L’Organizzazione di Donne Indigene di Huaxcaleca, Zihuame, nasce nel 2009 dopo otto anni di lavoro in tema di diritti umani e di diritti delle donne nel Municipio di Chichiquila nella Sierra Orientale dello Stato di Puebla. Una risposta di tipo comunitario alla disintegrazione progressiva della comunità indigena, alla perdita di identità e alla solitudine nelle quali si trovano a vivere sempre più spesso le donne delle comunità. Interi nuclei familiari colpiti profondamente dalle contraddizioni della modernità in un mondo ancora profondamente legato alle sue origini e radici, toccano da vicino gli effetti della perdita progressiva delle tradizioni e della disgregazione dei legami familiari. Chi paga maggiormente sulla propria pelle gli effetti di tali cambiamenti sono le donne. Spesso vittime di violenze fisiche e psicologiche, generalmente disprezzate o non valorizzate all’interno dei nuclei familiari, con limitato accesso al mondo del lavoro, le donne delle comunità indigene di Huaxcaleca, hanno deciso di organizzarsi, dando il nome di Zihuame (donna in dialetto Náhuatl) alla loro cooperativa. Un lavoro collettivo e solidale per dare una risposta comune a un problema generalizzato. Per cercare di risolvere le difficoltà economiche condividendo impegno, rischio e soprattutto esperienza. Un momento di produzione economica ma soprattutto di condivisione emozionale e di arricchimento reciproco. La Limeddh, Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani le sta accompagnando in questo importante processo.
Si riuniscono per condividere i loro sogni, prendono in mano i loro aghi e scelgono con cura i fili, ogni punto una lettera, ogni colore un sentimento. Scrivono parole sulla stoffa, modesta tela ancestrale, papiro di cotone. I loro sentimenti e le loro esperienze più belle sono ricamate in ogni tela, le loro tristezze contate durante ogni sessione di ricamo. Le donne plasmano allegrie nella tela e condividono le proprie tristezze, non si vedono le lacrime che la vista lascia disegnando un fiore. Bei fiori vivaci ed allegri ma nessuno sospetta che siano bagnati con le perle salate delle emozioni, perché poi in ogni tela rimane una speranza, un desiderio di piacere e l’unione e la somma dei dolori di ogni donna che ricama sia una forza per conquistare più dignità, conquistare la vita, sentire più lievi le preoccupazioni e portare al tavolo di ricamo l’alimento frutto di questo sforzo, questo frutto che è la riunione delle donne che tessono i propri sogni in una coperta con la penna ago e l’inchiostro filo, che punto dopo punto raccontano i loro sentimenti perché tutti li ammirino e li vogliano fare propri. E finalmente in modo impercettibile, le donne Zihuame ricamano i diritti, si intrecciano nell’unità dei loro sforzi per dire basta, siamo donne, abbiamo diritti.
Il 1 giugno, nel corso della protesta mensile dell’Associazione dei Genitori e Familiari delle Vittime di Sucumbíos, alla quale era presente come sempre anche la Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (LIMEDDH) un uomo con evidente accento colombiano ha aggredito i manifestanti, tirando via lo striscione e poi è entrato in ambasciata protetto dalle forze dell’ordine. Il dr. Adrián Ramírez, con il megafono ha chiesto, inutilmente, più volte che venisse identificato e poi che venissero forniti chiarimenti sull’accaduto.
Parte oggi la Carovana di solidarietà “Bety Cariño e Jyri Jaakkola” che ha come obiettivo portare aiuti umanitari nel municipio autonomo di San Juan Copala, nel sud del Messico, nello stato di Oaxaca nelle giornate del 7, 8 e 9 giugno.
La Carovana, che trasporta cibo e medicinali, testimonia la gravissima situazione di violenza che vive la regione insieme alla drammatica condizione sofferta dal municipio di San Juan Copala, assediato e circondato da gruppi paramilitari che impediscono qualsiasi accesso alla comunità.
