Da Oaxaca giungono segnali preoccupanti che mostrano chiaramente che, nonostante le rassicurazioni del governatore dello Stato Ulises Rúiz, la situazione è tutt’altro che tornata alla normalità dopo i tragici avvenimenti dell’anno scorso.
La lucha sigue, la lotta continua, come concludono i numerosi messaggi che giungono dalla cittadina messicana.
Il 16 luglio, giornata conclusiva della Guelaguetza magisterial — Popular, (come è stata ribattezzata l’antica festività indigena della Guelaguetza l’anno scorso dalla APPO e dalla XXII sezione del Sindacato dei Lavoratori dell’Istruzione di Oaxaca), ci sono stati violentissimi scontri tra gli organizzatori della manifestazione folkloristica e diversi reparti della polizia agli ordini del governatore Rúiz e della Presidenza della Repubblica.
La Guelaguetza Popular è stata organizzata dalla Appo e dal sindacato dei maestri per distinguere la festa popolare indigena dalle celebrazioni governative e ufficiali che si terranno a Oaxaca per tutto il mese di luglio e che hanno conferito ormai da anni un aspetto commerciale e consumistico a questa festività che ha a che fare con le antiche tradizioni di solidarietà e partecipazione comunitaria tra le 16 diverse etnie indigene dello stato di Oaxaca.
Purtroppo, l’ultimo giorno dei festeggiamenti, ai circa 10 mila manifestanti era stato negato l’uso dell’auditorium del Cerro del Fortín, luogo di grande valore simbolico per la città. Dopo due giorni di festeggiamenti svoltisi pacificamente per le vie del centro con sfilate in abiti tradizionali e con balli e canti, lunedì alcuni organizzatori tuttavia, pur avendo optato per svolgere lo spettacolo finale nella Plaza della Danza, avevano deciso di protestare contro la polizia che aveva vietato l’uso del Cerro e che si trovava nelle sue vicinanze per presidiarlo.
Ne sono nati violenti scontri in cui le forze dell’ordine hanno fatto un uso massiccio di gas lacrimogeni, lancio di sassi e manganellate contro gli organizzatori della manifestazione. Il bilancio è stato di circa 76 detenuti di cui alcuni minorenni, e quaranta feriti alcuni gravi.
E così mentre nel Cerro del Fortín tra lacrimogeni e pestaggi si recitava l’ultimo atto di quello che era uno spettacolo annunciato da tempo, nella Plaza della Danza, sotto una pioggia leggera, migliaia di persone assistevano agli spettacoli di ogni delegazione indigena con le offerte al pubblico della “Guelaguetza”: frutta, artigianato e prodotti tipici nella manifestazione più tipica della solidarietà tra persone, quella dell’offrire doni.
Il giorno dopo l’accaduto la APPO in una conferenza stampa ha denunciato che “gli scontri e l’organizzazione sono stati perfettamente programmati e ci sono stati militari vestiti da civili con abiti scuri che hanno iniziato l’aggressione, attaccando con gas, pietre e sparando”.
A gran voce ora vengono nuovamente richieste le dimissioni di Ulises Rúiz.
È trascorso un anno dallo sciopero dei quasi sessantamila maestri dello stato di Oaxaca, che il 24 maggio 2006, riuniti nello Zócalo cittadino chiedevano niente altro che uno stipendio adeguato al costo della vita e condizioni lavorative più degne.
La violenta repressione delle forze di polizia ordinata dal governatore Ulises Rúiz del 14 giugno 2006 e la mancata volontà del governo di giungere ad un accordo, hanno fatto sì che uno sciopero iniziato esclusivamente per rivendicazioni sindacali si trasformasse in una vera e propria mobilitazione popolare.
La società civile tutta, giovani, contadini, militanti della Otra campaña zapatista, associazioni di indigeni e privati cittadini, si riunì allora intorno ai maestri e in una comunione d’agire e di intenti e con una rapidità sorprendente dette vita alla APPO, (Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca) risposta civile e organizzata alla repressione violenta contro una categoria da sempre considerata in Messico dalla popolazione con grande rispetto per il ruolo spesso preponderante nell’intermediazione culturale tra le comunità indigene e la nuova società.
Si chiesero a gran voce le dimissioni del governatore violento dello stato, Ulises Rúiz Ortz, ritenuto il principale responsabile della situazione. Dimissioni che non sarebbero mai arrivate..
Questi duri mesi sono costati ad Oaxaca una ventina di morti e centinaia tra feriti e detenuti, tra i quali Flavio Sosa Villavicencio, leader della Appo ancora in carcere, numerosi sono stati inoltre i casi registrati di gravi violazioni dei diritti umani, come la tortura e la violenza sessuale.
Intanto, è notizia recente, il giudice Juan N. Silva Meza della Corte Suprema di Giustizia Messicana proponendo formalmente alla corte l’avvio di indagini nello stato di Oaxaca per le numerose violazioni dei diritti umani, come da resoconto della Commissione Nazionale per i Diritti Umani nonché da numerosi osservatori internazionali, ha detto che “le autorità federali, statali e municipali hanno violato gravemente le garanzie individuali nello stato di Oaxaca nel periodo che va dal 2 giugno al 31 gennaio scorso”.
Oaxaca rappresenta in questo momento il punto focale indicativo della direzione che prenderà il paese nei prossimi mesi, anche se ormai è ben chiaro che la svolta repressiva impressa dal governo del presidente Felipe Calderón sta già dando i suoi frutti.
Con una campagna mediatica puntigliosa, di quelle che di solito in Messico e in tutto il Sud America accompagnano episodi così gravi della violazione dei diritti umani e dello smantellamento improvviso dello stato di diritto, si stava cercando di far passare l’idea che la APPO si trovasse in un momento di difficoltà nell’indecisione sulla strategia da seguire, ma questo nuovo tragico episodio e la risposta comune che ne è seguita hanno dimostrato che la sua forza di coesione tra le varie realtà sociali è ancora forte.
Soprattutto intorno alla APPO si vanno manifestando giorno dopo giorno sempre maggior fiducia e rispetto da parte della popolazione. Hanno giocato particolarmente a favore della credibilità della APPO, dimostrando chiaramente la persecuzione a cui sono stati sottoposti i suoi membri un anno fa, le scarcerazioni che stanno avvenendo in massa delle centinaia di persone che erano state detenute e condotte nelle carceri di massima sicurezza con le accuse più gravi e senza motivazioni legittime.
Flavio Sosa, leader e portavoce principale della APPO, resta ancora nel carcere di massima sicurezza del Altiplano, probabilmente a mò di monito per chi dovesse seguirne l’esempio, dove per circa sei mesi è stato rinchiuso in una piccolissima cella con la luce accesa 24 ore al giorno e svegliato continuamente ogni ora.
Occorre poi riflettere sul particolare momento in cui è avvenuta questa nuova controffensiva verso la APPO.
A Oaxaca infatti, il prossimo 5 agosto ci saranno le elezioni per scegliere 42 deputati locali.
Probabilmente in un governo molto debole che riesce ad avere potere solo tramite l’uso della forza fa molta paura un movimento sociale, che sebbene non contempli la scena politica come luogo di agire, acquista sempre più maggior vigore e credibilità.
Si dice che la repressione contro la APPO sia stata una delle più violente che la storia del Messico moderno ricordi.
Probabilmente la APPO fa ancora più paura di Marcos e della Otra Campaña, mentre questa si rivolgeva essenzialmente alle popolazioni indigene e contadine particolarmente del Sud del Messico, e aveva per lo più valenze “comunitarie” (e forse questa è stata la sua forza di immagine iniziale ma anche il suo limite) la APPO si ramifica anche nella cosiddetta società civile raccogliendo consensi anche fra comuni cittadini, dimostrandosi in questo senso potente come una forza politica. La APPO fa ancora più paura della Otra Campaña in un momento in cui si vocifera di un Marcos sempre più isolato in giro per il Messico e di una Otra in pausa di riflessione.
La Asamblea ha invece chiaramente espresso, con voce unitaria la sua sfiducia nella politica, ha ribadito il suo essere movimento popolare dal basso, democratico e indipendente dallo Stato e dai palazzi.
