Il cardinale golpista Maradiaga contestato all’Istituto Italo-Latino Americano

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El CardiMal

Il Cardinale durante la conferenza — Foto di Lauretta Pilozzi

Questo è il testo (più o meno) che avevo preparato per il mio intervento all’IILA e che ho letto dopo aver ascoltato per più di un’ora la conferenza del Cardinale Maradiaga sul tema: “Oltre la violenza e la povertà. Proposte di cambiamento per l’America Latina”. E’ di oggi la notizia dell’omicidio da parte di alcuni sicari di Olayo Hernández Sorto, membro del COPINH e del FNRP. Aveva moglie e 5 figli il cui sostentamento dipendeva dal suo lavoro.

Si è parlato qui di Diritti Umani e di povertà. Quindi volevo condividere una riflessione con voi. 

Per quanto riguarda i  Diritti Umani io credo che si debba aver ben chiara in mente una cosa, e cioè che rispetto alle violazioni dei Diritti Umani esistono sempre due attori: chi commette la violazione e  chi la subisce. Generalmente   commettono violazioni dei Diritti Umani lo Stato e i suoi apparati (esercito, polizia, magistratura…). Se io sequestro una persona e la torturo verrò incriminata e condannata presumibilmente per sequestro di persona,  violenza privata o tentato omicidio.  Uno Stato che sequestra, tortura o uccide persone  viene condannato dagli organismi internazionali preposti, ammesso che ciò accada,  per tortura, sparizione forzata o per  esecuzioni  extragiudiziali  che sono reati permanenti e imprescrittibili proprio perché rientrano nell’ambito delle violazioni dei Diritti Umani e vengono considerati crimini contro l’umanità. 

A questi due attori ne va aggiuno un terzo  e cioè chi legittima le violazioni dei diritti umani,  chi le benedice e legittimandole  si rende complice dell’IMPUNITA’ dei criminali. 

Ora parlando invece di violazioni dei diritti umani rispetto alla  povertà spero sia sufficientemente  chiaro a tutti in questa sala,  che gli Stati  commettono violazioni dei diritti umani per mantenere dei privilegi a danno delle masse popolari e quindi ci sembra  particolarmente strano e paradossale l’invito che è stato rivolto al Cardinale Maradiaga  che come è noto ha benedetto fin dal primo momento il colpo di Stato in Honduras. … (rumori in sala) …Posso ora presentarmi, sono Annalisa Melandri, collaboratrice della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani e sento di poter dire che sono qui a parlare anche a nome di alcuni settori della società civile italiana informati sui fatti che accadono e sono accaduti  in Honduras e a nome di tanti amici  indignati come me per  questo invito. Il  colpo di Stato in Honduras è stato portato avanti per mantenere  i privilegi economici di quell’oligarchia che temeva di perdere il suo potere grazie alle proposte progressiste del presidente legittimo Manuel Zelaya. 

Manuel Zelaya con la proposta di installare una Quarta Urna e di formare un’Assemblea Costituente stava cercando di restituire un po’ di dignità ad un paese che è uno dei più poveri del mondo, con un tasso di mortalità infantile del 48% entro il 5° anno di età,  con una disparità tra classi ricche e povere tra le più alte del mondo. 

Lei,  Monsignore prima parlava del “20% della popolazione nel mondo che gestisce l’80% del PIL mondiale”. In Honduras vige un sistema sociale in cui 10 famiglie possiedono la totalità della ricchezza e del potere, controllano le istituzioni e in combutta con le gerarchie cattoliche ed ecclesiastiche, amministrano  ogni aspetto della vita sociale ed economica. Il golpe è stato realizzato per difendere questo sistema sociale e  il cardinale Maradiaga ha benedetto questo sistema sociale e tutte le violazioni dei diritti umani che sono servite a mantenerlo. (Richiesta di formulare la domanda da parte del Presidente dell’ILA. Non ci sono domande gli ho detto, volevo solo leggere un comunicato e proseguo…) 

Ricordiamo che soltanto nei giorni immediatamente successivi alla cacciata di Zelaya si sono registrati 50 morti, 500 feriti e un migliaio di arresti e detenzioni arbitrarie mentre  oggi c’è uno stillicidio continuo di omicidi di leader comunitari, membri del Fronte di Resistenza, militanti e attivisti.

La consideriamo pertanto complice dei crimini commessi durante e dopo il colpo di Stato (ooohhh generale) e la dichiariamo pertanto persona non gradita nel nostro paese. 

(un po’ di confusione generale…)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Oscar Maradiaga, un cardinale golpista dall’Honduras a Roma

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“La povertà e l’ingiustizia sociale sono le veri armi di distruzione di massa”. Sul sito di Caritas Internationalis, il presidente dell’istituzione Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga accoglie i visitatori con questa frase. Peccato che lo stesso Maradiaga, aricvescovo di Tegucigalpa, capitale dell’Honduras, non abbia condannato il colpo di Stato militare che il 28 giugno scorso ha rovesciato il governo democraticamente eletto nel Paese centroamericano. Adesso Maradiaga è stato invitato nel nostro Paese dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Istituto Italo-LatinoAmericano; le due istituzioni hanno ricevuto una lettera firmata da decina di realtà dalla società civile italiana, e da singoli cittadini. Un modo per dichiarare pubblicamente che Maradiaga, in Italia, è “persona non grata”. 
 

Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, il cardinale dell’Honduras, arcivescovo di Tegucigalpa,
  presidente della Conferenza episcopale honduregna e della Caritas Internazionale, è invitato a Roma a partecipare in un incontro pubblico dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Istituto Italo-LatinoAmericano il prossimo 20 maggio alle ore 18.00 presso la sede dell’IILA in Piazza Benedetto Cairoli 3.
Nel novembre scorso il “CardiMale”, come è stato ribattezzato in Honduras, era stato invitato a Parigi dall’Istituto Cattolico per ricevere una Laurea Honoris Causa insieme all’ex presidente del Fondo monetario internazionale, Michel Camdessus. Ma la cerimonia era stata annullata per le forti proteste di vasti settori dell’opinione pubblica francese ed internazionale.
Parigi ha infatti condannato il violento colpo di Stato militare e confindustriale che il 28 giugno del 2009 ha rovesciato il governo legittimo. Viceversa il cardinale Maradiaga prendeva da subito posizione a favore del golpista Roberto Micheletti, mentre il Presidente Costituzionale Manuel Zelaya era sequestrato dai militari ed espulso dal suo Paese. Immediata la condanna dell’ONU, dell OEA (Organizzazione degli Stati Americani), di UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane), e di numerosi organismi di difesa dei Diritti Umani  oltre che della stessa Unione Europea. L’ALBA (Alleanza Bolivariana delle Americhe), il SICA (Sistema d’Integrazione Centroamericana), ed il Gruppo di Rio hanno anche approvato sanzioni contro le autorità illegittime dell’Honduras. 
L’Italia, per bocca del ministro degli Esteri Frattini ha parlato di una “grave violazione della legalità e delle regole democratiche”.
Nei giorni seguenti al golpe, come portavoce della Conferenza Episcopale Honduregna, Maradiaga appare in televisione, a reti unificate,  per leggere un comunicato in cui invitava Zelaya a non intraprendere “azioni precipitose come un ritorno in patria” per evitare di “scatenare un bagno di sangue”. Nel suo comunicato non spende una sola parola per condannare la repressione che ha accompagnato il golpe, eppure le cifre delle violenze fanno paura. Secondo il COFADEH (Comitè de Familiares de Detenidos Desaparecidos en Honduras) durante il colpo di stato ci sono stati 16 esecuzioni, più di 500 feriti, 1046 arresti. Nel periodo da giugno 2009 ad aprile 2010 risultano 47 persone assassinate per militanza politica e 7 per conflitti legati alla terra.  Di notte vige un coprifuoco non dichiarato e chi lo viola si espone al rischio serio di aggressioni, rapimenti, stupri.
Il Presidente della Conferenza Episcopale honduregna non pronuncia una parola sulla soppressione dei diritti civili e sulla chiusura dei media che non hanno appoggiato il golpe, come ad esempio Radio Progresso che pure è animata da gesuiti. Niente sulle minacce di morte ai giornalisti, le intercettazioni telefoniche e il blocco degli accessi ad Internet.
Viceversa, su Zelaya il cardinale dichiara: “l’iniziativa apparentemente meritevole di Zelaya, tenere gli incontri del governo in diverse cittadine in tutto il Paese, aveva in realtà lo scopo di istillare odio tra le classi”. Nonostante gli anni trascorsi, dal Cile di Pinochet, dall’Argentina di Videla, dal Perù di Fujimori, l’atteggiamento della Chiesa ufficiale non cambia, benché esistano numerose voci anche al suo interno che si levano contro il golpe e la repressione in Honduras.
Una spiegazione può essere stata l’ingresso dell’Honduras nell’ALBA il 26 agosto 2008 ed il progressivo avvicinamento di Zelaya a Hugo Chavez, visto dal cardinale honduregno e dalla gerarchia cattolica venezuelana come il “diavolo in persona”.
Per Maradiaga,  infatti l’Honduras era un banco di prova per il tipo di politica che ha permesso a Chavez di vincere le elezioni in Venezuela e forse la destituzione violenta di Zelaya, per il cardinale, era il male minore. Di certo, nella vicenda permangono parecchi punti oscuri, tra cui l’allusione ad una lettera di dimissioni che Zelaya avrebbe preparato, cosa da questi smentita. Il copione si ripete: come era successo in Venezuela nel golpe del 2002 contro Chavez, un alto prelato citava una lettera di dimissioni del Presidente mai esistita. E negli anni ‘80, il cardinale  si distinse  per aver denunciato i sacerdoti che simpatizzavano con le lotte dei popoli salvadoregno e nicaraguense, denunce che hanno comportato torture, morti ed espulsioni.
In Honduras, nel gennaio 2010 si sono tenute elezioni “riparatrici” sotto ferreo controllo militare e seppur con un astensione record del 70% si è voluto garantire la continuità del Colpo di Stato. Il nuovo governo di Porfirio Lobo, ha premiato e promosso infatti i suoi principali autori materiali ed intellettuali, alcuni addirittura presso le Nazioni Unite. I protagonisti del golpe permangono nella Corte Suprema di Giustizia senza alcun processo ne revisione da parte del nuovo parlamento.  La cosiddetta Commissione della Verità istituita dal nuovo presidente che tenta così di rompere l’isolamento internazionale, è composta da personaggi affini al golpe e non imparziali, come non potranno esserlo, d’altronde, le sue possibili conclusioni.
Questi solo alcune delle ragioni, più che sufficienti, che ci motivano a chiedere cosa abbia ispirato non solo l’IILA, ma soprattutto la Comunità di Sant’Egidio ad invitare in Italia un simile controverso personaggio ed esigere la cancellazione di questa iniziativa.
Da parte nostra, lo dichiariamo persona non grata.

Primi firmatari:

Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Osservatorio Informativo sulle Americhe — Selvas.org, CICA  (Collettivo Italia — Centro America ),  Coordinamento Associazione Italia-Nicaragua,   Associazione A SUD-ONLUS,  Rete dei Comunisti, Radio Città Aperta, Associazione e rivista  Nuestra America, Centro Studi Cestes-Proteo, Associazione La Villetta per Cuba, Casa Editrice Natura Avventura,   Lucia Agrati, Gruppo di Roma e Coordinamento nazionale Rete Radiè Resch, Gabriella Bentivoglio Gruppo Rete Radiè Resch Macerata, Fernanda Bredariol Gruppo Rete Radiè Resch  (Lancenigo-Maserada-Spresiano) , Antonio Vermigli Gruppo Rete Radiè Resch  (Quarrata, Pistoia) , Maria Teresa Gavazza Gruppo Rete Radiè Resch  (Alessandria) , Giuliano Ciapetti, Amig@s MST– Italia  (Firenze) Serena Romagnoli, Claudia Fanti, Benedetta Malavolti, Marta Gomes, Amig@s MST-Italia (Roma), Ettore Zerbino, Renata Ilari, Franco Fuselli, Marina Criscuoli, Ambretta Tasso, GianCarlo Corazza, Pierugo Bertolino, Arianna Sale, Dario Rossi, Luisa Devena, Alessandro Leni, Gabriella Barresi, Giovanna Savoldi, Roberto Masciadri, Amig@s MST-Italia (Milano), Annalisa Melandri,

Firme internazionali: Redes-Amigos de la Tierra (Uruguay), Oficina Ecumenica Monaco (Germania), Coordinacion Internacionalismo Buko (Germania), ALBA-Austria, IGLA, (Austria), Guatemala Solidaritat (Austria), France Amerique Latine (Francia), Alianza Social Continental Centro America, Movimiento Social Nicaraguense Otro Mundo es Posible, Alianza Social Continental, Instituto Rosa luxemburg (Brasile-Germania)

War on Want (Gran Bretagna), Ecologistas en accion (Spagna), Asociacion de solidariedad Bolivariana (Spagna), Omal-Paz con dignidad (Spagna), Informationsburd Nicaragua; Wuppekel (RFA), Casa del Mundo, Monaco (Germania), Venezuela Avanza, Monaco (Germania), Alianza antiguerra y racismo de Monaco (Germania), Observatorio de la deuda en la globalizacion (Spagna), Fundacion Mundubat, Pais Vasco (Estado Espanol), Ecuador Decide, Comision Intereclesial Justicia y Paz (colombia), Parti de Gauche (Francia), 

E nominalmente: Nora Cortinas, Madres de Plaza de Mayo, Linea Fundadora (Argentina), Lourdes Palacios, Diputata FMLN (El Salvador), Marina Sosa, FMLN (El Salvador)

inviare a:
Att. Ambasciatore Paolo Bruni Segretario Generale IILA
segdotgeneraleatiiladotorg

