Esto es un mensaje...
De parte del residente 'e Calle 13...
Pa' to' el gobierno...
Y pa' to' los puertorriqueños...
Danny, métele ahí...
Queridos compatriotas...
Abogados, maestros, alcaldes, y chotas
Doctores, bichotes, bomberos, enfermeros
Contables, traqueteros, piragüeros, to' el mundo entero
Por mi madre que hoy me disfrazo de machetero
Y esta noche voy a ahorcar a diez marineros
Hoy tengo la mano aniquela' y a mano pela'
Les vo'a dar una pela pa' que vean que el gas pela
Nuestra bandera la han llena'o de meao
Murió desangra'o, mi gente, que murió desangra'o
Nunca arrodilla'o, lo van a tener que enterrar para'o
Con el machete al la'o
Que se activen La Perla, Lloren, Barbosa
Manuela, Caimito, Vista Hermosa
Covadonga, Camarones, Alturas, Torres Sabanas
Villa Esperanza, Sabana Abajo, Villa Fontana
Gladiolas, Villa Carolina, el pueblo de Trujillo
Las parcelas, San John, Monte Hatillo
Canales, San José, Río Grande, Luquillo
Puerta de Tierra, Santurce, Monasillo
Urbanizaciones, caseríos, el FBI se ha metido en un lío
Están jodidos, se jodio la Casa Blanca
Ahora voy a explotar con estilo
En el nombre de Filiberto Ojeda Ríos
Me tumbaron el pulmón derecho pero todavía respiro
Me voy a los tiros, pero todavía respiro
A los federales con piedras les tiro
Y si no hay piedras pues les tiro con güiro
Con lo que sea, tumbaron al hombre pero no a la idea
A to' los federales los escupo con diarrea
Me dan nausea, me dan asco
Yo se que estoy perdiendo los cascos
Por culpa de ustedes, jodios brutos
La Calle 13 esta de luto
(Con calma, Compi, hay que ser astuto!) ¡Cállate!
Fucking federales, gandules y guardias estatales
Que no hicieron na', con las manos cruzadas
Se quedaron mamándose un b|ch@
Fucking c@br0n gobierno que permite esto
Chorro 'e puercos, son todos unos insectos
Y por eso protesto
Protesto por una masacre en Ponce
Protesto por un Cerro Maravilla
Y hasta por un septiembre 11
(Lucha, lucha!)
(Como lucha libre!)
(Por la libre, viva Puerto Rico libre!)
(Hay mucho tiburón en el Caribe!)
(100 x 35 es el calibre!)
(Lucha, lucha!)
(Como lucha libre!)
(Por la libre, viva Puerto Rico libre!)
(Hay mucho tiburón en el Caribe!)
(100 x 35 es el calibre!)
Pa' explotar a esos c@br0n los colmillos
Hay 3.9 millones de cuchillos
Esto es sencillo, se me prendió el bombillo
Lo que hay es que activar a los corillos
En vez de apuntar pa' los mismos caseríos
Apuntar pa' arriba, pa' donde hace frío
Pa' los del Norte, sin c0j0nes la radio y las ventas
White Lion me dio el pasaporte pa' tirar este corte
(Lucha, lucha!)
(Como lucha libre!)
(Por la libre, viva Puerto Rico libre!)
(Hay mucho tiburón en el Caribe!)
(100 x 35 es el calibre!)
(Lucha, lucha!)
(Como lucha libre!)
(Por la libre, viva Puerto Rico libre!)
(Hay mucho tiburón en el Caribe!)
(100 x 35 es el calibre!)
Este fue el residente 'e Calle 13!
Acuérdense de mi nombre!
Porque lo van a tener en las carpetas!
Con to' el peso de la calle!
Les va a caer la Calle 13 completa!
Pa' que respeten!
Aquí se respeta o se te espeta!
Se respeta o se te espeta!
Se respeta o se te espeta, puñeta!
Romanzo liberamente tratto dalla vita di Alfonso Mario Dell’Orto
Organizza la COOPERATIVA di PIAZZA SANTO STEFANO e OLZINO
seguirà rinfresco
Siete tutti invitati !
Descrizione dell’opera
Un uomo ormai anziano, durante il viaggio di ritorno verso l’Italia, la sua terra d’origine abbandonata da ormai settant’anni, ripercorre gli anni trascorsi nella nuova patria adottiva, nella
quale ha sperato in una vita serena e libera. Ma il rapimento e la scomparsa della figlia e del genero,
desaparecidos, hanno infranto questo sogno.