Il PRI a Oaxaca d’altra parte ha fatto di tutto per escludere la partecipazione alla politica alle persone vicine alla APPO e al movimento sociale di Oaxaca e per far questo ha addirittura candidato figure vicine a Ulises Rúiz.
Probabilmente l’aggressione del 16 luglio non è altro che una manovra politica per indebolire un avversario che sta diventando troppo scomodo.
Su una cosa probabilmente ha ragione Marcos, ed è quando dice che “il Messico si trasformerà in una pentola a pressione ed esploderà”. Egli prevede questo per il 2010, esattamente 100 anni dopo la rivoluzione messicana, ma potrebbe accadere anche prima.
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LA VIOLENZA OMICIDA CONTRO LE DONNE A OAXACA
(La storia di Maria Luisa)
Una non sa fino a che punto può arrivare un marito. Fin da piccola ti insegnano che gli uomini sono donnaioli, molti sono alcolizzati, che altri picchiano e prendono con forza le donne. Ma non immagini mai che l’uomo con il quale ti sei sposata, possa arrivare a picchiarti fino a che non si stanchi, fino a che tu non svieni perché il dolore non lascia fiato nemmeno più per il pianto e il corpo preferisce così l’incoscienza.
Maria Luisa, indigena zapoteca di San Francisco Lachigoló, avrebbe mai immaginato qualcosa del genere di suo marito tutte le volte che tornava a casa ubriaco e la picchiava davanti ai suoi figli? avrebbero mai immaginato qualcosa del genere, lei e tutte le donne di questa o qualsiasi altra comunità, con un velo di amarezza, senza poter fare nulla, quando sono picchiate dai loro mariti arrabbiati per la cena fredda, per la mancanza di soldi, per una stupidaggine?
Ci sono alcune che pensano che è la donna che va cercando di essere picchiata, perfino di essere ammazzata. Di Maria Luisa, picchiata fino alla morte da un marito geloso che affermava che sua moglie gli metteva le corna, dicono alcune donne che lei se lo è voluto, che Heriberto ha solo difeso il suo onore di uomo ingannato.
Maria Luisa non ha avuto la possibilità di veder crescere i suoi due figli. In paese si sapeva che Heriberto la picchiava, anche se nessuno nella comunità di San Francisco Lachigolò è intervenuto, fino al giorno in cui lui ha avuto la mano pesante e lei non si è più rialzata.
Maria Luisa è entrata soltanto a 22 anni nella lista delle vittime mortali della violenza contro le donne a Oaxaca che ogni anno conta più di 40 donne assassinate nello stato. Heriberto è entrato in un’altra lista, quella che annovera i nomi degli uomini che pur avendo commesso un omicidio sono giudicati come se in realtà fossero delle vittime. Con l’appoggio di una legge che giustifica i crimini verso le donne, basata nei pregiudizi e nel sessismo che riempie le menti dei servitori pubblici incaricati di concedere e applicare giustizia, le donne diventano cittadine di seconda categoria. E le donne indigene e povere, per l’importanza che rivestono per il Diritto, la Giustizia, e la Democrazia, non sono quasi nemmeno cittadine.
Heriberto, uscito dal carcere in meno di due anni, fu perdonato legalmente per aver reso orfani i suoi figli, assolto dalle violenze che esercitò su di lei per anni, ed esonerato in nome dell’onore maschile. Fu, in un assurdo senza fine, l’oratore ufficiale durante la cerimonia di liberazione degli arrestati indigeni, con il governatore a capo della manifestazione.
Maria Luisa si trova quindi nel luogo dove giacciono senza giustizia centinaia di donne vittime della violenza ed Heriberto nella lista ancora più grande, di coloro che godono dell’impunità.
Epilogo
Le notizie dei quotidiani annunciano ad otto colonne una decisione presa dal Congresso di Stato in un giorno memorabile, è stata abolita nel Giorno Internazionale delle Donne l’impunità per il delitto d’onore o commesso in stato violento emotivo. In alcune istanze di governo si trovano risoluzioni con la didascalia: “A Oaxaca, la parità dei sessi verso una politica statale….8 marzo, decisione storica e d’avanguardia della LIX legislatura statale” El Istituto de la Mujer applaude e definisce coraggioso, sensibile e moderno il presidente del Congresso.
Maggio 2006. Il volto irriconoscibile di Osiris appare in tutte le pagine dei quotidiani di Oaxaca. Una di più. Da agosto 2005 ad aprile 2006 ventitrè lapidi con nomi di donne sono in attesa che la giustizia le conceda il riposo.
L’ABUSO DEL POTERE NELLA PARTECIPAZIONE POLITICA DELLE DONNE
(La storia di Guadalupe)
Guadalupe Ávila Salinas, aspirante alla presidenza municipale di San José Estancia Grande, municipio del distretto di Jamiltepec, nella costa di Oaxaca e dirigente del Partito della Rivoluzione Democratica nella regione, fu assassinata il 3 ottobre 2004 dall’allora presidente municipale di quella località, Cándido Palacios Loyola, il quale le sparò alle spalle a bruciapelo quattro colpi di pistola per poi darle il colpo di grazia.
Guadalupe era una donna apprezzata nella comunità e tutto lasciava supporre che avrebbe vinto le elezioni, fatto che causò tensioni tra gli appartenenti al PRI , dal momento che aveva assicurato che una volta vinto, avrebbe aperto delle indagini e le avrebbe portate a termine sui precedenti governanti priisti.
I fatti sono avvenuti quando il sindaco Cándido Palacios seppe che Guadalupe aveva portato in questa comunità un’amica medico che veniva dal Distretto Federale, la quale avrebbe curato le donne della comunità nell’Unità Medica Rurale dell’Istituto Messicano di Sicurezza Sociale.
Palacios si presentò in quel luogo dove si trovavano per lo meno 10 donne ed alcuni adulti per reclamare a gran voce con che diritto svolgeva questo tipo di attività e senza udire ragioni le gridò, “non mi importa, ti ammazzerò” per poi prendere la sua pistola calibro 38 e spararle quattro colpi anche se altre fonti giornalistiche parlano di tre. Inoltre causò una ferita all’addome alla dottoressa Georgina Solano Alvarez, del servizio sociale la quale fu ricoverata nell’ospedale di Jamiltepec.
D’accordo con i testimoni presenti, il sindaco uscì e sparò altri due colpi, si diresse a casa dove prese un fucile e senza che nessun poliziotto facesse nulla per fermarlo, salì su di un camion di birre per abbandonare il luogo indisturbato. Erano le undici di mattina quando Guadalupe Ávila morì.
Cirilo Ávila Salinas, suo fratello qualificò l’atto come una codardia , “non solo perchè si trattava di mia sorella ma anche perchè avevano distrutto la vita di una donna , una grande lottatrice che voleva solo servire il suo popolo”.
Cirilo assicurò che Guadalupe, “visse e morì per i suoi ideali” e chi la assassinò bruciò uno dei suoi più grandi sogni e cioè “essere presidente municipale del nostro paese”, dove aveva tutte le possibilità di vincere.
Guadalupe Ávila Salinas era diplomata alla scuola di Diritto dell’Università Autonoma di Puebla , lasciò orfani Karina di 12 anni , Paul di 7 e Israel di 4.
Il contesto politico nel quale avvennero questi fatti , in una zona di Oaxaca, vede pratiche tiranniche di controllo politico, dirette da alcune famiglie della regione, che comprendono anche tattiche di violenza e minacce per dissuadere i cittadini a votare; protetti dal PRI che ha ripetuto queste strategie di violenza per molti anni ed in tutto il territorio di Oaxaca per continuare ad ottenere il potere.
IL POTERE AUTORITARIO SULLA CONDIZIONE DI GENERE E DI ETNIA
(La storia di Isabel)
Il 25 ottobre del 2006 si mobilitò nella città di Oaxaca una Carovana Femminista e una parte di questa fu a far visita a Isabel Almaraz.
