“Berlino mi premia, l’italia mi ignora”. Gianni Minà è stato il primo italiano ad essere premiato a Berlino con il “Berlinale Kamera” un ambito riconoscimento che il Festival Internazionale del cinema di Berlino assegna dal 1986 a personaggi del mondo cinematografico per il loro impegno. La consegna del premio è avvenuta l’11 febbraio presso il Filmpalast.
Grazie a Gianni Minà da parte mia per l’impegno, la passione e l’autonomia intellettuale che distinguono il suo lavoro e per la sua “l’ingovenabilità” di cui fu accusato a Viale Mazzini, se per “governabilità” si intende il tradimento della verità.
Non tutta l’Italia la ignora Sig. Minà, mi creda…
Per ulteriori dettagli il post di Verosudamerica di Antonio Pagliula.
Ho visitato Machu Picchu molti anni fa, anzi moltissimi, ma il ricordo è vivido. E’ un luogo che ti lascia “qualcosa” tanto è magico. E questo “qualcosa” io non so descriverlo. Ma tra quelle rovine si percepisce magia, mistero, forse anche dolore e la sensazione di “sentirsi infinitamente piccoli al centro di quel ombelico di pietra, ombelico di un mondo disabitato, orgoglioso ed elevato” (Pablo Neruda).
Nella seconda metà di febbraio le autorità peruviane preposte riceveranno il certificato attestante la candidatura di Machu Picchu a partecipare al gigantesco sondaggio globale che sceglierà le 7 meraviglie del Mondo Moderno, il prossimo 7 luglio. Lo stesso accadrà a quelle italiane per il Colosseo. Le aspiranti località candidate erano inizialmente 77 e in seguito ad un’accurata selezione ne sono rimaste 21 tra le quali possono scegliere gli internauti di tutto il mondo.
Interessante notare come il numero 7 si ripeta, anche nella data del 7 luglio (07/07/07).
Condizione per l’ammissione dei monumenti era che questi fossero “frutto della creazione della mano dell’uomo e in buono stato di conservazione e inoltre devono essere stati completati entro il 2000”.
Le 7 meraviglie del Mondo Antico furono scelte dal poeta Antipatro di Sidone e dal matematico Filone di Bisanzio tra il 250 e il 226 a.C. Oggi di quelle antiche sette meraviglie, restano in piedi solo le Piramidi di Giza. È per questo che ne verranno scelte altre sette.
Qui il sito dove si può votare.
Visité Machu Picchu hace muchos años, hace muchissimos años, pero el recuerdo está vivo. Es un lugar que te “deja” algo, tanto es mágico. Y ese “algo” yo no se decribirlo. Pero entre aquellas ruinas se percibe magia, misterio, creo dolor también y la sensación de “sentirse infinitamente pequeño en el centro de aquel ombligo de pietra; ombligo de un mundo deshabitado, orgulloso y eminente” (Pablo Neruda) .En la segunda mitad de febrero las autoridades peruanas correspondientes recibirán el cetificado de candidatura de Machu Picchu para participar a el gigantesco sondeo global con el que se escojerán la 7 maravillas del Mundo Moderno el proximo 7 de julio. Italia participa con el Coliseo.
Las aspirantes localidades candidatas originalmente fueron 77 y luego después de una meticolosa selección se quedaron en 21 entre las cuales pueden escojer los internautas de todo el mundo.Es muy interessante notar como el numero 7 se repite también en la fecha del 7 de julio (07/07/07). Los monumentos deben ser “fructo de la creación del hombre, deben hallarse en buena conservación y deben haber sido terminados entre el año 2000”.Las 7 maravillas del Mundo Antiguo fueron escojidas por el poeta Antipatro de Sidón y por el matemático Filon de Bizancio entre el 250 y el 226 a.C. Al día de hoy de aquellas 7 maravillas se quedan solamente la Pirámides de Giza. Por esa razón se irán a escojer las otras siete.
Aquí el sitio donde se puede votar.