Questi gruppi sono stati i responsabili della tragica morte di Bety Cariño, attivista dei diritti umani e Jyri Jaakkola, osservatore internazionale, lo scorso 27 di aprile, quando una precedente carovana che trasportava aiuti umanitari fu attaccata proprio da paramilitari vicini al partito del governatore dello Stato, Ulises Ruiz Ortiz. Gli stessi gruppi paramilitari si sono macchiati di altre due omicidi politici qualche settimana più tardi, quando il 20 maggio hanno assassinato il principale leader del municipio di San Juan COpala, Alejandro Ramirez e la sua sposa, Cleriberta Castro.
Le famiglie che vivono nel municipio sono 700 ed a causa dell’embargo imposto dai paramilitari sono ormai stremate e privi di medicinali e cibo. La Carovana “Bety Cariño e Jyri Jaakkola” vuole proprio evitare il verificarsi di una tragedia umanitaria di cui il governo Calderon, oltre che dello Stato di Oaxaca, sarebbero direttamente responsabili.
Il governatore, esponente del partito della destra messicana PRI, è già tristemente conosciuto per le brutali repressioni e violazioni dei diritti umani messe in atto in passato contro le comunità indigene e contadine impegnate nella difesa dei beni comuni e della loro sovranità.
Denunciamo dunque le continue aggressioni contro le comunità indigene e contadine del municipio autonomo San Juan Copala e dello Stato di Oaxaca.
Invitiamo la società civile italiana:
* a sostenere la Carovana di Solidarietà “Bety Cariño e Jyri Jaakkola”
* a fare pressioni sull’Ambasciata messicana, ADERENDO ALLA LETTERA che darà consegnata mercoledì prossimo 9 giugno all’Ambasciatore del Messico in Italia denunciano la situazione di violazione dei Diritti Umani in messico e chiedendo che cessino immediatamente le violenze contro le comunità e gli attivisti per la giustizia sociale ed ambientale, si interrompa l’accerchiamento dei paramilitari contro il municipio autonomo San Juan Copala e vengano individuati i responsabili degli omicidi politici di Bety Cariño, Jyri Jaakkola, Alehandro Ramirez e Cleriberta Castro.
Le associazioni e organizzazioni che intandano aderire possono scrivere entro le ore 12.00 di mercoledì 9 /06 una mail con oggetto “APPELLO MESSICO a:
Per quanto volessero seguire direttamente quanto avverrà in questi giorni, Radio Planton trasmetterà informazioni continue dalle 11 di mattina alle 5 del pomeriggio, ora messicana
I maestri in Messico cercano di aprire il portone settecentesco del Ministero dell’ Istruzione nel corso di una protesta per i salari troppo bassi. Volevano consegnare una lettera e non erano stati ricevuti. Così sono passati ai fatti. Sono stati anche denunciati per aver provocato danni al portone, antico di trecento anni.
Giunge proprio in queste ore la notizia che il governo messicano si è espresso negativamente rispetto alla richiesta avanzata dalla Magistratura dell’Ecuador dell’estradizione di Lucía Morett.
Rafael Correa nel suo incontro con i familiari degli studenti messicani e con il papà di Lucía aveva espresso il suo parere contrario a questa stessa richiesta ma aveva anche detto di non poter far nulla in quanto nel paese vige una netta separazione dei poteri.
La decisione del governo messicano, resa nota tramite il ministero degli Affari Esteri, rappresenta un grande successo per l’Associazione dei Genitori e Familiari delle Vittime di Sucumbíos che da due anni conduce con dignità e convinzone una dura battaglia anche con lo scopo di portare al banco della giustizia internazionale i responsabili di quel massacro.
I familiari dei giovani studenti messicani e i genitori di Lucía Morett non sono mai stati soli in questi 24 mesi di mobilitazione costante, la Limeddh (Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani) li ha sempre appoggiati e sostenuti nella loro lotto contro l’impunità, così come molte associazioni e singoli cittadini in tutto il mondo. La Campagna Permanente Cada Uno por la Justicia continuerà fino alla condanna dei responsabili materiali e intellettuali di quella carneficina..
