Da tempo i movimenti sociali ed ampi settori della società civile della Repubblica Dominicana si stanno mobilitando chiedendo le dimissioni del capo della Polizia, generale Rafael Guillermo Guzmán Fermín. Associazioni per la difesa dei Diritti Umani del paese rendono noto che nei tre anni trascorsi dall′ inizio del suo incarico, membri della Polizia Nazionale hanno ucciso già 1750 persone in presunti “scontri a fuoco”. A Santo Domingo, lo scorso 23 luglio, è stato impedito lo svolgersi di una manifestazione pacifica organizzata dal Comitato contro gli Abusi della Polizia, formato per la maggior parte da studenti, e la mobilitazione è stata repressa duramente a manganellate e pestaggi da parte della Polizia. Alcuni giovani sono stati feriti e il politico e dirigente del Movimento Caamañista Narciso Isa Conde, di 67 anni, che stava solidarizzando con loro, ha ricevuto da un tenente un calcio alle spalle che gli ha fratturato 4 costole. Ci racconta quanto accaduto.
A.M. — Narciso, tu hai ricevuto da un poliziotto un calcio che ti ha provocato la frattura di 4 costole oltre a una neurite intercostale mentre partecipavi insieme ad alcuni giovani a una manifestazione pacifica organizzata il 23 luglio a Santo Domingo, proprio contro gli abusi commessi dalla Polizia Nazionale nel tuo paese. Puoi raccontarci come ti senti e come si sono svolti i fatti?
N.I.C. – Le costole rotte sono tre e non quattro, ma il danno è quasi uguale e anche l’accaduto.
Un fatto veramente brutale sia per il metodo che per la vigliaccheria con cui è stato dato il colpo che mi sta provocando un dolore acuto e a volte insopportabile e prolungato guaribile in almeno 40 giorni.
I manifestanti erano assediati nella piazza per impedirgli una passeggiata di 200 metri (dalla piazza della Cultura al palazzo della Polizia Nazionale) nel centro della nostra capitale.
Poi la decisione di impedire una specie di presidio di fronte al Teatro Nazionale situato nella piazza della Cultura con manganellate disoneste; e il calcio ricevuto dall′ agente karateca che mi ha fratturato le costole mentre eravamo seduti pacificamente sulla scalinata del teatro per non farci sgomberare.
L´ordine di colpire è venuto dal colonnello capo della squadra, già conosciuto per le sue costanti infamità, Eusebio Castillo.
Il bilancio: 7 persone picchiate brutalmente e una decina ferite in modo leggero.
A.M. – Credi che l´aggressione sia da mettere in relazione con la constante e quotidiana attività di denuncia che porti avanti nel tuo programma Tiro al Blanco rispetto alla corruzione generalizzata del paese e alle connessioni tra gli alti vertici delle autorità dominicane con il narcotraffico e il crimine organizzato?
N.I.C. – Ovviamente, e specialmente è da mettere in relazione con i miei attacchi diretti contro l’assassino corrotto che dirige la Polizia Nazionale, generale Guillermo Guzmán, Fermín, contro i vertici di questo corpo, convertito nella principale organizzazione criminale del paese e contro lo stesso presidente Leonel Fernández, coordinatore, protettore e beneficiario del processo di degradazione delle istituzioni e della conversione dello Stato dominicano in uno Stato narco-criminale.
A.M. – Ci sono responsabilità dirette del Presidente della Repubblica in questa situazione?
N.I.C. – Senza dubbio. Egli è il protettore di questo personaggio diventato uno dei “suoi” generali, il quale si presta ad appoggiare la sua rielezione e anche a dispiegare la repressione e lo stato di polizia davanti alla crisi totale che sta affettando la nostra società.
Alla fine delle elezioni del Congresso e di quelle municipali, il presidente Fernández ha lanciato (indirettamente) la sua campagna rielezionista nonostante l’ostacolo della Costituzione. Questo proposito non si può ottenere senza ricorrere a imbrogli, a corruzioni e a livelli più alti di autoritarismo e repressione, a volte anche con spargimento di sangue.
A.M. — La protesta organizzata dal Comitato contro gli Abusi della Polizia si è svolta in modo pacifico. Sembra assurdo che nello stesso momento in cui chiede più rispetto per i diritti umani da parte delle autorità, la società civile venga aggredita dalla stessa Polizia a manganellate e calci. Cosa sta succedendo nel paese con questa istituzione?
N.I.C. – Qualcosa già ti avevo già raccontato rispetto a questa istituzione che in quest’ occasione ha riconfermato il suo dispotismo , la sua essenza repressiva e la sua “colombianizzazione” nel contesto dello spiegamento della dottrina di “sicurezza democratica” consigliata da ufficiali colombiani, dall’ FBI e dal tenebroso MOSSAD.
Questo signore (il capo della Polizia, ndr) è figlio di uno dei generali più criminali del terrorismo di stato dell’epoca di Balaguer e segue fedelmente le orme di suo padre. E’ stato addestrato alla scuola dei Carabinieri di Pinochet, è un sub appaltatore di opere statali, è stato alla testa del gruppo dei così detti “Chirurghi” incaricati di assassinare e azzoppare giovani implicati nelle lotte di quartiere nel Nord Est del paese. Recentemente sono stati resi noti i suoi forti legami con il capo di un grande traffico di cocaina, lo spagnolo Arturo del Tiempo Màrquez, “lavatore” in terra domenicana di enormi quantità di euro; personaggio della narco corruzione recentemente arrestato a Barcellona.
A.M. – Presenterai denuncia alle autorità competenti?
NIC.- La stiamo preparando contro la Polizia Nazionale, contro il suo capo e i subalterni implicati in quest’abuso e atto di violenza.
A.M. – Il Comitato Contro gli Abusi della Polizia ha annunciato altre attività rispetto a questo tema?
N.I.C. – Stanno programmando nuove iniziative che saranno definite prossimamente.