In un giorno di visite nel carcere Ixcotel di Oaxaca, per giungere al reparto femminile delle imputate, bisogna passare per cinque porte, registrarsi tre volte e attraversare tre cortili. Durante il percorso si vedono altre donne con i loro bambini, che mentre giocano con essi, realizzano con le loro mani palloni da calcio. Si vedono anche uomini, con le loro mogli e figli, perché le altre donne erano sole? e con altre donne e con i loro figli, senza i compagni?
Nell’ area femminile c’era odore di umidità, di cibo, del ferro da stiro, si udiva il mormorio delle altre donne, il rumore della televisione, il pianto di un neonato. Isabel è apparsa con una cartellina in mano e aveva una lettera scritta alle deputate e senatrici dell’attuale governo, una lettera in più oltre a quelle scritte durante questi ultimi quattro lunghi anni, la stessa che le destinatarie avranno già ricevuto.
Isabel ha lo sguardo, la calma, il fisico minuto e la pazienza delle donne zapoteche, là in mezzo a tanta umidità, alla vigilanza estrema, all’ isolamento, aspetta una volta al mese che giunga il giorno di visita affinché sua sorella le porti le sue figlie :Doris di 8 e Denise di 5 anni. Ognuno di questi giorni di questi lunghi anni, pensa con tranquillità al modo in cui la sua denuncia venga ascoltata e la sua situazione si risolva.
Dopo la costituzione dell’Esercito Popolare Rivoluzionario (EPR) nel 1996, furono arrestati alcuni abitanti di San Augustín Loxicha e alcuni membri della sua comunità per presunti vincoli con questo gruppo armato. Ci sono state anche persecuzioni, assassini e violenze sulle donne e sette casi di sequestro.
Isabel fu arrestata il 25 giugno del 2002 a Santa Cruz Xoxocotlán, in un municipio di Oaxaca.
“Alcuni giorni prima del mio arresto lasciai il paese di San Augustín Loxicha, paese emarginato e dimenticato, dove non c’è medico e ancor meno specialista, mia madre era quasi moribonda e questo mi obbligò ad allontanarmi dal mio paese natio in cerca di un medico specialista che la curasse e stando qui in città la ricoverai all’Ospedale Civile, lottai fino all’impossibile per salvarla ma sfortunatamente il destino non mi aiutò; la morte strappò dal mio fianco la persona a me più cara, lasciandomi con il dolore e la tristezza, l’ingiustizia si approfitta della mia persona solo per il fatto di essere di Loxicha, dove le autorità giudiziali statali mi accusano di sequestro e di un presunto vincolo con il gruppo armato EPR, delitti e segnalazioni totalmente false. Dal giorno del mio arresto ho lasciato le mie due figlie, all’epoca la prima aveva 4 anni e la seconda 1 anno e 6 mesi, rimanendo queste bambine in totale stato di abbandono”.
Dal 2002 si trova nell’area delle imputate nel carcere di Ixcotel, il tempo passa e suo marito non lo vede dal momento dell’arresto e non sa che fine abbia fatto. Non vede da 6 mesi il suo avvocato, non ha accesso alla sua pratica ed è molto controllata. Le fanno visita solo sua sorella e le sue bambine.
“Sono cosciente che non ho commesso alcun delitto, riconosco solo che il mio unico delitto è essere indigena ed essere di Loxicha:per questo le autorità mi hanno privato della mia libertà”.
Cosa c’è dietro il fatto di incolpare Isabel oltre al potere autoritario che si esercita sulla sua condizione di genere e di etnia? Isabel da quattro anni continua a sporgere denunce davanti a molteplici autorità: istituzioni, convegni, chiede di essere libera, tante e tante volte, e chiede sempre la stessa cosa, chiede giustizia e libertà, in ogni occasione chiede di essere libera, chiede di poter veder crescere Doris e Denise.
NEGAZIONE DEL DIRITTO ALL’ABORTO LEGALE A OAXACA
(La storia di Maria)
Ad Oaxaca, come negli altri stati del paese, l’aborto a causa di violenza sessuale è un diritto e non è considerato come un delitto. Secondo la legge vigente, una donna che sia stata vittima di violenza e che da tale violenza ne risulti una gravidanza, ha diritto ad abortire se così decide.
Oggi come oggi, nessun discorso morale, etico o religioso può giustificare una gravidanza frutto di tale violenza all’integrità fisica e psicologica di una donna o di una giovane.
Garantire il diritto all’aborto è il minimo, una richiesta di giustizia che beneficia principalmente le donne povere che non hanno accesso a un aborto sicuro nel mercato clandestino. Ciò nonostante l’accesso reale ed opportuno a questo diritto con il sostegno e la protezione delle istituzioni dello Stato, si vede negato in pratica per pressioni religiose, lacune legali e la doppia morale imperante.
Questa situazione genera storie come quella di Maria.
Il 10 agosto del 2004, Maria giovane oaxaqueña di 19 anni, con disfunzione uditiva (è sordomuta) e sua madre, si recarono davanti all’agenzia del Ministero Pubblico specializzata in delitti sessuali, per presentare una denuncia per violenza sessuale contro lo zio della giovane, così come per segnalare che a seguito di questa aggressione Maria presentava una gravidanza indesiderata.
Nella denuncia penale ambedue segnalarono che Maria non desiderava portare a termine questa gravidanza. Ciò nonostante l’agente specializzato in delitti sessuali, Fulvia Rocio Hernández Cruz non dette ascolto a questa situazione e non facilitò in nessun modo a Maria l’accesso all’interruzione della gravidanza legale. Solamente spiegò alla mamma della vittima che dovevano attendere il deposito dell’indagine preliminare per procedere con la richiesta dell’interruzione della gravidanza.
Durante quasi due settimane la sua famiglia aspettò che l’agente del Ministero Pubblico (MP) depositasse l’indagine preliminare. Intanto Maria già era a dieci settimane e mezzo di gravidanza e in virtù del fatto che il Codice Penale dello stato di Oaxaca indica come legale l’interruzione della gravidanza frutto di una violenza fino ai tre mesi di gestazione a partire dalla data della violenza sessuale, cercarono appoggio nelle organizzazioni civili del Collettivo Huaxyacac.
Le appartenenti a questa organizzazione esposero direttamente al Procuratore Generale della Giustizia dello Stato, Rogelio Chagoya Romero, la situazione di emergenza nella quale si trovava Maria, il quale indicò che era sufficiente la copia certificata dell’indagine preliminare affinché l’Ospedale Generale “Dr. Aurelio Valdivieso” offrisse il servizio richiesto. Ciò nonostante il direttore di questo ospedale, José Manuel Rodriguez Domingo negó il servizio, segnalando che quello non era un documento valido per interrompere legalmente una gravidanza.
Sollecitarono quindi di nuovo l’intervento della Procura Generale della giustizia di Stato, per ottenere che l’agente del MP inviasse una comunicazione scritta al direttore dell’Ospedale Generale nella quale si certificava che Maria presentava una gravidanza frutto di una violenza sessuale e che l’interruzione di questa gravidanza costituiva un’azione non punibile , in accordo alla legislazione penale vigente, ma in questa seconda occasione il direttore dell’Ospedale Generale negò a prestare tale servizio medico, argomentando che in quella comunicazione non era specificato chiaramente di interrompere una gravidanza.
Di fronte a questa situazione, la madre di Maria ed il suo avvocato si presentarono alla Commissione Statale dei Diritti Umani con lo scopo di presentare una denuncia per la mancata prestazione di un servizio sanitario, senza immaginare che il funzionario di turno Cuauhtémoc Cortès Ramírez si negasse a presentarsi al suo ufficio argomentando che il caso non era urgente e che si trovava lontano dalla Commissione.
Mentre Maria compiva dodici settimane di gravidanza, l’Indagine preliminare fu finalmente consegnata al sesto tribunale penale, a carico di Violeta Sarmineto Sanguines e con indicazioni del Procuratore e previo accordo con il Segretario della Salute, Fulvio Rocio Herández Cruz emise una seconda comunicazione diretta al Direttore dell’Ospedale, José Manuel Rodríguez Domingo.
Dopo un lungo e tortuoso percorso burocratico di quasi un mese, per poter accedere all’autorizzazione dell’interruzione della gravidanza, Maria fu ricoverata il 1 di settembre all’Ospedale Generale “Dr. Aurelio Valdivieso”, dove rimase ricoverata 41 ore senza che le fu praticato l’aborto.
