Quindici anni della nostra storia — Il Manifesto

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Ieri  ho salvato da spazzatura certa, pulito e regalato a un caro amico che sicuramente ne   farà buon uso, una raccolta del quotidiano Il Manifesto dal 1971 al 1986.
Quindici anni di storia d’Italia. Un pezzo importante della storia del nostro paese. Gli anni terribili, “innominabili, rimossi e maledettamente belli” come questa persona li definisce.
Fa un certo effetto prendere quei volumoni in mano e leggervi la storia delle proteste, delle fabbriche, del movimento studentesco, del carcere, della repressione, giorno dopo giorno, come in un film.
Anche se Il Manifesto spesso non fu  tenero con gli attori di quelle battaglie, credo che recuperare questa collezione sia stato importante,resta una preziosa testimonianza da sinistra, di quanto avveniva.
Nel tempo e con pazienza, trascriveremo qualche articolo, magari i più interessanti, racconteremo qualche episodio, magari i più dimenticati.
Chi avesse curiosità o domande rispetto a qualche evento o articolo in particolare può scrivermi.
annalisamelandriatyahoodotit  (annalisamelandriatyahoodotit)  

Gianni Rodari: Uno e sette

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Ho conosciuto un bambino che era sette bambini.
Abitava a Roma, si chiamava Paolo e suo padre era un tranviere.
Però abitava anche a Parigi, si chiamava Jean e suo padre lavorava in una fabbrica di automobili.
Però abitava anche a Berlino, e lassù si chiamava Kurt, e suo padre era un professore di violoncello.
Però abitava anche a Mosca, si chiamava Juri, come Gagarin, e suo padre faceva il muratore e studiava matematica.
Però abitava anche a Nuova Vork, si chiamava Jimmy e suo padre aveva un distributore di benzina.
Quanti ne ho detti? Cinque. Ne mancano due:
uno si chiamava Ciù, viveva a Shanghai e suo padre era un pescatore; l’ultimo si chiamava Pablo, viveva a Buenos Aires e suo padre faceva l’imbianchino.
Paolo, lean, Kurt, luri, Jimmy, Ciù e Pablo erano sette, ma erano sempre lo stesso bambino che aveva otto anni, sapeva già leggere e scrivere e andava in bicicletta senza appoggiare le mani sul manubrio.
Paolo era bruno, Jean biondo, e Kurt castano, ma erano lo stesso bambino. Juri aveva la pelle bianca, Ciù la pelle gialla, ma erano lo stesso bambino. Pablo andava al cinema in spagnolo e Jimmy in inglese, ma erano lo stesso bambino, e ridevano nella stessa lingua. Ora sono cresciuti tutti e sette, e non potranno più farsi la guerra, perché tutti e sette sono un solo uomo.
.
Tratto da: Gianni Rodari Favole al telefono — Einaudi Ragazzi

Gladys Basagoitia: Altra lingua

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Altra lingua - da Acquaforte (Fara Editore, 2003)

sei giunto al paese dei tuoi sogni
sorridi
non bastano i sorrisi
si chiudono le anime e le porte
 
accettando la sfida
fai tua l’estranea melodia
 
attraversi frontiere
 
conservi la canzone di tua madre
per cantarla ai tuoi figli
Gladys Basagoitia
 

Mario Benedetti: La gente que me gusta

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Franco Fortini: La gronda

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Franco Fortini

Ho sempre creduto che qualcosa (molto, per essere più preciso; quasi tutto, direi) dovesse mutare nella nostra società. So che questo mutamento si prepara da tanto tempo, forse da decenni. So che molti non vi credono o non lo vogliono; e perciò riparano, racconciano, aggiustano quel che è troppo guasto, convinti che nessun crollo sia imminente. Intanto, un poco per giorno, il mondo muta.
 
Sono vissuto spiando il giorno di quella caduta; e preparandolo. Anche con poesie come questa, preparandolo. Ma la gioia che fin da ora mi ripaga di inevitabili sofferenze non è solo nella certezza di aver contribuito ad una trasformazione che voglio positiva; è nella persuasione che la causa occasionale finale potrà essere data dal leggero impeto di una giovinezza e di una felicità, dal minimo peso di un uccello, di una rondine, capace quindi di sottrarsi al crollo, di non avvertirlo nemmeno. Verranno generazioni di giovani che saranno più felici di noi e non avranno nemmeno bisogno di sapere da quale mondo atroce noi eravamo circondati. (Franco Fortini)
..
Scopro dalla finestra lo spigolo d’una gronda,
 in una casa invecchiata, ch’è di legno corroso
e piegato da strati di tegoli. Rondini vi sostano
qualche volta. Qua e là, sul tetto, sui giunti
e lungo i tubi, gore di catrame, calcine
di misere riparazioni. Ma vento e neve,
se stancano il piombo delle docce, la trave marcita
non la spezzano ancora.
 
Penso con qualche gioia
che un giorno, e non importa
se non ci sarò io, basterà che una rondine
si posi un attimo lì perché tutto nel vuoto precipiti
irreparabilmente, quella volando via.
(Franco Fortini, 1958)
..
La gronda, allegoria del sistema e delle istituzioni. Troppo vecchie e  troppo a lungo riparate nonostante l’evidenza dei danni strutturali, può oggi intendersi come allegoria del sistema capitalistico e liberista. In evidente collasso,  il volo di una rondine può farlo definitivamente crollare. Forza che è primavera!!! (A.M)
 

El rin del angelito

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Miriam Makeba — Kilimanjaro

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Leggi il ricordo che ne fa l’amico Eliolibre nel suo blog Notizie dall’ Impero.