A.M. – E per finire parliamo della denuncia che ha fatto l’ambasciatore colombiano presso la OEA nella quale ti accusa di essere “parte di una rete di coordinamento di guerriglie”. Ti hanno accusato di aver visitato accampamenti delle FARC in Venezuela nel febbraio di quest’anno e hanno presentato come prova una fotografia nella quale appari insieme ai comandanti Iván Márquez y Jesús Santrich.
NIC.- Questafoto è del 2006 e in origine venne pubblicata da me e poi ampiamente diffusa negli ultimi anni. Non ho mai nascosto il fatto. Spiegai allora i motivi politici di questa visita e parlai delle interviste radiofoniche che avevo concesso ai mezzi di comunicazione delle FARC su temi di politica latinoamericana e che furono poi pubblicate in riviste e libri nel 2006 e nel 2007.
Uribe e i suoi hanno creato una montatura mediatica con questa foto cercando di “giustificare” un’aggressione militare al Venezuela perché il regime colombiano sta attuando come strumento degli Stati Uniti e delle mafie politiche. D’altro canto cercano di attualizzare il loro piano di criminalizzazione contro di me e di riattivare quello di uccidermi già denunciato nel 2009. Anche allora utilizzarono fotografie simili.
Gli Stati Uniti sono in una fase di “ultimatum” e di provocazione diretta a destabilizzare la rivoluzione bolivariana e a invadere questa regione. Stanno pensando di prendersi il petrolio venezuelano e di sedersi militarmente sopra le ricchezze amazzoniche. Questo è il senso delle 7 basi in Colombia, della crescente infiltrazione paramilitare in Venezuela, della riattivazione della IV Flotta, delle basi di Curacao e di Aruba e dei recenti e imponenti spiegamenti militari ad Haiti e in Costa Rica. Le menzogne hanno bisogno di leggende proiettabili a livello mediatico. Richiedono degli artifici. In questo caso vanno ad inventarsi degli accampamenti in Venezuela (completamente inutili per le FARC e per l’ELN che hanno accampamenti ancora inespugnabili in tutto il territorio colombiano) e in questo contesto per propaganda mi hanno situato in Venezuela nel febbraio scorso per mezzo di una foto scattata in Colombia nel 2006 e pubblicata immediatamente dopo.
Inoltre sono assassini, bugiardi consumati come i loro padrini yanquis.
Mi preoccupa la grande determinazione imperialista di attaccare militarmente il Venezuela per mezzo della Colombia con forze proprie e straniere e appoggio quindi la decisione del Comandante di rompere le relazioni con Uribe, ubicare il “nuovo” governo di Santos (anche senza la minima speranza da parte mia che in prospettiva possa essere differente) e mobilitare forze alla frontiera. Credo inoltre che le FARC e l’ELN e tutte le forze combattenti della Colombia siano chiamate a giocare un ruolo cruciale nella resistenza irregolare all’invasione “gringa” come parte di una guerra di tutto il popolo o guerra “asimmetrica”.
.
Annalisa Melandri
Santo Domingo, 2 de agosto 2010
Black list USA: Nuovamente inclusa CubaFonte: This is Cuba di Luca Sterza
Una notizia assurda quella che riporto a seguito e che al momento è ESCLUSIVA per l’Italia, dove si cita l’oggetto ma non si spiegano le motivazioni.
Laddove si susseguono le notizie, non si trova traccia di un tema chiave, come la consueta lista diffusa dagli Stati Uniti, che raccoglie gli Stati che alimentano il terrorismo. La lista è un documento ufficiale del Dipartimento di Stato americano, stilato dal 1979. Cubane fa parte dal 1982.
La lista è costituita da un nucleo che poggia sull‘asse del male costituito da Obama Bin Laden e dagli eserciti affiliati. Ad essi connessi si trovano poi Cuba, Iran, Sudan and Syria, definiti tristemente ’state sponsors of terrorism’. L’Iraq è ancora considerato, lo riporto alla lettera “most active state sponsor of terrorism.” (altro…)
L’ ambasciatore colombiano presso l‘ Organizzazione degli Stati Americani (OEA)tramite il quale la Colombia ha denunciato nei giorni scorsi il Venezuela per favorire protezione alla guerriglia delle FARC risulta inabilitato a vita nel suo paese a ricoprire incarichi pubblici per essere accusato di corruzione.
Il presidente uscente della Repubblica di Colombia, Alvaro Uribe Velez, per l’ennesima volta attacca il governo rivoluzionario e bolivariano del Venezuela, cercando i pretesti più assurdi per scatenare la guerra e destabilizzare il continente latinoamericano a cominciare dai Paesi dell’ALBA, l’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America.
L’accusa è sempre la stessa da anni: sostenere l’insorgenza armata in Colombia, se non addirittura dirigerla!
In realtà Alvaro Uribe Velez non ha mai goduto di nessuna autonomia politica dalla volontà degli USA. L’imperialismo USA e le truppe yankee la fanno da padrone, senza dare conto per i crimini commessi contro la popolazione colombiana in decenni di occupazione. Il criminale Uribe ed il suo governo sono totalmente corresponsabili con l’imperialismo USA per i crimini politici e sociali commessi.
Mafia, narcotraffico, fosse comuni di inermi contadini, paramilitarismo, lo scandalo dei ‘falsi positivi’: giovani figli delle popolazioni indigene massacrati perché semplicemente sospettati di essere simpatizzanti della insorgenza guerrigliera o fino al punto di essere uccisi e poi travestiti da guerriglieri per incassarne i premi e mostrare alla stampa di regime risultati militari positivi in realtà inesistenti, sono ormai la storia quotidiana di un popolo martoriato a tutto vantaggio dei lacchè oligarchici locali e dei loro padroni usamericani.
Nonostante i titanici sforzi messi in campo dal Presidente Hugo Chávez Frias per sostenere i dialoghi di pace e il processo di scambio umanitario dei prigionieri di guerra ed evitare l’escalation conflittuale con la fraterna Colombia ed il suo sottomesso ed infido governo, di nuovo i rapporti diplomatici si sono spezzati.
La più grande fossa comune di tutta l’America Latina viene scoperta in questi giorni nel Dipartimento del Meta, in Colombia, proprio nei pressi di una base militare. Risulta incredibile che qualcuno possa ancora considerare democratico il governo colombiano.