Att. Comunità di Sant’ Egidio
infoatsantegidiodotorg
m2000atsantegidiodotorg

internazionale.ambrosiana@caritas.it, segreteria@caritasitaliana.it
europa.ambrosiana@caritas.it,
caritas.ambrosiana@caritas.it
caritas.ambrosiana@caritas.it,
stampa.ambrosiana@caritas.it
territorio.ambrosiana@caritas.it,

e una copia in CCN per americalatina@rifondazione.it


Il Cardimale in Italia

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Mons. Oscar Rodríguez Maradiaga arriva in Italia. Il suo attivo sostegno al colpo di Stato non deve passare inosservato

 
di Giorgio Trucchi
 
Erano passati pochi giorni dal colpo di Stato che aveva deposto e mandato in esilio il presidente costituzionale dell’Honduras, Manuel Zelaya, quando il cardinale e arcivescovo di Tegucigalpa, Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, è apparso su tutti i principali canali televisivi del paese, lasciando senza parole buona parte della popolazione.
Per chi non lo conosceva bene o comunque aveva poca dimestichezza con le vicende honduregne, il cardinale Rodríguez era salito alla ribalta internazionale per essere stato segnalato come uno dei papabili dopo la morte di Giovanni Paolo II. E l’idea di un Papa centroamericano aveva fatto correre la fantasia di molti.
 
Il discorso del Cardinale non aveva invece stupito gli honduregni. L’atteggiamento apertamente favorevole al colpo di Stato e al governo di fatto di Roberto Micheletti, le insinuazione sui presunti reati commessi da Zelaya e l’invito rivolto a quest’ultimo a non cercare di rientrare nel paese “per evitare un bagno di sangue”, non erano state infatti solamente parole profetiche.
 
Il giorno dopo, il giovane Isis Obed Murillo, il primo martire della Resistenza, avrebbe trovato la morte sotto i colpi assassini dei militari, Zelaya non sarebbe riuscito ad atterrare nell’aeroporto di Tegucigalpa e il Cardinale, con il sostegno della Conferenza Episcopale honduregna, avrebbe coronato la sua campagna “anti-zelaysta” iniziata molto tempo prima.
 
Pochi giorni prima del fatidico 28 giugno, la gerarchia cattolica honduregna aveva espresso pubblicamente il suo dissenso nei confronti del progetto dell Quarta Urna e dell’installazione di una Assemblea Costituente.
 
“In Honduras si vuole fare ciò che è stato fatto in Venezuela, Bolivia ed Ecuador. Vedo chiaramente la mano del presidente venezuelano Hugo Chávez e il paese non può essere consegnato nè al chavismo, nè a nessun’altro, perché vogliamo continuare ad essere liberi e indipendenti”, aveva detto mons. Darwin Andino, vescovo della capitale, il giorno prima del colpo di Stato.
 
Ancora più forte e chiara la posizione della Conferenza Episcopale hondureña, letta durante l’intervento televisivo del cardinal Rodríguez. “La destituzione di Zelaya servirà per edificare un nuovo Honduras e per iniziare un nuovo percorso. È un nuovo punto di partenza per il dialogo, il consenso e la riconciliazione”.
 
In molti hanno inoltre segnalato la mano dell’Opus Dei nel colpo di Stato e nei suoi preparativi.
 
“In Honduras l’Opus Dei ha come principale figura il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, il quale nonostante faccia parte della congregazione dei Salesiani, da circa due decadi coopera ed è un membro attivo di questa organizzazione”, scrive il sociologo Marco Burgos.
 
L’Opus Dei in Honduras ha connessioni profonde con il mondo della politica e dell’economia e si è spesso scontrato con il presidente Manuel Zelaya ed il suo governo, e questo nonostante alcuni dei suoi membri più conosciuti facessero parte dello stesso governo e del partito che lo aveva condotto alla presidenza.
 
“L’opposizione del presidente Zelaya all’ingerenza di questo settore fondamentalista della Chiesa cattolica, ha fatto sì che questo gruppo si convertisse in parte del colpo di Stato”, dice Burgos.
 
Tra i principali motivi di conflitto sorti durante l’amministrazione Zelaya ricordiamo il veto presidenziale alla legge che proibiva la “pillola del giorno dopo” (immediatamente approvata dal Parlamento dopo il golpe) e il progetto del Ministero dell’Istruzione di avviare programmi di educazione sessuale nelle scuole.
 
“Il cardinal Rodriguez e la viceministra degli Esteri di fatto, Marta Lorena Alvarado, si sono impegnati personalmente per evitare che la Agenzia di cooperazione della Chiesa cattolica irlandese in Honduras continuasse con i suoi programmi educativi sulle pari opportunità e i loro interventi in Vaticano hanno compromesso programmi promossi dalle Nazioni Unite”, spiega Burgos nel suo scritto.
                                   
Interessi economici pro-golpe
 
Ma la partecipazione del Cardinale a sostegno del colpo di Stato va ben oltre.
 
Secondo documenti in possesso del mensile El Libertador, il cardinale Rodríguez aveva ottenuto un salario mensile di 5.300 dollari da parte dello Stato. Il favore era stato concesso nel 2001 dal presidente della Repubblica, Carlos Flores Facussé ed era stato sospeso proprio da Manuel Zelaya.
Poco dopo il colpo di Stato, il suo salario era stato immediatamente ristabilito dal governo di fatto.
 
Nemmeno una parola da parte del cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga e del resto della gerarchia cattolica, eccezione fatta per il vescovo di Copán, Luis Alfonso Santos, sulle decine di persone che hanno perso la vita sotto i colpi dei gruppi paramilitari e sulle migliaia che hanno subito gravi violazioni ai diritti umani.
 
Nemmeno un segnale di condanna per la persecuzione contro uomini della Chiesa, come il padre Andrés Tamayo, a cui è stata tolta la nazionalità honduregna ed è stato espulso dal paese, o il gesuita Ismael Moreno (Padre Melo) e il sacerdote Fausto Milla, perseguitati e minacciati più volte di morte per il loro lavoro pastorale a fianco dei più poveri e per il loro impegno contro il colpo di Stato.
 
Il cardinale in Italia
 
Ora, Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga arriva in Italia, invitato a una serie di conferenze, tra cui una paradossale organizzata a Roma per il 20 maggio dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Istituto Italo-Latino Americano su “Oltre la violenza e la povertà. Proposte di cambiamento per l’America Latina”.
 
Da più parti stanno già arrivando appelli per impedire la presenza del Cardinale golpista, che tra l’altro è anche presidente della Caritas Internazionale.
 
È probabile ed auspicabile che ci siano mobilitazioni e proteste e non sarebbe il primo caso.
 
Già alcune settimane fa, Oscar Rodríguez ha dovuto sospendere un viaggio in Francia dove avrebbe dovuto ricevere il dottorato Honoris Causa da parte dell’Istituto Cattolico di Parigi.
 
Secondo un comunicato emesso dall’ambasciata honduregna in Francia, “questa decisione è dovuta alle forti pressioni esercitate da vari settori a livello nazionale ed internazionale, che lo considerano (il Cardinale) come uno dei principali autori del colpo di Stato in Honduras (…) e coinvolto in delitti di corruzione e deviazione di fondi pubblici”.
 