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Nella foto il presidente ecuadoriano Rafael Correa, riunitosi a Playa del Carmen con i familiari degli studenti messicani deceduti a Sucumbíos (Ecuador) e con il papà dell’unica sopravvissuta Lucía Morett.
Correa ha affermato che i cinque giovani messicani e Lucía Morett sono stati “vittime” e non “carnefici” e non devono essere diffamati per essersi trovati in quel luogo.
“Se si fosse trattato della morte di cinque giornalisti , che scandalo sarebbe stato! Ma erano cinque studenti messicani, universitari, semplici … allora sì sono cinque guerriglieri che meritano la fine che hanno fatto” ha affermato Correa al quotidiano La Jornada.
I cinque giovani rimasero uccisi durante l’attacco dell’esercito colombiano a un campamento delle FARC a Sucumbíos (Ecuador) compiuto in violazione di trattati internazionali con l’appoggio di mezzi della forza aerea statunitense allora presenti nella base di Manta in Ecuador. Durante l’attacco morirono una ventina di guerriglieri tra i quali uno dei leader della guerriglia Raúl Reyes. Lucía Morett e due guerrigliere colombiane Susana e Diana sono le uniche sopravvissute.
He entregado la carta de la Red de Alerta Temprana y del Observatorio para la Protección de los Defensores de Derechos Humanos (programa conjunto OMCT/FIDH) al embajador.
Antes que todo cabe destacar que el encuentro se ha desarrollado en un clima de cooperación y escucha recíproca respecto a los temas abordados.
El embajador lejos del rol que estaba recubriendo me pareció humanamente interesado y preocupado respecto a los temas abordados, además que ya conocía el caso por mis comunicaciones precedentes. No obstante, él haya intentado defender como su rol requiría, el compromiso del gobierno hacia el respeto de los derechos humanos, ha sido bastante evidente la dificultad de hacer esto, ante los objeciones levantadas respecto al caso Paredes y al caso Rosendo Radilla, llevado en estos meses ante la Corte Interamericana de Defensa de Derechos Humanos. En el encuentro participó también la Sra. Laura Mora, primer secretario de asuntos políticos.
La Sra. Mora me dijo que ese asunto pone a ellos en muchas dificultades por lo que hace un año se habían comprometidos a comunicarme cualquier novedad en el caso que hubieran recibido por el gobierno comunicaciones pero ha pasado otro año sin que del Sr. Paredes se sepa algo.
Le he explicado que había pedido el encuentro como representante en Italia de la Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos y que por lo tanto le iba a plantear unos pedidos acerca del caso Paredes y que sobre todo le iba a preguntar lo que el embajador hubiera podido hacer como representante diplomático en Italia.
Antes que todo le plantee el punto, como central, respecto al cierre del caso de la Comisión Nacional de Derechos Humanos sin que se hayan hecho las gestiones ante la Secretaría de Defensa Nacional (SEDENA) y el Centro de Investigación y Seguridad Nacional (CISEN). La Sra Mora se asombró que no sabía nada de eso y lamentó el hecho que haya sido yo quien les informó y no el mismo gobierno cuando se recomendaron de estar al tanto de todas las novedades del caso Paredes.
Concordaron conmigo que cerrar un caso sin hacer o mostrar públicamente las gestiones con SEDENA y SIDEN es un trabajo incompleto y no bien hecho y que eso viola los derechos humanos de los familiares de Francisco Paredes que tienen derecho a toda la documentación completa del caso.
Le comenté que eso era uno de los puntos centrales de la carta que le estaba entregando y que era motivo de preocupación para nosotros.