Le stesse forze che massacrano da decenni impunemente il popolo colombiano sono contemporaneamente impegnate nel processo di destabilizzazione delle forze di progresso che enormi sforzi stanno mettendo in campo per costruire il protagonismo partecipativo e democratico in Venezuela.
Facciamo appello, anche in Italia, a tutte le forze di progresso a difesa della Rivoluzione Bolivariana e delle sue conquiste umane e sociali al fine di denunciare e contribuire a fermare i crimini dell’imperialismo, delle oligarchie e delle elites antipopolari al governo in Colombia nonché delle loro quinte colonne infiltrate in Venezuela.
Il loro obiettivo è sempre lo stesso: impedire l’esercizio della sovranità e dell’indipendenza nei paesi latinoamericani distruggendo le esperienze emancipatrici delle Reti ed Organizzazioni Sociali, del Potere Popolare e della possibilità di edificare un sistema sociale, politico ed economico a misura di essere umano.
Viva la Rivoluzione Bolivariana!
Viva la Solidarietà Internazionalista!
Viva il Socialismo!
27 luglio 2010
adesioni:
antimp_nahotmailcom
Circolo Bolivariano “José Carlos Mariátegui” – Napoli
Associazione Nazionale delle Reti ed Organizzazioni Sociali (Capitulo ITALIA)
RedPorTiAmerica – www.redportiamerica.com
Collettivo redazionale “ALBAinFormazione”
Centro Culturale “La Città del Sole” – Napoli
Associazione “L’Internazionale”
Circolo Bolivariano “Antonio Gramsci” – Caracas
Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba – Circolo Campi Flegrei – Napoli
Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba – Circolo di Roma
Associazione Solidarietà Proletaria – ASP
Associazione Nazionale “Nuova Colombia”
Coordinamento Nazionale Bolivariano – CNB
Comitato Comunista Romano
Sindacato Lavoratori in Lotta –SLL
P-CARC
Collettivo Casoria Antifascista (NA)
Doriana Goracci – Capranica (VT)
Giorgio Sabaudo – Brescia
Giovanni Nuvoli –Firenze
Roberto Osimani – Lavagna (GE)
Walter El Nagar – Milano
Mariastella Aiello– Marano di Napoli
Andrea Salomoni –Ancona
Alessio Nalin – Venezia
Rosanna Ceroni – Castiglion Fiorentino
Annalisa Melandri – www.annalisamelandri.it
Un cementerio inmenso. Es la “fosa común más grande de América Latina”, como la definieron desde meses, o sea desde cuando fue descubierta a principios de este año en el municipio de La Macarena, región del Meta, en Colombia.
Ahora por fin se trata de una fosa D.O.C. como le decimos en Italia a los productos cuya calidad es atestiguada por un título de Denominación de Origen Controlada. Su existencia finalmente ha sido certificada por una delegación de observadores internacionales integrada por parlamentarios de Europa y de EE.UU quienes han testimoniado que lo que iban denunciando los pobladores de La Macarena era la verdad.
En Colombia, la democrática Colombia, (nada que ver con esa cueva de dictadores y mala gente, como son Venezuela y Cuba) resulta que si por ejemplo los residentes de una comunidad denuncian la presencia de un enorme “cementerio clandestino”, donde fémures y costillas surgen de todas partes y donde los perros y los buitres van de comida, se necesita además que una delegación completa de observadores internacionales llegue del otro lado del planeta para confirmarlo.
Ocurre también que después de la visita de estos observadores, el Ministerio de Relaciones Exteriores de Colombia declare que no hay fosas comunes en el área y que incluso el más importante periódico del país, El Tiempo, cuyos mayores accionistas son tanto el neo electo presidente Juan Manuel Santos y ex ministro de Defensa, tanto su primo, el actual vicepresidente Francisco Santos, ignore completamente la noticia.
En La Macarena también ocurre que a los dos lados del “cementerio clandestino” haya respectivamente una base militar y un pequeño aeropuerto. Y ocurrió que casualmente los campesinos ineptos en vez de zapar la tierra hayan visto decenas de cadáveres tirados a la cercana fosa por helicópteros.
Todo esto no fue suficiente en Colombia para que el país tuviera derecho a una investigación seria con el objetivo de buscar la verdad, se necesitaron decenas de observadores internacionales que dieran voz a la denuncia presentada en enero por los campesinos de La Macarena. Se cree que haya dos mil cadáveres enterrados en este cementerio. O al menos los que queda de ellos. Ningún problema por el gobierno, no son personas, “son guerrilleros caídos en combate” han declarado fuentes oficiales.
Demasiado esfuerzo para identificarlos y darles digna y adecuada sepultura. Además no son tantos, “solamente ” 400, declararon miembros del ejército y fuentes del gobierno. Y ni siquiera enteros ya que por estos lados se acostumbra desmembrar los cuerpos de los muertos como práctica de entrenamiento militar, o paramilitar, que luego es lo mismo. Detalles.
Como un detalle insignificante parece ser el hecho de que se trate verdaderamente de guerrilleros caídos en combate. Se rumorea que se trata de opositores políticos o de campesinos del lugar. Vieja historia, siempre la misma, la de los adversarios políticos que desaparecen en Colombia.
En este país civilizado se descubrió que el ejército acostumbra matar a personas inocentes, jóvenes atraídos por la propuesta de un trabajo, después de haberlos llevados cientos de kilómetros lejos de la casa, después de haberle puesto un arma en las manos y vestidos con un uniforme de las FARC de manera que fueran presentados como guerrilleros caídos en combate.
Un carnaval macabro para obtener promociones, premios y concesión de licencias, así como más dinero por el Plan Colombia.
Los llamaron falsos positivos y es un engañoso nombre, ya que aunque se trate a todos los efectos de ejecuciones extrajudiciales o desapariciones forzadas, el término falso positivo no identifica inmediatamente estos crímenes de Estado por los que un país arriesga una condena por crímenes de lesa humanidad por los tribunales internacionales.