Ho ululato per assenza di nostalgia
per vuoto pieno d’amore
ho lacerato il silenzio nel profondo
urlato in versi per coloro che non conosco
anime senza sogni né pace
corpi senza pane
occhi senza futuro
senza frutto né speranza
falciati
arsi nel fuoco disumano
fatti cenere dall’odio
la mia protesta si fonde con la tormenta e
devo lottare per non distruggermi
da Di Guerra e di Pace (Acquaforte) Fara Edìtore 2003
Gladys Basagoitia Dazza è nata a Lima in Perú è biologa e vive da tempo a Perugia. E’ stata premiata più volte in Perú, Brasile e Italia in concorsi di poesia nazionali e internazionali: ha pubblicato anche in Argentina, Messico, Stati Uniti, Nicaragua, Portogallo.
Ha pubblicato: La zarza ardiendo (Editorial Thesis, Perú, 1964), Peces Ebrios (Editorial Istituto Cultural Peruviano-Giapponese., 1969, Premio J.M. Arguedas, Lima) Otra vez sobre el viento (Editorial Poemas del camino, Miami, USA 1967) L’infinito amore (Città di Castello, 1986) Donna eros (Quaderni contro l’inverno, Perugia , 1997) Il sorriso del fiume. Racconti d’infanzia e del Perú (Comitato internazionale 8 Marzo, Perugia, 1995) Polifonia, (Edizioni Tracce, Pescara, 2000) Mujer eros (Ediciones Flora Tristán, Lima, 2001) Aguafuerte (Ediciones Flora Tristán, Lima, 2003) Con Reverie ha recentemente vinto il premio Nuove Scrittrici di Pescara: la silloge è stata pubblicata da Edizioni Tracce
Ho riscontrato dalle statistiche di Shinystat che un visitatore è entrato nel sito attraverso la chiave di ricerca “costruire molotov”. Ora tutto quello che può aver trovato sull’argomento è questo articolo dove parlavo dell’associazione EDUCA di Oaxaca accusata falsamente dall’emittente controrivoluzionaria del governatore Ulises Ruiz, Radio Ciudadana, appunto di costruire molotov.
Spero che il post su Oaxaca abbia esaurito tutta la sua curiosità ma mi mette comunque molta inquietudine pensare alle intenzioni di colui il quale effettua una ricerca del genere…
Nonostante Pierluigi Battista dalle pagine del Corriere della Sera di ieri (8/2) pare che si sia dato un gran da fare per criminalizzarla, gli organizzatori, cioè l’Assemblea permanente dei cittadini di Vicenza, credono che la manifestazione nazionale contro l’allargamento della base USA di sabato 17 febbraio sia “pacifica e colorata, determinata e rumorosa”.
Il suo articolo di fondo di questa mattina, dal titolo inequivocabile “Vicenza e Violenza” (scelto non solo per la rima baciata) infatti preannuncia “scenari di nuove violenze e irruzione di frange che puntano alla metamorfosi della protesta in chiave guerrigliera”. Ora per intenderci meglio, Pierluigi Battista è quello che per esempio parla di “commedianti della rivoluzione” latinoamericani o “despoti populisti” e consiglia di ascoltare Mario Vargas Llosa per capire il fenomeno della “maledizione latinoamericana” o che butta nello stesso calderone Chávez, Lenin, Mao, Stalin, Hitler, Mussolini e Fidel Castro.
Si comprende benissimo quindi perché utilizzi inappropriatamente il termine “protesta in chiave guerrigliera” in questo contesto, se non con lo scopo, evidentemente in mala fede di associare ben noti fenomeni di teppismo e violenza con le proteste guerrigliere che con i primi nulla hanno a che vedere. In effetti il suo articolo è una aperta critica alla manifestazione e alla sinistra radicale e alla sua “anima estremista che si sente parte dell’ideologia e della fraseologia dei movimenti”, quelli con la bandiera della pace e la maglietta del Che, per intendersi.