Nelle prossime ore verrà emesso un comunicato di ripudio contro la presenza del Cardimale, come è stato ribattezzato in Honduras.
 
© (Testo Giorgio Trucchi  — Lista Informativa “Nicaragua y más” di Associazione  Italia-Nicaragua  www.itanica.org )

“Desaparecidos”: censura in Italia

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di Carmelo Sorbera — Qui News
Denunciamo l’oscuramento totale sulla stampa italiana della condanna di Reynaldo Benito Bignone.
L’ultimo dittatore militare che ha governato tra il 1982 ed il 1983 in Argentina, il generale Reynaldo Benito Bignone di 82 anni è stato condannato a 25 anni di carcere per crimini contro l’umanità.
Bignone è stato condannato per il sequestro tra il 1976 ed 1978 di 56 oppositori politici, torturati ed eliminati molti di loro con i “voli della morte”, cioè gettati in mare vivi da aerei militari.
L’oscuramento totale della notizia della condanna di Reynaldo Benito Bignone sulla stampa italiana è autocensura o distrazione colposa?
In un Paese dove il Capo del Governo ha “ironizzato” su quei voli della morte, quei crimini contro l’umanità per i quali è stato condannato Benito Bignone a 25 anni di carcere, la “normalità” di non pubblicare una tale notizia è quanto meno sospetto.
Alcuni dei siti internazionali che hanno pubblicato la notizia:
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2010/04/20/AR2010042004265.html
http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5j2YKtCNigrwaRTD09sEXCeF8qkvg
http://www.indiatalkies.com/201
0/04/argentinean-junta-leaders-sentenced-25-years.html

http://www.nzherald.co.nz/world/news/article.cfm?c_id=2&objectid=10639818
http://www.nytimes.com/2010/04/21/world/americas/21argentina.html 
http://momento24.com/en/2010/04/20/bignone-sentenced-to-25-years-in-an-ordinary-prison/
http://inewp.com/?p=2698
http://www.ft.com/cms/s/0/69a238fc-4d13-11df-baf3-00144feab49a.html
http://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=126147376
http://www.upi.com/Top_News/International/2010/04/21/Former-dictator-sentenced-to-prison/UPI-30261271854111/
http://www.timesonline.co.uk/tol/news/world/us_and_americas/article7103418.ece
http://english.pravda.ru/news/world/21–04-2010/113104-dictator-0
http://www.presstv.ir/detail.aspx?id=123920&sectionid=351020706
http://itn.co.uk/e13d85d8b9bd57e7988a2272bf283f16.html
http://www.theaustralian.com.au/news/world/argentine-dictator-reynaldo-bignone-convicted/story-e6frg6so-1225856588993
http://edition.cnn.com/2010/WORLD/americas/02/10/argentina.sentence/index.html?iref=allsearch
http://www.elmundo.es/america/2010/04/20/argentina/1271797708.html
http://www.jornada.unam.mx/2010/04/21/index.php?section=mundo&article=032n1mun
http://www.clarin.com/diario/2010/04/21/um/m-02185165.htm
http://www.lanacion.com.ar/nota.asp?nota_id=1256484
http://www.bbc.co.uk/mundo/america_latina/2010/04/100420_0033_argentina_bignone_condena_gz.shtml
http://www.elpais.com/articulo/internacional/Condenado/25/anos/ultimo/dictador/argentino/elpepuint/20100421elpepiint_12/Tes
http://www.prensa-latina.cu/index.php?option=com_content&task=view&id=181214&Itemid=1
http://www.eluniversal.com/2010/04/20/int_ava_condenan-a-25-anos-d_20A3772451.shtml
http://www.ansa.it/ansalatina/notizie/notiziari/argentina/20100421003135066137.html
http://sp.rian.ru/onlinenews/20100421/125999971.html
http://actualidad.rt.com/actualidad/america_latina/issue_7461.html
http://spanish.china.org.cn/international/txt/2010–04/21/content_19873544.htm
http://www.guardian.co.uk/world/2010/apr/21/argentina-dictator-reynaldo-bignone-prison
http://www.neues-deutschland.de/artikel/169618.normalknast-fuer-frueheren-juntachef.html
http://matin.branchez-vous.com/nouvelles/2010/04/le_dernier_dictateur_argentin.html
http://www.zeit.de/newsticker/2010/4/21/iptc-hfk-20100421–64-24587408xml
http://de.reuters.com/article/worldNews/idDEBEE63K01E20100421
http://uk.reuters.com/article/idUKN20127488
http://www.reuters.com/article/idUSN20127488
In Italia: “Nessuno”, perché?
Carmelo Sorbera

A Cochabamba, in Bolivia, ha inizio la Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra: il “piano B” per la salvezza del pianeta.

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La questione ambientale è clamorosamente scomparsa dall’agenda politica del nostro paese dopo il fallimento del vertice mondiale sul clima di Copenhagen”. E’ la denuncia che fa Giuseppe De Marzo, economista, attivista e portavoce dell’associazione ASud nel corso della  conferenza stampa che si è tenuta il 13 aprile scorso  presso la sede della FNSI (Federazione Nazionale della Stampa Italiana)  per il   lancio della Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra, che si terrà in Bolivia dal 19 al 22 aprile (giornata internazionale della Madre Terra) e alla quale hanno partecipato anche il giornalista Giulietto Chiesa e Padre Alex Zanotelli.
 
Alla conferenza mondiale di Cochabamba, fortemente voluta dal presidente boliviano Evo Morales, prenderanno forma proposte serie e concrete che verranno sottoposte poi al prossimo vertice internazionale di Cancún, in Messico, a  dicembre. A Cochabamba si va delineando un modus operandi contrapposto a quella “burocrazia del clima” che è andata di scena a Copenhagen lo scorso dicembre e poi ancora a Bonn all’inizio di questo mese di aprile dove si è tenuto il primo incontro dell’Unfcc,  il tavolo di lavoro dell’ONU sui cambiamenti climatici. Tavolo di lavoro alquanto traballante perché fondato  su un “accordo” tra Cina, Stati Uniti, Brasile, Sudafrica e India che è stato imposto all’assemblea dei paesei riuniti  a Copenhagen in modo non consono alla regolare procedura.
 
Proprio la Bolivia denunciò allora con forza questo accordo fraudolento tra i 5 grandi della Terra. A Copenhagen si è dimostrata ancora una volta l’assoluta incapacità dell’ONU di prendere accordi condivisi e si è reso evidente di come il  Diritto Internazionale stia diventando sempre di più  una sorta di “modello di tipo oligarchico-aristocratico”. D’altra parte era stato proprio Johnatan Pershing, vice inviato speciale per i cambiamenti climatici del Ministero degli Esteri degli Stati Uniti ad affermare che non era “possibile immaginare che 192 Stati siedano tutti attorno ad un tavolo per raggiungere il consenso su ogni dettaglio”. Più semplice, fare in modo che pochi, i soliti grandi, prendano decisioni valide per tutti, anche se non da tutti condivise. La chiamano democrazia.
 