Además les expresé nuestra preocupación acerca del hecho de que se intente involucrar a Francisco Paredes con el EPR se deba a sus trascursos en los años ’70 en el MAR y esta a su vez, se relacione con la desaparición unos pocos meses antes, el 26 de mayo del 2207, de los dos militantes del EPR Edmundo Reyes Amaya y Gabriel Alberto Cruz Sánchez. En ese caso también le hice notar a los dos funcionarios que la Comisión de Mediación constituida entre el Gobierno y el EPR por el momento ha puesto fin a las gestiones por las dificultades de que se abran interlocuciones con la SEDENA y CISEN, agregando que le parece raro a la misma Comisión que en ese caso, en donde es claro y testimoniado que el ejército mexicano haya participado en los hechos relacionados con la detención y desaparición de los dos eperredistas, la CNDH no haya dirigido la recomendación a la SEDENA y a al CISEN.
Le dije que esto acrecienta las dudas y las preocupaciones acerca de las gestiones ambiguas que la CNDH ha desarrollado también respecto al caso Paredes con las mismas SEDENA y CISEN.
Le manifesté la preocupación por las persecuciones y amenazas en contra de las hijas del Sr. Paredes, Cristina y Janahuy Paredes Lachino, hablándole de un hecho, del cual no tenían conocimiento, ocurrido en las oficinas de Extradiciones en la Procuraduría General de Justicia del Estado entre las hijas de Francisco Paredes Ruiz, y el Fiscal Luis Francisco López del día 22 de enero 2009. Le pedí por lo tanto che que ellas cesen de ser hostigadas y que sea claro que el Sr. Paredes se encontraba desarrollando actividades políticas y sociales lícitas dentro de los marcos legales como defensor de derechos humanos.
El embajador me habló del compromiso del gobierno en tratar de reformar el ejército en el sentido del respecto de los derechos humanos y de su compromiso en hacer de eso una fuerza profesional y responsable. Me contó las dificultades en ese sentido ya que, me explicó el ejército a diferencia de cuanto pasa en Europa no es visto por los jóvenes como una carrera sino como algo provisorio en la espera de hacer algo diferente. Me dijo que frecuentemente se enfrentan por ejemplo, en el caso de la lucha al narcotráfico, jóvenes por un lado y por el otro, (ejército y narcos) que ni siquiera alcanzan a los 2O/25 años. Y eso me dijo es un reto importante del gobierno.
Le señalé entonces que si el gobierno quisiera demostrar verdaderamente su compromiso con el respeto de los derechos humanos podría por ejemplo, respecto al caso de Rosendo Radilla desaparecido en 1974, en donde el Estado está siendo juzgado en estos meses por la Corte Interamericana de los Derechos Humanos, abrir los fascículos respecto a fechas y nombres de los responsables de ese crimen, ya que el Secretario de Gobernación Mont a la Corte Interamericana de Derechos Humanos dijo que el gobierno acepta la desaparición forzada de Rosendo Radilla . Le hablé además, de la incongruencia al no aceptar la competencia de la Corte por el mismo Secretario de Gobernación y que eso de hecho favorece la impunidad, un cáncer - le dije - de su país.
El embajador me pareció muy sensible a este tema y compartió conmigo preocupaciones cerca de eso, aunque me dijo, el Secretario de Gobernación actuó con esta postura sin poder hacer diversamente, porqué el Ejército, en un país en donde esa fuerza tiene una posición tan central tiene un rol estabilizador. Eso al fin es el grande problema de la impunidad en el país.
Además, me explicó que los mayores problemas al momento en México respecto a la impunidad se registran en la Policía Municipal, más difícil de controlar y que tiene plena libertad y controlo en territorios pequeños. El reto del gobierno en ese sentido es el de profesionalizar esa Policía, me dijo.
Otro tema central de nuestro encuentro ha sido el rol del Fuero Militar y del Ejército en la sociedad del país, respecto al cual le expresé nuestra preocupación cerca del hecho de que todavía crímenes cometidos por militares contra civiles siguen siendo juzgados por el Fuero Militar. El embajador coincidió perfectamente conmigo en este tema y le pedí por lo tanto que inste a que el Senado de la República levante la restricción a la Convención Interamericana sobre Desaparición Forzada de Personas sobre el Fuero Militar.