Per questo e in risposta anche di un verbale ricevuto da tre distinte fonti che coincidevano nell’affermare che per “ordini superiori” il procedimento medico era stato sospeso, il 3 di settembre, le appartenenti al Collettivo Huaxyacac insieme alla madre di Maria ottennero la dimissione volontaria e finalmente l’interruzione legale della gravidanza fu eseguita fuori dalle istituzioni pubbliche della salute.
Traduzione di Annalisa Melandri
La mia amica Monique Camus ha partecipato a Città del Messico alla II Convenzione Nazionale Democratica convocata allo Zócalo capitolino da AMLO, ricordiamo che dopo la vittoria elettorale di Felipe Calderón ottenuta a suon di brogli il 2 luglio scorso, Andrés Manuel López Obrador il 16 settembre 2006 aveva convocato allo Zócalo di Città del Messico la I Convenzione Nazionale Democratica alla quale avevano partecipato più di un milione di persone e che al di là delle rivendicazioni sulla frode elettorale aveva lo scopo di organizzare le azioni future.
Si creò allora il governo parallelo guidato da AMLO che giurò fedeltà (leggi qui) al suo popolo il 20 novembre 2006 sempre allo Zócalo di Città del Messico.
La Convenzione Nazionale Democratica si è riunita ancora una volta per fare un bilancio della situazione e pianificare le azioni future per portare avanti l’obiettivo principale e cioè quello di “trasformare il Messico, protegegre il popolo e difendere il patrimonio della Nazione”.
Analizzando la risposta che il popolo ha dato alla frode elettorle, risposta responsabile e cosciente, Amlo non può fare a meno di constatare che l’atteggiamento adottato e il cammino intrapreso siano stati quelli giusti: né si è risposto secondo “i giochi della politica tradizionale” andando cioè a braccetto con coloro che hanno calpestato la volontà popolare, né tanto meno dando sfogo alla violenza, fatto che avrebbe solo delineato “la via crucis del carcere, dei morti, dei desaparecidos e della tortura”.
La II Assemblea della Convenzione Democratica del Messico è terminata domenica 25 Marzo con una grandiosa marcia che ha percorso i circa tre chilometri che separano il Monumento all’ Angelo dell’Indipendenza dallo Zócalo di Città del Messico, in protesta contro le intenzioni del presidente Felipe Calderón di privatizzare la statale Petróleos Mexicanos.
Il movimento “è in piedi e più prima che poi trionferà”.
“Non siamo uno, non siamo cento, stampa venduta, contaci bene”
II Convenzione Nazionale Democratica
Monique Camus
Oggi ho marciato ancora una volta per un ideale.
Ho riconosciuto volti noti, ne ho visti di nuovi. Mi sono scontrata con le moltitudini. Ho sentito ciò che lo scrittore Elias Canetti nel suo libro “Massa e Potere” sostiene: una volta che uno si è abbandonato alla massa non teme più il suo contatto. In questo caso ideale tutti sono uguali tra loro. Nessuna differenza conta più, nemmeno quella dei sessi. Chiunque sia quello che ci troviamo appiccicato addosso, lo scopriremo identico a noi stessi, lo sentiremo nello stesso modo nel quale sentiamo a noi stessi”. Questa sensazione mi ha invasa, mi sono abbandonata alla massa. In modo pacifico circa novecentomila persone abbiamo marciato dal monumento del Ángel de la Independencia al Zócalo di Città del Messico.
Andrés Manuel López Obrador, Presidente legittimo del Messico, camminava sicuro della sua leadership, il Presidente spurio Felipe Calderón, giorni prima aveva riconosciuto davanti ad alcuni giornalisti de La Jornada la leadership del tabasqueño.
Insieme, uniti da un medesimo ideale: la trasformazione democratica del Messico attraverso i movimenti sociali originati dal Frente Amplio Progresista e i partiti di sinistra: PRD, Convergencia e Partido del Trabajo, Organizzazioni Civili, Sindacati, studenti e società in generale.
Resoconto della II Assemblea de la Convención Nacional Democrática (CND) realizzata tra il 21 e il 25 marzo a Città del Messico.
Si è conclusa con la marcia che alle 10.30 del mattino si è avviata verso lo Zócalo per presentare la sintesi dei lavori.
Principalmente, difendere il patrimonio nazionale, rifiutare la privatizzazione di Petróleos Mexicanos e difendere l’industria elettrica nazionalizzata, la non privatizzazione dei settori salute e alloggi; rifiuto della politica economica che beneficia i più ricchi del paese e gruppi di monopolio che speculano con la fame dei messicani.
La II Convenzione Nazionale Democratica ha avviato numerose iniziative e progetti per passare immediatamente all’azione:
Opporsi alla riforma che sta promuovendo la destra per modificare l’articolo 73 della Costituzione, è questa l’unica maniera di impedire che le zone archeologiche smettano di essere protette dal governo federale e rimangano in mano dei governi statali.
Esigere ai ministri che facciano marcia indietro con la così detta Ley Televisa la quale favorisce due catene televisive: Azteca e Televisa.
Redigere un inventario completo e dettagliato di tutte le ricchezze che integrano il patrimonio architettonico, culturale e artistico del paese, “affinché i messicani lo conoscano e difendano”.
In ambito educativo si è proposta la formazione di una “rete nazionale di amministratori dei cittadini per proteggere i diritti degli studenti all’educazione” in tutte le tappe dell’insegnamento.
“Un presidente deve avere tre qualità: non rubare, non tradire il suo popolo ed essere integro” ha segnalato nel suo discorso il Presidente legittimo del Messico, Andrés Manuel López Obrador.
Ha sottolineato l’accordo per l’instaurazione di una nuova Repubblica mediante un processo costituente e per rifiutare l’invasione di semi e alimenti transgenici, così come per rinegoziare il capitolo agricolo e zootecnico del Trattato di Libero Commercio con l’America del Nord.
Ha proposto di creare la Commissione di Verità, per indagare sul Fondo Bancario della Protezione al Risparmio (FOBAPROA).
Finalmente il leader della sinistra si è impegnato con i suoi sostenitori per dare impulso a una nuova convivenza sociale, una nuova economia e una nuova politica.
La Convenzione Nazionale Democratica è la forza e la sua praticabilità futura non si mette in dubbio, ma bisognerà indirizzarla bene, apportargli un sostegno dal basso, verso una costruzione orizzontale senza strutture burocratiche.
Di fronte a un panorama critico per la sinistra messicana e per il paese in generale, Andrés Manuel dovrà offrire soluzioni pratiche e non solo proposte di consolazione. È un leader necessario e onesto, di cui la Repubblica ha bisogno, per combattere in un Messico, frustrato dalla povertà estrema, dalla corruzione, dal narcotraffico, dall’esplosione di violenza, dalla militarizzazione imposta dal Presidente spurio, Felipe Calderón.
AMLO, sa che non è solo, che migliaia di messicani crediamo in lui e dovrà “trasformare il Messico come sia possibile, con ciò che sia possibile e fino a dove sia possibile” come disse a a suo tempo il miglior Presidente nella storia del Messico, Benito Juárez.
25/03/07
Monique Camus
Traduzione di Annalisa Melandri
Mi amiga Monique Camus participò a la II Convención Nacional Democratíca realizada en el Zócalo capitolino. Recordamos que despuès de la victoria de Felipe Calderón ganada por fraudes el 2 de julio pasado, Andrés Manuel López Obrador convocó al Zócalo de Ciudad de México el 16 de septiembre la I Convención Nacional Democrática a la que participaron más de un millón de personas y que además de hacer rivendicaciones sobre el fraude electoral tenía el intento de organizar las acciones futuras.
Se formó entonces el gobierno paralelo y el Presidente legítimo AMLO juró ser fiel a su pueblo (aquí) el 20 de novembre de 2006 en la plaza de lo Zócalo capitolino.
La Convención Nacional Democrática se reunió todavía una vez para hacer un balance de la situación y plantear las acciones futuras para desarrollar la tarea principal o sea “transformar a México, proteger al pueblo y defender el patrimonio de la nación”.
