Il cardinale golpista Maradiaga contestato all’Istituto Italo-Latino Americano

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El CardiMal

Il Cardinale durante la conferenza — Foto di Lauretta Pilozzi

Questo è il testo (più o meno) che avevo preparato per il mio intervento all’IILA e che ho letto dopo aver ascoltato per più di un’ora la conferenza del Cardinale Maradiaga sul tema: “Oltre la violenza e la povertà. Proposte di cambiamento per l’America Latina”. E’ di oggi la notizia dell’omicidio da parte di alcuni sicari di Olayo Hernández Sorto, membro del COPINH e del FNRP. Aveva moglie e 5 figli il cui sostentamento dipendeva dal suo lavoro.

Si è parlato qui di Diritti Umani e di povertà. Quindi volevo condividere una riflessione con voi. 

Per quanto riguarda i  Diritti Umani io credo che si debba aver ben chiara in mente una cosa, e cioè che rispetto alle violazioni dei Diritti Umani esistono sempre due attori: chi commette la violazione e  chi la subisce. Generalmente   commettono violazioni dei Diritti Umani lo Stato e i suoi apparati (esercito, polizia, magistratura…). Se io sequestro una persona e la torturo verrò incriminata e condannata presumibilmente per sequestro di persona,  violenza privata o tentato omicidio.  Uno Stato che sequestra, tortura o uccide persone  viene condannato dagli organismi internazionali preposti, ammesso che ciò accada,  per tortura, sparizione forzata o per  esecuzioni  extragiudiziali  che sono reati permanenti e imprescrittibili proprio perché rientrano nell’ambito delle violazioni dei Diritti Umani e vengono considerati crimini contro l’umanità. 

A questi due attori ne va aggiuno un terzo  e cioè chi legittima le violazioni dei diritti umani,  chi le benedice e legittimandole  si rende complice dell’IMPUNITA’ dei criminali. 

Ora parlando invece di violazioni dei diritti umani rispetto alla  povertà spero sia sufficientemente  chiaro a tutti in questa sala,  che gli Stati  commettono violazioni dei diritti umani per mantenere dei privilegi a danno delle masse popolari e quindi ci sembra  particolarmente strano e paradossale l’invito che è stato rivolto al Cardinale Maradiaga  che come è noto ha benedetto fin dal primo momento il colpo di Stato in Honduras. … (rumori in sala) …Posso ora presentarmi, sono Annalisa Melandri, collaboratrice della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani e sento di poter dire che sono qui a parlare anche a nome di alcuni settori della società civile italiana informati sui fatti che accadono e sono accaduti  in Honduras e a nome di tanti amici  indignati come me per  questo invito. Il  colpo di Stato in Honduras è stato portato avanti per mantenere  i privilegi economici di quell’oligarchia che temeva di perdere il suo potere grazie alle proposte progressiste del presidente legittimo Manuel Zelaya. 

Manuel Zelaya con la proposta di installare una Quarta Urna e di formare un’Assemblea Costituente stava cercando di restituire un po’ di dignità ad un paese che è uno dei più poveri del mondo, con un tasso di mortalità infantile del 48% entro il 5° anno di età,  con una disparità tra classi ricche e povere tra le più alte del mondo. 

Lei,  Monsignore prima parlava del “20% della popolazione nel mondo che gestisce l’80% del PIL mondiale”. In Honduras vige un sistema sociale in cui 10 famiglie possiedono la totalità della ricchezza e del potere, controllano le istituzioni e in combutta con le gerarchie cattoliche ed ecclesiastiche, amministrano  ogni aspetto della vita sociale ed economica. Il golpe è stato realizzato per difendere questo sistema sociale e  il cardinale Maradiaga ha benedetto questo sistema sociale e tutte le violazioni dei diritti umani che sono servite a mantenerlo. (Richiesta di formulare la domanda da parte del Presidente dell’ILA. Non ci sono domande gli ho detto, volevo solo leggere un comunicato e proseguo…) 

Ricordiamo che soltanto nei giorni immediatamente successivi alla cacciata di Zelaya si sono registrati 50 morti, 500 feriti e un migliaio di arresti e detenzioni arbitrarie mentre  oggi c’è uno stillicidio continuo di omicidi di leader comunitari, membri del Fronte di Resistenza, militanti e attivisti.

La consideriamo pertanto complice dei crimini commessi durante e dopo il colpo di Stato (ooohhh generale) e la dichiariamo pertanto persona non gradita nel nostro paese. 

(un po’ di confusione generale…)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Oscar Maradiaga, un cardinale golpista dall’Honduras a Roma

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“La povertà e l’ingiustizia sociale sono le veri armi di distruzione di massa”. Sul sito di Caritas Internationalis, il presidente dell’istituzione Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga accoglie i visitatori con questa frase. Peccato che lo stesso Maradiaga, aricvescovo di Tegucigalpa, capitale dell’Honduras, non abbia condannato il colpo di Stato militare che il 28 giugno scorso ha rovesciato il governo democraticamente eletto nel Paese centroamericano. Adesso Maradiaga è stato invitato nel nostro Paese dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Istituto Italo-LatinoAmericano; le due istituzioni hanno ricevuto una lettera firmata da decina di realtà dalla società civile italiana, e da singoli cittadini. Un modo per dichiarare pubblicamente che Maradiaga, in Italia, è “persona non grata”. 
 

Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, il cardinale dell’Honduras, arcivescovo di Tegucigalpa,
  presidente della Conferenza episcopale honduregna e della Caritas Internazionale, è invitato a Roma a partecipare in un incontro pubblico dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Istituto Italo-LatinoAmericano il prossimo 20 maggio alle ore 18.00 presso la sede dell’IILA in Piazza Benedetto Cairoli 3.
Nel novembre scorso il “CardiMale”, come è stato ribattezzato in Honduras, era stato invitato a Parigi dall’Istituto Cattolico per ricevere una Laurea Honoris Causa insieme all’ex presidente del Fondo monetario internazionale, Michel Camdessus. Ma la cerimonia era stata annullata per le forti proteste di vasti settori dell’opinione pubblica francese ed internazionale.
Parigi ha infatti condannato il violento colpo di Stato militare e confindustriale che il 28 giugno del 2009 ha rovesciato il governo legittimo. Viceversa il cardinale Maradiaga prendeva da subito posizione a favore del golpista Roberto Micheletti, mentre il Presidente Costituzionale Manuel Zelaya era sequestrato dai militari ed espulso dal suo Paese. Immediata la condanna dell’ONU, dell OEA (Organizzazione degli Stati Americani), di UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane), e di numerosi organismi di difesa dei Diritti Umani  oltre che della stessa Unione Europea. L’ALBA (Alleanza Bolivariana delle Americhe), il SICA (Sistema d’Integrazione Centroamericana), ed il Gruppo di Rio hanno anche approvato sanzioni contro le autorità illegittime dell’Honduras. 
L’Italia, per bocca del ministro degli Esteri Frattini ha parlato di una “grave violazione della legalità e delle regole democratiche”.
Nei giorni seguenti al golpe, come portavoce della Conferenza Episcopale Honduregna, Maradiaga appare in televisione, a reti unificate,  per leggere un comunicato in cui invitava Zelaya a non intraprendere “azioni precipitose come un ritorno in patria” per evitare di “scatenare un bagno di sangue”. Nel suo comunicato non spende una sola parola per condannare la repressione che ha accompagnato il golpe, eppure le cifre delle violenze fanno paura. Secondo il COFADEH (Comitè de Familiares de Detenidos Desaparecidos en Honduras) durante il colpo di stato ci sono stati 16 esecuzioni, più di 500 feriti, 1046 arresti. Nel periodo da giugno 2009 ad aprile 2010 risultano 47 persone assassinate per militanza politica e 7 per conflitti legati alla terra.  Di notte vige un coprifuoco non dichiarato e chi lo viola si espone al rischio serio di aggressioni, rapimenti, stupri.
Il Presidente della Conferenza Episcopale honduregna non pronuncia una parola sulla soppressione dei diritti civili e sulla chiusura dei media che non hanno appoggiato il golpe, come ad esempio Radio Progresso che pure è animata da gesuiti. Niente sulle minacce di morte ai giornalisti, le intercettazioni telefoniche e il blocco degli accessi ad Internet.
Viceversa, su Zelaya il cardinale dichiara: “l’iniziativa apparentemente meritevole di Zelaya, tenere gli incontri del governo in diverse cittadine in tutto il Paese, aveva in realtà lo scopo di istillare odio tra le classi”. Nonostante gli anni trascorsi, dal Cile di Pinochet, dall’Argentina di Videla, dal Perù di Fujimori, l’atteggiamento della Chiesa ufficiale non cambia, benché esistano numerose voci anche al suo interno che si levano contro il golpe e la repressione in Honduras.
Una spiegazione può essere stata l’ingresso dell’Honduras nell’ALBA il 26 agosto 2008 ed il progressivo avvicinamento di Zelaya a Hugo Chavez, visto dal cardinale honduregno e dalla gerarchia cattolica venezuelana come il “diavolo in persona”.
Per Maradiaga,  infatti l’Honduras era un banco di prova per il tipo di politica che ha permesso a Chavez di vincere le elezioni in Venezuela e forse la destituzione violenta di Zelaya, per il cardinale, era il male minore. Di certo, nella vicenda permangono parecchi punti oscuri, tra cui l’allusione ad una lettera di dimissioni che Zelaya avrebbe preparato, cosa da questi smentita. Il copione si ripete: come era successo in Venezuela nel golpe del 2002 contro Chavez, un alto prelato citava una lettera di dimissioni del Presidente mai esistita. E negli anni ‘80, il cardinale  si distinse  per aver denunciato i sacerdoti che simpatizzavano con le lotte dei popoli salvadoregno e nicaraguense, denunce che hanno comportato torture, morti ed espulsioni.
In Honduras, nel gennaio 2010 si sono tenute elezioni “riparatrici” sotto ferreo controllo militare e seppur con un astensione record del 70% si è voluto garantire la continuità del Colpo di Stato. Il nuovo governo di Porfirio Lobo, ha premiato e promosso infatti i suoi principali autori materiali ed intellettuali, alcuni addirittura presso le Nazioni Unite. I protagonisti del golpe permangono nella Corte Suprema di Giustizia senza alcun processo ne revisione da parte del nuovo parlamento.  La cosiddetta Commissione della Verità istituita dal nuovo presidente che tenta così di rompere l’isolamento internazionale, è composta da personaggi affini al golpe e non imparziali, come non potranno esserlo, d’altronde, le sue possibili conclusioni.
Questi solo alcune delle ragioni, più che sufficienti, che ci motivano a chiedere cosa abbia ispirato non solo l’IILA, ma soprattutto la Comunità di Sant’Egidio ad invitare in Italia un simile controverso personaggio ed esigere la cancellazione di questa iniziativa.
Da parte nostra, lo dichiariamo persona non grata.

Primi firmatari:

Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Osservatorio Informativo sulle Americhe — Selvas.org, CICA  (Collettivo Italia — Centro America ),  Coordinamento Associazione Italia-Nicaragua,   Associazione A SUD-ONLUS,  Rete dei Comunisti, Radio Città Aperta, Associazione e rivista  Nuestra America, Centro Studi Cestes-Proteo, Associazione La Villetta per Cuba, Casa Editrice Natura Avventura,   Lucia Agrati, Gruppo di Roma e Coordinamento nazionale Rete Radiè Resch, Gabriella Bentivoglio Gruppo Rete Radiè Resch Macerata, Fernanda Bredariol Gruppo Rete Radiè Resch  (Lancenigo-Maserada-Spresiano) , Antonio Vermigli Gruppo Rete Radiè Resch  (Quarrata, Pistoia) , Maria Teresa Gavazza Gruppo Rete Radiè Resch  (Alessandria) , Giuliano Ciapetti, Amig@s MST– Italia  (Firenze) Serena Romagnoli, Claudia Fanti, Benedetta Malavolti, Marta Gomes, Amig@s MST-Italia (Roma), Ettore Zerbino, Renata Ilari, Franco Fuselli, Marina Criscuoli, Ambretta Tasso, GianCarlo Corazza, Pierugo Bertolino, Arianna Sale, Dario Rossi, Luisa Devena, Alessandro Leni, Gabriella Barresi, Giovanna Savoldi, Roberto Masciadri, Amig@s MST-Italia (Milano), Annalisa Melandri,

Firme internazionali: Redes-Amigos de la Tierra (Uruguay), Oficina Ecumenica Monaco (Germania), Coordinacion Internacionalismo Buko (Germania), ALBA-Austria, IGLA, (Austria), Guatemala Solidaritat (Austria), France Amerique Latine (Francia), Alianza Social Continental Centro America, Movimiento Social Nicaraguense Otro Mundo es Posible, Alianza Social Continental, Instituto Rosa luxemburg (Brasile-Germania)

War on Want (Gran Bretagna), Ecologistas en accion (Spagna), Asociacion de solidariedad Bolivariana (Spagna), Omal-Paz con dignidad (Spagna), Informationsburd Nicaragua; Wuppekel (RFA), Casa del Mundo, Monaco (Germania), Venezuela Avanza, Monaco (Germania), Alianza antiguerra y racismo de Monaco (Germania), Observatorio de la deuda en la globalizacion (Spagna), Fundacion Mundubat, Pais Vasco (Estado Espanol), Ecuador Decide, Comision Intereclesial Justicia y Paz (colombia), Parti de Gauche (Francia), 

E nominalmente: Nora Cortinas, Madres de Plaza de Mayo, Linea Fundadora (Argentina), Lourdes Palacios, Diputata FMLN (El Salvador), Marina Sosa, FMLN (El Salvador)

inviare a:
Att. Ambasciatore Paolo Bruni Segretario Generale IILA
segdotgeneraleatiiladotorg

Att. Comunità di Sant’ Egidio
infoatsantegidiodotorg
m2000atsantegidiodotorg

internazionale.ambrosiana@caritas.it, segreteria@caritasitaliana.it
europa.ambrosiana@caritas.it,
caritas.ambrosiana@caritas.it
caritas.ambrosiana@caritas.it,
stampa.ambrosiana@caritas.it
territorio.ambrosiana@caritas.it,

e una copia in CCN per americalatina@rifondazione.it


Il Cardimale in Italia

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Mons. Oscar Rodríguez Maradiaga arriva in Italia. Il suo attivo sostegno al colpo di Stato non deve passare inosservato

 
di Giorgio Trucchi
 
Erano passati pochi giorni dal colpo di Stato che aveva deposto e mandato in esilio il presidente costituzionale dell’Honduras, Manuel Zelaya, quando il cardinale e arcivescovo di Tegucigalpa, Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, è apparso su tutti i principali canali televisivi del paese, lasciando senza parole buona parte della popolazione.
Per chi non lo conosceva bene o comunque aveva poca dimestichezza con le vicende honduregne, il cardinale Rodríguez era salito alla ribalta internazionale per essere stato segnalato come uno dei papabili dopo la morte di Giovanni Paolo II. E l’idea di un Papa centroamericano aveva fatto correre la fantasia di molti.
 