Además le pedí que fuera imperante al fin, que inste que el Congreso retome el proyecto de la Ley General sobre Desaparición Forzada de personas como demostración práctica de su compromiso por la defensa de los derechos humanos.
El embajador asumió el compromiso de enviar a su gobierno todos mis pedidos entre el día siguiente esperando me dijo “de tener una muy pronta respuesta, sea por poder contestar a ustedes que tanto hacen por esos casos, sea porqué sería una demostración práctica que el gobierno está haciendo verdaderamente algo por el respecto de los derechos humanos”.
Concordamos de quedarnos en contacto por el futuro.
Me parece importante destacar que la Sra. Mora me pidió si en otros países de Europa habían otros grupo de apoyo al caso u otras asociaciones que estaban tomando el caso, le dije que algo había. Esa pregunta es importante, demuestra que la presión internacional fuera de las fronteras nacionales puede hacer algo y que las representaciones diplomáticas le hacen caso a eso.
Da più di un anno è in resistenza e lotta pacifica il “Tianguis Cultural y Tradicional” , il caratteristico mercato dell’artigianato, meta di visitatori di ogni parte del paese e del mondo che si trova a Coyocán, in uno dei luoghi più caratteristici e importanti di Città del Messico. “Cuore culturale della città” è stato infatti più volte definito questo quartiere che nato originariamente come base di Hernán Cortés durante e dopo l’assedio di Tenochtitlán, venne assorbito via via dall’espansione della città.
Coyoacán, dove il palazzo di Cortés è ancora visitabile (al cui interno fu torturato l’imperatore Cuauhtémoc affinché rivelasse il nascondiglio del tesoro azteco e oggi sede del Municipio), con le sue stradine strette e lastricate e le sue piazzette e giardini rappresenta ancora l’anima bohemienne di Città del Messico. Qui nacque Frida Kalo e visse con Diego Rivera nella celebre Casa Azul, qui trovò rifugio e venne ucciso Lev Trotsky, qui vissero centinaia di esiliati in fuga dalle dittature latinoamericane, qui hanno vissuto e vivono tutt’ora decine di intellettuali e artisti messicani.
Oggi il Tianguis, che non è solo mercato, bensì luogo dove fare musica, teatro, dove sviluppare diversi metodi di espressione in uno spazio aperto e libero, e che godeva ed esercitava questo diritto da oltre 20 anni, rischia di scomparire, confinato all’interno di un moderno “Bazar”, una sorta di supermercato dell’artigianato al coperto e su due piani, situato in una stradina poco lontano dai giardini Hidalgo e del Centenario che da un quarto di secolo ormai ospitavano le oltre 500 famiglie di artigiani rappresentanti di diversi gruppi indigeni e realtà sociali di tutto il paese.
Mario Cadena Godínez e Federico Sandoval Alcantara, rappresentanti del Tianguis, che abbiamo incontrato appena un mese fa a Città del Messico negli uffici della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani che li sta accompagnando in questa battaglia, raccontano di un anno di lotta pacifica e organizzata, di resistenza resa ancora più difficile dai lavori di idraulica e di pavimentazione delle piazze che di fatto hanno dato il via allo sgombero e che erano propedeutici alla costruzione del bazar.
Raccontano di come non sono mai stati chiamati dalle autorità a partecipare al progetto e che di fatto questo è stato effettuato ed approvato senza averli consultati. “Abbiamo autorizzazioni e accordi con le autorità dal 1996, dal 1998 paghiamo regolarmente il suolo pubblico, i nostri permessi sono stati rinnovati trimestralmente, anno dopo anno…” spiegano.
“Siamo più di 500 gruppi artigianali e la nostra attività da lavoro a circa 500 famiglie. Tra i corsi di artigianato che realizziamo, il mercato e la produzione e la realizzazione del materiale, stiamo parlando di circa 7mila persone che lavorano in questo settore. Nel bazar appena c’è posto per 250 postazioni. Come faranno gli altri? Con che criterio verranno assegnati i posti? Di questo non se ne parla, né se ne è parlato per tutto il tempo in cui le trattative sono durate”.