Un falso positivo es un invento del cual Colombia tiene la patente, chocante y paradójica en su crueldad, digna del realismo mágico que este país le dio gran contribución con las obras de Gabriel García Márquez.
Dice el gran escritor colombiano que en el mundo que ha tratado de representar en sus novelas, no hay división entre lo que parece real y lo que parece fantasía. En Colombia, incluso los peores crímenes parecen ser obras de fantasía tan son surrealistas.
Sólo en Colombia se usan motosierras pasa hacer masacres o se juega al fútbol con las cabezas de los muertos, mientras que en el aire voltean los helicópteros del ejército.
La fosa de La Macarena bien puede ser ahora aquella en donde el pueblo colombiano pueda encontrar la fuerza y el coraje para echar por fin, junto con los restos de los dos mil cuerpos sin nombres y sin rostros comidos por los gusanos, lo que queda de la farsa que la opinión pública internacional insiste en llamar “democracia colombiana”.
Hace unos días celebramos el Bicentenario del Grito de Independencia en Colombia. Marcharon animados por un orgullo nacional noble y grande, como 400 mil personas en las calles de Bogotá.
No me gustan las conmemoraciones. Menos aún cuando se conmemora un pasado glorioso, bajo el yugo de un presente desastroso e indigno.
¡El Grito de la Independencia se debe dar ahora y de una vez!
Los colombianos ahora y de una vez deben descubrir el orgullo pisoteado por una decena de familias infames que siguen a someterlos a injusticias y violencia. Deben descubrir el orgullo pisoteado, a pesar de aquel Grito de Libertad de hace doscientos años, por los poderes extranjeros que utilizan los políticos locales aún hoy como títeres en sus estrategias geopolíticas.
¿Qué Independencia se celebró en las calles de Bogotá los días pasados? ¿Qué Patria idealizada se reunió bajo la bandera de Bolívar?
La Marcha Patriótica debería haberse dirigido hacia Palacio de Nariño, sede del gobierno del país y allá en el frente cavar una gran fosa común donde tirarle adentro todos los narco-paramilitares que lo habitan al grito de ¡Colombia Libre!
Un immenso cimitero. Si tratta della “fossa comune più grande d’America latina”, come viene definita da mesi, da quando cioè a principio di quest’ anno è stata scoperta nel municipio di La Macarena, regione del Meta, in Colombia. Adesso finalmente la fossa comune è una fossa D.O.C., è stata certificata cioè da una visita di una delegazione internazionale formata da parlamentari europei e statunitensi che hanno potuto testimoniare che quanto andavano da tempo denunciando alle autorità colombiane i contadini del luogo e gli abitanti del circondario, era vero.
In Colombia, la democratica e civile Colombia, (niente a che vedere con quel covo di dittatori e brutta gente come il Venezuela e Cuba) succede infatti che se per esempio gli abitanti di una comunità denunciano la presenza di un gigantesco “cimitero clandestino” dove spuntano femori e costole dappertutto e dove i cani e gli avvoltoi vanno a fare merenda, ci sia bisogno poi di un’intera delegazione di osservatori internazionali che lo confermino.
Succede anche che dopo la visita di tali osservatori, il ministero degli Esteri colombiano dichiari che non esistono fosse comuni nella zona e succede perfino che il più importante quotidiano del paese, El Tiempo, i cui maggiori azionisti sono sia il neo eletto presidente Juan Manuel Santos nonché ex ministro della Difesa, sia suo cugino Francisco Santos attuale vicepresidente, ignori completamente la notizia.
In Colombia accade anche che da una parte e dall’altra del “cimitero clandestino” ci siano, guarda caso, rispettivamente una base militare e un piccolo aeroporto. E nemmeno a farlo apposta erano proprio quegli inetti contadini locali che invece di zappare la terra, pare abbiano visto decine e decine di corpi venire gettati da piccoli aerei proprio nei pressi della fossa comune.
Tutto ciò non era sufficiente in Colombia perché il paese avesse diritto ad un’indagine seria volta alla ricerca della verità, sono stati necessari decine di osservatori internazionali a dar voce alla denuncia sporta a gennaio dai contadini di La Macarena. Si pensa che vi siano duemila corpi in quel cimitero. O almeno ciò che ne resta. Nessun problema per il governo, non si tratta di persone, “sono guerriglieri morti in combattimento”, hanno dichiarato fonti ufficiali.
Troppa fatica identificarli e dargli degna sepoltura e poi non sono così tanti, “soltanto” 400, hanno dichiarato i militari del posto e il governo. Roba piccola, sono anche stati già fatti a pezzi, non sono nemmeno tutti interi, perché da quelle parti si usa smembrare i cadaveri come pratica dell’ addestramento militare o paramilitare, che poi fa lo stesso. Dettagli.
Come un dettaglio insignificante pare essere il fatto che si sia veramente trattato di guerriglieri morti in combattimento. Si vocifera che si tratti di oppositori politici o contadini. Storia vecchia, sempre la stessa, quella degli oppositori politici che vengono fatti sparire in Colombia. Si è scoperto invece che in questo civilissimo paese, i militari dell’esercito usano ammazzare persone innocenti, ragazzi adescati per strada con scuse banali come l’offerta di un lavoro, dopo averli condotti varie centinaia di chilometri lontano da casa, dopo avergli messo in mano un fucile e addosso una divisa delle FARC facendoli passare per guerriglieri.
Un carnevale macabro per ottenere promozioni e licenze premio, oltre a più soldi dal Plan Colombia.
Li hanno chiamati falsi positivi, e anche il nome è fuorviante perché anche se si tratta a tutti gli effetti di esecuzioni extragiudiziali o di sparizioni forzate, il termine falsi positivi non fa pensare immediatamente a questi delitti di Stato per cui un paese rischia la condanna per crimini contro l’umanità dai tribunali internazionali.
Quella dei falsi positivi è un’invenzione di cui la Colombia detiene il brevetto, allucinante e paradossale nella sua crudezza, degna di quel realismo magico al quale proprio questo paese ha dato grande contributo con le opere di Gabriel García Márquéz.