Il discorso del Cardinale non aveva invece stupito gli honduregni. L’atteggiamento apertamente favorevole al colpo di Stato e al governo di fatto di Roberto Micheletti, le insinuazione sui presunti reati commessi da Zelaya e l’invito rivolto a quest’ultimo a non cercare di rientrare nel paese “per evitare un bagno di sangue”, non erano state infatti solamente parole profetiche.
 
Il giorno dopo, il giovane Isis Obed Murillo, il primo martire della Resistenza, avrebbe trovato la morte sotto i colpi assassini dei militari, Zelaya non sarebbe riuscito ad atterrare nell’aeroporto di Tegucigalpa e il Cardinale, con il sostegno della Conferenza Episcopale honduregna, avrebbe coronato la sua campagna “anti-zelaysta” iniziata molto tempo prima.
 
Pochi giorni prima del fatidico 28 giugno, la gerarchia cattolica honduregna aveva espresso pubblicamente il suo dissenso nei confronti del progetto dell Quarta Urna e dell’installazione di una Assemblea Costituente.
 
“In Honduras si vuole fare ciò che è stato fatto in Venezuela, Bolivia ed Ecuador. Vedo chiaramente la mano del presidente venezuelano Hugo Chávez e il paese non può essere consegnato nè al chavismo, nè a nessun’altro, perché vogliamo continuare ad essere liberi e indipendenti”, aveva detto mons. Darwin Andino, vescovo della capitale, il giorno prima del colpo di Stato.
 
Ancora più forte e chiara la posizione della Conferenza Episcopale hondureña, letta durante l’intervento televisivo del cardinal Rodríguez. “La destituzione di Zelaya servirà per edificare un nuovo Honduras e per iniziare un nuovo percorso. È un nuovo punto di partenza per il dialogo, il consenso e la riconciliazione”.
 
In molti hanno inoltre segnalato la mano dell’Opus Dei nel colpo di Stato e nei suoi preparativi.
 
“In Honduras l’Opus Dei ha come principale figura il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, il quale nonostante faccia parte della congregazione dei Salesiani, da circa due decadi coopera ed è un membro attivo di questa organizzazione”, scrive il sociologo Marco Burgos.
 
L’Opus Dei in Honduras ha connessioni profonde con il mondo della politica e dell’economia e si è spesso scontrato con il presidente Manuel Zelaya ed il suo governo, e questo nonostante alcuni dei suoi membri più conosciuti facessero parte dello stesso governo e del partito che lo aveva condotto alla presidenza.
 
“L’opposizione del presidente Zelaya all’ingerenza di questo settore fondamentalista della Chiesa cattolica, ha fatto sì che questo gruppo si convertisse in parte del colpo di Stato”, dice Burgos.
 
Tra i principali motivi di conflitto sorti durante l’amministrazione Zelaya ricordiamo il veto presidenziale alla legge che proibiva la “pillola del giorno dopo” (immediatamente approvata dal Parlamento dopo il golpe) e il progetto del Ministero dell’Istruzione di avviare programmi di educazione sessuale nelle scuole.
 
“Il cardinal Rodriguez e la viceministra degli Esteri di fatto, Marta Lorena Alvarado, si sono impegnati personalmente per evitare che la Agenzia di cooperazione della Chiesa cattolica irlandese in Honduras continuasse con i suoi programmi educativi sulle pari opportunità e i loro interventi in Vaticano hanno compromesso programmi promossi dalle Nazioni Unite”, spiega Burgos nel suo scritto.
                                   
Interessi economici pro-golpe
 
Ma la partecipazione del Cardinale a sostegno del colpo di Stato va ben oltre.
 
Secondo documenti in possesso del mensile El Libertador, il cardinale Rodríguez aveva ottenuto un salario mensile di 5.300 dollari da parte dello Stato. Il favore era stato concesso nel 2001 dal presidente della Repubblica, Carlos Flores Facussé ed era stato sospeso proprio da Manuel Zelaya.
Poco dopo il colpo di Stato, il suo salario era stato immediatamente ristabilito dal governo di fatto.
 
Nemmeno una parola da parte del cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga e del resto della gerarchia cattolica, eccezione fatta per il vescovo di Copán, Luis Alfonso Santos, sulle decine di persone che hanno perso la vita sotto i colpi dei gruppi paramilitari e sulle migliaia che hanno subito gravi violazioni ai diritti umani.
 
Nemmeno un segnale di condanna per la persecuzione contro uomini della Chiesa, come il padre Andrés Tamayo, a cui è stata tolta la nazionalità honduregna ed è stato espulso dal paese, o il gesuita Ismael Moreno (Padre Melo) e il sacerdote Fausto Milla, perseguitati e minacciati più volte di morte per il loro lavoro pastorale a fianco dei più poveri e per il loro impegno contro il colpo di Stato.
 
Il cardinale in Italia
 
Ora, Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga arriva in Italia, invitato a una serie di conferenze, tra cui una paradossale organizzata a Roma per il 20 maggio dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Istituto Italo-Latino Americano su “Oltre la violenza e la povertà. Proposte di cambiamento per l’America Latina”.
 
Da più parti stanno già arrivando appelli per impedire la presenza del Cardinale golpista, che tra l’altro è anche presidente della Caritas Internazionale.
 
È probabile ed auspicabile che ci siano mobilitazioni e proteste e non sarebbe il primo caso.
 
Già alcune settimane fa, Oscar Rodríguez ha dovuto sospendere un viaggio in Francia dove avrebbe dovuto ricevere il dottorato Honoris Causa da parte dell’Istituto Cattolico di Parigi.
 
Secondo un comunicato emesso dall’ambasciata honduregna in Francia, “questa decisione è dovuta alle forti pressioni esercitate da vari settori a livello nazionale ed internazionale, che lo considerano (il Cardinale) come uno dei principali autori del colpo di Stato in Honduras (…) e coinvolto in delitti di corruzione e deviazione di fondi pubblici”.
 
Nelle prossime ore verrà emesso un comunicato di ripudio contro la presenza del Cardimale, come è stato ribattezzato in Honduras.
 
© (Testo Giorgio Trucchi  — Lista Informativa “Nicaragua y más” di Associazione  Italia-Nicaragua  www.itanica.org )

Fulvio Grimaldi:il ritorno del Condor

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Fulvio Grimaldi
Il ritorno del Condor
15 euro
«No me resigno y me indigno»: non mi rassegno e mi indigno. È la parola d’ordine delle donne dell’Honduras che dal 28 giugno scorso, giorno del golpe che ha deposto il presidente Manuel Zelaya, lottano contro la repressione. Una parola d’ordine di tutto il Fronte di Resistenza popolare, come mostra questo video del giornalista Fulvio Grimaldie.
«La riserva umana per una rivoluzione in corso d’opera». Così Grimaldi definisce il Fronte, questa immensa ed eterogenea massa che sta ancora pagando un caro prezzo, e che ora, con la complicità dei grandi media, rischia di continuare nel più completo isolamento.
Attraverso il racconto degli intervistati, Grimaldi ricostruisce le fasi del golpe, compiuto da militari agli ordini dell’oligarchia e degli Usa. La colpa di Zelaya? Aver voluto spostare il paese nel campo dei governi progressisti come Bolivia e Venezuela.
Parte così dall’Honduras una seconda Operazione Condor, un nuovo governo del Centroamerica ispirato dalla Cia come negli anni ‘70? La domanda percorre il video. Le nuove basi Usa in Colombia, e le manovre in tutto il Cono Sud – dice il giornalista –mostrano il nuovo disegno per ricondurre i paesi progressisti e rivoluzionari nel «cortile di casa» Usa. Un progetto a cui si oppone la resistenza popolare, raccontata soprattutto dalle donne, vere protagoniste del video:indigene, contadine, militanti e casalinghe, mogli di desaparecidos degli anni ’80, che avevano visto nelle politiche progressiste iniziate da Zelaya una speranza per il loro paese, il più povero dell’America latina dopo Haiti.
Una speranza interrotta dalle elezioni farsa che hanno messo alla presidenza il fantoccio Porfirio «Pepe» Lobo.
Per ordinare o presentare il video, tel. 06 99674258 o href=“visionandoatvirgiliodotit“>visionandoatvirgiliodotit
Annalisa Melandri
recensione per Le Monde Diplomatique — Il Manifesto febbraio 2010

