Il Club dei Disadattati

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La revolución de la belleza o la belleza de la revolución?

fonte foto– Argeo

CLUB DEI DISADATTATI

Dov’è la museruola? Dove sono le manette?

Dove sono l’oppressione, la prigione, l’antro del tradimento?

Si potesse con questa rosa distruggere

il suo odioso potere e il malgoverno.

Con un martello e una falce, 

con il canto delle mie mani.

In questo nuovo oceano:

CLUB dei DISADATTATI?

Questa è la liberissima traduzione di una poesia che l’amico Julio Carmona, poeta e scrittore peruviano di grande talento (che ringrazio e abbraccio)  ha scritto dietro la mia esplicita richiesta, quella cioè di  dedicare alcuni versi al Club dei Disadattati. Lo spunto di partenza, nato casualmente su Facebook,  era : “se la realtà è questa, felice di essere una disadattata”.

Perché  “disadattato” o “inadeguato” che poi è quasi  lo stesso viene ripetuto spesso. In famiglia sopratutto e poi in società,  nel mondo del lavoro. Un disadattato è  “colui che non si adatta”.  A cosa? Alla società,  alle regole del gioco.

Un inadeguato è “uno che non si adegua”.  La stessa cosa.  Se  ci guardiamo intorno e vediamo quale è questa realtà  alla quale viene chiesto di ageduarci o di adattarsi, allora ebbene, felici di essere dei DISADATTATI!  Da lí il Club. Le iscrizioni sono aperte.

Sognatori e poeti, comunisti e scrittori di favole, trans, gay, e lesbiche, militanti, guerrilleros… fatevi avanti…

La versione originale in spagnolo e’ questa:

CLUB DE LOS DESADAPTADOS

¿Dónde, el bozal, las esposas,
La opresión o la prisión,
El antro de la traición,
Para hacer con esta rosa
La destrucción de su odiosa
Permanencia y mal estado,
Y un martillo o un arado
Con el canto de mis manos
En este nuevo oceano:
Club de los desadaptados?

(Julio Carmona)

 

 

 


Llamado a Alfonso para renacer una vez más

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poema de Dante Castro Arrasco*
Hay una playa que yo me sé camarada
Donde vendrán a morir los alcatraces
Cuando el tiempo de guerra se acabe
Hay una montaña que yo me sé camarada
Desde donde puedes ver el horizonte (altro…)

La morte di Gheddafi e gli studenti italiani

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Pubblico volentieri la lettera di Alessandro Marescotti, redattore di PeaceLink,  a Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. Alessandro e’ anche docente di Lettere di un Istituto Tecnico Industriale di Taranto. Vorrei che le scuole italiane fossero piene di insegnanti come lui.  Grazie Alessandro, la tua lettera mi ha commossa profondamente. Vorrei che i miei figli un giorno incontrassero maestri e docenti come te, di quelli che lasciano il segno. Io ho avuto questa fortuna, in Italia ma anche in un paesino sperduto della Colombia, dove ho capito perché in quel paese  fare il maestro può anche essere un mestiere pericoloso.(AM)

 

Lettera aperta a Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace

Oggi i miei studenti hanno detto cose terribili

L’epilogo vergognoso di questa vergognosa guerra richiede a mio parere una netta condanna della Tavola della Pace. A che e’ servito marciare da Perugia ad Assisi per ricordare Capitini se poi i ragazzi vedono torturare Gheddafi senza alcuna immediata presa di distanza di Napolitano e della stessa Tavola della Pace? Lo tsunami della “guerra giusta” oggi ha annichilito decenni di impegno di educazione alla pace e non possiamo continuare a fare finta di nulla.
25 ottobre 2011 - Alessandro Marescotti

Caro Flavio,
condivido in rete queste poche parole, spero sensate. Comunque scritte con il cuore e con sincerita’.

L’epilogo vergognoso di questa vergognosa guerra richiede a mio parere una netta presa di distanza da parte della Tavola della Pace.Marcia Perugia Assisi 2011

Come sai sono un docente e ti scrivo dalla mia aula scolastica, fortemente colpito dalle reazioni dei miei studenti di fronte alla fine di Gheddafi. (altro…)

¿Cual salida de la crisis? – La “crisis” desde otro punto de vista.

