Ma che mondo è questo?

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Dal blog NOTIZIE DALL’IMPERO di Elio Bonomi

Per Manifestolibri è uscito in questi giorni “Ma che mondo è questo? Interviste sulle emergenze di fine millennio” un libro curato da Robero De Romanis per il Circolo Culturale Primomaggio di Bastia Umbria, diretto dall’attivissimo Luigino Ciotti.
Celebrando i suoi primi quindici anni di attività, il circolo culturale Primomaggio ha raccolto attorno a un tavolo virtuale alcuni di quegli intellettuali, politici, giornalisti, uomini di Chiesa, dirigenti di organizzazioni umanitarie e di intervento sociale che hanno animato con la loro presenza e la loro passione civile le iniziative del circolo. Li ha chiamati a raccontare, ciascuno dalla propria prospettiva e con le proprie categorie di analisi, cosa è accaduto nel mondo in questo primo scorcio di millennio, e a portare nuova testimonianza di quelle voci di disagio e di sofferenza che non riescono ancora a farsi sentire da noi. Le testimonianze e le riflessioni disegnano così tutte assieme il quadro di un pianeta in piena emergenza, abitato da un’umanità con urgentissimo bisogno di pace e di giustizia sociale. Ma ognuno degli interventi vuole anche farsi portatore di una speranza di cambiamento, o di una fiduciosa profezia di salvezza che possono trovare origine in una concezione solidaristica del vivere sociale, ed essere affidate alla pratica di una nuova politica.
Le personalità intervistate sono: Vittorio Agnoletto, Fabio Alberti, Frei Betto, Mario Capanna, Giulietto Chiesa, don Luigi Ciotti, Haidi Gaggio Giuliani, Alberto Granado, Raniero La Valle, Flavio Lotti, Riccardo Petrella, padre Renato Kizito Sesana, Giuliana Sgrena, Giovanni Russo Spena, Jean Leonard Touadi, padre Alex Zanotelli.
A questa iniziativa ho dato il mio piccolo contributo per l’intervista all’amico Alberto Granado durante il mio ultimo soggiorno a Cuba. Visto il risultato di questo lavoro vado particolarmente orgoglioso di aver aiutato i carissimi amici di Bastia Umbra a portare a termine questa pregevole iniziativa.
Gli amici umbri stamo presentando il libro con varie iniziative per permettere un’ampia diffusione perchè con il ricavato intendono finanziare le loro prossime iniziative in Umbria.
Se qualcuno intende promuovere la vendita del libro è il benvenuto.

Per acquistarlo: Circolo Culturale Primomaggio — tel. 3460134774
Per acquistare on line
http://www.manifestolibri.it/novita.php
Le iniziative del Circolo Primomaggio si trovano sul sito http://www.circoloprimomaggio.org/


Dedico la vittoria al mio popolo

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TE QUEREMOS, PRESIDENTE!

Hugo Chávez ha dedicato la sua vittoria al popolo. Al suo popolo, a quel popolo che in queste ore sta ballando e cantando per le strade festeggiando la sua speranza e il suo futuro. Quel popolo che Omero Ciai dalle pagine di La Repubblica con l’arroganza di chi è servo del potere e non capisce cosa sia l’orgoglio civile, non esita sfacciatamente e senza vergogna a chiamare “sussidiato e fannullone”. Quel popolo a cui non importa nulla se, come il buon giornalista fa notare, Hugo Chavez troppo impegnato a “costruire la sua immagine di leader di un nuovo e in gran parte indefinito, socialismo planetario” ha dimenticato di ricostruire un ponte per cui da Caracas all’aeroporto si impiegano tre ore. A quel popolo non importa di arrivare all’aeroporto perché forse prendere un aereo è un lusso ancora troppo lontano ma festeggia il suo presidente perché i suoi figli, i figli del popolo, hanno di che curarsi gratuitamente e probabilmente avranno un futuro migliore dei loro genitori in quanto l’istruzione è diventata un’opportunità, per tutti a differenza di quanto avveniva in passato. E probabilmente grazie a quest’opportunità un domani avranno un lavoro che permetterà loro di prendere un aereo.
Dalle parole del buon giornalista: “La maggioranza reale del paese, ossi i poveri, sono chavisti perché in questi anni hanno avuto le “misiones”, scuola e sanità gratuite, il piccolo credito e le regalie a fondo perduto.” (ti pare poco in America Latina, Ciai?)…”Vivono come prima (mica tanto, i bambini non muoiono più di dissenteria, studiano e mangiano pure perché a scuola hanno tre pasti assicurati), senza prospettiva di trovare un lavoro (ma l’istruzione a cui hanno adesso sì diritto non permetterà loro di trovare un lavoro in futuro?) ma un po’ meglio perché nessuno gli chiede neppure di pagare la luce e l’acqua”. Insomma, vivono come prima o un po’ meglio? La risposta nel risultato elettorale e negli occhi del popolo venezuelano.
“E allora lunga vita a Chavez. Ce ne fossero.” (Per dirla con Maurizio Matteuzzi de Il Manifesto.) 

