Víctor Polay Campos: “Sul banco degli accusati. Terrorista o ribelle?” (Il libro– Capitolo II)

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Qui parlavamo della decisione di pubblicare il libro di Víctor Polay Campos a puntate inquesto sito.

INDICE /Dedica /Prologo /In memoria /Introduzione

Capitolo I

Capitolo III

Capitolo IV 

Capitolo V

Capitolo VI

 

CAPITOLO 2 

DA YANAMAYO AL CALLAO

Tutta la stampa della capitale diede la notizia del nostro trasferimento da Yanamayo (Puno) a Lima. Tuttavia l’ossequiosità e il servilismo alla dittatura di alcuni giornalisti li portò a scrivere che avevamo fatto gesti osceni e avevamo mostrato il didietro durante lo show che Fujimori aveva preparato al nostro arrivo all’aeroporto del Callao. Ciò che successe è che, siccome eravamo ammanettati con le mani dietro, avevamo dovuto voltarci perché i giornalisti potessero osservare che facevamo la V della vittoria con le dita. Come è noto, la V è un simbolo dell’MRTA. Questi giornalisti “obiettivi” trasformarono un atto di dignità e ribellione in gesti osceni. Smentendo la versione del giornalista de La República, il quotidiano conservatore di Parigi-Francia “Le Figaro” scrisse nella sua edizione di mercoledì 28 aprile 1993 al piè di una nostra foto : (altro…)


Víctor Polay Campos: “Sul banco degli accusati. Terrorista o ribelle?” (Il libro– Capitolo I)

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Qui parlavamo della decisione di pubblicare il libro di Víctor Polay Campos a puntate in questo sito.

INDICE /Dedica /Prologo /In memoria /Introduzione

Capitolo II

Capitolo III

Capitolo IV 

Capitolo V 

 

CAPITOLO  1

FARSA DI PROCESSO

 

Sentenza del Tribunale senza Volto 

Nel Carcere di Yanamayo, a 4.000 metri sul livello del mare, dove mi trovavo recluso dal luglio del 1992, si costruì, per giudicarci, una Sala di Udienze, consistente in un piccolo recinto, diviso in due da un grande specchio, che permetteva di vedere solo da un lato – quello dei giudici – e un apparato di distorsione della voce che emetteva suoni che sembravano prodotti da un robot della Guerra delle Galassie. In questo luogo surreale fummo sottoposti a una parodia di giudizio da parte di “giudici senza volto” che durò due giorni. Il primo per l’accusa e il secondo per l’allegato della difesa e per la sentenza. Non ci furono interrogatorio, presentazione di prove, partecipazione di testimoni, lettura di fascicoli, né nulla che somigli a un processo normale. 

La piccola sala fu riempita per due giorni da un pubblico molto particolare, composto  da capi di polizia e militari, che assistettero per non perdersi lo “storico spettacolo”.

Come fatto inaudito, degno di Ripley, nella stessa Sala di Udienze, dove in teoria avrebbe dovuto amministrarsi la giustizia, fui sottoposto a tortura insieme al mio coaccusato Peter Cárdenas, con percosse e scariche elettriche, e alla fine del secondo giorno di udienza fummo filmati con vestiti a strisce.

A quanto pare agli impiegati di Fujimori non piacque per niente il nostro rifiuto a pentirci e a sottometterci alla dittatura. Dopo poco tempo, per terminare il lavoro, la polizia arrestò il mio avvocato difensore e lo accusò di “tradimento alla patria”. (altro…)


Víctor Polay Campos: “Sul banco degli accusati. Terrorista o ribelle?” (Il libro-I)

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Víctor Polay  Campos fu il fondatore e leader, in Perú, a principio degli anni ‘80 del MRTA, Movimiento Revolucionaio Túpac Amaru. Arrestato una prima volta nel 1989, nel 1990 riesce a fuggire dal carcere di Canto Grande insieme ad altri 47 compagni. Viene nuovamente arrestato nel 1992 e dal 1993, da 20 anni ormai, si trova rinchiuso nella base militare navale del Callao (salvo un breve periodo trascorso nel carcere di pietras Gordas), a Lima, dove sta scontando una condanna a 32 anni di carcere che finirà nel 2023.

Inutili fino ad oggi le richieste da parte di familiari, amici ed associazioni per la difesa dei diritti umani per il suo trasferimento in un carcere civile. Nel carcere militare del Callao non può studiare, non può lavorare e non può ricevere le visite dei familiari nei giorni stabiliti come in altri istituti carcerari civili.

Nel 2007 viene pubblicato in Perú il suo libro: “En el banquillo. Terrorista o rebelde?” dalla casa editrice  Canta Editores/Colección tamaru – Paseo de la República 4351 – Of 201 Surquillo – Lima (curatrice dell’edizione Mary Soto).