Hanno partecipato alla conferenza stampa anche  il giornalista Giulietto Chiesa e Padre Alex Zanotelli.
E’ stato reso noto inoltre l’appello per la Giustizia Climatica e la Democrazia della Terra che molte personalità del panorama politico, culturale e dell’associazionismo italiano hanno sottoscritto.
 
I concetti sono nuovi e quindi rivoluzionari. Il primo consiste nel riconoscimento del debito ecologico, ma anche sociale (e quindi politico)  che il Nord del mondo ha con il Sud. Il debito ecologicocome lo ha definito Giuseppe De Marzo nel suo libro Buen Vivir (ed Ediesse) “è il debito storico e attuale accumulato dai paesi del Nord, dai governi e dalle multinazionali nei confronti dei popoli e dei paesi del Sud del mondo a causa dello sfruttamento, della depredazione e dell’usufrutto delle risorse naturali, dell’energia, dello spazio biorioproduttivo, dell’inquinamento e distruzione dei patrimoni naturali, culturali e delle fonti di sostentamento dei popoli del Sud”. “Ed è un debito” — spiega De Marzo– “che introduce l’elemento delle responsabilità di governi, politiche e imprese che hanno provocato  la progressiva degradazione della terra”.[1]
 
La Democrazia della Terra invece  è un paradigma che va applicato al più presto sia all’agire dei singoli individui ma anche e soprattutto nelle politiche economiche ed energetiche di tutti i governi se non si vuole intraprendere la strada di non ritorno verso la distruzione del pianeta.
 
Possibilmente cominciando dal renderlo parte integrante delle Carte Costituzionali di ogni paese come già hanno fatto la Bolivia e l’Ecuador in questi ultimi due anni.
 
Bisogna assolutamente “superare la visione antropocentrica che continua a guardare alla natura esclusivamente in base al valore d’uso che egoisticamente se ne può trarre… Riconoscere i diritti della natura, così come avvenuto nelle due nuove costituzioni di Bolivia ed Ecuador, affronta finalmente due temi centrali per allargare il campo della giustizia e della partecipazione: la titolarità e la tutela. La titolarità viene riconosciuta quando si è portatori di diritti propri. Così come sono stati riconosciuti titolari di diritto società anonime o commerciali, allo stesso modo è indispensabile che la natura sia titolare di diritti propri.”[2]
 
Ed è per questo che proprio a Cochabamba durante la Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico,  dal 19 al 22 aprile di discuterà e verrà redatta la Dichiarazione Universale per i Diritti della Madre Terra, un documento di portata storica che segna uno spartiacque in quella che fino ad oggi è stata la visione generale del concetto di diritti umani: per la prima volta si pensa anche al diritto all’esistenza delle generazioni future e all’obbligo che abbiamo di assicurare loro la vita in un pianeta ospitale e sano.
 
Abbiamo soltanto 10 anni” ammonisce Giulietto Chiesa nel suo intervento, venato da un più che condivisibile pessimismo lucido e razionale, frutto della ragione, per invertire la corsa folle verso l’autodistruzione oramai intrapresa dall’umanità.
L’impegno fondamentale che ognuno di noi può dare consiste soprattutto nel  non lasciarsi intorpidire coscienza e intelletto dal bombardamento mediatico al quale siamo sottoposti. Abbiamo il diritto ma anche il dovere di pretendere di fruire di un’informazione corretta. “Le persone non sanno niente” afferma Giulietto Chiesa puntando il dito contro i mezzi di informazione servi di un sistema economico che vende lucciole per lanterne allo scopo soltanto di favorire i grandi piani industriali e capitalisti del governo. La propaganda rispetto al nucleare è emblematica a questo proposito: stiamo investendo 30 miliardi  di euro per costruire dei “monumenti alla nostra imbecillità” che lasceranno tracce  velenose sul nostro territorio per circa 100 mila anni. Le scorie nucleari verranno smaltite infatti  in altri paesi, sicuramente appartenenti alla sfera di quelli sotto sviluppati o in via di sviluppo, continuando così ad accrescere il nostro debito ecologico con loro. Investendo 30 miliardi di euro nelle energie alternative si avrebbero invece immediatamente migliaia di posti di lavoro in più e nel futuro  un immenso ritorno in termini di possibilità per la continuazione della vita sul nostro pianeta.
La conferenza internazionale di Cochabamba sicuramente rappresenta una grande possibilità, il “piano B” per la salvezza del mondo, come lo definisce De Marzo, dopo il clamoroso fallimento di tutti i piani e programmi portati avanti dai governi, da Kyoto in avanti.
Programmi dai  quali,  fino a questo momento i movimenti sociali, le associazioni di cittadini, i gruppi ambientalisti e la società civile in genere, sono  stati sempre esclusi, e che  a Cochabamba  invece, sono diventati protagonisti, a fianco,  ed è questa la vera novità,  di un governo. Quello della Bolivia di Evo Morales.
 
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Link utili:
Sito Ufficiale della Conferenza: http://cmpcc.org/
Qui si possono  seguire in diretta i lavori della Conferenza
Intervista realizzata da RadioTre Rai a Giuseppe De Marzo in diretta da Cochabamba




[1] Giuseppe De Marzo, Buen Vivir – Ediesse, 2009 pag. 63 e seg.
[2] Giuseppe De Marzo – op. cit. pag. 249

Club El Nogal : un altro falso postivo

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Fonte ABP Noticias

Oggi l’Agenzia Bolivariana de Prensa /Colombia offre ai suoi lettori una notizia che a suo tempo fu sottratta ai mezzi di informazione e che la protagonista ha raccontato il giorno delle elezioni a quanti stavano discutendo  con lei mentre  la radio stava informando  che era stata sconfitta in quella  che la stampa chiama Consulta Conservadora.
La caratteristica degli otto anni del governo di Uribe è che non è trascorso un solo giorno di questo lungo periodo senza che sia venuto alla luce almeno uno scandalo di corruzione, di partecipazione  di importanti narcotrafficanti, e di  paramilitari negli ambienti più vicini a  Uribe, di crimini, un governo che di fronte all’inefficacia contro la  guerriglia assassina umili contadini e li traveste da guerriglieri morti in combattimento. Un presidente eletto grazie alle minacce esercitate contro la popolazione dai gruppi paramilitari che poi sono stati legalizzati.
Passiamo ai fatti. Nell’agosto del 2002 Alvaro Uribe nominò come ministro della Difesa Marta Lucía Ramírez, e lei in seguito a questo incarico, per motivi di sicurezza,  andò a vivere in un appartamento del Club  el Nogal.
Il nuovo ministro  scoprì nel suo nuovo ufficio che la corruzione dilagava nello stesso ministero  e in tutte le istituzioni   e quindi   volle compiere  delle indagini su ogni caso credendo di avere l’appoggio del governo. Non si rendeva conto che faceva parte del governo più corrotto e criminale della storia della Colombia.
Un venerdì, il 7 febbraio del 2003, sei mesi dopo la sua nomina , il Club El Nogal venne distrutto da una bomba.
Mentre i vigili del fuoco cercavano di spegnere l’incendio, i militari occupavano e sgomberavano l’appartamento del ministro Marta Lucía Ramírez  dove erano custoditi gli archivi sui casi di corruzione che stava iniziando a svelare.
Sette anni dopo, sconfitta nella Consulta Conservadora racconta ai suoi amici sulle sue disavventure con il governo di Uribe e chi scrive questo articolo si è trovato ad ascoltare  dalla propria bocca dell’ex ministro  la testimonianza della sua Valle di Lacrime sconosciuta dalla maggior parte degli abitanti del paese del Sacro Cuore.
Nel Club el Nogal c’era il posto di comando delle AUC dal quale disegnavano la loro pagina internet e dove si riunivano con i loro  soci che erano anche i ministri di Uribe: per citarne uno solo : Fernando Londoño Hoyos.
L’autore materiale dell’attentato, come in un racconto di Gabriel García Márquez non sapeva di avere sulla sua auto l’esplosivo che avrebbe provocato la distruzione dell’immobile e che il governo attribuí alla guerriglia che smentí di aver preso parte all’attentato, ma come nel caso del “Collar Bomba”, l’apparato disinformatore del regime continua ad affermare che fu opera dell’insorgenza.
Traduzione Annalisa Melandri

