“Falsi positivi” anche in Messico?
Nello stato del Guerrero rischia di scoppiare uno scandalo per le esecuzioni sommarie di semplici civili per farli passare come sicari morti in combattimento
Sierra del Filo Mayor, tra le montagne dello stato del Guerrero, in Messico. Una delle zone del paese di maggior produzione del papavero da oppio e di marijuana. Qui ha origine la catena produttiva del narcotraffico, almeno quello che controlla il mercato degli oppiacei, in aumento esponenziale negli ultimi anni. La cocaina in Messico arriva invece dall’America latina, soprattutto dalla Colombia; qui il clima non è ideale per la coltivazione delle piante di coca. Tuttavia, in Messico come in Colombia, nelle zone dove si coltiva la ’materia prima’ dalla quale verranno estratti (altro…)
Honduras: un grido per la terra
“Bajo Aguàn: Grito por la tierra” è il documentario realizzato da Alba Sud (associazionecatalana specializzata in ricerca e comunicazione per lo sviluppo) e dalla Rel-Uita (sezione latinoamericana del sindacato internazionale dei lavoratori del settore alimentario) sulconflitto agrario in Honduras.
La produzione è stata realizzata in collaborazione con il Movimento Mondiale dei Boschi Tropicali (WRM), con la FIAN internazionale (Fighting Hunger With Human Rights) e con ilCoordinamento delle Organizzazioni Popolari dell’Aguán (COPA) e vuole portare fuori dai confini del piccolo paese centroamericano, conosciuto in Italia probabilmente solo per una produzione televisiva di tutt’altro genere (l’Isola dei Famosi), “il conflitto agrario provocato dallo sviluppo delle grandi piantagioni di palma africana, dove il movimento contadino organizzato lotta per difendere il proprio diritto alla terra”.
Il documentario ha molteplici obiettivi, come ci spiega Giorgio Trucchi, corrispondente dellaRel-Uita in Centroamerica e collaboratore di Alba Sud, che dello stesso è produttore e realizzatore: “innanzitutto rompere il cerchio mediatico che si è creato sull’Honduras dopo il golpe, evidenziare i processi di concentrazione e accaparramento e stranierizzazione della terra per fomentare il modello delle monocoltivazioni in gran scala (in questo caso la palma africana) e la necessità di un cambiamento rispetto a tale modello, ma anche quello di far conoscere i processi di criminalizzazione della protesta e della lotta contadina nel BajoAguán e la violenza esercitata contro i settori organizzati della società”. (altro…)
Dopo Sandy solidarietà oltre gli embarghi
Soltanto adesso che l’uragano Sandy si appresta a lasciare la costa orientale degli Stati Uniti, dove ha seminato distruzione e morte, per dirigersi, ’declassato’ a semplice tormenta verso il Canada, i grandi mezzi di comunicazione mainstream sembrano ricordarsi che nel corso del suo passaggio per il Caribe, prima di toccare l’America del Nord, ha lasciato dietro di sè un numero considerevole di morti e ha provocato danni incalcolabili nelle fragili economie caraibiche.
Sui social network è stata polemica nei giorni scorsi per la diversa copertura mediatica data al passaggio dell’uragano. Se è vero che questo ha lasciato un saldo di oltre 80 morti (37 solo a New York) lungo la East Coast e circa 20 miliardi di dollari di danni, è altrettanto vero che ha provocato nei Caraibi oltre 60 morti, un numero non ben precisato di dispersi e danni incalcolabili, che, come scrive Carla Reschia su ’La Stampa’ oggi, “nessun bilancio statale ripagherà”.
Ma tant’è, il ’mondo di sotto’ non fa notizia e le polemiche si ripetono, come ogni anno ad ogni temporada ciclonica (stagione dei cicloni), che da queste parti inizia a giugno e finisce a novembre. Accadde la stessa cosa l’anno scorso al passaggio dell’uragano Irene, che solo in Repubblica Dominicana provocò 3 morti, un disperso, circa trentamila senzatetto e piú di 80 comunità isolate.
I danni di Sandy in America del Nord quest’anno sono stati sicuramente maggiori di quelli provocati da Irene l’anno passato e agli statunitensi va ovviamente tutta la nostra solidarietà. Tuttavia è importante riportare l’attenzione sulla tragedia che puntualmente si ripete nei Caraibi ogni anno in questo stesso periodo, ma anche sulla capacità di risposta collettiva che hanno le nazioni del Sud del grande continente americano. (altro…)
Sogni e tristezze in Bajo Aguán
El informe “Doing Business 2013″ penaliza la integración latinoamericana
Por Annalisa Melandri – L’Indro (www.lindro.it)
Según el reciente informe Doing Business 2013, dado a conocer hace algunas semanas por el Banco Mundial (BM) y por una de sus agencias, la Corporación Financiera Internacional (IFC, por sus siglas en inglés), no son pocos los países latinoamericanos y del área del Caribe que se posicionan entre las economías mundiales donde es mas difícil y arriesgado realizar negocios.