Il libro è stato tradotto in italiano (Sul banco degli accusati. terrorista o ribelle?) da Marisa Masucci, con la quale abbiamo deciso, di comune accordo e con l’autorizzazione della casa editrice peruviana, che ringraziamo,  di pubblicare sul mio blog poco a poco, come se si trattasse di una sorta di “romanzo”  a puntate, il libro di Víctor.

Con Marinella Correggia nel 2009 abbiamo intervistato  Víctor Polay Campos, tramite uno dei suoi avvocati, per il quotidiano  il manifesto. L’intervista è disponibile qui.

La pubblicazione avrà cadenza settimanale, circa. Alla fine della pubblicazione dei capitoli verrà allegato il file completo del libro da poter scaricare, stampare e conservare. (altro…)


Uchuraccay, ferita aperta del Perú

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Esattamente 30 anni fa il Perú venne scosso dalla notizia del massacro di otto giornalisti

di Annalisa Melandri — in esclusiva per L’Indro — 30 gennaio 2013

Esattamente 30 anni fa, il 26 gennaio del 1983, il Perú venne scosso dalla notizia dell’orrendo massacro di otto giornalisti avvenuto in una delle zone più impervie e isolate  del paese, Uchuraccay,  sulle Ande centrali, a oltre  4mila metri sul livello del mare. Destò particolare indignazione e clamore  non perché fossero tempi tranquilli – erano iniziati da poco, ma caratterizzati da inaudita violenza, gli anni del ‘terror rojo’, il terrore rosso di Sendero Luminoso (al quale con uguale se non maggiore violenza rispondeva  l’esercito peruviano) – ma per la dinamica particolare con cui si svolse tutta la vicenda, sulla quale non è stata fatta ancora piena luce, nonostante la creazione all’epoca  di  una specifica commissione che prese il nome di Commissione Vargas Llosa perché presieduta proprio  dallo scrittore  e premio Nobel per la Letteratura.

Otto giornalisti, di diverse testate  del paese,  che si erano recati nella zona per svolgere delle ricerche su un massacro di contadini che si diceva compiuto  da  Sendero Luminoso qualche giorno prima (ma sulle responsabilità effettive del quale circolavano versioni contrastanti),  furono barbaramente trucidati da oltre quaranta membri della comunità locale in quanto  scambiati  per guerriglieri, e seppelliti in due fosse comuni. Morirono  anche la guida che li accompagnava e un contadino del luogo  che si oppose alla carneficina. (altro…)


Cina – Perú una relazione privilegiata

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Di Annalisa Melandri per l’Indro* 12 Dicembre 2012

La Cina si sa, ormai guarda all’America latina come alla nuova frontiera. E lo fa essenzialmente per due ragioni. La prima ha a che vedere con il  nuovo assetto politico della regione, che vede una predominanza   di governi di sinistra o di centro sinistra.  La seconda invece dipende direttamente dalla  crisi economica che ha colpito gli Stati Uniti prima e l’Unione Europea poi,  e che quindi ha contribuito a creare  degli spazi  nei mercati latinoamericani  in cui gli aggressivi imprenditori cinesi si sono immediatamente inseriti, facilitati anche, come dicevamo,  da una situazione politica più favorevole rispetto al passato.

Mentre nel 2009 la crisi economica si abbatteva violentemente sugli Stati Uniti e dava già le prime avvisaglie in Europa, l’economia cinese continuava a crescere vertiginosamente. I paesi dell’America latina e dei Caraibi che mantengono più strette relazioni commerciali con il gigante orientale, sia per le  importazioni che per le esportazioni sono essenzialmente il Brasile al primo posto, seguito da  Perù, Cile, Argentina, Cuba e  Costa Rica.

Negli ultimi dieci anni la Cina ha superato di gran lunga la Germania come paese esportatore di prodotti finiti ed ha trovato in America latina e nei Caraibi mercati dinamici, non paralizzati  dalla crisi economica e finanziaria attuale, ma anzi disponibili e  soprattutto con un gran bisogno di rivitalizzare le esportazioni di materie prime delle quali  la regione  è ricca. Esportazioni che almeno con l’Unione Europea hanno registrato una lieve inflessione.  (altro…)


Perú: muore Jaime Ramírez Pedraza

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Aveva chiesto per ben tre volte l’indulto presidenziale per le sue gravi condizioni di salute, incompatibili con il regime carcerario. Jaime condannato a 25 anni di carcere per la sua militanza nel Movimiento Revolucionario Túpac Amaru (MRTA)  soffriva da tempo di Sclerosi Laterale Amiotrofica e al momento della morte presentava un quadro clinico aggravato dalla Tubercolosi. E’ deceduto questa mattina presso l’Istituto di Scienze Neurologiche dove era stato ricoverato d’urgenza nei giorni scorsi.