Solo il ritorno alle origini riesce in parte ad attenuare la sua sofferenza…
«I desaparecidos sono lì presenti per reclamare che la coscienza, i valori e la dignità del popolo non desiderano l’impunità né l’oblio.
Patricia e Ambrosio e tutti coloro che hanno dato la vita per la libertà rimangono nella memoria
e nella resistenza.»
Adolfo Perez Esquivel
Premio Nobel per la pace nel 1980
Nota Biografica
Gli autori, Fabrizio e Nicola Valsecchi, nati a Como nel 1976, gemelli scrittori cernobbiesi,
hanno precedentemente pubblicato con la casa editrice Mamma i romanzi La Chiromante. Una
Profezia (2002) e B. e gli uomini senz’ombra (2004), riscuotendo un buon successo di critica
e pubblico, oltre al racconto Il Seme della Discordia (2006), apparso sul giornale “Il Popolo
Veneto”.
Scrivono realmente a quattro mani, procedendo insieme, senza ripartirsi i compiti, con una
scrittura asciutta e innovativa.
Casa editrice MARNA s.c. — Via Santuario, 5 — 23890 Barzago (Lc)
MARNA Tel 031.874415 — Fax 031.874417 — marnamarnait — www.marna.it
I territori dove si sogna e si lotta, l’America latina, la Palestina, l’Europa e la sua Storia, dai bolscevichi ai migranti, e l’amore, quello sognato e quello vissuto, i ricordi di bambina e le amarezze di donna: volendo accostare o provare a tracciare similitudini tra poesia ed espressione pittorica potremmo definire quest’ultima raccolta di Geraldina Colotti “macchiaiola” nel suo saper rendere magicamente tangibile lo spirito del Novecento tutto, grazie a versi brillanti e illuminanti come pennellate ad effetto.
Chiaroscuri accennati, sottili e amare ironie, sprazzi di realtà abilmente accostati e tenuti insieme da un sottofondo appena accennato ma che prepotentemente emerge alla lettura e che quindi cerca e trova un suo spazio ben definito: l’essere militante del poeta, la sua rabbia e onestà intellettuale, la sua vita messa a disposizione della nostra immaginazione, il suo impegno politico per il quale ha pagato con il carcere un prezzo reso alto dal potere che non conosce poesia, non ama le tinte forti e nemmeno i chiaroscuri dell’anima ma vuol trasformare anche gli spazi vivi della ribellione interiore in celle anonime e fredde, come quelle delle prigioni.
Ma sono proprio questi spazi, quelli dove l’immaginare non ha prezzo, ma nemmeno padroni o secondini, che più prepotentemente emergono e che fanno da sottofondo a quelli agiti e vissuti. Sono i sogni e le utopie che sono stati anche quelli di un’intera generazione e che si nutrono ancora del sangue dei nostri giovani, di quello dei morti recenti così come di quello dei dimenticati. Sono l’anima degli anni dannati e ribelli ma terreno fertile per grandi cambiamenti e giuste rivendicazioni sociali. E nell’attesa del momento in cui “verrà il tempo della presa d’atto”, vale veramente la pena cogliere l’occasione che queste poesie offrono, per domandarsi, per capire, magari anche per imparare ad agire.
(Annalisa Melandri)
Altre stagioni
Mi strapperò la pelle
ne farò corone
per le rotte dei folli
per le mani sorelle
d’altre lune
mi strapperò la pelle
ne farò corone
per le strade ribelli
per i tetti e i cancelli
d’evasione
mi strapperò la pelle
ne farò corone
per l’eroe senza un come
che non lascia nessuno
al padrone
mi strapperò la pelle
ne farò corone
per le frasi incompiute
dalle mani cadute
altre canzoni
mi strapperò la pelle
ne farò corone
dalle stagioni inverse
all’onda senza nome
altre ragioni
GERALDINA COLOTTI, nata a Ventimiglia, ha scontato una condanna a ventisette anni di carcere per la sua militanza nelle Brigate Rosse. Giornalista del quotidiano “il manifesto”, cura l’edizione italiana di “Le Monde diplomatique”. Ha scritto racconti, poesie, romanzi per ragazzi, testi comici. Fra i suoi libri, Versi cancellati (1996), Sparge rosas (2000), Certificato di esistenza in vita (2005); Il segreto (2003) e, con Vauro, Scuolabus (2002).