El informe analiza una lista de 185 países en donde Honduras se posiciona al lugar 125, seguido por Brasil (130) Ecuador (139), Bolivia (155) Suriname (164) Haití (174) y Venezuela casi ultimo al puesto 180.
Honduras es precedido por Argentina (124), Nicaragua (119), Republica Dominicana (116), El Salvador (113), Costa Rica (110) y Guatemala (93).
Entre los países de América latina y central que son considerados positivamente por los inversionistas extranjeros y donde es más fácil “crear empresa”, según el informe, se encuentran sin duda Colombia al puesto 45 y Perú al puesto 43, uno por encima de España.
El rol de líder en la región desde hace algunos años le pertenece seguramente a Chile que encontramos a la posición 37 de 185.
¿Pero sobre cuáles parámetros se funda el informe? “Doing Business” quiere dar un cuadro total de la calidad del business (altro…)
Il Doing Business boccia l’integrazione latinoamericana
Secondo il recente rapporto Doing Business 2013, diffuso qualche settimana fa dal Banco Mondiale (BM) e dalla Società Finanziaria Internazionale (IFC) che ne fa parte, non sono pochi i paesi latinoamericani e dell’area caraibica che si posizionano tra le economie mondiali dove è più difficile e rischioso realizzare affari.
Il rapporto analizza una lista di 185 paesi nella quale l’Honduras si trova al 125° posto, seguito dal Brasile (130°), Ecuador (139°), Bolivia (155°), Suriname (164°), Haiti (174°) eVenezuela quasi ultimo, al 180° posto.
L’Honduras è appena preceduto dall’Argentina (124°), dal Nicaragua (119°), dalla Repubblica Dominicana (116°), da El Salvador (113°), dal Costa Rica (110°), dal Guatemala (93°).
Tra i paesi dell’America latina e centrale che vengono invece considerati positivamente dagli investitori stranieri e dove è più facile ’fare impresa’ possiamo citare senza dubbio laColombia, al 45° posto, e il Perú al 43°, addirittura uno sopra la Spagna. Il ruolo di leader della regione, da qualche anno a questa parte, invece spetta ormai al Cile, che si trova al 37° posto. (altro…)
Bajo Aguán: Grito por la tierra
Una producción audiovisual sobre el conflicto agrario en la región del Bajo Aguán. Que contrapone campesinos atrincherados a ejercitos privados de los latifundistas.
Annalisa Melandri – L’Indro (versión original en italiano)
“Bajo Aguán: Grito por la tierra” es el video documental realizado por AlbaSud (asociación catalana especializada en la investigación y comunicación por el desarrollo) y por la Rel-Uita (regional latinoamericana de la internacional sindical de los trabajadores del sector alimentario) sobre al conflicto agrario en Honduras.
La producción ha sido realizada en colaboración con el Movimiento Mundial de los Bosques Tropicales (WRM), con FIAN Internacional (Fighting Hunger With Human Rights) y con la Coordinadora de las Organizaciones Populares del Aguán (COPA) y se propone dar a conocer más allá de los confines nacionales del pequeño país centroamericano “el conflicto agrario provocado por la expansión de las grandes plantaciones de palma africana, donde el campesinado organizado lucha por defender su derecho a la tierra”. (altro…)
Caña
Hay
un país en el mundo
colocado
en el mismo trayecto del sol.
Oriundo de la noche.
Colocado
en un inverosímil archipiélago
de azúcar y de alcohol.
(Pedro Mir)
Panama: rivolta a Colón
Tre morti, tra i quali un bambino di nove anni, 30 feriti e almeno un centinaio di detenuti, questo il drammatico saldo degli scontri a Panama tra polizia e cittadini, iniziati in seguito alla dura repressione da parte delle forze dell’ordine a Colón, porto situato sulla costa Atlantica del canale di Panama, a circa 80 chilometri dalla capitale.
Il governo, il 19 ottobre scorso, aveva autorizzato la vendita di alcuni terreni dello Stato, situati all’interno della Zona Libera di Colón (ZLC ), la zona franca più grande dell’America latina e la seconda del mondo, in compimento di un progetto di legge, il 529, recentemente firmato dal presidente della Repubblica, Ricardo Martinelli e diventato la Legge n. 72 del 19 ottobre del 2012. Questa va a sostituire il Decreto Legge n. 18 con il quale il 17 giugno del 1948, si creava la Zona Libera di Colón.
La firma della legge ha scatenato immediate e violente reazioni da parte della popolazione che condanna la svendita di un patrimonio pubblico di immenso valore in una zona di importanza strategica nazionale come quella del Canale di Panama, con lo scopo di favorire interessi privati nazionali e stranieri strettamente vincolati al potere politico.