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¿Cual salida de la crisis? – La “crisis” desde otro punto de vista.

por  Salvatore Ricciardi*

Octubre  2011

 

Empezamos por las consignas,  si corresponde a verdad que las consignas en sus síntesis representan los sentimientos, la conciencia y el trayecto político de un movimiento.

“No hemos provocado nosotros la crisis”… “No queremos pagar  nosotros la crisis”…

Mientras la segunda consigna tiene sentido y expresa una voluntad de lucha, la primera está completamente equivocada.

“No hemos provocado nosotros la crisis”:

*tiene un significado “defensivo”, lamentoso y hasta justicialista,  utilizando la lógica del código penal (no fui yo, no tengo la culpa, no quiero pagar por algo que no he hecho…).

*sobretodo es una consigna completamente ¡falsa y equivocada! La actual  crisis del capitalismo  es sin duda originada por el  efecto de contradicciones internas al mismo modelo de acumulación capitalista puesto en dificultades  por la ofensiva de la clase obrera en las décadas de los Sesenta y Setenta. ¡Entonces seguramente esta crisis la hemos provocada nosotros!  ¡Y somos orgullosos de esto!

Si por  “nosotros” entendemos la  clase obrera, el  proletariado (pero también  la pequeña y pequeñísima  burguesía que podemos definir como “proletarizada”,  o sea  los pequeños comerciantes y artesanos, las pequeñas cooperativas, etc. etc).   (altro…)


Quale uscita dalla crisi? La “crisi” da un altro punto di vista.

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QUALE  USCITA  DALLA “CRISI”?

 

di Salvatore Ricciardi* - ottobre 2011

 

Partiamo dagli slogan. Se è vero che gli slogan nella loro sintesi rappresentano il sentore, la consapevolezza e il percorso politico di un movimento.

 

   “la crisi non l’abbiamo provocata noi”… “la crisi non la paghiamo”… 

 

Mentre la seconda affermazione ha un senso ed esprime una volontà di lotta, la prima è profondamente sbagliata.

 

“La crisi non l’abbiamo provocata noi”:

 

*ha un significato “difensivo”, “lamentoso” ed anche “giustizialista”, quasi a voler utilizzare la logica del codice penale (non l’ho commesso io, non ho colpa, non vado punito per qualcosa che non ho fatto…)

 

*ma soprattutto è un’affermazione non vera! Questa crisi capitalistica è si il portato di contraddizioni interne al modello di accumulazione capitalistica messo però in crisi da un’offensiva della classe operaia nei decenni Sessanta e Settanta. Quindi l’abbiamo provocata noi! E ne siamo orgogliosi!!!

 

Se per noi intendiamo la classe operaia, il proletariato (ma anche la “piccolissima borghesia” che possiamo definire “proletarizzata”, per intenderci: il piccolo commercio e artigianato, le piccole cooperative, le partite Iva, ecc…).

 

Acuire la crisi” è un “compito storico” della classe lavoratrice, è il suo “dovere” fondamentale. La crisi capitalistica non è necessariamente un problema, può essere parte della soluzione, dal versante proletario. Può essere l’inizio della soluzione dei problemi dello sfruttamento e dell’oppressione; se però la classe lavoratrice inasprisce la crisi e non aiuta certo a risolverla; altrimenti diventa “collaborazionista” con il capitale.

 

La classe lavoratrice deve impedire che si “superi” la crisi, che si “esca” dalla crisi con una “ripresa economica” (che vuol dire “ripresa dei profitti del capitale”, instaurazione di un nuovo modello di sfruttamento che sottometterà e disciplinerà per un altro lungo ciclo la classe lavoratrice).  La classe deve impedire che si stabilizzi il meccanismo di accumulazione imposto dal capitale in ogni sua fase di sviluppo.