E questa è la prima precisazione. La seconda riguarda il paragone della situazione attuale con il 1977 e la contestazione di Luciano Lama all’Università di Roma. L’unica cosa che accomuna eventi e contesto forse è la data, infatti l’episodio dell’Università di Roma accadde il 17 febbraio, episodio che secondo Battista “rese drammatica la deriva terroristica di un ribellismo caotico e primitivo, consegnò le piazze italiane al predominio delle P38 e degli stregoni della lotta armata”. Egli pare aver cancellato tutti gli avvenimenti precedenti e gli anni difficili anteriori al 1977. La conclusione ovvia caro Battista è forse che la manifestazione di Vicenza consegnerà le piazze al predominio delle P38 e rappresenterà l’anticipazione di una nuova ondata di violenza magari di stampo terroristico? Francamente mi sembra esagerato. Forse anche più esagerato di Giampaolo Pansa che pur definendo la sinistra italiana un “pulviscolo di piccoli gruppi presenti un po’ dovunque, cellule di esaltati” li vede “per fortuna lontani mille miglia dalla geometrica potenza dei loro gemelli di un trentennio fa.”
La giornata di Vicenza caro Battista non sembra imporre dilemmi analoghi a quelli di Lama e del PCI di allora e non è simile la disponibilità di strati estesi della protesta a lasciarsi sedurre dalle lusinghe della radicalizzazione violenta. Che fondamento ha questa sua affermazione? Sarà pur vero che una parte della sinistra va a manifestare contro una decisione del suo stesso governo ma sicuramente non lo farà sedotta dalla violenza, ma forse, al contrario lo farà sedotta dalla pace. E se dovesse capitare che frange estreme di delinquenti dovessero dar luogo a episodi di violenza sicuramente non saranno con questi elementi che si identificherà il movimento di Vicenza. Già e qui viene la terza riflessione, l’Assemblea permanente di Vicenza è un movimento, proprio come quelli a noi tanto cari dell’America Latina, un movimento dal basso, che rappresenta la precisa volontà dei cittadini di essere proprietari del territorio in cui vivono e partecipi delle decisioni importanti che li riguardano. I movimenti e le assemblee e i presidi permanenti non rappresentano solamente una “fraseologia della sinistra” come Pierluigi Battista riduttivamente li definisce ma sono l’anima stessa del territorio e la democrazia partecipativa dei cittadini che lo abitano. Ha idea di cosa si stia parlando Sig. Battista?
Vicenza non fa rima con violenza.
Leggi qui l’articolo di Pierluigi Battista
ll 13 febbraio si compiono 17 anni dall’assassinio del dirigente metallurgico che per difendere oltre 60 mila minatori peruviani , sfido’ governo e paramilitari.
Il ricordo dell’ uomo nei versi del poeta Juan Cristóbal
In questi giorni la Corte Interamericana dei Diritti Umani sta esaminando la documentazione presentata dai familiari del dirigente “minatore” peruviano Saúl Cantoral, sequestrato, torturato ed assassinato insieme ad una sindacalista il 13 febbraio 1989.
Il Crimine. Saúl Cantoral, ex segretario generale della Federazione Nazionale dei minatori, metallurgici e siderurgici del Perù venne assassinato il 13 febbraio 1989 da due membri paramilitari del gruppo Rodrigo Franco. I Motivi. Cantoral aveva indetto due scioperi generali in favore dei diritti dei minatori sviluppando l’ attività di base del sindacato. Era stato per questo motivo minacciato di morte.
Saúl Cantoral Huamaní, aveva 42 anni, era sposato e padre di 4 figli. Venne dapprima sequestrato, torturato ed infine eliminato . Era nato nel 1946 in un villaggio vicino Ayacucho. Visse a Nazca da bambino e poi lavoro’ nella Marcona Mining Company e nella Hierro Perú. Nel 1987 venne eletto segretario generale del sindacato dei minatori. Il 17 luglio 1988, a seguito del rifiuto di governo e sfruttatori di miniere di un tavolo di trattative per discutere migliori condizioni di vita e di lavoro per la gran massa di lavoratori si iniziò uno sciopero che durò fino al 16 agosto. Più di 60 mila lavoratori bloccarono la produzione mineraria. Secondo il governo di Alan Garcia vennero perduti oltre 120 milioni di dollari. Il 9 agosto, in pieno sciopero, Saúl Cantoral fu sequestrato e torturato. Gli vennero iniettate sostanze che gli provocarono danni all’organismo. Alla fine il governo riconobbe lo statuto nazionale dei minatori, ma finito lo sciopero respinse e non mantenne l’accordo. Così i minatori si videro costretti a riprendere lo sciopero il 17 ottobre. Il governo ed i padroni delle miniere iniziarono una campagna di accuse contro i dirigenti sindacali efiniti sovversivi e seguaci o infiltrati di Sendero Luminoso. Il secondo sciopero fu piu’ violento del primo, vennero militarizzati gli accampamenti dei lavoratori, la polizia ed i militari perseguirono i centri minerari. Lo sciopero fini il 12 dicembre.