Honduras, il golpe dimenticato

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Il golpe avvenuto in  Honduras   il 28 giugno scorso  che ha deposto e cacciato dal paese il presidente democraticamente eletto nel 2006 Manuel Zelaya e che ha visto l’insediamento manu militari  di Roberto Micheletti (dello stesso partito di Zelaya, il Parito Liberale) che ricopriva la carica di presidente del Congresso Nazionale,  è stato oramai di fatto legittimato con le elezioni del 30 novembre, realizzate in un clima di paura e di tensione,  tra repressione, detenzioni arbitrarie, omicidi e senza la presenza di osservatori internazionali. Porfirio Lobo  è  il nuovo presidente del paese e  si insedierà formalmente il 27 gennaio prossimo. Il governo uscente del golpista Roberto Micheletti e il nuovo esecutivo stanno  tentando di conquistare  adesso agli occhi miopi della comunità internazionale un volto democratico che convince veramente poco.  E nel frattempo  tentano di salvare gli autori materiali del golpe garantendo l’impunità sia a Roberto Micheletti (che proprio in questi giorni è stato nominato dal Congresso deputato a vita per i suoi 28 anni di lavoro svolti per il paese),  sia ai generali delle Forze Armate che sono sotto accusa da parte della Procura Generale per “abuso di potere” e “invio in esilio” del presidente deposto Manuel Zelaya (la Costituzione del paese infatti vieta esplicitamente di mandare in esilio cittadini honduregni). I militari rischierebbero in caso di condanna pene irrisorie che vanno dai 3 ai 5 anni di carcere.
Manuel Zelaya dall’ambasciata brasiliana dove si trova tuttora  denuncia che il Procuratore Generale Luis Rubí con questo provvedimento   “appoggia l’impunità dei militari accusandoli di reati minori e di abuso di potere e non per i gravi delitti che hanno commesso” e cioè “tradimento della Patria , omicidio, violazione dei diritti umani e torture al popolo” . Secondo Zelaya è chiaro inoltre che “ciò che si sta mettendo in pratica sono gli atti preliminari per ottenere l’impunità dei militari e lasciare senza condanna gli altri autori materiali e intellettuali del colpo di Stato militare”.
Andres Pavón, presidente del Comitato per la Difesa dei Diritti Umani (Codeh) ha ricusato formalmente il giudice in quanto “si è sostenuto e si continua a sostenere che è totalmente evidente che la rottura dell’ordine costituzionale in Honduras, avvenuta tramite un colpo militare di Stato, si è realizzata con la partecipazione e l’avallo diretto della Corte Suprema di Giustizia”.
In Italia,   a parte le sporadiche notizie di agenzie che si leggono in rete sulle vicende più propriamente politiche del paese centroamericano, il golpe  è stato completamente dimenticato e quindi legittimato e perfino uno dei pochi  spazi informativi onesti rimasti, Radio Tre Mondo, lo  ha “ratificato” recentemente,  intervistando Carlos Lopez Contreras, ministro degli Esteri del governo golpista. La redazione del programma, lo ha presentato infatti  come rappresentante del  “Governo di Transizione”.  
La stampa invece   ormai  ignora completamente e ha calato un velo di silenzio sulle violazioni dei diritti umani accadute e che continuano ad accadere in Honduras. Dalla resistenza honduregna,  dal COFADEH (Comitato dei familiari di detenuti scomparsi) e dalle altre associazioni umanitarie continuano  a  giungere  denunce di omicidi di difensori dei diritti umani, come quello di Walter Trónchez ucciso il 14 dicembre a colpi di pistola mentre camminava per il centro di Tegucigalpa (era stato già arrestato e sottoposto a torture nel luglio scorso). Walter era stato anche testimone dell’arresto da parte di alcuni membri della polizia di Pedro Magdiel Muñoz Salvador, poi ucciso il 25 luglio durante una manifestazione. Walter, che faceva  parte del Fronte nazionale di resistenza popolare e che si occupava  dei diritti della comunità LGTB già il 4 dicembre scorso era stato sequestrato da quattro uomini incappucciati che dopo averlo picchiato ripetutamente lo avevano minacciato di morte. In quell’occasione riuscì a fuggire e sporse denuncia alle autorità. Inutilmente. Il 15 dicembre è stato trovato anche il corpo senza vita e senza testa di Santos Corrales, anche lui appartenente al  Fronte  che era stato arrestato dieci giorni prima da membri della Direzione nazionale di investigazione criminale (DNCI).
Andres Pavón (Codeh) denuncia che squadre di paramilitari percorrono le vie di Tegucigalpa e dei centri minori sequestrando e uccidendo giovani appartenenti al FNRP.  Dal 30 novembre  giorno delle elezioni, sarebbero già 30 i militanti uccisi, che vanno ad aggiungersi a quelli morti  immediatamente dopo il colpo di Stato e nei mesi successivi. Si tratta di una “vera e propria offensiva” contro un movimento che va crescendo sempre di più e che trova sempre maggior consenso in Honduras ma anche fuori dal paese.
La repressione si sta accanendo  duramente anche contro la comunità gay, come dimostra l’omicidio di Walter Trónchez , e contro le associazioni femministe, mentre quanto mai  pericoloso e difficile è  il lavoro di giornalisti e operatori dell’informazione. Le sedi di giornali e radio comunitarie vengono ripetutamente perquisite   con uso sproporzionato di forza e violenza, quando non sono oggetto di attentati compiuti da paramilitari, come avvenuto recentemente alla radio Faluma Bimetu, che da anni denunciava i crimini e gli interessi dei gruppi finanziari che cercavano di cacciare la comunità degli indigeni Garifuna dai loro territori (gli stessi dove è stata girata l’Isola dei Famosi per capirsi). Alcuni giornalisti invece sono stati arbitrariamente detenuti e poi rilasciati dopo aver subito percosse e torture.
Le elezioni del 30 novembre sono state riconosciute valide da pochi paesi. Oltre ovviamente agli Stati Uniti, la cui partecipazione diretta o indiretta al golpe è ormai stata definitivamente accertata (e poca rilevanza ha se ciò sia avvenuto con o senza il consenso di Obama), anche  il Messico, Panamá, Costa Rica, Perú, Colombia, Italia, Francia, Germania , Israele e Giappone hanno salutato favorevolmente il risultato elettorale,  mentre nella regione ha un certo peso, anche se alla nuova classe dirigente honduregna sembra non interessare particolarmente, la posizione di Brasile, Argentina, degli altri paesi aderenti all’Alba e del Mercosur che non riconoscono Porfirio Lobo come presidente.
Il Congresso tra l’altro  ha ratificato proprio in questi giorni la decisione di uscire dall’Alba, la cui adesione era stata fortemente voluta da Manuel Zelaya e che di fatto è  stato il motivo scatenante del colpo di Stato.
Il 7 gennaio si è tenuta la prima manifestazione del nuovo anno contro il governo proprio in protesta contro questa decisione, ma anche per chiedere un’Assemblea Costituente e per esprimere ancora una volta solidarietà a Zelaya.  A Tegucigalpa hanno sfilato  decine di migliaia di honduregni  dall’ Università Pedagogica al palazzo del Congresso e si sono dati appuntamento nuovamente   a fine gennaio per la data di insediamento di Lobo.
Mentre nelle strade della capitale una folla pacifica e chiassosa, in un clima di relativa tolleranza, gridava slogan contro il governo e in favore di Mel Zelaya,  nelle campagne e nelle zone più rurali del paese,  dove le telecamere sono assenti e i giornalisti difficilmente arrivano, l’esercito e la polizia mostrano invece il  vero volto di quella che nessuno chiama dittatura ma che non lascia dubbi rispetto alla sua vera natura.
Una comunità di contadini nella Valle del Aguàn è stata infatti violentemente sgomberata dalla polizia e dall’esercito da alcuni territori statali nei quali aveva costruito povere capanne e seminato mais e cereali, territori che erano invece reclamati da alcuni latifondisti che spesso in Honduras assoldano anche bande paramilitari per liberare le terre.
Le colture sono state distrutte, le capanne incendiate e i contadini, circa 600 famiglie,   cacciati con lacrimogeni e proiettili (di piombo).
Sono innumerevoli le situazioni come queste nel paese,  a dimostrazione anche del fatto che i latifondisti e i grandi proprietari terrieri sono stati una delle anime del golpe e che proprio quella Riforma Agraria della quale si era timidamente iniziato a discutere durante la presidenza di Manuel Zelaya adesso  si rende estremamente necessaria. Appare  invece sempre più lontana.
Riforma Agraria e Assemblea Costituente sono le due battaglie sulle quali l’eterogeneo Fronte Nazionale di Resistenza Popolare dovrà  investire nel prossimo futuro forze ed energie,  canalizzandole probabilmente in espressioni e iniziative che abbiano sicuramente più rilevanza e peso politico di quello che hanno oggi le grandi mobilitazioni per le strade di Tegucigalpa.
Le associazioni per la difesa dei diritti umani intanto puntano sulla giustizia internazionale: Luis Guillermo Peérez Casas segretario generale della Federazione Internazionale dei Diritti Umani  (FIDH) e Manuel Ollé Sesé, presidente dell’ Associazione Pro Diritti Umani (Spagna)  hanno sporto denuncia contro Roberto Micheletti e il capo delle Forze Armate Romeo Vásquez Velásquez, per il delitto di persecuzione politica contro il popolo honduregno. Anche se questa, a voler essere pragmatici, sembra un’inutile iniziativa. L’Honduras ha ormai il suo nuovo presidente. E’ contro il nuovo governo, e il silenzio che circonda quanto accade nel paese  che adesso bisogna lottare.
.….….….….……
Segnalo:
Usa-Honduras-America Latina alla battaglia finale
IL RITORNO DEL CONDOR
Di FULVIO GRIMALDI
Il ritorno del Condor. Il racconto del colpo di Stato effettuato in Honduras contro il presidente progressista Manuel Zelaya dai militari agli ordini dell’oligarchia honduregna e degli Stati Uniti. L’inizio di un’operazione Condor 2, con la quale Washington si propone di rinnovare i nefasti dell’operazione Condor degli anni ’70 che installò Pinochet in Cile e altre sanguinarie dittature in America Latina. Una controffensiva statunitense, con nuove basi militari in Colombia e manovre di destabilizzazione in tutto il Cono Sud, per strappare ai governi e movimenti progressisti e rivoluzionari quello che Washington considera il suo “cortile di casa”. L’irriducibile resistenza del popolo honduregno e dei popoli latinoamericani.
 