per incontri con l’autrice e presentazioni del libro contattarla a: geraldinacolottigmailcom (geraldinacolottigmailcom)
Di respirare la stessa aria di un secondino non mi va perciò ho deciso di rinunciare alla mia ora di libertà
se c’è qualcosa da spartire tra un prigioniero e il suo piantone che non sia l’aria di quel cortile voglio soltanto che sia prigione che non sia l’aria di quel cortile voglio soltanto che sia prigione.
È cominciata un’ora prima e un’ora dopo era già finita ho visto gente venire sola e poi insieme verso l’uscita
non mi aspettavo un vostro errore uomini e donne di tribunale se fossi stato al vostro posto… ma al vostro posto non ci so stare se fossi stato al vostro posto… ma al vostro posto non ci sono stare.
Fuori dell’aula sulla strada ma in mezzo al fuori anche fuori di là ho chiesto al meglio della mia faccia una polemica di dignità
tante le grinte, le ghigne, i musi, vagli a spiegare che è primavera e poi lo sanno ma preferiscono vederla togliere a chi va in galera e poi lo scanno ma preferiscono vederla togliere a chi va in galera.
Tante le grinte, le ghigne, i musi, poche le facce, tra loro lei, si sta chiedendo tutto in un giorno si suggerisce, ci giurerei quel che dirà di me alla gente quel che dirà ve lo dico io da un po’ di tempo era un po’ cambiato ma non nel dirmi amore mio da un po’ di tempo era un po’ cambiato ma non nel dirmi amore mio.
Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d’obbedienza fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni.
E adesso imparo un sacco di cose in mezzo agli altri vestiti uguali tranne qual’è il crimine giusto per non passare da criminali.
C’hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame.
Di respirare la stessa aria dei secondini non ci va e abbiamo deciso di imprigionarli durante l’ora di libertà venite adesso alla prigione state a sentire sulla porta la nostra ultima canzone che vi ripete un’altra volta per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.
Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.
Que Mercedes, nuestra Negra querida, está aquí y allá, su ternura infinita que le puso voz a los sueños,a la lucha, al amor y a la tierra, está aqui y allá, con todos, como una canción con todos, perdurable. Como un gracias a la vida por su pasión y su arte, como la cigarra, como unicornio…
Ieri ho salvato da spazzatura certa, pulito e regalato a un caro amico che sicuramente ne farà buon uso, una raccolta del quotidiano Il Manifesto dal 1971 al 1986.
Quindici anni di storia d’Italia. Un pezzo importante della storia del nostro paese. Gli anni terribili, “innominabili, rimossi e maledettamente belli” come questa persona li definisce.
Fa un certo effetto prendere quei volumoni in mano e leggervi la storia delle proteste, delle fabbriche, del movimento studentesco, del carcere, della repressione, giorno dopo giorno, come in un film.
Anche se Il Manifesto spesso non fu tenero con gli attori di quelle battaglie, credo che recuperare questa collezione sia stato importante,resta una preziosa testimonianza da sinistra, di quanto avveniva.
Nel tempo e con pazienza, trascriveremo qualche articolo, magari i più interessanti, racconteremo qualche episodio, magari i più dimenticati.
Chi avesse curiosità o domande rispetto a qualche evento o articolo in particolare può scrivermi.
Su vocacion de libertad, sus lindas vidas, sus muertes horrendas, han inspirado valioso libros y numerosos artículos.
La grandeza del sacrificio de esas mujeres, que pone en evidencia el mezquino tamaño de una dictadura de opereta, sigue multiplicando, así que pasen los años, la dmiracion y la curiosidad de mucha gente, en muchos lugares.
Pero entre todo lo dicho y lo escrito, Vivas en su jardín se destaca poor su valor irrepetible: este entrañable testimonio es la historia narrada desde adentro, dictada por la memoria que la vivió.
Dedé Mirabal, la unica sobreviviente, vivió para contarla.
Eduardo Galeano
Porque
hay columnas de mármol impetuoso no rendidas al tiempo
y pirámides absolutas erigidas sobre las civilizaciones
que no pueden resistir la muerte de ciertas mariposas.