Miami protegge criminale argentino accusato di aver partecipato al massacro di Trelew nel 1972

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detenidos de Trelew

i 19 detenuti evasi all’aeroporto al momento della loro resa 

Miami, non protegge soltanto criminali come Luis Posada Carriles, il terrorista cubano reo confesso dell’attentato all’hotel Copacabana all’Avana in cui perse la vita nel 1997 il giovane italiano Fabio Di Celmo e di quello del 1976 al volo civile della compagnia aerea Cubana de Aviación in cui persero la vita 73 persone. La magistratura della città, da sempre collusa con la mafia anticastrista, protegge anche i militari argentini che tentano di sfuggire alla giustizia nel loro paese che sta facendo luce sui crimini commessi durante gli anni bui delle dittature militari.

Il tenente dell’Aviazione in ritiro Roberto Guillermo Bravo, accusato in Argentina da tre testimoni di essere tra i responsabili dell’ esecuzione a sangue freddo di 16 prigionieri politici in quello che è ricordato come il massacro di Trelew, avvenuto il 22 agosto 1972, è stato liberato a Miami il 5 marzo scorso dal giudice Robert Dube, dopo essere stato arrestato qualche giorno prima , il 25 febbraio, in seguito alle pressioni delle autorità argentine che sollecitavano l’applicazione di un mandato di arresto risalente a circa due anni fa emesso dal giudice Hugo Sastre.

Bravo è stato liberato grazie al pagamento di una cauzione di 1,2 milioni di dollari e dovrà comparire il prossimo 2 aprile dinanzi al giudice Robert Dube. Il processo ad altri sei militari coinvolti nel massacro e sui quali pendono le stesse accuse contestate a Bravo e cioè privazione illegittima della libertà, torture e omicidio plurimo, si terrà invece ad aprile nella cittadina di Trelew.

Roberto Guillermo Bravo, che vive negli Stati Uniti dal 1973, ottenne la cittadinanza statunitense nel 1987 nonostante le gravi accuse che pendevano su di lui in Argentina ed attualmente è un imprenditore molto potente la cui impresa RGB Group Inc. ha contratti di forniture elettroniche addirittura con il Pentagono e con gli istituti carcerari degli Stati Uniti.

La stampa di Miami ha dato scarso rilievo alla notizia dell’arresto mentre ha causato indignazione in Argentina quella della sua rapida liberazione. Oltre a Bravo sono accusati di aver partecipato a vario titolo nel massacro anche il capitano di fregata a capo dell’operazione Luis Emilio Sosa, arrestato nel febbraio del 2008, e i capitani Rubén Paccagnini ed Emilio del Real.

Il 15 agosto del 1972, 110 prigionieri politici appartenenti a varie organizzazioni armate di sinistra, l’Esercito Rivoluzionario del Popolo (EPR), le Forse Armate Rivoluzionarie (FAR) e i Montoneros, detenuti nel carcere militare di Rawson, presso la Base Aereonavale Almirante Zar, organizzarono un’evasione che andò a buon fine soltanto per 6 di essi che riuscirono a dirottare un aereo e a fare rotta verso il Cile e successivamente verso Cuba. Invece 19 prigionieri riuscirono a giungere all’aeroporto soltanto quando l’aereo stava decollando mentre il resto del gruppo non riuscì a lasciare nemmeno il carcere. Il gruppo dei 19 si riconsegnò alle autorità senza opporre resistenza e dopo aver dato una conferenza stampa nella quale chiesero rassicurazioni circa la loro incolumità e sicurezza. Furono condotti invece da un gruppo di militari comandati da Luis Emilio Sosa, presso la base militare della Marina Almirante Zar nonostante le rassicurazioni ricevute che sarebbero stati ricondotti al carcere di Rawson.

Dopo alcuni giorni in cui la zona appariva estremamente militarizzata e in cui i giornalisti e gli avvocati vennero tenuti lontani dalla base e mentre già si temevano rappresaglie contro i 19 prigionieri, la notte del 21 agosto i 19 detenuti vennero messi in fila contro una parete e per 20 minuti una pattuglia di militari comandata da Sosa e dal tenete Bravo aprì il fuoco contro di loro.

Soltanto tre si salvarono, fingendosi morti ma scomparvero negli anni successivi, durante la dittatura di Videla.

Secondo la versione ufficiale, resa alla stampa e all’ opinione pubblica, i detenuti furono uccisi durante un tentativo di fuga.

Miami si conferma dunque, il paradiso giudiziario per ogni criminale, terrorista o sicario al soldo della Cia, mentre i 5 cubani che svolgevano operazione di intelligence in territorio nordamericano per prevenire attentati nel loro paese da parte dei gruppi terroristici anticastristi, da oltre dieci anni sono reclusi nelle carceri statunitensi senza poter nemmeno vedere  i loro familiari.