Fulvio Grimaldi. Giornalista, scrittore, inviato di guerra ex-Rai i cui docufilm sullo scontro tra popoli e imperialismo non verranno mai trasmessi dalla Rai. E’ il quarto documentario sul “continente della speranza”, dopo “Cuba, el camino del sol”, “Americas Reaparecidas”, “Cuba, Venezuela, Bolivia, Ecuador: l’Asse del Bene”. Si affianca ai suoi popolari lavori di controinformazione su Balcani, Iraq, Libano, Palestina – ultimo “Araba fenice, il tuo nome è Gaza” – e ai libri sugli stessi argomenti e sulla crisi della Sinistra italiana.
 
Produzioni VisioNando-Roma – visionandoatvirgiliodotit – tel/fax 06 99674258
Dal 16 gennaio al 7 febbraio Il Circolo di Italia-Cuba della Tuscia organizza, insieme ad altri circoli e strutture, un tour italiano di una dirigente del Fronte Nazionale della Resistenza al Colpo di Stato in Honduras, nel corso del quale verrà presentato anche il nuovo documentario “Il ritorno del Condor”.
Per le date degli appuntamenti consultare :


 
 
 
 
 

Honduras, semillas de libertad (Primera parte)

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Honduras: carta a las autoridades

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Nos enteramos con profunda contrariedad que, a pesar de haber solicitado una cita al embajador Roberto Ochoa Madrid con anticipo suficiente, el día de la manifestación bajo la embajada de Honduras en Roma, , dicha sede se encontraba cerrada; vacia, como comunicadonós por el dirigente de la Policia que ha tratado de contactar a un responsable del servicio diplomático, como por nosotros requerido. Incluso en ese día, la bandera de Honduras ha sido retirada de la embajada.

Interpretamos tal comportamiento como un rechazo explícito al dialogo con un amplio grupo de reèpresentantes de la sociedad civil italiana y una precica posición política de la sede diplomática de Honduras en Italia y del mismo embajador Sig. Roberto Ochoa Madrid.

Sr. Roberto Micheletti
Casa Presidencial
Tegucigalpa, Honduras

Congreso Nacional de Honduras
Tegucigalpa, Honduras

Secretario de Estado en el Despacho de Relaciones Exteriores
del gobierno de facto — Honduras
Carlos López Contreras
Tegucigalpa, Honduras

Ministro de Asuntos Exteriores – Italia
Franco Frattini
Roma, Italia

Embajador de Honduras en Italia
Roberto Ochoa Madrid
Roma, Italia

Roma, 13 octubre 2009

Nosotros representantes de Asociaciones en defensa de los derechos humanos, del trabajo y de los sindicatos, de la cooperación internacional y del asociacionismo civil ciudadano, agradecemos al embajador Sr. Ochoa Madrid por recibirnos en esta jornada de movilización y de protesta contra el golpe de Estado que desde hace 100 días ha anulado las diarias prácticas democráticas y políticas del país, despojando al legitimo presidente Manuel Zelaya de su encargo. Deseamos hacerlos participes de nuestras preocupaciones debidas sea por las violaciones de derechos humanos que se cometen diariamente en Honduras que por la evolución de la situación, considerando las elecciones que el régimen golpista entiende realizar el próximo 29 noviembre, ilegitimas por la ausencia del libre confronto político y de las garantías democráticas.

Solicitamos al Sr. Ochoa que comunique a la junta del Sr. Micheletti esta nuestra misiva.