(altro…)


Salvatore Ricciardi: Maelstrom

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Vi raccontavo tempo fa che avevo salvato dalla spazzatura e regalato ad un caro amico una raccolta del quotidiano il manifesto dal 1971 al 1986.  Buona parte di quel materiale  ha completato  la stesura  di questo libro e continua ad essere messo a disposizione sulle pagine del sito ad esso collegato. (AM)

Sì, sì! e io la inseguirò oltre il Capo di Buona Speranza, oltre il Capo Horn, oltre il Maelstrom di Norvegia e oltre le fiamme della perdizione prima di arrendermi. Ed è per questo che vi siete imbarcati marinai! Per dare la caccia a quella Balena Bianca sulle due sponde del continente e in ogni angolo del mondo, fino a che non sfiaterà sangue nero e non avrà le pinne all’ aria. Cosa ne dite, marinai, volete mettere le mani su tutto ciò oppure no?

 Herman Melville, Moby Dick

Maelstrom di Salvatore Ricciardi - Scene di rivolta e autorganizzazione di classe in Italia dal 1960 al 1980

(DeriveApprodi, pp 369, euro 22).

Recensione di Marco Clementi - il manifesto 3 luglio 2011

Maelstrom di Salvatore Ricciardi, è un salto nella storia sociale e politica del nostro paese vista con gli occhi di chi, per un quindicennio, ha tentato di mutarne gli assetti istituzionali ed economici. Il sottotitolo è esplicativo: si tratta di «scene di rivolta e autorganizzazione di classe in Italia dal 1960 al 1980» (DeriveApprodi, pp. 369, euro 22).

Ricciardi è stato un militante delle Brigate rosse, ma il suo non è l’ennesimo libro di ricordi sull’organizzazione armata, «versione del militante» che racconta in soggettiva il proprio cammino. L’autore prova a ricostruire, intrecciando ricerca storica e sociologica, il percorso di almeno due generazioni, trovando negli anni Sessanta i prodromi di quello che poi sarebbe accaduto nel decennio (altro…)


Matteo Dean: Rompere e Trasformare

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Ciao Matteo…  i tuoi pensieri sono i nostri…

 

Abbiamo detto ROMPERE.

La rottura di quest’ordine di cose che ci dicono chiamarsi società, si fa tutti i giorni. Si fa cominciando dalla voglia di sognare fino alla pratica quotidiana.

La rottura risiede precisamente nel sogno di costruire qualcosa di meglio, perché il mondo in cui viviamo vuole che smettiamo di sognare, vuole che ci adeguiamo a quel poco che ci è concesso, che restiamo quieti sottomessi al ritmo della musica che ci vendono, che ci narcotizziamo con le droghe che ci vendono, che ci abituiamo alla vita che ci è permessa.

La rottura sta quindi nel sogno di qualcosa di diverso. La rottura oggi è renderci incompatibili con quel sistema, la rottura è scappare dalle sue regole troppo strette per i nostri desideri. Incompatibili, quello siamo.

Abbiamo detto TRASFORMARE.

La trasformazione, invece, non si sogna ma si pratica. La pratica della trasformazione è la pratica del comune che ci unisce.

 

Leggi tutto qui:

http://www.carmillaonline.com/archives/2011/06/003936.html#003936

 


Facundo Cabral: No soy de aquí ni soy de allá

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Me gusta andar…
pero no sigo el camino,
pues lo seguro ya no tiene misterio,
me gusta ir con el verano…
muy lejos,
pero volver donde mi madre
en invierno
y ver los perros que jamás me olvidaron
y los abrazos que me dan mis hermanos.

Me gusta el sol
y la mujer cuando llora,
las golondrinas y las malas señoras,
saltar balcones y abrir las ventanas
y las muchachas en abril.

Me gusta el vino tanto como las flores
y los amantes, pero no los señores,
me encanta ser amigo de los ladrones
y las canciones en francés.

No soy de aquí… ni soy de allá
no tengo edad ni porvenir
y ser feliz es mi color de identidad.
No soy de aquí… ni soy de allá
no tengo edad ni porvenir
y ser feliz es mi color de identidad.

Me gusta está tirado siempre en la arena
o en bicicleta perseguir a Manuela
o todo el tiempo para ver las estrellas
con la María en el trigal.

No soy de aquí… ni soy de allá
no tengo edad ni porvenir
y ser feliz es mi color de identidad.
No soy de aquí… ni soy de allá
no tengo edad ni porvenir
y ser feliz es mi color de identidad.