Il quadro è desolante. Federico spiega di come in realtà secondo lui questo progetto nasconda l’intenzione di far scomparire la loro realtà per sempre. In uno degli articoli del regolamento che sono tenuti ad accettare è previsto per esempio che nel caso la loro postazione nel bazar registri un afflusso di visitatori tale che si rallenti la circolazione delle persone nel corridoio, essi verranno multati per intralcio alla libera circolazione. “E’ assurdo – dice – noi viviamo delle vendite e del commercio, ci multano se il nostro banco è affollato!”
Questo fa riflettere perchè la nuova politica di gestione dell’amministrazione di Città del Messico, in realtà risponde ad una tendenza più generalizzata a livello mondiale nell’organizzazione delle grandi città, volta a dirigere il flusso turistico verso percorsi più “globalizzati” e dedicati prevalentemente ad un’ utenza con risorse economiche più elevate, ma anche omologata nei gusti e nei bisogni. In poche parole quello che si vuole ottenere è un turismo più ordinato, più adulto in termini di età e più economicamente conveniente. Un turismo non più attivo, integrato con la città che scopre mano a mano e le sue diverse espressioni, ma sempre più “organizzato dall’alto” nei suoi percorsi stabiliti e sempre più spettatore passivo di ciò che gli si vuol far vedere.
Niente percorsi improvvisati nei quartieri da scoprire a caso, magari guidati da un suono che viene da lontano o da un odore o da un profumo di cucina tipica ma tracciati globalizzati per turisti tutti uguali.
Niente musicisti di strada ma anziani danarosi, niente giovani vagabondando tra bancarelle ma famigliole ordinate.
Niente spuntini improvvisati magari consumati in piedi o a su una panchina, ma pasti rigorosamente seduti, nei locali per turisti possibilmente di impostazione statunitense o di proprietà delle grandi multinazionali del settore della ristorazione. E infatti tutta la piazza di Coyoacan da tre anni a questa parte è invasa da punti vendita della catena di supermercati 7-Eleven e recentemente è stato aperto, tra le proteste dei ristoratori locali un Burgher King.
Questo per Coyoacán è stato il primo fine settimana senza Tianguis. Da giovedì i giardini erano praticamente vuoti, presidiati da più di 500 poliziotti antisommossa per tenerli liberi dalle bancarelle degli artigiani.
Anche il Bazar Artiginale di Coyoacán era vuoto, disertato in massa.
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P.S. Per coloro che si recano in visita a Città del Messico sarebbe importante passare per i giardini di Coyoacán per portare solidarietà direttamente ai compagni del Tianguis in lotta. A Città del Messico si può contattare anche la LIMEDDH direttamente, qui i recapiti.
Il reporter freelance statunitense Brad Will, fu ucciso da un colpo di arma da fuoco il 27 ottobre 2006 mentre stava coprendo per Indymedia New York gli scontri tra la APPO, l’Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca e la Polizia Federale Preventiva nella cittadina messicana durante la protesta (appoggiata dalla quasi totalità della popolazione) organizzata dal sindacato dei maestri che chiedeva migliori condizioni di lavoro e salariali, nonché le dimissioni del governatore dello Stato Ulises Ruiz Ortiz.
Sulla morte di Brad Will la Procura Generale della Repubblica (PGR) del Messico non è riuscita ancora, nonostante siano trascorsi ormai quasi tre anni, a fare chiarezza.
Anzi. Sta assumendo proprio in questi giorni toni sempre più accesi la polemica sui risultati delle perizie condotte separatamente dalla PGR e dalla CNDH, la Commissione Nazionale dei Diritti Umani.