Abitava a Roma, si chiamava Paolo e suo padre era un tranviere.
Però abitava anche a Parigi, si chiamava Jean e suo padre lavorava in una fabbrica di automobili.
Però abitava anche a Berlino, e lassù si chiamava Kurt, e suo padre era un professore di violoncello.
Però abitava anche a Mosca, si chiamava Juri, come Gagarin, e suo padre faceva il muratore e studiava matematica.
Però abitava anche a Nuova Vork, si chiamava Jimmy e suo padre aveva un distributore di benzina.
Quanti ne ho detti? Cinque. Ne mancano due:
uno si chiamava Ciù, viveva a Shanghai e suo padre era un pescatore; l’ultimo si chiamava Pablo, viveva a Buenos Aires e suo padre faceva l’imbianchino.
Paolo, lean, Kurt, luri, Jimmy, Ciù e Pablo erano sette, ma erano sempre lo stesso bambino che aveva otto anni, sapeva già leggere e scrivere e andava in bicicletta senza appoggiare le mani sul manubrio.
Paolo era bruno, Jean biondo, e Kurt castano, ma erano lo stesso bambino. Juri aveva la pelle bianca, Ciù la pelle gialla, ma erano lo stesso bambino. Pablo andava al cinema in spagnolo e Jimmy in inglese, ma erano lo stesso bambino, e ridevano nella stessa lingua. Ora sono cresciuti tutti e sette, e non potranno più farsi la guerra, perché tutti e sette sono un solo uomo.
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Tratto da: Gianni Rodari Favole al telefono — Einaudi Ragazzi
Non sono state sempre invisibili le donne nicaraguensi. Riuscirono a riscattarsi dalla condizione di estrema sottomissione ed emarginazione in cui erano state definitivamente relegate da decenni di dittatura somozista, combattendo con coraggio, dignità e tenacia per la rivendicazione dei loro diritti durante la rivoluzione sandinista, ottenendo importanti conquiste, a partire dall’ “uguaglianza economica, politica e sociale tra gli uomini e le donne” prevista dal Programma Storico del 1969 del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale e poi sancita definitivamente dall’articolo 48 della Costituzione del 1987 in cui si afferma che “esiste uguaglianza assoluta tra l’uomo e la donna”.
Tuttavia, una società sessista e maschilista come quella nicaraguense e come quella latinoamericana in genere (nonostante in alcuni paesi si stia registrando un notevole miglioramento in tal senso), difficilmente ha accettato nel corso di questi anni che le donne conquistassero spazi generalmente occupati dagli uomini, e che fosse scalzata l’egemonia culturale, sociale ed economica di cui questi godono da sempre. Questi spazi gli uomini in Nicaragua li hanno difesi e li difendono spesso tutt’ora con l’uso della violenza sulle donne. Di questo parla “Nicaragua: Noi donne, le invisibili”.
Tra poesia e cronaca, con l’apporto di numerose testimonianze e interviste, il libro descrive esperienze e realtà in vari ambiti della vita nicaraguense, percorrendo i cammini della solidarietà tra donne di paesi diversi e raccontando a tratti crudamente, i diversi aspetti della violenza sulle donne.
Dall’aborto terapeutico, consentito da almeno un secolo e adesso paradossalmente penalizzato proprio da quel Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale ora al governo, al femminicidio (la donna uccisa in quanto donna), dai racconti delle donne malate per i pesticidi utilizzati nelle piantagioni di banane, alle lavoratrici bambine del settore del tabacco.
E simbolicamente, perchè l’acqua è generatrice di vita e elemento femminile per eccellenza e poiché generalmente sono le donne a condurre le battaglie per la difesa di questo bene sociale, un capitolo a parte e dal titolo “Acqua: L’oro blu, affare del ventesimo secolo” è dedicato alle lotte delle comunità indigene che difendono le loro risorse idriche dallo sfruttamento indiscriminato delle multinazionali.
E’ vero che la libertà di un paese si misura dalla libertà conquistata dalle donne, ma la “resistenza silenziosa e testarda “ che caratterizza le donne nicaraguensi, ha bisogno di nutrirsi anche e soprattutto in questo momento — ad un anno dall’approvazione della legge che vieta ogni tipo di interruzione di gravidanza, trasformando il corpo e la vita stessa delle donne in merce elettorale — di quella solidarietà internazionale che abbia “occhi e cuore di donna”.