Il 13 febbraio 1989 alle 19:30 Saúl Cantoral, e Consuelo García, altra dirigente dei minatori, vennero sequestrati da uomini armati, caricati su un’auto e ritrovati cadaveri alle 11 del giorno dopo nel Parco Wiracocha di Cantogrande. Saúl aveva 7colpi sparati alle spalle ed alla nuca. A 12 metri di distanza c’era il cadavere di Consuelo García.
Il caso Cantoral e’ approdato nei giorni scorsi alla Corte Interamericana per i diritti umani di San Jose’ di Costa Rica. I parenti sono scettici perche’ accusano l’attuale presidente del Peru’ Alan Garcia di essere responsabile della morte del dirigente ” minero”. Secondo loro dietro il comando paramilitare che uccise Saúl Cantoral c’era l’Apra, il partito di governo che favoriva l’oligarchia locale e le multinazionali.
Quella che segue è una poesia di Juan Cristóbal (Lima, 1942) che fa parte di un libro inedito dal titolo El llanto/ el fuego – Il pianto/il fuoco. – Traduzione di Azor
Saúl Cantoral non è morto
Giammai lasciasti che le parole o i venti ti chiudessero gli occhi
Ne’ la terra cosi’ aspra come la disperazione dei lupi
Ti intristisse le mani con le quali piantavi
Nei momenti di calma
Passiflora e mango
Che mangiavi con la tua compagna prima di andare al lavoro
Il tempo fu una porta aperta nella tua vita
Per questo nessuno pote’ capire (malgrado la tua faccia di contadino insonne)
A che ora insegnavi l’amore ai tuoi figli
E la felicita’ (come un eucalipto) ai tuoi amici di quartiere
E sebbene il sole non raggiungesse la pienezza nelle tue labbra
Popolasti con stelle e scioperi i sogni dell’uomo
Per questo/ una notte/ quando nessuno ti vide
Partire per quell’angolo dove nemmeno i passeri esistono
La polizia approfitto’ per spaccarti il cuore in infiniti pezzi
Quando ti seppellirono una mattina di cardi e pioggia
Crebbero sementi e venti come mari umani
E nessuno pote’ dimenticare quando ballavi huaynitos*
Nella semplicita’ delle feste
Ne’ lasciare di ripetere quello che diceva tua moglie
con una foto tua sul petto:
“Saúl Cantoral non e’ morto/ vive/ come la primavera vive
negli splendori meravigliosi dell’alba”
El 13 de febrero se cumplen 17 años del asesinato del dirigente minero que por defender 60 mil mineros peruanos desafió gobierno y paramilitares
Recordando el hombre con un poema de Juan Cristóbal
En esos días la Corte Interamericana de Derechos Humanos está examinando los documentos presentados por los familiares del dirigente “minero” peruano Saúl Cantoral, quien fue secuestrado, torturado y asesinado junto a otra sindacalista el 13 de febrero de 1989.
Traduco ese post desde el blog Somos un río lento del amigo Azor:
El crimen Sául Cantoral, ex secretario general de la Federación Nacional de los Mineros y Metalúrgicos del Perú, fue asesinado el 13 de febrero 1989 por miembros del grupo paramilitar Rodrigo Franco.
Los motivos Cantoral había organizado dos huelgas generales por los derechos de los mineros desarrollando la actividad básica del sindicato. Por eso había sido amenazado de muerte.