Rosina Valcárcel: La traccia dell’arcobaleno (a Annalisa Melandri)

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Rosina  Valcárcel

Qulche giorno fa, la mia amica Rosina Valcárcel, nota poetessa peruviana, figlia del grandissimo poeta e compagno Gustavo Valcárcel e dell’instancabile militante comunista Violeta Carnero Hoke, mi ha regalato una grande emozione dedicandomi questa poesia.
Non credo di meritare i suoi versi. Quello che so è che  da tempo ci unisce qualcosa di molto forte.  Qualcosa di forte e sottile nello stesso tempo, che viene da un libro di suo padre. Un libro che non so bene, né come, né quando, mi ha scelta…
“Obra poética”, tutta la poesia di Don Gustavo Valcárcel dal 1947 al 1987 . L’edizione che gelosamente conservo da tanti anni è la prima, del 1988. Quasi vent’anni dopo, il destino ha voluto che Ros ed io ci incontrassimo lungo quelle strade alle quali conducono l’amore per l’uomo e per il popolo.
“… vengo dal popolo e vado al popolo, al principio e alla fine del vissuto. Potranno dirmi tutto, meno che non ti ho amato con ogni poro della mia pelle. Potranno rinchiudermi, picchiarmi, distruggermi, ma il giorno dopo la mia polvere e la mia parola staranno ancora combattendo”: questo percorso di vita immaginava Don Gustavo Valcárcel. Questa fu la sua vita. E questa è anche la vita di Rosina, sua figlia.
Grazie Ros.

La traccia dell’arcobaleno
(a Annalisa Melandri)
 
Dietro i guerrieri che fuggono
Restano dolci mani nude
Le tue mani compagna
E il tuo cuore nobile
In cerca dei carnefici e dei ruffiani che ci governano
Perché non sia la vergogna a seppellirci
Vigili
Altere dobbiamo seguire la traccia dell’arcobaleno
Quella dei nostri compagni torturati
Per non essersi allontanati dalla luce viola
Cerchiamo di far tacere il silenzio
Con il tuo scrivere ribelle
E forse in qualche angolo dell’America del Sud
O nel Vecchio Continente
Senza miseria né schifo
Resusciti la speranza e l’allegria
Tra la gente
Raccogliendo l’anelito millenario della terra
Sotto la sinfonia del sole

Rosina Valcárcel Lima 11 ottobre 2008

(traduzione di Annalisa Melandri)


Rosina Valcárcel: La huella del arcoiris (a Annalisa Melandri)

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Rosina Valcárcel

Hace unos días,  mi amiga  Rosina Valcárcel, reconocida poeta del Perù, hija del gran poeta y camarada Gustavo Valcárcel y de la incansable militante comunista Violeta Carnero Hoke,  me conmovió dedicándome este poema.
No creo  merecer sus versos. Lo que yo sé  es que algo muy fuerte nos une, desde tiempo. Algo muy fuerte y sutil que pasa a través de un libro de su papá. Un libro qué no se bien ni cómo, ni cuando,  me escogió…  ”Obra poética” , toda la poesía de Don Gustavo Valcárcel desde 1947 hasta 1987. La edición que yo celosamente guardo desde años es la primera de  1988.  Casi veinte años después,  el destino quiso que Ros  y yo non encontráramos en los caminos  en los que nos llevan  el amor por el hombre y el pueblo, por la mujer y el pueblo…
“… vengo del pueblo y voy al pueblo, al principio y al fin de lo vivido. Podrán decirme todo, menos que no te amé con cada poro. Podrán encerrarme, golpearme, destrozarme, pero al día siguiente mi polvo y mi palabra estarán en el combate” : esa trayectoria de vida dibujaba Don Gustavo Valcárcel.  Esa fue su vida. Esa también es ahora  la vida de Rosina, su hija.
Gracias Ros.
La huella del arco iris
(A Annalisa Melandri)

Tras los guerreros que escapan
Quedan dulces manos desnudas
Tus manos camarada
Y tu corazón muy alto
Tras los verdugos y rufianes que nos gobiernan
Que no sea la vergüenza la que nos entierre
Despiertas
Altivas hemos de seguir la huella del arco iris
La de nuestros compañeros torturados
Por no apartarse de la luz violeta
Tratemos de callar al silencio
Con tu escritura alzada
Y acaso en algún rincón de América del Sur
O en el Viejo Continente
Sin miseria sin asco
Resucite la esperanza y la alegría
En medio de la gente
Cosechando el anhelo milenario de la tierra
Bajo la sinfonía del sol.

Lima, 11 octubre 2008.

 

Mercedes Sosa: honrar la vida

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Honrar la vida

No…
Permanecer y transcurrir
No es perdurar, no es existir
Ni honrar la vida
Hay tantas maneras de no ser
Tanta conciencia sin saber
Adormecida.

Merecer la vida no es callar ni consentir
Tantas injusticias repetidas
Es una virtud, es dignidad
Y es la actitud de identidad
Mas definida.

Eso de durar y transcurrir
No nos da derecho a presumir
Por que no es lo mismo que vivir
Honrar la vida.

No…
Permanecer y transcurrir
No siempre quiere sugerir
Honrar la vida
Hay tanta pequeña vanidad
En nuestra tonta humanidad
Enceguecida
Merecer la vida es erguirse vertical
Mas alla del mal, de las caidas.

Es igual que darle a la verdad
Y a nuestra propia libertad
La bienvenida.

Eso de durar y transcurrir
No nos da el derecho a presumir
Por que no es lo mismo que vivir
Honrar la vida.
(Eladia Blazquez)


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