Respecto a la situación que hasta hoy se presenta en Honduras observamos lo siguiente:

1. Sea la promulgación del Estado de sitio que el decreto n. PCM –16–2009 de la suspensión de las garantías constitucionales, edito el 26 septiembre pasado, son medidas abiertamente “violatorias del derecho internacional”, como denunciado también por la Corte Interamericana de los Derechos Humanos (CIDH). La revocación verbal de las garantías constitucionales, del 6 octubre del año en curso, efectuada por el gobierno en vista de la inminente visita de la OSA, de hecho no ha sido incluida en la Gaceta Oficial y por esto no es aplicada por las autoridades que continúan a actuar sobre la base del decreto de suspensión de los Derechos. Razón por la cual, según cuanto denunciado también por la asociación francesa Reporters Sans Frontières, las dos emisoras independientes y criticas hacia el régimen, Radio Globo y Canal 36 hasta el día de hoy, non han podido reanudar regularmente sus transmisiones ni han podido recuperar el material que les ha sido secuestrado. Non podemos prescindir de observar que, si de una parte se dice de querer respetar la fecha del 29 noviembre como posible fecha de las elecciones presidenciales en Honduras, es de anotar que desde hace tres meses cada voz que se expresa en contra del golpe de Estado viene callada con la represión y la violencia; no permitiéndole así el libre ejercicio de la campaña electoral en vista de tal evento.

2. La ultima misión de la OEA que ha visitado el país, debido a la respuesta negativa del gobierno de hecho Sr. Micheletti, se ha concluido sin ninguna novedad positiva, debido al rechazo de la junta golpista para aceptar el punto numero seis del acuerdo de San José, base fundamental para cada tratativa, es decir, la restitución de la presidencia de Honduras al Sr. Zelaya.

3. Nos preocupan, además, las personas que permanecen en la cárcel con acusas infundadas y sometidas a torturas y a tratamientos violentos y degradantes por parte de las autoridades. Según los datos difundidos por el Comité de Familiares de los Detenidos y Desaparecidos en Honduras (COFADEH), los prisioneros políticos actualmente serian 45 aproximadamente, aunque si el portavoz del Frente Nacional de Resistencia Popular considera que sean muchos más. Particularmente preocupante es el caso de la maestra Agustina Flores López, 50 años, hermana de la directora del Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (COPINH) y miembro dirigente del Frente Nacional Contra el Golpe de Estado; de Bertha Cáceres, arrestada el 29 septiembre pasado con la acusa de sedición, ha sido victima de torturas y tratamientos degradantes por parte de miembros de la policía. En un video que hoy circula, resulta evidente que la Sra. López ha sido golpeada violentamente aunque si habia sido esposada por mujeres del cuerpo de policía. La noticia de ayer, anuncia su liberación bajo caución; queda aún indiciada con graves acusaciones y con el entero implanto acusatorio vacío de garantías y transparencia.

4. COFADEH denuncia que 17 personas han muerto en Honduras por causa de la violencia che se ha desencadenado después del golpe de estado del 28 de junio.

5. De las investigaciones de la ONU, surgen noticias que nos preocupan profundamente. Denuncian que grupos de paramilitares colombianos pertenecientes a las Autodefensas Unidas de Colombia (AUC), están en Honduras protegiendo los latifundistas locales. Además, la ONU trabaja sobre las denuncias recibidas con respecto al uso de aparatos acústicos a largo rayo, utilizados contra Zelaya y sus sostenedores que se encuentran en la embajada del Brasil por parte de miembros de la policía y de mercenarios.

Pedimos entonces lo siguiente:

1. Que sea inmediatamente restituida la presidencia, robada manu militari con la fuerza y la violencia al legitimo mandatario del país Manuel Zelaya, regularmente electo por el pueblo hondureño, para que le sea dada la posibilidad de terminar su mandato.
2. Que en el país sea reestablecido inmediatamente el Estado de Derecho y sea garantizado el respeto de los Derechos Humanos, civiles y políticos previstos por todos los tratados internacionales firmados incluso por Honduras.
3. Que cese inmediatamente la criminalizacion de la protesta social actuada por le régimen con el fin intimidatorio y represivo y la persecución penal contra los opositores del régimen y sea garantizado su legitimo derecho al disenso.
4. Que sean inmediatamente liberados todos los prisioneros políticos detenidos y se inicien investigaciones que punten a establecer las responsabilidades penales con respecto a los casos denunciados por muerte, tortura, detenciones arbitrarias, crueldad y degrado en el tratamiento a las personas o contra las personas que han manifestado en contra del régimen.
5. Que sea garantizado y respetado el derecho a la libertad de expresión y el derecho a la información: por consiguiente, que todos los operadores los medios de comunicación críticos ante el régimen puedan realizar su labor de difusión en absoluta seguridad.
6. Que sean realizadas las in
vestigaciones oportunas con respecto a la denuncia de la presencia de grupos paramilitares colombianos que se encontrarían operando en el país pagados por latifundistas locales.

Y luego afirmamos:

1. Que reconocemos como legitimo presidente de Honduras al Sr. Manuel Zelaya.
2. Que solidarizamos con el Frente Nacional de Resistencia Popular y con todo el pueblo hondureño en la lucha contra el golpe de estado.
3. Que sostenemos el Frente Nacional de Resistencia Popular y todo el pueblo hondureño en las legitimas peticiones de establecer una Asamblea Constituyente que les restituya dignidad y participación civil.
4. Que no reconoceremos los resultados de las elecciones políticas del 29 noviembre próximo en cuanto realizadas bajo un régimen golpista sin ninguna garantía de respeto de las reglas democráticas sea por cuanto respecta la campaña electoral sea por como se han llevado a cabo.

Al ministro de Asuntos Exteriores italiano Franco Frattini pedimos:

1. Que no reconozca como legitimas las elecciones políticas del 29 noviembre próximo en cuanto realizadas bajo un régimen golpista sin ninguna garantía de respeto de las reglas democráticas sea por cuanto respecta la campaña electoral sea por el modo como se han llevado a cabo; como ya declarado por el secretario general del ONU, de la OEA, y del gobierno de los Estados Unidos en el caso no sea nuevamente en poseso de la presidencia del país el Sr. Manuel Zelaya.
2. Que se opere activamente por la cancelación de cada relación económica y tratado comercial con el gobierno golpista hondureño hasta cuando no venga reestablecida la democracia en el país.
3. Que se prohíba la entrada en Italia de todos los miembros del gobierno golpista y de los colaboradores declaradamente cómplices del régimen, empezando por el Sr. Micheletti Bain, originario de Bergamo.
4. Que se haga promotor en la Unión Europea porque se suspenda cualquier acuerdo económico y comercial con Honduras.

Saludos.

Firmantes: Associación A Sud, Comitato Carlos Fonseca, Unione Forense per la Tutela dei Derechos dell’Uomo, Comitato Pro Zelaya, Collectivo Italia-Centro America, Associación Italia-Nicaragua, Annalisa Melandri, Rete Italiana de Solidarietà Colombia Vive!, On. Marco Rizzo, Comunisti Sinistra Popolare, Ex-SNIA, Fulvio Grimaldi, Sandra Paganini, Circolo della Tuscia, Italia Cuba


Volantino contro il golpe in Honduras

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chi vuole se lo stampa e lo fa girare come meglio crede. Gracias
RESPINGIAMO IL GOLPE   IN HONDURAS!
 