Saúl Cantoral Huamaní tenía 42 años, era casado y padre de 4 hijos. Fue antes secuestrado, torturado y luego matado. Nació en 1946 en un pueblo cerca de Ayacuyo. El vivió en Nazca cuando era niño y luego trabajó en la Marcona Minino Company y en la Hierro Perú. En 1987 fue elegido secretario general del sindicato de los mineros. El 17 de julio 1988 el gobierno y los explotadores de minas luego de haber rechazado una mesa de tratativas para buscar mejores condiciones de vida y de trabajo por los mineros, esos empezaron una huelga que siguió hasta el 16 de agosto. Más de 60 mil trabajadores pararon la producción minera. Según el gobierno de Alan García se perdieron como 120 millones de dolarés. El 9 de agosto durante la huelga, Saúl Cantoral fue secuestrado y torturado. Le inyectaron sustancias que dañaron su organismo. Por fin el gobieno reconoció el estatuto nacional de los mineros, pero terminada la huelga rechazò y no cumplió con el acuerdo. Así que los mineros se vieron obligados a organizar otra huelga por el 17 de octubre. El gobierno y los proprietarios de las minas empezaron una campaña denigrante contra los dirigentes sindicales quiens fueron llamados subersivos e fueron acusados de hacer parte del grupo de Sendero Luminoso.
La segunda huelga fue más violenta de la primera, fueron militarizados los campamentos de los mineros, la policía y los paramilitares los persiguieron. La huelga terminò el 12 de dicembre.
El 13 de febrero 1989 a las 19:30 Saúl Cantoral y Consuelo García, otra dirigente de los mineros fueron secuestrados por hombres armados, llevados en un carro y encontrados cadaveres a las 11 del día siguiente en el Parque Wiracocha de Cantogrande. Saúl fue matado por 7 balas a las espaldas y uno en la cabeza, a una distanzia de 12 metros estaba el cuerpo de Consuelo García.
El caso Cantoral ha llegado a la Corte Interamericana de los Derechos Humanos de San José de Costa Rica. Los familiares no tienen mucha fé porqué acusan de ser responsables de la muerte del dirigente “minero”el actual presidente peruano Alan García. Ellos están convencidos que detrás del grupo paramilitar que mató Saúl Cantoral estaba el Apra el partido del gobierno que favorecía la oligarquía y las multinacionales.
Lo que sigue es el poema de Juan Cristóbal (Lima 1942) que pertenece a un libro inédito con el titúlo de El llanto/el fuego.
SAUL CANTORAL NO HA MUERTO
Jamás dejaste que las palabras o vientos te cerraran los ojos
Ni la tierra tan hosca como la desesperación de los lobos
Te entristeciera las manos con las cuales plantabas
en tus minutos de calma
Granadillas y mangos
Que comías con tu compañera antes de ir al trabajo
El tiempo fue una puerta abierta en tu vida
Por eso nadie pudo entender (a pesar de tu rostro
de campesino sin sueño)
A qué hora le enseñabas el amor a tus hijos
Y la felicidad (como un eucalipto) a tus amigos de barrio
Y si bien el sol no alcanzó la plenitud en tus labios
Poblaste con estrellas y huelgas los sueños del hombre
Por ello / cierta noche / cuando nadie te vio
Partir a ese rincón donde ni siquiera los gorriones existen
La policía aprovechó para partirte el corazón en infinidad de
pedazos
Cuando te enterraron una mañana de cardos y lluvia
Crecieron semillas y vientos como mares humanos
Y nadie pudo olvidar cuando bailabas huaynitos
en la sencillez de las fiestas
Ni dejar de repetir lo que tu esposa decía con una fotografía tuya
en el pecho:
“Saúl Cantoral no ha muerto / vive / como la primavera vive
en los resplandores maravillosos del alba”
Gentile redazione di Fahrenheit,
sono indignata per le affermazioni false e tendenziose del giornalista Rocco Cotroneo, ospite della vostra trasmissione di venerdì in merito alla Chiesa cattolica brasiliana e alle relazioni tra i presidenti Lula e Chávez.
Ci sono 130 milioni di cattolici in Brasile, e in gran parte (purtroppo) vivono in favelas, e le relazioni tra Lula e Chávez sono così buone che il primo ha partecipato alla campagna elettorale dell’ultimo.
Vi sarei molto grato se per amore di verità rettificaste pubblicamente le “inesattezze” di Cotroneo.