Analizando la respuesta que el pueblo dio al fraude electoral, respuesta responsable y consciente, Amlo no puede hacer menos de constatar que fue justo “haber optado por esa estrategia” y haber tomado ese camino: no se respondió según las reglas de los juegos de la política tradicional, tomando acuerdos políticos con quienes “pisotearon la voluntad popular” ni pisando el camino de la violencia, con el cúal hubieramos tenido “el vía crucis de las cárceles, ls muertos, los desaparecidos, la tortura”
La II Asamblea de la Convención Democrática de México terminó el domingo 25 de Marzo con una gran marcha por los tres kilometros desde el monumento del Ángel de la Independencia hasta al Zócalo de la Ciudad de México, protestando contra los intentos del Presidente Felipe Calderón de privatizar la estatal Petróleos Mexicanos.
“No somos uno, no somos cien, prensa vendida cuéntanos bien”.
II Convención Nacional Democrática
Por Monique Camus
Hoy, volvía a caminar por un ideal. Vi rostros conocidos, otros nuevos, me topé con las multitudes. Sentí lo que el escritor Elias Canetti en su libro “Masa y Poder” sostiene: “una vez que uno se ha abandonado a la masa no teme su contacto. En este caso ideal todos son iguales entre sí. Ninguna diferencia cuenta, ni siquiera la de los sexos. Quien quiera que sea el que se oprime contra uno, se le encuentra idéntico a uno mismo, se le percibe de la misma manera en que uno se percibe a sí mismo”. Esa sensación me inundó, me dejé abandonar a la masa. De manera pacifica marchamos aproximadamente novecientas mil persona del monumentos del Ángel de la Independencia al Zócalo de la Ciudad de México. Andrés Manuel López Obrador, Presidente legítimo de México caminaba seguro de su liderazgo, el Presidente espurio Felipe Calderón días antes reconocía ante periodistas de “La Jornada” el liderazgo nato del tabasqueño.
Juntos, unidos por un mismo ideal: La transformación democrática de México a través de los movimientos sociales emanados del Frente Amplio Progresista y los partidos de izquierda: PRD, Convergencia y Partido del Trabajo; Organizaciones Civiles, Sindicatos, estudiantes y sociedad en general.
El resumen de la II asamblea de la Convención Nacional Democrática (CND), realizada a partir del 21 al 25 de marzo en la ciudad de México. Cerró con la marcha que a las 10:30 de la mañana encaminó al Zócalo para presentar un resumen de los trabajos.
Primeramente, defender el patrimonio nacional, rechazar la privatización de Petróleos Mexicanos y defender la industria eléctrica nacionalizada, la no privatización del sector salud y vivienda; repudio a la política económica que beneficia a los más ricos del país y a grupos monopólicos que especulan con el hambre de los mexicanos.
Numerosas iniciativas y proyectos para pasar a la acción de inmediato, arrojó la II Convención Nacional Democrática:
Oponerse a la reforma que está impulsando la derecha para modificar el artículo 73 de la Constitución, es la única manera de impedir que las zonas arqueológicas dejen de estar protegidas por el gobierno federal y queden en manos de gobiernos estatales.
Exigir a los ministros que den marcha atrás a la llamada ley Televisa, que favorece a dos cadenas televisivas: Azteca y Televisa.
Levantar un inventario completo y detallado de todos los tesoros que integran el patrimonio arquitectónico, cultural y artístico del país, “para que los mexicanos lo conozcan y defiendan”.
En el ámbito educativo se propuso la formación de una “red nacional de contralores ciudadanos para proteger los derechos de los estudiantes a la educación” en todas las etapas de la enseñanza.
“Un presidente debe tener tres cualidades”: no robar, no traicionar al pueblo y ser íntegro” señalo en su discurso el Presidente legítimo de México, Andrés Manuel López Obrador.
Destacó el acuerdo para la instauración de una nueva República mediante un proceso constituyente y rechazar la invasión de semillas y alimentos transgénicos, así como renegociar el capítulo agropecuario del Tratado de Libre Comercio de América del Norte.
Se propuso crear la Comisión de la Verdad, para investigar el Fondo Bancario de Protección al Ahorro (FOBAPROA).
Finalmente el líder de la izquierda, se comprometió con sus seguidores a impulsar una nueva convivencia social, una nueva economía y una nueva política…
La Convención Nacional Democrática es la fortaleza y su viabilidad futura no se pone en duda, pero habrá que encaminarla bien, aportarle a una construcción desde abajo, a una construcción horizontal sin estructuras burocráticas.
Ante un panorama crítico para la izquierda mexicana y para el país en general, Andrés Manuel tendrá que ofrecer acciones operables y no sólo propuestas de consuelo. Es un líder necesario, honesto, que la República necesita, para combatir al México azotado por la pobreza extrema, la corrupción, el narcotráfico, la violencia desbordada, la militarización impuesta por el presidente espurio, Felipe Calderón.
AMLO, sabe que no está sólo, que miles de mexicanos creemos en él y tendrá que “transformar a México como se pueda, con lo que se pueda y hasta donde se pueda”, como lo dijo en su momento el mejor Presidente en la historia de México, Benito Juárez.
Ciudad de México, 25 Marzo 2007
Proximamente “El reinicio de la otra” Por Monique Camus
PRIMA PARTE
Dedico questa parte del diario messicano a mi amiga Monique Camus, valiente y sensible mujer oaxaqueña.
Ricevo tramite mail da parte di Sara Méndez, de
la
Red Oaxaqueña de Derechos Humanos la prima edizione dell’opuscolo “Voci del coraggio a Oaxaca. Violazioni dei diritti umani delle donne nel conflitto sociale e politico” prima edizione del 10 dicembre 2006.
Lo tradurrò per il diario messicano in più riprese in quanto si compone di varie sezioni. La versione originale si può scaricare in formato pdf da qui. Credo che sia interessante perché al di là di quanto già è stato detto sulla situazione politica attuale in Messico che chiunque sia dotato di buona volontà a questo punto dovrebbe già conoscere, al di là anche degli episodi di violenza più eclatanti che si sono verificati in questi ultimi mesi a Oaxaca, ci sono poi aspetti e modalità diverse della repressione di cui se notizie generiche vengono fornite dalla stampa straniera nessun riferimento appare su quella italiana o europea. Possiamo solo immaginare che sulle donne la repressione sia stata particolarmente cruda e violenta, possiamo immaginare con quali modalità essa sia stata attuata, ma l’immaginare soltanto non rende giustizia a queste donne che con coraggio e determinazione stanno portando avanti una battaglia che è iniziata ancor prima del verificarsi degli incidenti di Oaxaca. E proprio per questo, per la loro determinazione e per il loro coraggio sono state duramente colpite. Un donna che protesta e lo fa a volto scoperto fa più paura di un uomo perché nei suoi occhi si legge un dolore antico.
INTRODUZIONE
“Se non abbiamo un luogo dove si possa vivere con dignità e giustizia, non possiamo vivere da nessun parte” cita enfaticamente Leyla Centeno mentre racconta la storia della sua partecipazione al movimento e di come si sono organizzate le donne per conquistarsi un proprio spazio e un riconoscimento all’interno del movimento sociale sorto a Oaxaca a partire dal conflitto che da sei mesi monopolizza la società.
Il movimento sociale di Oaxaca ha la consapevolezza che, come spiega Leyla, la dignità è qualcosa di intrinseco all’essere umano, e che devono esistere diritti che devono essere garantiti dallo Stato affinchè siano reali. Di fatto queste garanzie sono state violate e perfino cancellate da un governo autoritario e sordo alle necessità dei suoi cittadini e cittadine e per questo uomini e donne lottano per far sì che le persone possano vivere degnamente: rispetto, libertà, sicurezza personale, integrità, autonomia, giustizia e uguaglianza.
Oaxaca è uno stato multiculturale, con caratteristiche geografiche, ambientali e di sviluppo molto diverse.
È il terzo stato più povero del Messico e concentra la maggior parte della popolazione indigena del paese, con 16 etnie che rappresentano il 31% delle 52 che esistono in Messico.