Si parla di 240 ettari di terra, almeno la metà affittati a circa 2mila imprese, dalle quali il governo panamense riceve annualmente per gli affitti circa 33 milioni di dollari. La protesta, iniziata lo stesso giorno della firma della legge, è continuata a oltranza nei giorni seguenti, è stata duramente repressa dalla polizia, che ha fatto un uso sproporzionato della forza, e si è trasformata in sciopero generale di 48 ore a principio di questa settimana fino a quando le autorità hanno effettuato un tentativo di dialogo con la cittadinanza questo martedì, miseramente fallito.
Il ministro della Presidenza, Roberto Henríquez, si è recato infatti a Colón con una delegazione ufficiale e ha cercato di spiegare alla cittadinanza e a tutte le forze sociali e politiche che si oppongono alla firma della legge, i benefici che deriveranno alla comunità diColón dalla vendita delle terre demaniali, invitando “alla tranquillità affinchè cessino i fatti violenti registrati recentemente”.
I proprietari delle imprese della zona franca avrebbero la possibilità di comprare i terreni dove stanno lavorando e ampliare così le loro attività, ha spiegato Roberto Henríquez. Il governo di Ricardo Martinelli ha investito a Colón circa 600 milioni di dollari fin dall’inizio del mandato nel 2009 e spera di concluderlo tra due anni con investimenti pari a un miliardo di dollari. Secondo il governo con la promulgazione della Legge 72 si raccoglieranno i fondi necessari per risolvere i gravi problemi strutturali di questa provincia e cioè 2 miliardi di dollari nei prossimi due anni.
Martedì, a sorpresa, Martinelli, dal Giappone, dove si trova in viaggio ufficiale, ha fatto sapere via twitter che “se il popolo non vuole che si vendano le terre della Zona Libera di Colón, verrà derogata la loro vendita”, come misura alternativa verranno aumentati gli affitti del 100% e il denaro incassato, amministrato dalle autorità locali, sarà impiegato per progetti sociali e strutturali della provincia. In realtà l’applicazione della legge è solo sospesa fino a quando non verranno conclusi i dialoghi con le parti sociali. (altro…)
Fredy Muñoz condannato a 15 anni di carcere: “continuerò a bombardare le menzogne”
“Continuerò a bombardare con il mio lavoro giornalistico le menzogne e la struttura di un sistema al quale il mondo si sta ribellando, amplificando le voci di chi vuole una Colombia ed un mondo migliori”.
Fredy Muñoz Altamiranda, corrispondente di Telesur in Colombia, fu arrestato il 12 novembre del 2006 a Bogotà con l’accusa di essere un terrorista.
Nell’inchiesta condotta dal Pubblico Ministero di Barranquilla il giovane giornalista era accusasato da alcuni testimoni di essere un addetto agli esplosivi del gruppo sovversivo delle FARC e di aver partecipato ad attentati contro le infrastrutture del Paese.
Secondo i testimoni, Muñoz avrebbe partecipato ad attentati contro le centrali elettriche di ElectroCosta.
Fredy Muñoz Altamiranda era diventato scomodo in Colombia perché dava voce a chi generalmente voce in Colombia non ne ha: dalla cronaca delle manifestazioni dei familiari dei desaparecidos, agli omicidi degli insegnanti (11 solo nei primi quattro mesi del 2006) da parte dei paramilitari, alla diffusione della notizia che lo Stato Colombiano era stato dichiarato (dal Consiglio di Stato, il massimo tribunale del paese) responsabile per “inefficienza” della morte di 63 soldati avvenuta nel corso di un’azione contro le FARC .
Dopo 52 giorni di prigionia trascorsi nel carcere di Barranquilla fu rilasciato il 9 di gennaio del 2007. Il Pubblico Ministero dichiarò insufficienti le prove a suo carico che consistevano esclusivamente in dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia al momento in stato di detenzione.
Uno di quei testimoni, Yainer Rodriguez Vásquez affermò allora di aver ricevuto minacce e intimidazioni dai servizi segreti colombiani affinché depositasse testimonianza contro persone a lui sconosciute tra le quali Fredy Muñoz.
Quanto accadde a Fredy ricordò il caso del sociologo colombiano e professore universitario Alfredo Correa de Andreis, che venne accusato e messo in carcere con le stesse modalità e le identiche accuse rivolte a Fredy Muñoz e che dopo essere stato rilasciato venne assassinato tempo dopo a Barranquilla, regno dei paramilitari fedeli a Jorge 40.
Tuttavia le accuse a carico di Fredy non furono mai ritirate. Quanto accaduto apparve allora come un tentativo di criminalizzare Telesur e il suo lavoro in Colombia in un momento in cui le relazioni tra i due paesi erano particolarmente delicate, sotto la presidenza di Álvaro Uribe Vélez. (altro…)