Mi capita inoltre proprio oggi di leggere queste parole del vescovo di Lugano Mons. Pier Giacomo Grampa in merito alla realtà della chiesa cattolica in Brasile: “Non è possibile raccontare nel breve spazio di una colonna, di un paese vasto, complesso contrastato e contraddittorio come il Brasile e nemmeno della sua Chiesa con le sue 269 diocesi, 434 vescovi, di cui 135 emeriti, circa 130 milioni di cattolici e la presenza di oltre 400 tra movimenti ecclesiali e nuove comunità… La Chiesa brasiliana è in fervida attesa della visita del Santo Padre Benedetto, che, a maggio, inaugurerà la quarta assemblea generale del CELAM che comprende i rappresentanti delle Conferenze Episcopali dell’America Latina.. E’ nello spirito del Vangelo che tutto viene programmato e compiuo, nutrito con la lettura della Scrittura, una rigorosa formazione, liturgie vive ed intense. Nella cappella del Centro della Gioventu’ di Fortaleza apetro 24 ore su 24 l’Esposizione all’Eucaristia è continua giorno e notte. Alla messa che ebbi la gioia di celebrarvi parteciparono piu’ di 2500 persone in gran parte giovani”.
Quasi quasi la Chiesa cattolica è piu’ accessibile in Brasile che da noi…
Annalisa Melandri
“Si ladran los perros es señal de que avanzamos”
Come è accaduto già per il Messico, quando con l’amica Monique di Oaxaca abbiamo tenuto una sorta di “diario messicano”, in cui raccontarvi quanto accadeva in quel paese nei “giorni caldi” di Oaxaca, cosi’ per la Bolivia e Cochabamba con l’amico Rafael Rolando Briancon cercheremo di tenere teso un filo di solidarietà verso quel paese e verso il popolo boliviano.
Nei giorni scorsi a Cochabamba ci sono stati violenti scontri tra i rappresentanti dei movimenti sociali e coloro che a gran voce chiedevano le dimissioni del prefetto Manfred Reyes Villa e i fascisti di Juventud Democratica da lui stesso fomentati e sobillati.
L’11 gennaio scorso, negli ultimi scontri si sono avuti due morti e centinaia di feriti.
Molto accomuna Oaxaca e Cochabamba, in ambedue i casi la popolazione ha reclamato a gran voce le dimissioni di un rappresentante del governo, in ambedue i casi tale figura è stata appoggiata e sostenuta dalla destra piè reazionaria e dal suo braccio armato, cioò i paramilitari.
In ambedue i casi per esempio si è colpito il mezzo con cui gli indigeni, i contadini, gli studenti avevano trovato un mezzo di espressione per reclamare i loro diritti, cioè la radio, Radio Universidad a Oaxaca e Radio Alter-Nativa Lachiwana a Cochabamba.
Riporto qui di seguito uno scritto dell’amico Rafael Rolando, purtroppo non ho ora la possibilità di tradurlo per intero, però ne riassumo brevemente il contenuto: Manfred Villa dopo esser riuscito nel suo intento di dividere il paese, si è recato a Washington niente di meno che davanti all’ Osservatorio per i Diritti Umani (Human Right Watch)e in una riunione avuta con il segretario generale dell’ Organizzazione degli Stati Americani OEA ha denunciato il fatto che secondo lui la Bolivia sta virando verso il totalitarismo e che la “Democrazia, i diritti costituzionali, e i Diritti Umani sono stati violati in Bolivia sotto il governo del MAS”.
Manfred Villa inoltre denuncia a Washinghton che“esiste una persecuzione politica … che istiga la violenza e la persecuzione razziale…”
Queste le sue dichiarazioni dal tono delirante come quella “il governo incentiva la resurrezione dei gruppi armati come quello de los ponchos rojos e i legami dell’ETA basco con i deputati del MAS”.
Si chiede inoltre Rafael come possa Manfred Villa farsi ora difensore della democrazia se fu in passato il suo maggior detrattore appoggiando la dittatura di Garcia Meza.