Dice il grande scrittore colombiano che nel mondo che ha cercato di rappresentare nei suoi romanzi, non esiste divisione tra ciò che sembra reale e ciò che sembra fantasia. In Colombia anche i peggiori crimini sembrano opere di fantasia tanto sono surreali.
Solo in Colombia si compiono massacri con le motoseghe, o si gioca a pallone con le teste dei morti mentre in aria volteggiano gli elicotteri dell’esercito.
La fossa di La Macarena potrebbe essere benissimo adesso quella in cui il popolo colombiano dovrebbe trovare la forza e il coraggio di gettare finalmente, insieme ai resti di quei duemila corpi senza nome né volto divorati dai vermi, anche quello che resta di quella farsa che l’opinione pubblica internazionale si ostina a chiamare “democrazia colombiana”.
Qualche giorno fa si è celebrato in Colombia il Bicentenario del Grido d’Indipendenza. Hanno sfilato mossi da grande e nobile orgoglio nazionale, più di 400mila persone per le strade di Bogotá.
Io non amo le commemorazioni. Ancora meno quando si commemora un passato glorioso sotto il giogo di un presente nefasto e indegno.
Il Grido d’Indipendenza va dato adesso e subito! I colombiani adesso e subito devono scoprire l’orgoglio calpestato da qualche decina di famiglie infami che continuano a sottometterli a ingiustizie e violenze. Devono riscoprire l’orgoglio calpestato, nonostante quel Grido di Libertà di duecento anni fa, da poteri stranieri che usano i politicanti locali ancora oggi come burattini nelle loro strategie geopolitiche.
Quale Indipendenza si è celebrata per le strade di Bogotà nei giorni scorsi? Quale Patria idealizzata si è riunita sotto il vessillo di Bolívar? La Marcia Patriottica si sarebbe dovuta dirigere verso Palacio Nariño, sede del governo e lì davanti scavare una grande fossa e gettarvi dentro i narco paramilitari che lo abitano al grido di Colombia Libre!
Murió el 21 de julio en su casa de Santiago a los 93 años de edad, don Luís Corvalán, figura histórica del movimiento obrero chileno y ex secretario general del Partido Comunista de Chile desde 1958 hasta 1990.
Detenido en la isla Dawson tras el golpe militar en 1973, fue liberado por una amnistía de 200 presos políticos y canjeado por el disidente ruso Vladimir Bukovsky. Recibió asilo político en URSS y regresó a Chile en solamente en 1988. En el día de hoy fue homenajeado por más de tres mil personas. Lo recuerdo con éste poema de Gustavo Valcárcel, notable y revolucionario poeta peruano. (AM)
X
ESTE es Corvalán el muy querido,
ducho en campos de concentración
en luchas proletarias, en ternuras
de esposo y padre, de combatiente y hombre
de militante sin arrugas
de soldado que ignora lo que es la rendición.
Cuando te pienso entre mil muros
se me cae el alma para arriba
y se une a ella a la gran ronda
que pide libertad para tus sueños.
Quizá sabrás, Luís Corvalán,
que el mundo gira veloz hacia la izquierda
que la rosa busca al pan a todo trance
porque se acerca el día de ambos para todos
y quieren estar juntos
en matrimonio de amor indisoluble.
Obrero mayor del porvenir chileno
aprieto mis insomnios con los puños
agarro a la soledad de los cabellos
meto en su jaula a la tristeza
me paro en la noche.Palpo.Oigo.Grito.Veo:
en medio de la adustez de los alambres
en la grupa del tiempo del recuerdo
de espaldas al cadalso puesto a punto
al centro de la negrura mal cuajada
lo único que brilla es el ensueño
de tu roja alegría comunista.
(Gustavo Valcárcel)
Le autorità statunitensi, appellandosi al Patriot Act e per mezzo della loro sede diplomatica in Colombia hanno respinto la richiesta di visto presentata dal giornalista Hollman Morris per “presunte attività terroriste” del medesimo. Morris doveva recarsi negli Stati Uniti per partecipare alla prestigiosa borsa di studio Nieman presso l’Università di Harvard che gli era stata assegnata per l’anno accademico 2010 – 2011 insieme ad altri 11 giornalisti di riconosciuta fama internazionale.
Il popolare giornalista colombiano, direttore del programma Contravía, vincitore di numerosi premi per le sue importanti inchieste sulle violazioni dei diritti umani nel suo paese e fortemente critico del governo di Álvaro Uribe, ha detto che si tratta di “un’operazione criminale” condotta contro di lui e si è dichiarato sorpreso del fatto che “ dopo essere stato vittima di persecuzione per oltre dieci anni (nel suo paese), il Dipartimento di Stato applichi adesso la stessa politica di Uribe considerandolo un terrorista”.
Recentemente il presidente colombiano lo aveva infatti accusato apertamente di essere complice della guerriglia delle FARC e di “fare apologia del terrorismo” . Si tratta soltanto dell’ultima delle dichiarazioni del presidente volte a stigmatizzare giornalisti e comunicatori sociali per le loro denunce dei crimini di Stato in Colombia.
Numerose sono le proteste che si sono levate contro questa decisione che ben si inserisce nella già nota tendenza maccartista dell’amministrazione Obama che pratica con forme diverse “esclusione ideologica” dei cittadini stranieri critici verso la politica internazionale degli Stati Uniti.
La Sociedad Interamericana de Prensa (SIP) ha sollecitato le autorità statunitensi a rivedere la posizione di Morris, mentre l’American Civil Liberties Union (ACLU), storica organizzazione americana per la difesa delle libertà civili ha inviato una lettera al segretario di Stato Hillary Clinton ringraziandola per quanto fatto dalla nuova amministrazione rispetto al caso dei due studiosi Adam Habib e Tariq Ramadan (ai quali soltanto adesso è stato permesso di viaggiare nel paese dopo il lungo divieto imposto dal precedente governo Bush) ma sottolineando che la decisione di negare il visto a Hollman Morris è in contrasto con “l’impegno dichiarato da questa amministrazione di voler favorire un libero scambio di informazioni ed idee tra gli Stati Uniti e il resto del mondo”.