Oaxaca si è caratterizzata per avere un sistema di governo monopartitico da più di mezzo secolo. Il Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) nell’agosto 2004 vinse le elezioni per il rinnovo del locale Congresso e per la nomina del Governatore in un clima di scandali e accuse di corruzione e di discussione sociale e giuridica tra i diversi soggetti politici e i cittadini e le cittadine.
La disuguaglianza sociale, politica ed economica accumulata nel corso della storia, insieme con la crisi della transizione democratica, hanno oggi come una delle ultime conseguenze un contesto di corruzione, impunità e violazione dei diritti umani e colpiscono sempre di più le popolazioni indigene e particolarmente le donne.
Voci del coraggio a Oaxaca. Violazioni dei diritti umani delle donne nel conflitto sociale e politico, rappresenta uno sforzo collettivo delle donne dei coordinamenti della società civile di Oaxaca ed è appoggiato da un gran numero di donne e organizzazioni, scritto con il fine di essere uno strumento di denuncia delle violazioni dei diritti umani delle donne.
Inizia con una breve descrizione del ruolo che queste hanno giocato nel movimento sociale.
Racconta storie che non sono ancora Storia, non solo perché non sono ancora state scritte ma perchè non sono storie definite, periodi terminati, ma sono storie ancora aperte, in svolgimento o che reclamano ancora giustizia . Storie che sono piene di donne con i loro mormorii, le loro grida e il loro dolore. Voci di donne che rompono il silenzio e che ci danno una lezione di resistenza, di lotta, di organizzazione, di partecipazione sociale e di coraggio. Insieme denunciano e chiariscono gli aspetti differenti del tipo di violenza esercitata contro di esse e che condizionano la loro vita.
La prima parte di questo materiale racconta le storie di quattro donne, i cui avvenimenti accadono in un momento storico anteriore al conflitto degli ultimi mesi e riflettono la situazione cronica dell’abuso di potere da parte del PRI al governo, violazioni commesse contro donne in quanto tali o per la loro etnia, per pratiche dispotiche o per il malfunzionamento delle istituzioni. Nella seconda parte si trovano dieci delle migliaia di voci di donne di Oaxaca che hanno infranto il silenzio. Ci mostrano come si sono organizzate in questi ultimi sei mesi di conflitto per conquistarsi un proprio spazio ed essere attrici principali del movimento sociale. Le loro voci ci raccontano come direttamente o indirettamente sono state colpite nei loro diritti fondamentali e quanto coraggio hanno avuto per affrontare situazioni di pericolo e di difficoltà. Le voci unite creano un clamore. La voce di ognuna di queste donne desidera essere ascoltata da tante altre; affinchè sia clamore, con le loro voci e le vostre: fermiamo questa Tragedia, questa Impunità, questa Infamia.
Voci del coraggio a Oaxaca vuole essere un clamore per
la Giustizia contro il silenzio e
per
la Libertà.
Abbiamo la convinzione che sommando gli sforzi possiamo poco a poco far sì che Oaxaca sia un luogo dove tutte le persone in particoalre le donne possano vivere con dignità e giustizia e come dice lo slogan femminista: che possano camminare senza paura per le strade.
CONTESTO
Sei mesi di resistenza pacifica a Oaxaca. Un movimento sociale emergente nel quale la partecipazione delle donne è stata fondamentale. Protagoniste e partecipi di centinaia di azioni pubbliche, di resistenza e di discussione, difenditrici dei diritti dei familiari vittime delle violazioni ai loro diritti individuali e voci levate contro la impunità. Senza l’apporto delle donne, questo movimento senza dubbio sarebbe la metà in numero e in importanza di ciò che è stato.
Loro, le colone, le indigene, le contadine, le maestre, le femministe, le casalinghe, le studentesse, tutte hanno contribuito a tessere la storia odierna di questa organizzazione e forse del Messico intero. Dall’audace e insospettata presa della televisione statale e di diverse stazioni radio che sono state le principali vie di comunicazione e di articolazione del movimento, fino al sostegno dei presidi e delle barricate che sono servite come protezione agli operativi notturni dai gruppi di banditi del governatore che in distinte occasioni hanno attaccato la popolazione. Dall’organizzazione dei fori di discussione fino al dar voce alle atrocità.
È noto che questo capitolo della storia inizia il 14 giugno del 2006, giorno dello sgombero violento del presidio dei maestri nello zócalo di Oaxaca, le offese per lungo tempo accumulate nella storia del popolo di Oaxaca hanno causato la crisi. Il discoso della governabilità e della democrazia a Oaxaca , come una cortina di fumo, si è dissolto per mostrare strade piene di centinaia di migliaia di pugni indignati, di voci che in coro ci hanno sorpreso con la loro tenacia: “È caduto, Ulises è già caduto!” Sintesi ultima delle richieste sociali, del debito storico con uno dei popoli più poveri, violentati e dimenticati del Messico.
Si sono sommati allora il rifiuto popolare al tentativo di sgombero e le richieste irrisolte di diversi settori e movimenti sociali: gli indigeni, i contadini, le donne e i sindacati tra gli altri. È sorta così l’Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca (APPO) richiesta ampia e plurale che raggruppa gran parte del movimento sociale.
E se il fattore unitario è stato la richiesta di dimissioni di Ulises Ruiz, il pensiero e l’ideale collettivo hanno girato intorno alla trasformazione profonda di Oaxaca. Trasformazione politica, sociale, che restituisca realtà alla Democrazia, alla Giustizia, ai Diritti Umani, l’Uguaglianza tra uomini e donne,
la Non Violenza e
la Non Discriminazione.
E a Oaxaca il popolo, cioè le donne con le loro stoviglie, gli indigeni e le indigene, i giovani impulsivi, gli anziani e le anziane dal passo lento e la saggenzza antica, sono i creatori e le creatrici delle barricate, delle marce di massa. Sono coloro i quali hanno espresso il loro consenso nelle riunioni e nei dibattiti; coloro i quali integrano le organizzazioni e nominano i rappresentanti per il tavolo unitario di negoziazione con
la Segreteria del Governo.
Per le donne la crisi ha rappresentato un’opportunità. Centinaia di migliaia sono uscite per le strade e hanno reclamato spazi e tempi negati loro fino a questo momento. L’organizzazione delle Donne di Oaxaca Primo Agosto è un esempio concreto, un mezzo di partecipazione di donne del popolo, formatosi per potenziare la loro presenza e azione all’interno del movimento stesso.
Ciò nonostante, la mobilitazione pacifica, spalla a spalla, la protesta motivata, l’iniziativa davanti al Congresso hanno dato frutti indesiderati: più di seimila effettivi della Polizia Federale Preventiva (PFP) occupano dal 29 di ottobre il centro storico della città di Oaxaca; si contano già 17 morti, 450 detenuti e detenute, ci sono ancora 30 casi di persone scomparse, innumerevoli feriti e persone prelevate dalle loro stesse abitazioni.
Tra le vittime della repressione si contano decine di donne detenute, scomparse, minacciate e picchiate. Ci sono anche tutte quelle che hanno subito conseguenze per la repressione e per l’assassinio dei loro familiari.
Proprio il 25 novembre scorso, paradossalmente,
la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è stato il giorno di repressione più dura di tutto questo periodo e si stima che siano
13
le donne scomparse,
41 le detenute
e
ci sono denunce di torture e di trattamenti disumani.
Ci sono leader del movimento minacciati e arrestati, difensori dei diritti umani perseguitati, giunge voce che ci siano più di 200 ordini di apparizione e un clima generalizzato che sembra più corrispondere agli anni ’ 70 che non al XXI secolo.
Dopo aver sobillato per settimane intere gli animi della popolazione civile contro
la APPO ed i suoi simpatizzanti, dopo aver nei giorni scorsi
incitato ad invadere e bruciare gli uffici di EDUCA, una organizzazione non governativa che promuove lo sviluppo locale ed istruisce la popolazione sui suoi diritti civili e legali e
accusata pubblicamente dall’emittente controrivoluzionaria di costruire molotov ed altri esplosivi, finalmente lunedì scorso, intorno alle ore 13, Radio Ciudadana ha interrotto le sue trasmissioni.