Manfred y su majadera mortificación
Rafael Rolando Prudencio Briancon
No sólo que le faltó valor civil para dar la cara y ni que decir el de militar –valor– que como a ex capitán del ejercito y graduado nada mas y nada menos que en las Escuelas de las Américas le correspondía mostrar para ponerle el pecho a la pendencia que provocó premeditadamente al convocar a un nuevo Referéndum por las Autonomías en Cochabamba; Sino que ahora se le ha dado por mudarse martirizadamente en un pechoño periplo para quejarse del quilombo que desató desatinada, desintegradora y desestabilizadoramente con la manipuladora movidita de la Media Luna de convocar nuevamente a un Referéndum por las Autonomías.
Así que Manfred se movilizó en una majadera misión con la muletilla mostrarse mártir del plebeyo y patriótico paroxismo de los cochabambinos que le jodieron esa su jugarreta de dividir el país y con la cual ahora justifica que el jaleo que estalló enardecidamente en la Llajta fue por culpa del gobierno nacional.
Entonces en vez de dar la cara en Cocha, fue a poner su cara de cartucho santurrón en Washington, nada menos que ante la el Observatorio de Derechos Humanos (OOHuman Right Watch), el Centro por la Justicia y el Derecho Internacional y la Oficina del Diálogo Interamericano, con la concluyente y conspiradora confesión de que “La Democracia, las garantías Constitucionales y los Derechos Humanos han sido violados en Bolivia, impulsado por el propio gobierno del MAS”.
Asimismo asustadamente asevera el muy manchachi de Manfred de que: “Existe persecución política y el peligro latente de un régimen de totalitario, que se declara rebasado por sus sectores y se niega a dar garantías a los ciudadanos, mientras instiga a la violencia y fundamentalismo racial indigenista, impulsando el derrocamiento de las autoridades democráticamente elegidas en las pasadas elecciones”.
Es así como secuencial y solapadamente, se fue uno a uno ante los mencionados organismos internacionales a denunciar desventuradamente de que: “fue el gobierno nacional el que desactivó a las fuerzas del orden exponiendo a las instituciones democráticas y la población a la furia de grupos de choque, que en ausencia de autoridad, cortaron el suministro de agua a la ciudad, bloquearon las vías de acceso, agredieron a periodista e incendiaron el palacio prefectural, provocando el repudio y reacción de la ciudadanía que salió a defenderse por mano propia”. Siendo que la organización de grupos de choque estuvo a cargo de los croatas Pavisic y compañía, como por el Director del Parque Tunari –entre otros– quien azuzó arteramente a que se tale la arboleda del parque para dotar de garrotes a los Jóvenes por al Democracia.
Intrigando inconfesablemente aún mas, señaló que “El gobierno incentiva el resurgimiento de grupos armados como los ponchos rojos y las vinculaciones del ETA vasco con diputados masistas”.
Y no se quedó ahí el calumnioso capitán, quien insidiosamente insinuó de que: “Existe una violación del Estado de Derecho, Violación a las Garantías Constitucionales, Violación a la Libertad de Expresión y Violación a los Derechos Humanos –manoseando la muerte del sobrino del Secretario General –otro de los inefables instigadores– además del amedrentamiento a los familiares de la víctima y los testigos de la muerte del joven Cristian Urresti Ferrel.
O sea que después de desear desintegrar el país con los eNFRentamientos promovidos provocadoramente al convocar a un nuevo referéndum y que fue realmente la resistente razón de la revuelta en el valle porque el prefecto proscribió precisamente la voluntad del pueblo expresado en el primer referéndum; ahora se le dio por magnificarse como mártir de las malhadadas masas.
No se de dónde saca este capitán al cuadrado –del Ejército y primera Autoridad del Departamento– de que el gobierno central es el que “desactivó las fuerzas del Orden” si fue el como primera autoridad del departamento, quien ordenó la sistemática represión policial de las movilizaciones que mantenían los cumpas cocaleros en vigilia hasta que el prefecto deje sin efecto al convocatoria a referéndum.
Presupongo que preverán prolijamente estos precavidos organismos internacionales el prontuario antidemocrático del capitán, así como su cuestionado currículo que quiere meterles gato por liebre al hacerse ahora al defensor de la Democracia, cuando fue su detractor durante la dictadura Garciamesista.