(Facundo Cabral)

No soy de aquí ni soy de allá

 


Matteo Dean jinete que escribe vida

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Poesia escrita por Adrian Ramírez presidente de la Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos  (LIMEDDH) en recuerdo del amigo Matteo Dean:

Matteo Dean jinete que escribe vida

Tu moto tu pluma y tus notas
Dos banderas verde blanco y rojo
La de México, perdió su escudo
Y nos queda la unidad de los dos pueblos
Matteo, meteoro, firme zagas
Noticia urgente de un pueblo en lucha
Matteo, nota que lucha por ver la luz
Meteoro defensor de lo humano.
Matteo expulsado de México
Matteo retorno y fuerza
Acción y análisis que mueve conciencias
Matteo en tu moto escribiendo verdad
Salimos a buscar verdad
A dar voz al pueblo
A viajar por sus territorios
A vivir y a ser en la natura.
Matteo quedas en México
Con tu juventud, de 36, tus notas
Y tu vida para la vida
Tomaré tu moto y tu pluma
Para cabalgar y escribir la vida.
Al necio incansable que como siempre
Se salió con la suya
Ya nadie te puede expulsar
Eres mexicano, eres italiano
Eres verde, blanco y rojo.
(Adrian Ramírez López)
Inoltre l’articolo che meglio di tutti ricorda Matteo, quello scritto da Fabrizo Lorusso,  amico comune, poeta  e militante instancabile, come Matteo innamorato del Messico, della sua gente e delle sue lotte. Grazie Fabrizio, arrivederci Matteo. Qui un video dove Fabrizio canta una canzone scritta per Matteo nella serata in suo ricordo a Citta’ del Messico.


 


Vite senza corpi: Memoria, Verità e Giustizia per i desaparecidos italiani all’ESMA

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Palazzo Valentini
Via IV novembre 119/A

Sala del “Di Liegro”

mercoledì 4 maggio 2011
Presentazione del volume:
Vite senza corpi
Memoria, Verità e Giustizia
per i desaparecidos italiani all’ESMA
A cura di
Jorge Ithurburu – Cristiano Colombi
Edizioni Gorée
Ore 17.00
Saluti delle Autorità:
S.E. Torcuato Di Tella, Ambasciatore argentino in Italia
On. Mario Oliverio, Presidente della Provincia di Cosenza
On. Massimiliano Massilimiani, Provincia di Roma
Ore 17.30
Incontro con gli Autori:
Vera Vigevani, Madres de Plaza de Mayo
Francesco Caporale, Pubblico Ministero
Anna Maria De Luca, giornalista Repubblica.it
Jorge Ithurburu, Presidente 24marzo Onlus
Cristiano Colombi, Presidente SAL Onlus
Modera:
Cecilia Rinaldini, Giornalista Radio RAI

 

Il processo ESMA (Escuela Superior de Mecánica de la Armada, ovvero la scuola ufficiali della Marina Militare argentina, il più noto centro di detenzione clandestina allestito durante la dittatura), come tutti gli altri processi sui  desaparecidos italiani in argentina, è stato portato avanti da un comitato promotore formato da un insieme di associazioni, enti e professionisti, donne e uomini di buona volontà e singoli cittadini che a vario titolo hanno dato il loro apporto volontario. Questo libro vuole rispecchiare la pluralità di un agire collettivo, presentando le diverse prospettive dei singoli autori che hanno partecipato direttamente e senza esclusione al processo.
Le giornaliste Cecilia Rinaldini ed Anna Maria De Luca hanno raccontato le udienze di  Rebibbia al pubblico di Radio RAI e Repubblica.it. Il fisico Mario Villani, la «Madre di Plaza de Mayo» Vera Vigevani ed il Ministro argentino Eduardo Luis Duhalde sono stati sentiti in qualità di testimoni e persone informate sui fatti. Marcello Gentili, Giancarlo Maniga e Nicola Brigida sono stati gli avvocati di parte civile e Francesco Caporale il Pubblico Ministero.
A ciascuno di loro abbiamo chiesto di ricostruire cosa abbia rappresentato l’ESMA cercando di evidenziare alcuni degli elementi emersi durante il dibattimento che potrebbero avere un’utilità ed una valenza generale, il dolore e la sofferenza resi pubblici dal processo.

 


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