Emittente clandestina e senza licenza, creata apposta per sostenere il governatore Ulises Ruiz nella sua campagna contro
la APPO , Radio Ciudadana, trasmettendo dalla frequenza 99.1 FM e grazie alla compiacenza degli industriali della locale cooperativa di comunicazione (gruppo ACIR)
che,
ritirando dalla fine di ottobre il segnale alle emittenti libere
di Oaxaca per motivi non meglio chiariti di “sicurezza” ,
di fatto ha dato il via
alle trasmissioni di “Radio Ulises” come viene chiamata Radio Ciudadana.
L’emittente, presentandosi come “la mejor sintonía de tu radio, la voz de Oaxaca” (la migliore sintonia della tua radio, la voce di Oaxaca), alternava musiche e canti della cultura popolare messicana a telefonate in diretta con i cittadini, nello stile della stessa Radio Universidad, la radio in appoggio della APPO che trasmetteva appunto dall’Università e la cui frequenza è stata cancellata.
Un tassista intervistato diceva: “invito a tutti i miei compagni del sindacato ad appoggiarci, li invito a riunirsi al monumento a Juarez per andare a togliere di mezzo tutte queste barricate”, mentre una casalinga aggiungeva: “sappiamo chi c’è dietro tutto questo. Sono Gabino Cue e quel giornalista di Noticias che vogliono la caduta del Governatore. Io grazie al Governo ho il mio negozio”. E giù con nomi , cognomi ed indirizzi privati dei sostenitori della APPO affinché la popolazione potesse andare a chiedere il conto a quei “colpevoli” di ciò che succedeva in città. “Che questi maestri della APPO non ritornino ad avvelenare la mente pulita dei nostri figli” ripeteva una signora con la voce rotta dal pianto.
Hanno ricevuto minacce via etere anche
la D.ssa Concepción
Nuñez, docente universitaria, per il suo sostegno ai diritti delle donne
indigene e
i cui lavori sono stati pubblicati in passato sia in Europa e che negli
Stati Uniti e che è stata titolare di una cattedra universitaria alla UNAM, e
la D.ssa Berta Elena Muñoz Mier docente della facoltà di medicina da più di 20 anni ‚
attivista per la difesa dei Diritti Umani soprattutto in campo medico, nonché voce di Radio Universidad e soprattutto sopravvissuta della strage di Tlateloco di Città del Messico del 1968.
Radio Ciudadana inoltre ha incitato recentemente ad attaccare il Centro Pastorale e
la Parrocchia dei Sette Principi, oltre ai già menzionati uffici della ong EDUCA.
Inoltre durante gli scontri del 25 novembre, dai suoi microfoni si incitava la popolazione a versare acido o acqua bollente sui manifestanti della APPO.
Nelle ore successive all’assassinio di Bradley Will giornalista di Indymedia, ucciso da paramilitari priisti il 27 ottobre scorso a Oaxaca,
la Radio Ciudadana , diffondeva messaggi alla popolazione, secondo i quali il giornalista veniva definito come “guerrillero disfrazado de periodista” (guerrigliero travestito da giornalista) o “extranjero interviniendo en asuntos politicos” (straniero che era intervenuto in affari politici) e che comunque chi lo aveva ucciso stava semplicemente svolgendo il suo lavoro di difesa dell’ordine pubblico.
Radio Universidad non trasmette più, Flavio Sosa leader della APPO e Berta Muñoz sono stati arrestati, Carlos Franco Pérez Méndez , parroco della Chiesa dei Sette Principi è stato aggredito come da indicazione di Marco Tulio e Alexis, conduttori di radio Ciudadana, per aver costituito all’interno della parrocchia un punto di soccorso medico per offrire aiuto a chiunque restasse ferito negli scontri, gli uffici di Flavio Sosa sono stati bruciati come da suggerimento trasmesso via radio.
Infine, grazie anche alla segnalazione in diretta dei nomi, cognomi e indirizzi di simpatizzanti ed attivisti della APPO, di insegnanti e professori universitari, di medici ed infermieri, di giovani e donne, di difensori dei diritti umani e di giornalisti, centinaia di essi si trovano in stato di arresto e decine sono i desaparecidos.
Missione compiuta, hasta mañana, Radio Ciudadana cum
Después de más de 25 días de haber hostigado los ánimos de la población civil contra la APPO y sus simpatizantes; después de haber en los días pasados instigados a tomar y quemar las oficinas de EDUCA (organización no gubernamental, que impulsa el desarrollo local y enseña a la población sus derechos civiles y legales) y acusada públicamente por la emitente contrarevolucionaria de construir molotov y explosivos, por fin el lunes pasado, alrededor de las 13:00 horas, Radio Ciudadana interrumpió sus transmisiones.
Emisora clandestina y sin licencia, creada en apoyo del gobernador Ulises Ruiz en su campaña contra la APPO. Radio Ciudadana, ha transmitido en la frecuencia 99.1 FM y con la complacencia de los industriales de la local corporativa de la comunicación (grupo ACIR), quien retirando a finales de octubre la señal a las emitentes libres de Oaxaca, por no mejores identificadas razones de “seguridad”, de hecho dió el banderazo a las transmisiones de “Radio Ulises” como la llaman a la Radio Ciudadana.
La emisora, presentandose como “la mejor sintonía de tu radio, la voz de Oaxaca”, alternaba canciones de la cultura popular mexicana a llamadas telefónicas en vivo con los ciudadanos, imitando el estilo de la misma Radio Universidad, la emisora de la Universidad Autónoma Benito Juárez de Oaxaca, en apoyo de la APPO que estaba transmitiendo desde el recinto universitario y que ahora tiene su señal borrada.
Un taxista encuestado decía: “yo invito a todos mis compañeros agremiados al taxismo para que nos apoyen, y nos veamos aquí en el monumento a Juárez para ir a quitar todas esas barricadas”, mientras una ama de casa añadía: “ya sabemos quién está detrás de todo esto. Es Gabino Cue y ese señor del Noticias que quieren la caída del gobernador. Yo gracias al gobierno tengo mi negocio”. Y así, señalando en directa nombres, apellidos y direcciones privadas de los simpatizantes de la APPO para que la población pudiera ir y “pedir la cuenta” a esos “culpables” de lo que pasaba en la ciudad. “Que esos maestros de la APPO no regresen a envenenar la mente limpia de nuestros hijos” repetía una señora con voz de llanto.
Recibieron amenzas también la Dra. Concepción Nuñez, académica de la universidad por su apoyo a los derechos de las mujeres indígenas y cuyos trabajos han sido publicados en el pasado hasta en Europa y EEUU y quien fue también maester de la UNAM y la Dra. Berta Elena Muñoz Mier académica de la facultad de medicina desde más de 20 años, activista en defensa de los Derechos Humanos en el campo médico y voz de Radio Universidad, pero sobre todo sobreviviente a la matanza de Tlateloco en la Ciudad de México en 1968.
Radio Ciudadana ha instigado en esos días a tomar el Centro Pastoral y la Parroquia de los Siete Príncipes, así como las oficinas de la ya mencionada organización EDUCA.
Durante los enfrentamientos del 25 de noviembre, desde sus micrófonos se inducía a la población a echar agua hirviendo o ácido sobre los manifestantes de la APPO.
En las horas siguientes del asesinato del periodista de Indymedia, Bradley Will, muerto por los paramilitares priistas el 27 de octubre en Oaxaca, Radio Ciudadana, divulgaba mensajes a la población hablando del “guerrillero disfrazado de periodista” o “del extranjero interviniendo en asuntos políticos” y que el agente que le disparó “sólo estaba cumpliendo con su trabajo” en defensa del orden público.
Radio Universidad no trasmite más.
Flavio Sosa líder de la APPO y Berta Muñoz fueron detenidos. Carlos Franco Pérez Méndez, párroco de Los Siete Príncipes ha sido agredido por indicaciones de Marco Tulio y Alexis, conductores de Radio Ciudadana, por permitir en la parroquia la construcción de un puesto de socorro médico, con el fin de brindar ayuda, “sin distingo de ningún tipo, a quienes han resultado heridos en los enfrentamientos”. Las oficinas de Flavio Sosa han sido quemadas. Antes de su encarcelamiento en la ciudad de México, el líder de la APPO expresó: “En Oaxaca tiene que llover fuerte para borrar tanto agravio”.