Fulvio Grimaldi:il ritorno del Condor

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Fulvio Grimaldi
Il ritorno del Condor
15 euro
«No me resigno y me indigno»: non mi rassegno e mi indigno. È la parola d’ordine delle donne dell’Honduras che dal 28 giugno scorso, giorno del golpe che ha deposto il presidente Manuel Zelaya, lottano contro la repressione. Una parola d’ordine di tutto il Fronte di Resistenza popolare, come mostra questo video del giornalista Fulvio Grimaldie.
«La riserva umana per una rivoluzione in corso d’opera». Così Grimaldi definisce il Fronte, questa immensa ed eterogenea massa che sta ancora pagando un caro prezzo, e che ora, con la complicità dei grandi media, rischia di continuare nel più completo isolamento.
Attraverso il racconto degli intervistati, Grimaldi ricostruisce le fasi del golpe, compiuto da militari agli ordini dell’oligarchia e degli Usa. La colpa di Zelaya? Aver voluto spostare il paese nel campo dei governi progressisti come Bolivia e Venezuela.
Parte così dall’Honduras una seconda Operazione Condor, un nuovo governo del Centroamerica ispirato dalla Cia come negli anni ‘70? La domanda percorre il video. Le nuove basi Usa in Colombia, e le manovre in tutto il Cono Sud – dice il giornalista –mostrano il nuovo disegno per ricondurre i paesi progressisti e rivoluzionari nel «cortile di casa» Usa. Un progetto a cui si oppone la resistenza popolare, raccontata soprattutto dalle donne, vere protagoniste del video:indigene, contadine, militanti e casalinghe, mogli di desaparecidos degli anni ’80, che avevano visto nelle politiche progressiste iniziate da Zelaya una speranza per il loro paese, il più povero dell’America latina dopo Haiti.
Una speranza interrotta dalle elezioni farsa che hanno messo alla presidenza il fantoccio Porfirio «Pepe» Lobo.
Per ordinare o presentare il video, tel. 06 99674258 o href=“visionandoatvirgiliodotit“>visionandoatvirgiliodotit
Annalisa Melandri
recensione per Le Monde Diplomatique — Il Manifesto febbraio 2010

Farc, Eta, Chávez e, perché no? Belzebù

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FARC, ETA, CHAVEZ E, PERCHE’ NO? BELZEBU’
di  Guido Piccoli

La notizia è di quelle bomba. Scoperti vincoli tra le Farc e l’Eta, sotto la protezione del governo Chávez. In realtà il nostro Saviano aveva già annunciato d’avere le prove della collaborazione tra Farc e Eta. Al posto di Chávez aveva sistemato la camorra campana e il legame tra i tre soggetti erano la droga e le armi. Il giudice Velasco spara più in alto, attaccando il Venezuela. E di mezzo c’è il terrorismo, cioè il reciproco addestramento di Farc e Eta sull’uso degli esplosivi e l’aiuto che l’Eta avrebbe dato ai guerriglieri per ammazzare presidenti, ambasciatori e politici colombiani. Ci siamo presi la briga di leggere la documentazione che il giudice rende pubblica (Auto de procesamiento 75/09). La verità sull’asse del Male verrebbe dalle dichiarazioni di agenti spagnoli, di un paio di guerriglieri “reinsertados” e dal computer di Raul Reyes, il “ministro degli esteri” delle Farc, ucciso dal bombardamento attuato su ordine dei governi di Washington e Bogotà in territorio ecuadoriano due anni fa. Un vaso di Pandora che Chávez ha definito qualcosa che è diventato “folclore colombiano”. La documentazione è tenuta insieme da molta letteratura che, senza prove più credibili, appare un fantasy mal scritto.

Scorrendo il documento troviamo affermazioni della cui stupidaggine possiamo dare prova. Ad esempio, a pagina 5 si sostiene che tra le personalità da eliminare in terra spagnola ( e da individuare, grazie all’aiuto di Eta) c’è il signor Bernardo Gutierrez Zuluaga (e non Zuloaga, si copi bene almeno!), ex comandante dell’Epl, smobilitato. Una stupidaggine appunto: tutti in Colombia (e anche molti in Italia) sapevano che il suddetto soggetto fosse stato mandato, in premio per la sua collaborazione, all’ambasciata olandese e poi fosse entrato alla FAO di Roma.

Una sequela di balle quindi o di affermazioni senza prova, che però hanno portato Zapatero a chiedere spiegazioni a Chávez per il suo ruolo di “tutor”, all’ex presidente Pastrana di lamentarsi con Caracas mentre, guarda caso, l’ancora per poco presidente Uribe (l’ideatore della farsa del computer di Reyes) mantiene una certa prudenza. Ovviamente, tale sparata del giudice Velasco farà dire al nostro Saviano (per altro onesto e incisivo quando si occupa di cose che sa, come le malefatte della camorra) “avevo ragione”.

Cosa ci porta a liquidare questa storia come una balla? Non certo un manicheismo che non ci appartiene. O l’allineamento a quello che fanno Farc e Eta, due gruppi molto diversi, nati con tutte le ragioni decenni fa e cresciuti in contesti diversi, la cui utilità oggi o il cui contributo positivo nella realtà in cui operano sono tutti da dimostrare. Ce lo fa ritenere la pochezza o l’inattendibilità della prove portate, come appunto l’onnicomprensivo computer di Reyes o la parola di qualche reinsertado, che può deporre la speranza di libertà in un firma su un copione scritto da altri. E poi l’esperienza, la memoria storica sulle montature fatte, ad esempio, sulle Farc. Negli ultimi 20 anni, abbiamo letto di collegamenti delle Farc con tutti i terroristi internazionali da Bin Laden in giù, di bombe atomiche, di aerei affittati per ripetere le Twin Towers a Bogotà e, ovviamente di macchinazioni più rustiche. E il tutto proposto e propagandato da uno Stato che si dimostra nei fatti dieci volte più terrorista delle Farc (una percentuale non detta a caso, ma confermata dagli annuali rapporti– questi si credibili– di organismi seri come Amnesty International e l’Alto Commissariato dei Diritti Umani dell’Onu). A rileggere quanto si sta scoprendo ora in Colombia sugli avvenimenti tragici durante gli anni della “guerra alla droga” si deve ammettere che, ad esempio, un delinquente come Pablo Escobar diceva la verità laddove mentivano lo Stato colombiano, gli Usa con menzogne che erano “bevute” come acqua santa dalla stampa internazionale, compresi gli onesti Saviano dell’epoca.
E che siano balle quelle del giudice Velasco ce lo fa supporre anche il buon senso. Ad esempio, viene logico chiedersi perché con decenni di esperienza, Eta e Farc dovrebbero avere bisogno di istruirsi a vicenda. O chiedersi cosa spingerebbe Chávez a sostenere tutto ciò? Lasciamo perdere. La bolla della balla si sgonfierà presto, anche se ne faranno altre. Di pessima letteratura, come questa. Viene nostalgia di John Le Carrè, quello si che è un grande.


El ex comandante del Ejército de Colombia, Mario Montoya, detrás de la masacre de San José de Apartadó

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Tres oficiales colombianos han acusado el general en retiro Mario Montoya, ex comandante del Ejército y hoy  embajador de Colombia en República Dominicana, de haber participado en la planificación de la Operación Fénix, conducida en la región de Urabá y culminada con la que se conoce cómo Masacre de San José de Apartadó.
 
Exactamente hace cinco años, el 21 de febrero de 2005, en San José de Apartadó, ocho personas pertenecientes a la local Comunidad de Paz fueron brutalmente asesinadas. Cinco adultos y tres niños, Natalia y Santigo Muñoz, respectivamente de 6 años y 18 meses y Deiner Guerra de 10 años, fueron degollados con machetes después de haber asistido al homicidio de sus padres. Deiner era hijo de Luis Eduardo Guerra Guerra, el más importante líder de la comunidad, asesinado barbaramente aquel mismo día.
 
Según la  confesión de los tres oficiales del Ejército, presentada durante el juicio  que justo en estos días ve implicados a 10 militares por responsabilidades directas en la masacre, habría sido el propio Montoya, a la época comandante de la Primera División, a enviar la autorización a la Brigada XVII a valerse de guías paramilitares, unos 60 hombres, por la exploración de la zona.
 