Sono trascorsi oltre tre mesi dal golpe in Honduras finanziato e realizzato dalla cricca oligarchica del paese che detiene la totalità della ricchezza e del potere politico.
Il governo fascista di Roberto Micheletti ha decretato come ultima mossa per consolidare la sua dittatura, lo stato d’assedio e  la sospensione delle garanzie costituzionali, accentuando la repressione contro il Fronte nazionale di resistenza popolare e contro  la popolazione civile che si oppone con ogni mezzo al golpe pagando un alto prezzo di sangue e di arresti.
L’Honduras, uno dei paesi più poveri del mondo, con una mortalità infantile del 48% fino al 5° anno di età, con una disparità tra classi ricche e classi povere tra le più alte in assoluto. Un sistema sociale dove una decina di famiglie possiede la totalità della ricchezza e del potere, controlla le istituzioni politiche e giudiziarie e, in combutta con le gerarchie militari ed ecclesiastiche, gestisce ogni aspetto della vita nel piccolo paese centroamericano.
  
Manuel Zelaya , il presidente legittimo del paese è  asserragliato in queste ore  all’interno dell’Ambasciata brasiliana, rientrato in Honduras clandestinamente dopo essere stato cacciato nel giugno scorso   manu militari perché tentava di realizzare alcune riforme sociali  delle quali avrebbero beneficiato gli strati più poveri della popolazione.
Già aveva aumentato il salario minimo del 60% e dall’agosto dello scorso anno l’Honduras era entrato  a far parte dell’Alba, l’Alternativa Bolivariana delle Americhe, il progetto di integrazione politico, economica e sociale dei paesi progressisti latinoamericani.
Proprio l’adesione all’Alba, osteggiata dai settori più ricchi e reazionari del paese, sembra sia stato uno dei motivi scatenanti del golpe, oltre alla proposta di Zelaya di indire un’Assemblea Costituente per modificare  la Costituzione scritta dal dittatore Policarpo Paz nel 1982, in un periodo segnato da arresti, torture, sparizioni di persone, una modifica che avrebbe restituito finalmente un po’ di sovranità popolare alla nazione.
 
L’Honduras è sempre stato una vera e propria   “Repubblica delle Banane”, la sua politica e la sua economia, fin dal XIX  secolo, sono state influenzate in maniera determinante dagli interessi della potente United Fruit Company che ha imposto dittatori e presidenti a suo piacimento, comportandosi come prolungamento degli interessi politici ed economici di Washington nel paese.
Tutti coloro che pensavano che, con l’avvento di Obama alla Casa Bianca,  sarebbe iniziata una nuova fase nei rapporti tra Stati Uniti e paesi dell’America latina, non più caratterizzata dalla supremazia militare ed economica nord americana, dovranno ricredersi. Il “cortile di casa” fa sempre gola ai settori più retrivi di Washington.
 
Sono gli alti gerarchi del Pentagono, quelli che fanno capo al Comando Sud e che  hanno recentemente concordato con il governo narcoparamilitare di Uribe  l’installazione di 7 nuove basi americane in Colombia, quelli che hanno riattivato le operazioni militari della IV flotta; sono sempre quelli che in questi giorni stanno imponendo il complice silenzio del governo americano rispetto alle terribili notizie che giungono ogni giorno da Tegucigalpa, che sono stati complici fin dall’inizio del golpe in Honduras.
 
È urgente la mobilitazione di tutti i democratici, gli antifascisti, gli antimperialisti contro la barbarie e l’arroganza dei potenti.
 
Per esprimere solidarietà al Frente Nacional de Resistencia Popular, per avere informazioni e aderire a nuove iniziative in Italia scrivere a:
href=“noalgolpedotitaliaatgmaildotcom“>noalgolpedotitaliaatgmaildotcom

Striscione contro il golpe. Sveglia stampa!!!!

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Intervista a Betty Matamoros, della resistenza contro il colpo di Stato in Honduras in questi giorni in Italia.