José Manuel Vivanco, direttore di Human Right Watch, organizzazione che aveva premiato Morris nel 1997 per il suo lavoro per i diritti umani in Colombia ha duramente criticato la decisione di non concedere il visto a Morris, aggiungendo che non ci sono prove che vincolano il giornalista alla guerriglia ma sono invece note e provate le intenzioni del presidente Uribe che da qualche tempo ha dato vita a una vera e propria campagna diffamatoria contro di lui vincolandolo alle FARC.
Da alcuni documenti sequestrati infatti dalla magistratura colombiana negli uffici del DAS (i servizi segreti al centro di un recente scandalo per le intercettazioni illegali contro militanti, politici avversi al governo e leader dell’opposizione) risulta infatti che lo stesso Morris fu vittima di intercettazioni non autorizzate e oggetto di una campagna che aveva l’obiettivo di costruire prove false per vincolarlo alla guerriglia.
Deve essere stato forte il timore che un giornalista così esperto della situazione del conflitto colombiano, che molte ed importanti indagini sta portando avanti rispetto alle violazioni dei diritti umani in Colombia e sui loro responsabili, potesse trovarsi insieme ad altri importanti giornalisti internazionali condividendo con essi non soltanto informazioni e punti di vista ma soprattutto la realtà, quella colombiana fatta di crimini e terrorismo di Stato, di politica paramilitare e di violenze contro civili inermi. La borsa di studio Nieman dell’ Università di Harvard viene concessa soltanto a 20 giornalisti ogni anno dei quali la metà sono americani e l’altra metà internazionali e rappresenta uno dei più importanti riconoscimenti che un operatore della comunicazione (viene concessa anche a reporter, editori, fotografi, produttori) possa ricevere a metà carriera.
Si tratta dell’ennesimo tentativo di far sì che non si diffonda troppo la bufala della democrazia in Colombia e che la situazione del paese resti circoscritta ai confini nazionali, dove i pochi importanti mezzi di comunicazione sono delle mani dell’oligarchia al potere. Proprio il neo eletto presidente Juan Manuel Santos è uno dei maggiori azionisti della più importante testata giornalistica del paese, il quotidiano El Tiempo, di proprietà della sua famiglia.
I giornalisti in Colombia sono oggi quindi più che mai nel mirino di politici e paramilitari, sottomessi a forti pressioni e ingerenze nel migliore dei casi ma che rischiano generalmente la vita in uno dei paesi dove tale professione resta sempre uno dei mestieri più pericolosi. Adesso, anche l’altro “paladino della democrazia”, gli Stati Uniti, nega loro il diritto alla libera circolazione.
Non molto tempo fa è accaduto infatti ai giornalisti colombiani Hernando Calvo Ospina e Luis Ernesto Almario, (che per motivi di sicurezza legati al loro lavoro risiedono ormai da diversi anni in Francia il primo e in Australia il secondo), che si sono visti negare l’accesso in territorio statunitense perché il loro nome risulta inserito in una lista “nera” di persone legate al terrorismo internazionale.
Forse anche questo fa parte degli accordi interni al Plan Colombia, il colossale piano di aiuti per la lotta al narcotraffico che mal celatamente nasconde favori (come questi) da ambo le parti, ma c’è da chiedersi tuttavia fino a quando i servizi segreti statunitensi continueranno a farsi imboccare frottole colossali da quelli colombiani.
Actualización: Chávez Abarca ya ha sido trasladado a Cuba este miércoles 7 de julio.(la foto es en el momento de este traslado)
El jueves pasado fue detenido en Venezuela, al intentar entrar al país con documentos falsos el terrorista salvadoreño Francisco Chávez Abarca, ya brazo derecho de Posada Carriles al mando de quien organizó en los ´90 varios atentados en Cuba, incluso el de 1997 en el Hotel Copacabana en que murió el joven italiano Fabio di Celmo.
´´El Panzón´´ como era conocido Chávez Abarca, era buscado por la Interpol en seguimiento a una demanda del gobierno de Cuba que ya ha solicitado de inmediato la extradición a Venezuela del terrorista.
Abarca habría confesado, durante el largo interrogatorio que tuvo lugar en el Servicio Bolivariano de Inteligencia (Sebin) donde fue trasladado inmediatamente después de su aprensión, que su presencia en Venezuela tenía que ver con las próximas elecciones del mes de septiembre. Para esa ocasión habría planeado unos atentados tomando contactos con ´´grupos fascistas de la oposición´´ así como declaró en una rueda de prensa el Ministro del Interior y de la Justicia Tarek Al Aisam. El mandatario Hugo Chávez comunicando la noticia al país se dijo seguro que Abarca intentó entrar al país para planear un magnicidio.
Hay muchas preguntas que necesitan todavía de una respuesta: ´´¿Quienes son los que financian el terrorismo?, ¿ Cuáles son los grupos contrarrevolucionarios que están detrás de Abarca?, ¿ Donde eran planeados los atentados y en contra de quien?´´ En este sentido siguen todavía las investigaciones.
Chávez Abarca a finales de los años ´90 al mando de Posada Carriles, estaba encargado de reclutar gente para realizar materialmente los atentados con explosivo en las instalaciones turísticas de la Habana con el objetivo de desestabilizar la isla y derrocar el gobierno de Fidel Castro. Entre estos, el atentado del 4 de septiembre de 1997 en el Hotel Copacabana cuando murió el italiano Fabio Di Celmo. Entonces fue materialmente un salvadoreño el que puso el explosivo C4 en el Hotel Copacabana. El hombre, una vez detenido confesó de estar actuando bajo órdenes de Posada Carriles.
Francisco Chávez Abarca, criminal y narcotraficante, así como terrorista internacional y mercenario al sueldo de cualquier contrarrevolución (también se sospecha sea involucrado en el golpe de Estado en Honduras) fue detenido en Salvador en el año 2005 bajo la acusación de robo de automóviles y estafa. Luego fue liberado por un juez en el año 2007 a pesar de su participación en casi todos los atentados terroristas más graves realizados en Cuba. Su salida de la cárcel en aquel entonces despertó la indignación de los sectores políticos más progresistas del país porqué El Salvador durante muchos años fue la base de la lucha contrarrevolucionaria anticastrista impulsada por Estados Unidos.
