mar estaba calmo como un plato, y el viento soplaba gentilmente, si es que soplaba. Los reporteros en alta mar dijeron que luego de que las cámaras de la CNN se fueron, las aguas se pusieron «bastante duras». Sí, seguro, era por las carcajadas de Fidel, que se estaba cagando de la risa…
Traducción de Andrés Capelán
Dengue a Cuba
Se un giornale come il Corriere della Sera imposta un articolo sulle voci presenti sui vari blog e siti internet di dissidenti cubani e, senza ulteriori approfondimenti, conclude che Cuba sia prostrata dall’epidemia di dengue, questo la dice lunga.
Ancora più lunga la dice la gravità della dichiarazione del portavoce dell’OMS: “ci è giunta voce di oltre mille morti ma non sappiamo altro”.
Viene da chiedersi come fanno su webrebelde se “sia stata contattata la D.ssa Lea Guido della Pan American Health Organization (PAHO) certo più competente di un portavoce dell’ OMS a Ginevra. Ma questa deve apparire una sottile differenza per chi scrive su Cuba da New York, quantunque non da Miami”.
Certo se poi anche Il Manifesto si mette “a dare i numeri” vuol dire che la confusione è veramente molta.
Un articolo del 6 ottobre esordisce raccontando di “migliaia di ammalati e centinaia di morti”. Continua riportando la Reuters secondo cui durante la settimana della Cumbre dei paesi non allineati ci sarebbero stati 700 morti, passando poi due righe più sotto a circa un migliaio e concludendo il tutto dicendo che i casi presunti di dengue sull’isola sarebbero 30/35mila. Quando c’è Cuba di mezzo la confusione la fa da padrona. Mi ha sorpreso l’articolo del Manifesto, in alcuni passaggi addirittura denigratorio e sprezzante. A partire dai mezzi e sostanze usate per la fumigazione. Il giornalista dice che “l’efficacia di queste sostanze è tutta da provare” ma non si interroga sul fatto che magari con il bloqueo queste sono le uniche sostanze disponibili e che nonostante tutto tali sostanze sono esportate nel resto dell’AL e in Africa. Il giornalista sebbene confermi che la zanzara deponga le uova in acque pulite spende poi circa 10/15 righe sull’inquinamento de L’Avana (ma che c’entrava?). Mah. Se non altro sul Manifesto si parla anche di dengue in India dove ci sono stati 2.900 contagi e 38 vittime, nella Repubblica Dominicana dove i contagiati sono 4.376 e le vittime 39 e di un misterioso morbo a Panama dove nell’ultimo mese sono morte 17 persone.
Come mi ha sorpreso il TG5 dell’altra sera che ha ampiamente parlato della possibilità tra l’altro che si tratti di una bufala colossale (l’ultima in ordine di tempo) creata ad arte dai dissidenti, è stato intervistato un rappresentante di un tour operator il quale ha confermato che la situazione sull’isola risulti essere tranquilla ed è stato sentito telefonicamente anche Minà il quale ha ricordato che durante i giorni della Cumbre Cuba è stata invasa da giornalisti e autorità straniere e non si è avuta nessuna notizia di una situazione al limite della catastrofe umanitaria come viene invece descritta altrove.
La Casa Bianca è furibonda perchè Fidel è stato acclamato e viene meno il “bloqueo” a Cuba.
Durante la sua quarta visita in Argentina, il presidente cubano ha polarizzato l’attenzione della gente e dei media. Questo è importante per Cuba, tanto che il Mercosur ha firmato un accordo con l’isola annullando istituzionalmente e collettivamente il “bloqueo” degli Stati Uniti.