Il 17 luglio scorso infatti, la Régia Polizia a cavallo canadese, su richiesta della PGR ha presentato una sua perizia nella quale conferma pienamente le tesi governative sulla morte di Brad Will, e cioè che il giovane sarebbe stato ucciso da alcuni simpatizzanti della APPO che in quel momento si trovavano molto vicini a lui.
Mauricio Farah, rappresentante della CNDH che sta seguendo il caso, in una intervista di qualche giorno fa ha assunto posizioni molto dure contro la PGR, accusandola di aver richiesto la perizia canadese, (realizzata indipendentemente dalle autorità governative di quel paese) per risollevare il caso mediaticamente e per trovare appoggi esterni alle proprie accuse.
Proprio la CNDH aveva quasi un anno fa presentato la sua perizia, emettendo contemporaneamente l’atto n. 50/2008 di avvertenza al governatore dello Stato di Oaxaca, al Procuratore Generale della Repubblica Eduardo Medina Mora e al Congresso, rispetto al fatto che nelle indagini sulla morte di Brad Will c’erano state troppe irregolarità e che si stava di fatto favorendo l’impunità dei veri colpevoli. Erano stati richiesti inoltre alla PGR formali chiarimenti circa i risultati balistici discordanti. Chiarimenti mai arrivati.
Farah ha dichiarato inoltre che non solo la Procura sta mentendo sul caso Will, ma che sta anche violando apertamente la legge, avendo prima formulato un’ipotesi di colpevolezza (contro i simpatizzanti della APPO in questo caso) e poi creato una perizia per sostenerla.
Le indagini governative parlano di due colpi di pistola sparati a distanza molto ravvicinata, (uno addirittura dopo che Brad Will era già stato soccorso), e quindi probabilmente partiti da un’arma dei simpatizzanti della APPO che in quei momenti concitati, testimoniati proprio dall’ultimo video del reporter, si trovavano vicino a lui.
La perizia della CNDH, invece parla di due colpi quasi simultanei, partiti da una distanza molto maggiore, circa 35/50 metri, sparati probabilmente dalle spalle di un camioncino rosso che si trovava tra Brad Will e alcuni uomini armati che facevano fuoco sulla folla. Ciò sarebbe testimoniato anche da alcune tracce di vernice rossa trovate sul proiettile e dai danni fisici riscontrati sullo stesso, secondo uno studio balistico effettuato dall’associazione Medici per i Diritti Umani.
Circa due mesi dopo la morte del reporter, la polizia messicana arrestò con l’accusa di aver commesso l’omicidio due uomini, Abel Santiago Zárate, consigliere del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), lo stesso del governatore Ulises Ruiz ‚ e la sua guardia del corpo. Altri due poliziotti e un paramilitare, latitanti, non vennero mai presi. Poco dopo anche i primi due furono rimessi in libertà.
Nell’ottobre del 2008 invece, sono stati arrestati Juan Manuel Martínez Moreno e Octavio Pérez Pérez e da parte delle autorità giudiziarie competenti sono stati emessi ordini di arresto per altre otto persone, tutti attivisti della APPO.
Amnesty International d’altra parte rende noto che lo stesso Congresso degli Stati Uniti e il Dipartimento di Stato stanno effettuando proprie indagini sul caso, affermando che la richiesta di una ulteriore perizia presentata alla Polizia canadese è stata effettuata in concomitanza con l’approvazione dei fondi del Plan Mérida da destinarsi per la lotta al narcotraffico e al terrorismo in Messico e che come è noto sono vincolati al rispetto dei diritti umani.
Veramente proprio una strana coincidenza.
P.S. Per solidarizzare con la campagna Giustizia per Brad Will, Libertà per Juan Manuel Martínez Moreno (cancellazione del Processo Penale n. 155/2008) per favore mandare i propri dati a:
Consejo Indígena Popular de Oaxaca “Ricardo Flores Magón”, CIPO-RFM:
C'è chi usa la penna come un fucile al servizio di giustizia e verità e chi invece, come strumento di potere. E menzogna e falsità sono strumenti di potere. (AM)
“Colombia Invisible” largometraje de Unai Aranzadi. El nuevo teaser.