En fin, gracias también a la indicación en vivo de los nombres, apellidos y direcciones privadas de los simpatizantes de la APPO, de maestros y académicos, de médicos y enfermero, de jóvenes y mujeres, de los defensores de derechos humanos y de periodistas, cientos de ellos se encuentran detenidos y decenas son los desaparecidos.
Misión cumplida, ¡hasta mañana! Radio Ciudadana cumplió con su deber, así como se lo ordenó el Gobernador de Oaxaca, Ulises Ruiz. La caída de él se ve lejana, pero aunque sea tarde llegará, para beneplacito de los que luchan por la verdad, por la justicia, por un mejor destino de Oaxaca.
Agradezco a Monique Camus por la preciosa colaboración en esa versión en español.
CALDERÓN E IL DIALOGO
Qualcun’ altro che vuole dialogare? http://hemorroidesdefelipillodejesus.blogspot.com/
In Messico si spera che la situazione non sfugga di mano da un momento all’altro, ma giungono continuamente notizie di detenzioni illegali, violazioni dei diritti umani, episodi di violenza e abusi, soprattutto a carico degli insegnanti e leader sociali. In varie scuole di Oaxaca e delle zone circostanti si sono registrate incursioni della Polizia Federale Preventiva, che con le armi in pugno, davanti agli stessi alunni hanno picchiato e arrestato dei maestri, generalmente attivisti del movimento sociale che con forza chiede le dimissioni del governatore Ulises Ruíz. Si registrano dozzine di arresti extragiudiziali in tutto il territorio di Oaxaca, in uno stato dove i diritti individuali sono stati cancellati totalmente.
Dal sito ufficiale della APPO , traduco un comunicato della Rete di Oaxaca per i Diritti Umani a cura di Sara Méndez Morales :
“Dopo la retata realizzata dalla Polizia Federale Preventiva contro i manifestanti il giorno 25 Novembre del 2006 della APPO, Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca, continuano le persecuzioni e le minacce ai leader sociali, appartenenti alla APPO, difensori dei diritti umani come la Rete di Oaxaca dei Diritti Umani che è stata accusata di “difendere dei delinquenti”, organizzazioni civili come il Servizio per una Educazione Alternativa, così come organizzazioni religiose e parrocchie. Le minacce provengono principalmente dalla “radio cittadina” stazione clandestina in appoggio al governo di Ulises Ruíz.
Il giorno 28 novembre, dalle 9 di mattina, elementi della PFP hanno perquisito il Giardino dei Bimbi, ubicato nella Colonia del Maestro in un’operazione volta ad arrestare la maestra Carmen López Vásquez, attivista della APPO , come da informazioni del quotidiano La Jornada. Nello stesso modo altre scuole primarie e secondarie si sono riempite di agenti della PFP in cerca di maestri con l’ordine di arrestarli durante le lezioni, davanti al terrore e al turbamento degli alunni.
Situazioni simili si sono ripetute a Zaachila e a San Pablo Huixtepec, municipio de Valles Centrales, dove a causa del fracasso dell’entrata di agenti della PFP, si è creato un clima di paura generalizzato che ha fatto sì che i genitori ritirassero i propri figli anticipatamente dalle scuole.
L’ intimidazione e il controllo poliziesco sono state evidenti nell’irruzione della polizia governativa in abiti civili nella Chiesa dei Poveri, alla “Casa della Chiesa di Oaxaca” dove fu realizzato il Foro dei Popoli Indigeni di Oaxaca i giorni 28 e 29.
Durante il pomeriggio abbiamo avuto notizie dell’assedio di polizia che si è verificato intorno alla Città Universitaria, dove persone che transitano a piedi o in macchina sono state perquisite ed arrestate arbitrariamente da elementi dell’AFI, da forze governative e dalla PFP.
La Rete di Oaxaca dei Diritti Umani manifesta la sua preoccupazione per questa situazione di violenza e di persecuzione che sta crescendo nello stato di Oaxaca ed esige dal Governo Federale e Statale:
• Fermare il clima di linciaggio e di “guerra sucia” che cresce nella società, specialmente contro i difensori dei diritti umani.
• Fermo totale della repressione e attacco alla Società di Oaxaca e ai suoi Movimenti Sociali.
• che lo stato messicano e concretamente il Governo Federale, garantisca la sicurezza dei diversi leader sociali ed appartenenti della Società Civile.
• che il governo messicano, intraprenda azioni affinché termini la persecuzione organizzata strategicamente dal governo dello Stato di Oaxaca, contro i leader sociali che stanno partecipando al Foro, perché stanno sconvolgendo i diritti fondamentali e cioè :la libertà di riunione, la libertà di espressione e soprattutto si attenta contro la libertà personale.
• che si rispetti l’inviolabilità del Domicilio e la sicurezza Giuridica delle persone.
Antro. Sara Méndez Morales Secretaria Tecnica de la Red Oaxaqueña de Derechos Humanos
Il popolo non dimentica e la storia conserva il ricordo di quanto accade…
EN ESPAÑOL
In attesa del primo dicembre giorno dell’insediamento ufficiale di Felipe Calderón alla presidenza del Messico, in Parlamento, al Palazzo Legislativo di San Lazaro, c’è stata una rissa tra i rappresentanti del PAN e quelli del PRD. Monique ci racconta l’attesa e le speranze, la rabbia e la delusione:
“Ostaggi di una ideologia assurda i deputati panisti hanno occupato le tribune del Palazzo Legislativo di San Lazzaro, martedì 28 novembre. In un vergognoso scontro con i deputati di sinistra del PRD l’aula si è trasformata in un campo di battaglia. Nessuno dei due partiti vuol cedere.
A 24 ore dal 1 dicembre, giorno in cui alle 11 di mattina il conservatore Felipe Calderón prenderà la fascia presidenziale dalle mani di Vicente Fox e diventerà futuro presidente del Messico, continuano gli scontri alla Camera.
I giorni sono diventati ore: lì dormono, lì mangiano, lì rimarranno fino al primo dicembre. I deputati del PAN disposti a fare di tutto affinché Felipe Calderón arrivi al palco e quelli di sinistra per evitare l’imposizione del presidente illegittimo.
Queste persone sono coloro i quali il popolo ha scelto con voto popolare. Loro, quelli che fanno le nostre leggi. Lo spettacolo è vergognoso.
All’alba gli animi si sollevano, il colore cambia di tono e l’accordo è lontano. Il Messico sta in attesa di ciò che accadrà domani.
Giungono gli invitati al cambio di potere: Felipe di Borbone, Principe delle Asturie, invitato speciale, ha visitato la Fiera Internazionale del Libro a Guadalajara, Jalisco ed incerta è la presenza del presidente colombiano Álvaro Uribe e quelli dei paesi del Mercosur: Brasile, Paraguay, Argentina e Uruguay. Cuba ha inviato una delegazione ed il presidente del Venezuela ha declinato l’invito. Le scuole pubbliche e private sospendono le lezioni ed alcune aziende daranno la giornata libera ai suoi impiegati.
L’assedio militare offende: 3500 poliziotti intorno al palazzo legislativo è più di 700 allo zócalo. Si temono scontri tra i simpatizzanti di Andrés Manule López Obrador (convocati dal leader alle 7 di mattina ) e la polizia. Oggi a Vicente Foz rimangono solo 24 ore come presidente del Messico. Lascia il paese in una delle peggiori crisi politiche dopo le elezioni del 2 luglio. Un Messico diviso, fratturato che manca di credibilità nelle sue istituzioni. Con 103 milioni di abitanti e più di 60 milioni di poveri, la speranza è fragile.
Questo Messico di Siqueiros, di Orozco, di Diego Rivera, di Tamayo, di Octavio Paz, di José Emilio Pacheco, di Carlos Monsiváis, degli operai, degli studenti, dei cittadini comuni, come me: fa male ma il popolo non dimentica e la storia conserva il ricordo di quanto accade.
Sinceramente non votai per Vicente Fox, né per Felipe Calderón , altrimenti adesso mi troverei in terapia intensiva”.
Monique Camus
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