Emilio Marín 24/7
Alla fine la numerosa delegazione cubana presente alla XXX riunione del Gruppo Comune del Mercosur (cancellieri e ministri dell’Economia) e al XXV vertice dei presidenti che hanno concluso a Córdoba, era presieduta nientemeno da Fidel Castro. Come sottolineando che le relazioni de
L’uomo compirà 80 anni il 13 di agosto e stava centellinando ormai i suoi viaggi all’estero. Quale motivo importante lo ha spinto ad intraprendere questo viaggio insieme al vicepresidente Carlos Lage ed al cancelliere Felipe Perez Roque? La risposta ce la dà l’accordo economico firmato ieri con i paesi del Mercosur, nel quale si uniformano i vantaggi commerciali reciproci che
Si dice che l’isola ha accordi con l’Argentina per commercializzare 1.300 prodotti con un sistema di diritti doganali e che a partire da adesso avrà intenzione di duplicare questa cifra.
Ma non sarà in termini bilaterali ma piuttosto nel segno della convenienza dei cinque paesi del Mercosur , infatti ai quattro fondatori si è aggiunto il Venezuela a partire dal 4 luglio.
Questi accordi hanno un valore che trascende di molto dall’aspetto commerciale-finanziario. Il loro significato è politico :implica che l’embargo statunitense contro l’isola maggiore delle Antille ha subito un colpo strategico. Sebbene il Mercosur non ha l’importanza economica-collettiva dell’Unione Europea e dell’Associazione delle nazioni dell’Asia, ciò che gli compete non è per niente disprezzabile poichè rappresenta il 75% del prodotto interno lordo del SudAmerica.
Contrariamente alla simpatia della maggior parte dei cordovani e delle delegazioni ufficiali manifestata alla rappresentazione cubana, non potevano mancare le critiche dell’avvicinamento di questa al Mercour.
Critiche male intenzionate.
Un argomento di carattere economico ha riguardato la presunta scarsa rilevanza dell’economia caraibica , di poca risonanaza nello scambio commerciale: “Cosa ci possono vendere i cubani, a parte il rum ed i sigari?” hanno detto questi critici dell’unica nazione socialista dell’emisfero occidentale.
La dichiarazione di questa obiezione rivela ignoranza e/o mala fede, è risaputo che l’isola può venderci e di fatto già lo fa, vaccini, medicine ed altri prodotti usciti dai suoi poli scientifici e di biomedicina. Quello che le compete va ben al di là del rum Havana o dei suoi famosi sigari. Ci sostiene anche con i programmi di alfabetizzazione “Yo sì puedo” che hanno liberato dal flagello dell’analfabetismo, municipi come Tilcara e Jujuy. Questi scambi sono fondamentali anche se non si fatturano in dollari e non figurano nelle statistiche dei bilanci commerciali.
Questa analisi “contabile” sottolinea anche il fatto che nell’interscambio educazionale l’Argentina risulta debitrice. Dal 1999 ad oggi, quasi 400 alunni con scarse risorse studiano gratuitamente nella Scuola Latinoamericana delle Scienze Mediche (Elam) a
Alcuni governanti, quelli più venali, erano disposti a convalidare l’ingresso del Venezuela al blocco regionale con uno scambio economico.Pensavano al barile di greggio che sfiora gli 80 dollari e alla Fascia dell’Orinoco che è una delle grandi riserve di greggio del pianeta.
Ma questi stessi politici commercianti non devono aver riflettuto molto sulle parole del comandante in capo cubano quando, in chiusura del vertice, li ha chiamati a fare una “inchiesa casa per casa” nei loro rispettivi paesi, per individuare quanti sono coloro che hanno necessità di operazioni alla vista. Egli ha stimato come in 30 milioni coloro i quali ne hanno bisogno in Latinoamerica,e , con umiltà ha espresso che con Chávez, sono stati fatti programmi per operarne gratuitamente sei milioni in dieci anni.
Nonostante i critici, i leader di Cuba e Venezuela hanno il “know-how” per far fronte a molte delle problematiche sociali irrisolte nel Mercosur. Il “come farlo” non solo vale come tecnologia per lanciare prodotti vantaggiosi sul mercato, ma anche ed ancora più importante, per superare le piaghe della mortalità infantile, dell’analfabestismo e delle altre malattie improprie del XXI secolo.
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