Lo que hizo Trujillo en el Rio Masacre fu un GENOCIDIO si asumimos la definición de genocidio dada por la el estatuto de Roma de la Corte Penal Internacional en su artículo n. 6:
A los efectos del presente Estatuto, se entenderá por “genocidio” cualquiera de los actos mencionados a continuación, perpetrados con la intención de destruir total o parcialmente a un grupo nacional, étnico, racial o religioso como tal:
a) Matanza de miembros del grupo;
b) Lesión grave a la integridad física o mental de los miembros del grupo;
c) Sometimiento intencional del grupo a condiciones de existencia que hayan de acarrear su destrucción física, total o parcial;
d) Medidas destinadas a impedir nacimientos en el seno del grupo;
e) Traslado por la fuerza de niños del grupo a otro grupo.
Reflexionando… cooperación internacional
Creo que la cooperación internacional tenga que dejar definitivamente ese rol compasivo y caritativo que caracteriza sus acciones, que además de permitirle recaudar mucho dinero (sobre el cual hasta cierto punto hay control) y una estructuración demasiado burocrática y clientelar de su aparato, funciona solo como paliativo de las situaciones de subdesarrollo. Si la cooperación no asume la tarea de impulsar cambios ESTRUCTURALES y definitivos en las realidades en las que trabaja nunca, nunca lograremos reducir pobreza y miseria, ya que estas confirmarán, definitivamente ser funcionales al mismo sistema neoliberista.
«Nadie es una isla completo en si mismo; cada hombre es un pedazo del continente, una parte de la Tierra. Si el mar se lleva una porción de tierra, toda Europa queda disminuida, como si fuera un promontorio, o la casa de uno de tus amigos, o la tuya propia; por eso la muerte de cualquier hombre me disminuye, porque estoy ligado a la humanidad; y por consiguiente, nunca preguntes por quién doblan las campanas porque están doblando por ti».
HONDURAS
23/9 E' stato ucciso l'avvocato Antonio Trejo difensore dei contadini che stanno portando avanti le lotte per la recuperazione delle terre appartenenti ai movimenti MOCSAM, MARCA y el MUCA; aveva presentato inoltre un ricorso di incostituzionalità delle Citta Modello
COLOMBIA/URIBE
El expresidente de Colombia, Álvaro Uribe, concedió docenas de licencias para disponer de pistas de aterrizaje al capo del narcotráfico Pablo Escobar, aseguró la periodista Virginia Vallejo, quien fuera amante del jefe del Cartel de Medellín.
"Por Pablo (Escobar) pude saber que (Álvaro) Uribe le concedió docenas de licencias para disponer de pistas de aterrizaje. Me decía que sin la ayuda de 'ese muchachito bendito' estaría trayendo la pasta de coca a pie desde Bolivia", dijo Vallejo en una entrevista a la revista argentina 'Noticias'. Fue organizada con el motivo de la reedición en Argentina de su libro 'Amando a Pablo, odiando a Escobar', lanzado en 2007.
Texto completo en: http://actualidad.rt.com/actualidad/view/124476-escobar-uribe-narcotrafico-colombia-aterrizaje-vallejo
MEMORIA
El 3 de octubre de 1984, Luis Fernando Lalinde Lalinde, de 26 años de edad, fue detenido y posteriormente desaparecido por el Ejercito colombiano. Desde ese día, Fabiola Lalinde emprendió la búsqueda de su hijo. Aunque sufrió constantes hostigamientos e intimidaciones, logró encontrar el cadáver de Luis Fernando después de 4.428 días de incesante búsqueda. Fue detenido en el marco de la “Operación Cuervos” adelantada por el ejército, cuando se encontraba en Jardín (Antioquia) tratando de rescatar un guerrillero herido del EPL, en 1984, durante el Proceso de Paz del Presidente Belisario Betancur, cuando este movimiento político se encontraba en cese al fuego.