Todos, desde los primeros días siguientes al hecho, desde el mismo Presidente de la República hasta el último funcionario hicieron su parte para garantizar la impunidad de los militares implicados en la matanaza y para desviar las investigacciones. Aunque ya el día siguiente  el sacerdote jesuita Javier Giraldo y los miembros de la Comunidad de Paz habían denunciado las responsabilidades del Ejército y de un grupo de paramilitares, el mismo presidente Álvaro Uribe inculpó públicamente la guerrilla de las FARC. También fue negada la presencia de tropas del Ejército en la misma zona el día 21 de febrero, presentando mapas y documentos militares sucesivamente demostrados como falsos. El proceso a los diez militares implicados ha sido a riesgo de cancelación  por vencimiento de términos en cuanto las audiencias se han tenido con algunos meses de retraso por la desaparición de unos documentos relativos a las pruebas contra los militares en la Fiscalía Nacional de Medellín dónde estaban custodiados.
 
Fue justo el paramilitar Diego Fernando Murillo  Bejarano, alias “Don Berna” a dar inicio al juicio confesando, en  mayo del 2008, que su grupo “Bloque Héroes de Tolová” junto a militares  de la XVII Brigada del ejército colombiano había cumplió la masacre en San José de Apartadó.
 
Confesión avalorada por la que fue entregada  tres días después, por el  capitán en retiro Guillermo Armando Gordillo Sánchez, detenido  en noviembre del 2007, quien  ha admitido su participación a la operación Fénix.  
  
Mario Montoya, después de los hechos de San José de Apartadó fue nombrado comandante  del Ejército de Colombia y el paramilitar “Don Berna” y “Salvador Mancuso” fueron extraditados  por Uribe en los Estados Unidos por temor de ulteriores revelaciones. 
  
Ahora, después de que Montoya ha entregado  recientemente su renuncia  por el escándalo de los “falsos positivos”, (más de 2000 jóvenes asesinados por militares  y presentados  como guerrilleros caidos en combate), y después de su “promoción” como embajador en República Dominicana, la ulterior confesión de otro paramilitar, Daniel Rendón Herrera, alias “Don Mario”, ante la Unidad de Justicia y Paz (el programa de desmovilización de los paramilitares), agrava ulteriormente su posición. “Don Mario” acusa el ex general de haber recibido 1.500 millones de pesos de Miguel Arroyave, dinero que le fue entregado  para conseguir, en la guerra contra otro grupo paramilitar, el apoyo del Ejército al Bloque Centauros al que él pertenecía.  
  
El general Mario Montoya, gran general, ejemplo de eficacia, un hombre espontáneo, que no tiene nada escondido, que todo lo que piensa y cree, lo dice, con la espontaneidad que lo caracteriza, hombre de iniciativa, presentó renuncia, sin que nadie le hubiera pedido esa renuncia…  General, no renuncie, estas dificultades, lo bueno es que todo esto se está haciendo público, ha sido la norma del Gobierno desde el principio: que nada de esto permanezca oculto. No renuncie, mi general, esto lo superamos”.
 
Ésta fue la defensa pública del general Montoya de parte del presidente de la República Álvaro Uribe, que es también Comandante   Supremo de las Fuerzas Armadas de Colombia. 
Los familiares  de las víctimas de San José de Apartadó han pedido  la inmediata orden  de captura para Mario Montoya, “ejemplo de eficacia  y hombre que no tiene nada escondido”. Probablemente muy pronto él será  obligado a renunciar a su cargo cómo diplomatico y a volver a Colombia para responder  a estas graves  acusaciones. 
  
Son las extrañas paradojas colombianas. La justicia a veces funciona   y eminentes delincuentes políticos y militares tarde o temprano  caen en sus redes. Por medio de la prensa nacional se develan sus crímenes y sus vínculos con el paramilitarismo. La prensa es casi interamente de propriedad de la oligarquía colombiana representada en este caso por la familia  Santos, la misma a la que pertenecen el vicepresidente de la  República, (acusado por Salvatore  Mancuso de ser vinculado con el paramilitarismo) y el  ex ministro de la Defensa Juan Manuel Santos. Los eminentes delincuentes, vinculados de diversas maneras a  los paramilitares  muchas veces  quedan presos  y recordamos por todos el caso  del ex jefe del DAS, (la inteligencia colombiana), Jorge Noguera Cote, también ex cónsul en Milán, acusado de haber entregado la estructura del DAS a los paramilitares, a quienes presentaba  listas de personas incómodas que tenían que ser  eliminadas. 
  
Algunas veces, antes   que inicien  formalmente los juicios contra estos para-paramilitares, ellos son promovidos con cargos diplomáticos, consulados y embajadas en varios lugares del mundo, algunos considerados “estratégicos” por los servicios de seguridad colombianos. 
  
El mismo Montoya fue enviado  en República Dominicana a reemplazar  Juan José Chaux,  detenido en mayo  2009 en el  aeropuerto de Bogotá con la acusación que se había  encontrado en más que una ocasión con algunos de los más importantes jefes paramilitares colombianos. Este probablemente no fue el único objetivo de la  designación de Montoya a la embajada en Santo Domingo.  En República Dominicana la inteligencia colombiana, junto a la  CIA y a la inteligencia israelí, ha intentado  al menos dos veces de organizar planes  para atentar a la vida del dirigente comunista dominicano Narciso Isa Conde, siempre solidario con los diferentes  formas de lucha de liberación del pueblo colombiano y fuertemente crítico del gobierno de Uribe, quien  lo ha acusado públicamente en varias ocasiones de ser “un terrorista”. Pero todavía hay más  …
  
La República Dominicana se está volviendo  en estos últimos años el acodo caribeño de todo el tráfico de estupefacientes procedentes de Colombia, un narco-estado en donde  la corrupción, justo como en Colombia, impera en las estructuras políticas y entre las altas cumbres militares del país, que quedan impunes  a pesar de algunos escándalos recientes que  han visto militares involucrados en asuntos de narcotráfico junto a criminales colombianos. Existen vínculos criminales entre hombres de la inteligencia colombiana,  militares y generales dominicanos, (unos de ellos pertenecientes a la Dirección Nacional de Control de Drogas y a la Marina de Guerra)  y el mismo general Montoya.   
  
Volviendo a Colombia, extrañas paradojas, decíamos. Todos saben todo, las noticias son de dominio público por lo menos al interior del  país y algun criminal  a veces queda preso. Listas de hombres para destazar con motosierras, jueces poco  maleables obligados a renunciar, paramilitares utilizados como guías turísticas en  matanzas del horror, soldados borrachos jugando a football con las cabezas de los campesinos… pero el Maestro Uribe, el titiritero, el mandante, queda todavía impune, más bien se hace  reelegir, fraudulentamente, y piensa a como hacerlo por la tercera vez… Por el bien de todos los colombianos no logró. 
  
Y se obstinan en llamarla democracia…
 
 
 

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