Riportiamo una lettera del fratello di Jaime, tradotta in italiano che stava circolando proprio ieri:

Salutiamo gli amici , i compagni e i fratelli della solidarietà’ nazionale e internazionale.

Vogliamo informare che sabato 20 ottobre alle 12.15 circa Jaime Ramirez ha iniziato a manifestare un quadro acuto di asfissia nella sua cella e nello sforzo di respirare almeno un po’ d’aria ha aperto con forza la bocca e la mandibola si e’ disarticolata. Ció  ha aggravato la situazione: e’ stato portato nell’ambulatorio della prigione, dove pero’ non c’erano le condizioni per assisterlo. La richiesta che venisse portato in ospedale e’ stata respinta dalla direzione. Poiché  pero’ la situazione non migliorava i suo compagni hanno protestato e sono riusciti a farlo ricoverare alle 4 del pomeriggio, dopo 3 ore di situazione critica e di emergenza.

L’hanno portato all’ospedale Hipolito Unanue dove e’ stato curato dal dott. Avendano, specialista in traumatologia.

Vogliamo esprimere la nostra preoccupazione e indignazione per ciò che e’ successo

Perché’ hanno fatto aspettare Jaime per quasi tre ore pur sapendo che la sua vita era in pericolo?

Perché’ non lo hanno lasciato all’ospedale, pur sapendo che nel carcere non ci sono le condizioni minime per assisterlo?

Fino a quando dovremo aspettare che gli concedano l’indulto umanitario?

Non vogliamo che si ripeta ciò  che e’ successo con la signora Paula Zuniga Hinostroza che e’ morta lo stesso giorno in cui le hanno concesso l’indulto.

Vi chiediamo di unirvi ancora una volta nella richiesta di un indulto umanitario come atto di umanità’ e dignità’

Signor Presidente Ollanta Humala Le chiediamo di mantenere la sua parola “nessuno deve morire in prigione”!

Manuel Ramirez Pedraza.

Qui la foto di Jaime al momento del suo ricovero urgente:

Anche ad Emilio Villalobos , fino ad alcuni giorni fa, mancavano le medicine. Una suora, ora tornata in Italia, aveva lasciato dei soldi perché gliele comprassero, quando avesse finito quelle che lei aveva comprato.
Abbiamo parlato di questi casi qui:

Cosa farà Ollanta Humala con la richiesta di indulto per ragioni umanitarie per l’ex dittatore Fujimori,  condannato a 25 anni di carcere per omicidio, sequestro di persona e violazione dei diritti umani, oltre a sette anni per corruzione, presentata dalla figlia Keiko?


84 anniversario della fondazione del Partito Comunista del Perú– Patria Roja

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Fondato il 7 ottobre del 1928 dal politico, scrittore e giornalista marxista José Carlos Mariátegui

http://www.pcdelp.patriaroja.org.pe/


Essere malato in un carcere del Perú

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Jaime Ramírez è deceduto questo sabato 27 ottobre nell’Istituto di Scienze Neurologiche dove era stato ricoverato. d’urgenza.

Il dibattito in questo momento in Perú rispetto all’indulto per ragioni umanitarie che Ollanta Humala dovrebbe o no concedere all’ex ditattore Fujimori, condannato a 25 anni di carcere per omicidio, sequestro di persona e violazione dei diritti umani, oltre a sette anni per corruzione, è molto forte. Ancora non si sa quale decisione il presidente potrebbe prendere, a questo proposito ricordiamo la situazione di coloro i quali hanno combattuto per la libertà nel loro paese.

La situazione di Jaime Ramirez e di Emilio Villalobos

di Alberto Gáalvez Olaechea*

Cesar Vallejo in una delle sue opere di narrativa segnalò che il momento più difficile della sua vita lo aveva vissuto in un carcere del Perú. Eppure egli non era malato ed era stato dietro le sbarre per poco più di cento giorni.

Quella del carcere è una condizione anomala dell’essere umano ed è fonte di frustrazione e di sofferenza. Anche la malattia lo è. Però, quando molti fattori si sommano, il risultato che ne deriva è drammatico, quindi la carcerazione diventa tortura.