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di Stella Spinelli — PeaceReporter
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“In Honduras c’è stato un colpo di stato il 28 giugno e da allora c’è un popolo che sta resistendo contro una situazione che noi non abbiamo voluto, ma nella quale ci hanno obbligato a vivere. La nostra è una resistenza pacifica. È un popolo che conta arrestati, feriti, morti, scomparsi. Le cifre ufficiali parlano di 18 morti, ma gli organismi internazionali in difesa dei diritti umani ne indicano 4 e sono coloro che hanno perso la vita durante le manifestazioni. Le altre sono morti extragiudiziali, che necessitano di indagini accurate. I feriti sono invece 300, da catene di metallo e pallottole. Abbiamo 3000 detenuti illegalmente e 39 persone in sciopero della fame per protesatare contro la detenzione scattata per aver difeso nell’Istituto agrario nazionale il proprio diritto alla titolazione delle terre. Dodici indigene lenca, alcuni minori, hanno ottenuto asilo politico nell’amabsciata guatemalteca. E c’è un popolo intero perseguitato in maniera costante. Le accuse principali sbandierate agli arrestati sono di non rispettare il coprifuoco o, per quelli del Frente, sedizione”.
Usa parole semplici e ben scandite Betty Matamoros, 47 anni, responsabile del settore internazionale del Frente contra el golpe en Honduras. La incontriamo nella sede di Mani Tese, a Milano, e con pacatezza ci accompagna nelle complesse pieghe delle politica, della società e delle leggi honduregne, con l’intento di spiegarci dove andrà il suo popolo, che affronta le pallottole armato di uova e fantasie di un migliore Honduras possibile.
“Vorrei spiegare cos’è il coprifuoco. In Honduras abbiamo garanzie individuali di protezione scritte nella Costituzione e un decreto firmato dal presidente golpista, Roberto Micheletti, ce le ha tolte. Questo significa che possiamo essere presi per strada o in casa e violentati nei nostri diritti. Questa sospensione non è solo per chi resiste, ma per tutto il popolo. Un’offesa per tutti”.
In Honduras, dunque, c’è una resistenza del tutto pacifica, nonostante i golpisti siano armati fino ai denti?
“In questo senso è necessario ripercorrere la storia del Centroamerica, dove sono tre i paesi che hanno subìto periodi di violenza armata che hanno lasciato sul terreno innumerevoli morti. Noi honduregni abbiamo imparato da queste esperienze dei paesi vicini che le armi non sono una soluzione, bensì organizzarci in maniera pacifica e agire in nome della non violenza. La resistenza di oggi è nata in trenta anni, sono trenta anni che stiamo forgiando questo movimento per affrontare i problemi della nostra regione. Per questo abbiamo invitato tutti a resistere pacificamente per chiedere cambiamenti reali e radicali. Abbiamo un paese pieno di diseguaglianze. L’ottanta percento vivono in povertà e di questo, il 35 vive con meno di un dollaro al giorno. Eppure il nostro paese è ricchissimo di risorse naturali, che però vengono godute da pochi. Così come la terra, la maggioranza è nelle mani di pochissimi e gli altri non hanno un pezzetto di terra da coltivare per sopravvivere. E’ l’insegnamento della storia che ci ha portato a una forma di resistenza pacifica e popolare che vuol dire al mondo che noi siamo capaci di resistere. Se avessimo iniziato una guerra civile, non staremmo, ora dopo tre mesi, ancora resistendo con un immenso appoggio popolare. Avremmo già i militari Usa nel paese.
Che ruolo hanno avuto e hanno, direttamente o indirettamente, gli Stati Uniti nel golpe?
Un vincolo molto forte. La oligarchia economica Usa ha le mani in pasta in quanto è accaduto. Storicamente siamo il pollaio degli Usa e se viviamo in questa misera condizione è perché loro ci tengono in questa situazione. E adesso anche l’Unione europea vuole adottare il medesimo comportamento con i paesi centroamericani, negoziando un accordo di libero scambio simile al Cafta, tanto dannoso per i nostri popoli. Anche se raccontano che i due accordi commerciali sono distinti, la base che usano resta il Cafta. Parlano di tre punti: il dialogo politico, ma in occasione del golpe non hanno partecipato al dialogo politico; la cooperazione internazionale; e l’aspetto commerciale, ma tutto in un ottica di libero scambio.
E l’Alba, l’Alternativa bolivariana per le Americhe promossa da Hugo Chavez, invece?
Dopo l’entrata in vigore del Cafta e la presa di coscienza dei primi effetti negativi sul paese, i movimenti hanno fatto pressione sul governo affinché ricercasse un’alternativa. E quale migliore alternativa se non l’Alba? Quindi l’Honduras ha aderito. Noi crediamo fermamente nelle riforme sociali che l’Alba promuove. Certamente ha una parte commerciale, ma non è il libero commercio. E per questo continuiamo a pensare che l’Alba sia l’unica opzione per l’America latina. Ma per l’oligarchia economica questo ha voluto dire tornare indietro rispetto ai vantaggi ottenuti con il Cafta. L’Alba non permette che la gestione dei fondi sia data in mano ai privati. Non prevede intermediari. La gente ne attinge direttamente. E tutto ciò che nasce come idea di riforma del ruolo del popolo le oligarchie lo definiscono socialismo e entrano nel panico. E per questo hanno promosso una campagna che avverte che il comunismo sta avanzando in Honduras, con tanto di slogan: i comunisti mangiano i bambini! E come bloccare una tale campagna di disinformazione, se il novanta percento dei mass media è in mano loro? Questo è uno dei più grandi problemi che abbiamo nel paese, dato che gli unici due mezzi d’informazione indipendenti che avevamo sono stati chiusi dopo il golpe.
È appurato che il Movimento non si può esaurire nella definizione pro Zelaya, inquanto viene da molto più lontano e non si esaurisce nel sostenere un presidente. L’obiettivo è infatti ottenere un’assemblea costituente e una nuova magna charta che rifondi il paese ex novo.
L’idea di un’assemblea costituente in Honduras non è un’idea nata da Zelaya, ma è una richiesta che i movimenti sociali e popolari portano avanti dal 2005. Tutto è nato quando il Cafta ha messo in secondo piano la Costituzione in vigore violando i diritti del popolo. Quindi, lottiamo per un’assemblea che possa ribaltare quanto è scritto nel trattato di libero commercio. E c’è una legge secondaria, a cui ci appelliamo, e che venne promulgata da Zelaya quando divenne presidente, che codifica la partecipazione cittadina. L’art. 5 di questa legge dà la possibilità al presidente di ricevere dal basso proposte di consultazione da rimettere poi al popolo honduregno. E così che le 40mila firme per sollecitare una consultazione sull’assemblea costituente hanno raggiunto Zelaya. Che poi le ha fatte sue e ha iniziato a promuovere la questione. Questo è stato il suo passo falso: da allora l’oligarchia ha manipolato la vicenda, dicendo che Zelaya stava puntando a cambiare la Costituzione per rimanere al potere. Ma è assurdo.
Una tesi sposata dai principali media italiani, anche, come Corriere e Repubblica.
In realtà il 28 giugno si sarebbe chiesto al popolo se era d’accordo o meno a installare una quarta urna nelle elezioni del 29 novembre. La quarta urna sarebbe servita per raccogliere l’opinione popolare sul convocare o meno un’assemblea costituente. Se fosse stato sì, il tutto sarebbe passato nelle mani del Parlamento, quindi non era vincolante. Cosi, giuridicamente, non c’era nessun modo per cui Zelaya poteva restare in carica e lo aveva detto anche pubblicamente che non si sarebbe ripresentato. C’è di più, durante una riunione dell’Oea a Tegucigalpa Zelaya aveva addirittura firmato un documento in cui affermava che mai si sarebbe ricandidato, per questo l’Onu aveva inviato degli osservatori alla consultazione del 28 di giugno, che mai ebbe luogo perché quel giorno il presidente della Repubblica venne sequestrato. In alcuni seggi, in luoghi lontani dalla capitale, si votò perché la notizia del golpe tardò ad arrivare, ma dato che i golpistas dissero che tutti coloro che avrebbero continuato a parlare della consultazione sulla quarta urna erano penalmente perseguibili, non si è mai saputo il risultato di quelle poche schede.
Al di là di tutto, voglio precisare che il Frente non è zelaystas, rinunciamo volentieri a questo titolo, ma siamo convinti che almeno Mel abbia voltato almeno un po’ la testa verso il popolo. Per questo l’indignazione al golpe è stata così forte. Zelaya viene da un partito tradizionale, il partito liberale, ma ha teso almeno un dito della mano verso la gente povera.
E il popolo lo rispetta…
E lo rivuole al posto che gli spetta di diritto. La resistenza è grande, numerosa, oltre ogni aspettativa. E questo anche perché anche il più piccolo popolo del più piccolo paese del Centroamerica ormai ha internet e il cellulare, e sono strumenti che ci sono serviti molto per mobilitare, informare, bypassare la censura. In ogni più piccola comunità honduregna c’è una forma di resistenza al golpe, sempre pacifica. In alcuni dei più remoti villaggi l’unica maniera per resistere è tirando le uova contro i politici. Il problema è che in cambio ricevono le pallottole dalle loro guardie del corpo.
Ma non si arrendono, non ci arrendiamo fino al cambiamento. Ci sono forme di resistenza tutte nuove, fantasiose come la bullaranga, ossia la gente se ne va nei propri quartieri e sfida coprifuoco e militari facendo chiasso e fracasso, e le forze dell’ordine non hanno modo di azzittirli, perché resistiamo sotto l’egida dell’articolo 3 della Costituzione, che dice che non dobbiamo obbedienza agli usurpatori e che ci dà diritto a insorgere. E abbiamo preso alla lettera questo articolo. E siamo coscienti di aver danneggiato molto l’oligarchia economica.
Quindi il Fronte contro il colpo di stato è un entità complessa e variegata?
È un insieme di entità unitesi dopo il golpe. Comprende artisti, donne organizzate, intellettuali, il partito politico di Zelaya, i socialdemocratici, il partito di sinistra, indigeni, afrodiscendenti, e a livello nazionale abbiamo la Coordinazione nazionale di resistenza popolare, nata nel 2003 con l’obiettivo di dare un’agenda comune ai movimenti honduregni, e di cui fa parte anche la Centrale operaia. Una costruzione di lotta che viene da trent’anni di storia. Con il golpe, ci siamo visti obbligati a organizzarci. Il popolo ha superato ogni speranza di movimento popolare nella sua risposta alla resistenza. Ciò che abbiamo dovuto fare è stato riunire la forza spontanea riversatasi nelle strade non modo da coordinarla e non far sì che si disperdesse sotto i colpi dei golpisti. Il nostro primo obiettivo: ordine istituzionale e costituzionale. Secondo: l’assemblea costituente. Terzo: rafforzare le organizzazione in difesa dei diritti umani per punire chi ha violato i nostri diritti, per evitare che si dimentichi, che cadano impunite queste colpe, in modo che questa situazione non possa più ripetersi né in Honduras né in America Latina. Il nostro slogan è “Hanno paura di noi, perché non abbiamo paura”. Ci siamo assunti questo ruolo che ci ha consegnato la storia, per questo non abbiamo paura. Era importante uscire dall’Honduras per rompere l’isolamento mediatico internazionale e raccontare. Per questo sono qui. Per far si che i movimenti sociali che sostengono la resistenza honduregna continui a denunciare quel che accade e far pressione sui rispettivi governi, per evitare tutti insieme che i golpisti non restino impuniti.

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