Annalisa Melandri
recensione per LE MONDE diplomatique – il manifesto (giugno 2009)
C'è chi usa la penna come un fucile al servizio di giustizia e verità e chi invece, come strumento di potere. E menzogna e falsità sono strumenti di potere. (AM)
“Colombia Invisible” largometraje de Unai Aranzadi. El nuevo teaser.
Lo que hizo Trujillo en el Rio Masacre fu un GENOCIDIO si asumimos la definición de genocidio dada por la el estatuto de Roma de la Corte Penal Internacional en su artículo n. 6:
A los efectos del presente Estatuto, se entenderá por “genocidio” cualquiera de los actos mencionados a continuación, perpetrados con la intención de destruir total o parcialmente a un grupo nacional, étnico, racial o religioso como tal:
a) Matanza de miembros del grupo;
b) Lesión grave a la integridad física o mental de los miembros del grupo;
c) Sometimiento intencional del grupo a condiciones de existencia que hayan de acarrear su destrucción física, total o parcial;
d) Medidas destinadas a impedir nacimientos en el seno del grupo;
e) Traslado por la fuerza de niños del grupo a otro grupo.
Reflexionando… cooperación internacional
Creo que la cooperación internacional tenga que dejar definitivamente ese rol compasivo y caritativo que caracteriza sus acciones, que además de permitirle recaudar mucho dinero (sobre el cual hasta cierto punto hay control) y una estructuración demasiado burocrática y clientelar de su aparato, funciona solo como paliativo de las situaciones de subdesarrollo. Si la cooperación no asume la tarea de impulsar cambios ESTRUCTURALES y definitivos en las realidades en las que trabaja nunca, nunca lograremos reducir pobreza y miseria, ya que estas confirmarán, definitivamente ser funcionales al mismo sistema neoliberista.
«Nadie es una isla completo en si mismo; cada hombre es un pedazo del continente, una parte de la Tierra. Si el mar se lleva una porción de tierra, toda Europa queda disminuida, como si fuera un promontorio, o la casa de uno de tus amigos, o la tuya propia; por eso la muerte de cualquier hombre me disminuye, porque estoy ligado a la humanidad; y por consiguiente, nunca preguntes por quién doblan las campanas porque están doblando por ti».
HONDURAS
23/9 E' stato ucciso l'avvocato Antonio Trejo difensore dei contadini che stanno portando avanti le lotte per la recuperazione delle terre appartenenti ai movimenti MOCSAM, MARCA y el MUCA; aveva presentato inoltre un ricorso di incostituzionalità delle Citta Modello
COLOMBIA/URIBE
El expresidente de Colombia, Álvaro Uribe, concedió docenas de licencias para disponer de pistas de aterrizaje al capo del narcotráfico Pablo Escobar, aseguró la periodista Virginia Vallejo, quien fuera amante del jefe del Cartel de Medellín.
"Por Pablo (Escobar) pude saber que (Álvaro) Uribe le concedió docenas de licencias para disponer de pistas de aterrizaje. Me decía que sin la ayuda de 'ese muchachito bendito' estaría trayendo la pasta de coca a pie desde Bolivia", dijo Vallejo en una entrevista a la revista argentina 'Noticias'. Fue organizada con el motivo de la reedición en Argentina de su libro 'Amando a Pablo, odiando a Escobar', lanzado en 2007.
Texto completo en: http://actualidad.rt.com/actualidad/view/124476-escobar-uribe-narcotrafico-colombia-aterrizaje-vallejo
MEMORIA
El 3 de octubre de 1984, Luis Fernando Lalinde Lalinde, de 26 años de edad, fue detenido y posteriormente desaparecido por el Ejercito colombiano. Desde ese día, Fabiola Lalinde emprendió la búsqueda de su hijo. Aunque sufrió constantes hostigamientos e intimidaciones, logró encontrar el cadáver de Luis Fernando después de 4.428 días de incesante búsqueda. Fue detenido en el marco de la “Operación Cuervos” adelantada por el ejército, cuando se encontraba en Jardín (Antioquia) tratando de rescatar un guerrillero herido del EPL, en 1984, durante el Proceso de Paz del Presidente Belisario Betancur, cuando este movimiento político se encontraba en cese al fuego.