La impunidad que ha tenido hasta ahora Chávez Abarca es por otro lado directamente relacionada con la que ha sido siempre brindada por Estados Unidos a Luis Posada Carriles, reo confeso de los atentados en Cuba que ha declarado que la muerte de Fabio Di Celmo ha sido solamente un ´´accidente´´.
Carriles ha siempre trabajado por la CIA durante más de cuarenta años como mercenario y terrorista en todas las operaciones de guerra sucia, de terrorismo internacional y desestabilización regional en América central y del sur a partir de la invasión de la Bahía de los Cochinos en 1961 en adelante.
Recientemente había sido detenido en Estados Unidos por un breve periodo por delitos relacionados solamente con las leyes de migración y luego fue puesto en libertad bajo fianza. Hoy en día, terrorista confeso de varios atentados con bombas, incluso el del Hotel Copacabana y el del avión de la compañía Cubana de Aviación en que en 1976 perdieron la vida 73 personas, reclaman su extradición tanto Venezuela como Cuba.
Giustino Di Celmo, el anciano padre de Fabio, que desde la muerte de su hijo vive en Cuba tiene esperanzas de que se pueda hacer ahora justicia con la detención y la extradición de Francisco Chávez Abarca. ´´Puede ser que la justicia de Venezuela tratará humanamente a este delincuente para que pueda divulgar todo lo que él sabe de la mafia que se encuentra a Miami´´ ha declarado Di Celmo en una entrevista.
El Venezuela concederá la extradición del terrorista a Cuba donde podrá ser condenado por los crímenes cometidos allá. Italia, el país de Fabio Di Celmo, por Posada Carriles mandante intelectual y reo confeso del asesinato del joven, la extradición nunca la ha pedido.
E’ stato arrestato giovedì scorso in Venezuela mentre cercava di entrare nel paese con documenti falsi, il terrorista salvadoregno Francisco Chávez Abarca, braccio destro di Luis Posada Carriles ai cui ordini negli anni ‘90 ha organizzato a Cuba numerosi attentati, tra i quali quello in cui perse la vita il nostro Fabio di Celmo nel 1997. “El Panzòn”, come era conosciuto Chàvez Abarca, era ricercato dall’Interpol a seguito di una denuncia presentata dal governo cubano che ne ha richiesto prontamente l’estradizione al Venezuela.
Abarca avrebbe confessato durante il lungo interrogatorio avvenuto presso il Servizio Bolivariano di Intelligence (Sebin) dove è stato trasferito subito dopo l’ arresto, che la sua presenza in Venezuela aveva a che fare con le prossime elezioni di settembre. Per quell’occasione erano già stati pianificati degli attentati e per realizzarli il terrorista aveva già “contattato gruppi fascisti della controrivoluzione” come ha dichiarato in una conferenza stampa il ministro degli Interni e della Giustiza Tarek Al Aisami. Il presidente Hugo Chávez nel corso della conferenza stampa nella quale ha dato la notizia al paese, si è detto sicuro che Abarca stesse progettando un attentato contro la sua vita.
Numerose sono le domande ancora in attesa di risposta dice Al Aisami : “Chi finanzia il terrorismo in Venezuela? Quali sono i gruppi controrivoluzionari che stanno dietro Abarca? Dove erano previsti gli attentati e contro chi?”. In questo senso stanno procedendo ancora le indagini.
Abarca, sul finire degli anni ‘90, per conto di Luis Posada Carriles, aveva il compito di reclutare persone che avrebbero poi realizzato materialmente gli attentati presso strutture turistiche all’Avana, con lo scopo di destabilizzare l’isola e rovesciare il governo di Fidel Castro. Così avvenne anche il 4 settembre 1997, quando perse la vita il giovane Fabio di Celmo nell’esplosione che distrusse il bar dell’ hotel Copacabana. Fu un salvadoregno, Raúl Cruz León a installare materialmente l’esplosivo e una volta arrestato a confessare di aver agito proprio su mandato di Posada Carriles.
Francisco Chàvez Abarca, criminale e narcotrafficante, oltre che terrorista internazionale e mercenario ovunque al servizio della controrivoluzione, (è sospettato di essere coinvolto anche nel golpe in Honduras) venne arrestato in Salvador nel 2005 per una vicenda legata a un traffico di auto rubate, ma fu poi rilasciato da un giudice nel 2007 nonostante fosse noto il suo coinvolgimento in quasi tutti i più gravi attentati terroristici realizzati a Cuba nella seconda metà degli anni ’90. La sua scarcerazione in Salvador destò allora molta indignazione negli ambienti politici progressisti del paese anche perché il Salvador per anni fu una delle basi del terrorismo anticubano con l’appoggio degli Stati Uniti.
L’impunità di cui ha goduto fino a questo momento Chàvez Abarca è d’altra parte strettamente funzionale a quella di cui gode da sempre Luis Posada Carriles, reo confesso degli attentati terroristici a Cuba, per il quale la morte di Fabio di Celmo è stata soltanto “un incidente”. Impunità d’altra parte che a Posada Carriles è sempre stata garantita direttamente dal governo degli Stati Uniti. Proprio per la Cia infatti il terrorista ha lavorato per oltre quarant’anni come mercenario e terrorista in tutte le operazioni di guerra sucia e di terrorismo internazionale e destabilizzazione regionale in America centrale e del sud a partire dall’invasione della Baia dei Porci nel 1961. Negli Stati Uniti è stato detenuto recentemente per un breve periodo per reati legati alle leggi di migrazione e per falsa testimonianza, poi è stato rilasciato sotto cauzione. Oggi, terrorista reo confesso di vari attentati, tra i quali, oltre a quello contro l’Hotel Copacabana, quello del 1976 all’aereo della compagnia Cubana de Aviación in cui nel 1976 hanno perso la vita 73 persone , ne reclamano l’estradizione sia il Venezuela che Cuba.