In questi ormai lunghi anni ho osservato molte situazioni angustianti sofferte dai prigionieri. Ho visto molte sofferenze mentali che hanno condotto alla pazzia, come sofferenze fisiche che hanno portato alla morte. Con gli anni, direi più precisamente, con i decenni, questo cerchio si è andato restringendo e gli uccelli rapaci volano girando attorno a noi, anche se questo può sembrare un po’ tetro. (altro…)


Appello a favore del prigioniero politico peruviano Jaime Pedraza, gravemente ammalato

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APPELLO A FAVORE DEL PRIGIONIERO POLITICO PERUVIANO JAIME PEDRAZA, GRAVEMENTE AMMALATO

Jaime Pedraza è un prigioniero politico peruviano condannato per aver fatto parte dell’organizzazione guevarista dei Tupac Amaros (MRTA). Ha subito numerose torture e ha già scontato 17 anni di prigionia. Da qualche anno è ammalato di SLA una patologia gravemente invalidante che ha ormai raggiunto la fase terminale. Jaime ha perso man mano l’uso degli arti, non è più autosufficiente ed essendo in carcere non ha mai potuto contare su una terapia minimamente appropriata. Chiediamo per Jaime la possibilità di tornare a casa ai domiciliari o con un indulto umanitario, così che possa passare gli ultimi tempi con il conforto almeno della moglie e della bambina di 9 anni. A suo favore si sono espressi i vari religiosi che visitano regolarmente il carcere di Castro Castro a Lima, la Croce Rossa, Medecins sans Frontieres e vari membri del Congresso peruviano. In Italia hanno aderito all’appello la Fondazione Aldo Zanchetta e Latinoamerica-online.it.

Nel video allegato si puó ascoltare la voce di Jaime e i testi degli appelli da inviare al Ministro della Giustizia (via mail) o al Presidente Humala (via lettera). Ogni altra iniziativa è benvenuta. (altro…)


Dante Castro Arrasco, Pedro Mir, Juan Bosch y …yo

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Dante Castro Arrasco con Pedro Mir

Ayer era el 194 natalicio de Carl Marx. Ayer también  la luna se encontraba en su perigeo, el punto más cercano a la Tierra. Era ayer una “Súper Luna”.

Quizás,  esta combinación de eventos históricos y astronómicos haya permitido ese (y otro)  intercambio político y poético en las paginas en Facebook de  quien escribe y mi amigo, el camarada y apreciado poeta y escritor peruano Dante Castro Arrasco.

Una poesía del poeta nacional dominicano Pedro Mir ha desencadenado una serie de reflexiones políticas y  sociológicas  sobre el arte y la militancia de las que dejan huellas…

Dante ha revelado unos detalles de su vida, militancia y labor política que no conocía y que ni siquiera imaginaba. Ha sido un intercambio precioso, uno de los momentos en que aprecio las redes sociales por estas oportunidades. Estas las palabras, casi un poema que me ha dejado esta mañana:

“La luna se ha puesto de gala con su esplendor abierto en dos brazos que quieren estrecharme. La luna me recuerda un juramento, una promesa hecha bajo su sonrisa voraz de besos furtivos y sábanas blancas de lunares desiertos iluminados. La luna besa mis heridas, sacude mis fracturas y cicatrices, pero lo hace por amor a quien vela sus armas en la última noche del verano.

Y una amiga de conciencia preñada por la luna me trae recuerdos de otras tierras y de otros climas, de una cálida isla donde el satélite mayor humedecía sus enaguas en mareas tropicales. Y le digo a la luna y a mi amiga lunar que hubo allí un periodo de tormentas que se hicieron sangre, pólvora y poesía. Y un pueblo que se enfrentó al coloso invasor escribió con su sangre los poemas que las plumas más ilustres callaron.

La luna entiende mis tristezas, cuando nombro compañeros muertos que deben habitar en los rescoldos del viento. Y digo Juan Bosch. Y digo Pedro Mir. Los llamo mirando bajo la luna impúdica e irreverente que tienta a los amantes, la foto de un dominicano negro, dispuesto a morir antes de soportar al invasor. Y ese dominicano negro se parece a una luna blanca que se niega a desaparecer bajo una tormenta de aerolitos.

La luna de mayo en su máximo clímax me ha hecho sucumbir a una trampa de la nostalgia y no hay vino que pueda consolar las heridas de la memoria de un pueblo agredido, de dos autores muertos y de un negro valiente que crispa los puños ante la negra boca de una carabina ligera que lo ha de matar inevitablemente.

Luna esplendorosa, devuélveme mi inocencia que se ha eclipsado.”

Beso tus heridas tierno amigo y camarada,  como si estuviera besando todas las heridas del pueblo dominicano y de todos los pueblos oprimidos del mundo. La poesía humaniza las revoluciones, las revoluciones humanizan la poesía. Es un intercambio creativo. Cada revolución es una “creación heroica” pero también una creación artística, como un poema.

Siguiendo y leyendo Dante Castro Arrasco en:

http://www.angelfire.com/ar2/dantecastro/index.html

http://cercadoajeno.blogspot.com/

 


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