Giustino di Celmo, l’anziano padre di Fabio che ormai dalla morte del figlio risiede stabilmente a Cuba è fiducioso del fatto che con l’arresto di Chávez Abarca si possa fare finalmente giustizia. “La giustizia venezuelana tratterà con umanità questo delinquente affinché egli possa confessare tutto quello che sa sulla mafia di Miami” ha dichiarato in un’intervista. Tra l’altro il Venezuela concederà l’estradizione del terrorista a Cuba dove potrà essere condannato per i crimini commessi in quel paese. Il paese natale di Giustino di Celmo, l’Italia, per Posada Carriles, mandante e reo confesso della morte di suo figlio invece l’estradizione non l’ha mai nemmeno chiesta.
Jean Ziegler nella prefazione del libro “Paraguay il carcere dimenticato” scritto da Martin Almada, definisce l’avvocato e difensore dei diritti umani paraguaiano come un “profeta e testimone” e parla della sua vita come di “esempio di non assoggettamento alla dittatura”.
Martin Almada, quest’uomo piccolo e minuto, stupisce per la grande forza e serenità che riesce ad trasmettere. Difficile capire dove trovi entrambe, conoscendo la sequenza di eventi terribili e dolorosi che ha affrontato nel corso della sua vita proprio per non essersi mai piegato alla dittatura. Quella del generale Alfredo Stroessner, una delle più violente e sanguinarie dell’America latina. Anche una delle più lunghe, durata 35 anni, dal 1954 al 1989, che è costata a Martin Almada tre anni di carcere, dal 1974 al 1977, durante i quali ha subito terribili torture , che lo ha costretto all’esilio e che gli ha portato via sua moglie, Celestina Pérez, morta di infarto dopo aver ricevuto una telefonata in cui i carcerieri di suo marito gli avevano fatto ascoltare le sue grida durante le torture.
Almada è stato recentemente in Italia invitato dall’ONG Terre Madri e ha tenuto una conferenza presso l’Università Roma Tre con la partecipazione della Prof.ssa Maria Rosaria Stabili e di María Stella Cáceres, giornalista argentina.
Martin Almada è stato lo scopritore, nel 1992, dell’archivio della polizia segreta, meglio conosciuto come “archivio del terrore”, considerato di fondamentale importanza in quanto unica testimonianza delle violazioni dei diritti umani avvenute in Paraguay durante gli anni della dittatura (1954–1989). Questo archivio è la prova “regina” delle relazioni internazionali tra regimi militari che stavano alla base del Plan Condor ma anche e soprattutto è la prova del coinvolgimento diretto della CIA e di Henry Kissinger, ex– segretario di Stato statunitense, la “cabeza (testa) del Condor, anche lui premio Nobel per la Pace, come Obama”, dice Almada.
Il Plan Condor fu un patto criminale tra le dittature militari negli anni ’70 in America latina, stipulato proprio in Paraguay tra il novembre e il dicembre del 1975, che fu creato, come disse il dittatore cileno Pinochet “per salvare la civiltà occidentale e cristiana dalle grinfie del comunismo”. Costò all’America latina più di centomila morti tra il 1975 e il 1985 tra dirigenti sindacali, studenti, giornalisti, religiosi, artisti, politici.
“La memoria è uno spazio di lotta politica” spiega Martin Almada ai giovani universitari presenti a Roma Tre. Partire dalla conoscenza del passato anche per prevenire orrori futuri perché, come Almada è solito ripetere nel corso delle sue interviste e conferenze, “il Condor vola ancora”. Un Plan Condor 2 “globalizzato” è stato ripristinato infatti già a partire dal 1997. Allora, un colonnello paraguaiano di nome Francisco Ramón Ledesma scrisse a un suo pari ecuadoregno comunicandogli una lista di nomi di “sovversivi” del suo paese, da aggiungere alla lista completa dei sovversivi latinoamericani. Il colonnello Ledesma chiamato a rendere dichiarazioni di fronte a un giudice, ha ammesso che a capo di tali operazioni ci sono ancora una volta gli Stati Uniti e che le operazioni sono dirette dalla Conferenza degli Eserciti Americani (CEA) che si riunisce ogni due anni e che controlla “la sovversione” nella regione.
Rispetto alla situazione attuale che vive il Paraguay, dove sembra esserci una situazione politica interna simile a quella dell’Hondura pre-golpe, Almada ci spiega che in effetti il presidente Fernando Lugo ha una minoranza assoluta e che nel governo c’è perfino un nipote del dittatore, il senatore Gustavo Alfredo Stroessner. Inoltre il vice presidente Federico Franco agisce apertamente contro il presidente Lugo, fomentando una sorta di golpe interno.
Lugo ha fatto molti errori dall’agosto del 2008, quando ha assunto la presidenza. L’ultimo in ordine di tempo è stato quello di aver ceduto alle pressioni interne dichiarando uno stato d’assedio in cinque regioni nel nord del paese, della durata di 30 giorni a partire dalla fine di aprile, con lo scopo di sconfiggere la guerriglia. Guerriglia praticamente inesistente, dice Almada,
I fatti violenti registrati negli ultimi tempi sono da ricondursi ad episodi di criminalità legata al traffico di stupefacenti ma che l’opposizione vuole vincolare invece al gruppo armato Ejército del Pueblo Paraguayo.
Lugo ha dovuto cedere in questo senso anche per le accuse che gli erano state mosse di avere amicizie tra alcuni membri del EPP e sebbene come si è detto, abbia commesso errori e sia debole nei confronti dell’opposizione, gli si deve comunque il merito di aver ribaltato la situazione politica del paese in cui il Partido Colorado dominava lo scenario da oltre 70 anni. Si è impegnato molto inoltre rispetto a un tema urgente quale era quello della salute pubblica ma molti paraguaiani non gli perdonano di non aver fatto nulla per una riforma agraria: “se affronta il tema della riforma agraria lo cacciano” spiega Martin Almada. Forse in pigiama all’alba, come hanno fatto in Honduras con Manuel Zelaya gli oligarchi spaventati da una virata a destra troppo decisa.
Leggi anche:
qui invece l’articolo di Mauro Pigozzi dove è possibile leggere per intero anche quello di Pablo Stefanoni tratto da Il Manifesto.