 


Con calma, una pausa

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Non è detto che tutto debba avere  per forza un significato, ma sono      proprio le cose apparentemente   senza significato quelle che ci consegnano un messaggio.
E così è per gli incontri, quelli casuali, quelli senza senso, quelli che giungono improvvisi, per strada, da lontano, su di un treno, in un bar, in internet, incontri improvvisi e con un significato da svelare.
Giunge improvvisamente qualcosa o qualcuno che in sintonia con un mio pensiero mi ricorda che forse un po’ di “lentezza” non guasta, nei pensieri, come nelle azioni. E io
che ho sempre la sensazione di star perdendo un treno, mi fermo a riflettere che a volte anche solo pensare lentamente può dare serenità.
Rincorrendo da mattina a sera pensieri a cui indicare un cammino, messaggi da dedicare agli altri, impegno sociale e poesia, storie da raccontare e sogni da realizzare, tra decine di altre cose da fare si perde il senso del tempo e tutto diventa un affanno.
Con la paura che i versi traballanti di una poesia possano fuggire per non far più ritorno, non mi accorgo che a farli fuggire è proprio la fretta e l’ansia di renderli reali senza assaporarne del tutto l’impalpabilità….
In fondo anche il soldato dietro la sua trincea sa che di notte c’è un breve istante in cui può chiudere gli occhi e forse sognare perché il nemico sicuramente starà facendo altrettanto….

Mi dedico e vi dedico…
“Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perche’ andare a piedi e’ sfogliare il libro e invece correre e’ guardarne solo la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada.
Bisogna imparare a star da se’ e aspettare in silenzio, ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani. Andare lenti e’ incontrare cani senza travolgerli, e’ dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, e’ trovare una panchina, e’ portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. E’ suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volonta’, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo.”
da “Il pensiero meridiano” – Franco Cassano

FOTO ITALO ARRIAZA


Diritti umani a Oaxaca

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In Messico si spera che la situazione non sfugga di mano da un momento all’altro, ma giungono continuamente notizie di detenzioni illegali, violazioni dei diritti umani, episodi di violenza e abusi, soprattutto a carico degli insegnanti e leader sociali. In varie scuole di Oaxaca e delle zone circostanti si sono registrate incursioni della Polizia Federale Preventiva, che con le armi in pugno, davanti agli stessi alunni hanno picchiato e arrestato dei maestri, generalmente attivisti del movimento sociale che con forza chiede le dimissioni del governatore Ulises Ruíz. Si registrano dozzine di arresti extragiudiziali in tutto il territorio di Oaxaca, in uno stato dove i diritti individuali sono stati cancellati totalmente.

Dal sito ufficiale della APPO , traduco un comunicato della Rete di Oaxaca per i Diritti Umani a cura di Sara Méndez Morales :

“Dopo la retata realizzata dalla Polizia Federale Preventiva contro i manifestanti il giorno 25 Novembre del 2006 della APPO, Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca, continuano le persecuzioni e le minacce ai leader sociali, appartenenti alla APPO, difensori dei diritti umani come la Rete di Oaxaca dei Diritti Umani che è stata accusata di “difendere dei delinquenti”, organizzazioni civili come il Servizio per una Educazione Alternativa, così come organizzazioni religiose e parrocchie. Le minacce provengono principalmente dalla “radio cittadina” stazione clandestina in appoggio al governo di Ulises Ruíz.
Il giorno 28 novembre, dalle 9 di mattina, elementi della PFP hanno perquisito il Giardino dei Bimbi, ubicato nella Colonia del Maestro in un’operazione volta ad arrestare la maestra Carmen López Vásquez, attivista della APPO , come da informazioni del quotidiano La Jornada. Nello stesso modo altre scuole primarie e secondarie si sono riempite di agenti della PFP in cerca di maestri con l’ordine di arrestarli durante le lezioni, davanti al terrore e al turbamento degli alunni.
Situazioni simili si sono ripetute a Zaachila e a San Pablo Huixtepec, municipio de Valles Centrales, dove a causa del fracasso dell’entrata di agenti della PFP, si è creato un clima di paura generalizzato che ha fatto sì che i genitori ritirassero i propri figli anticipatamente dalle scuole.
L’ intimidazione e il controllo poliziesco sono state evidenti nell’irruzione della polizia governativa in abiti civili nella Chiesa dei Poveri, alla “Casa della Chiesa di Oaxaca” dove fu realizzato il Foro dei Popoli Indigeni di Oaxaca i giorni 28 e 29.
Durante il pomeriggio abbiamo avuto notizie dell’assedio di polizia che si è verificato intorno alla Città Universitaria, dove persone che transitano a piedi o in macchina sono state perquisite ed arrestate arbitrariamente da elementi dell’AFI, da forze governative e dalla PFP.
La Rete di Oaxaca dei Diritti Umani manifesta la sua preoccupazione per questa situazione di violenza e di persecuzione che sta crescendo nello stato di Oaxaca ed esige dal Governo Federale e Statale:
• Fermare il clima di linciaggio e di “guerra sucia” che cresce nella società, specialmente contro i difensori dei diritti umani.
• Fermo totale della repressione e attacco alla Società di Oaxaca e ai suoi Movimenti Sociali.
• che lo stato messicano e concretamente il Governo Federale, garantisca la sicurezza dei diversi leader sociali ed appartenenti della Società Civile.
• che il governo messicano, intraprenda azioni affinché termini la persecuzione organizzata strategicamente dal governo dello Stato di Oaxaca, contro i leader sociali che stanno partecipando al Foro, perché stanno sconvolgendo i diritti fondamentali e cioè :la libertà di riunione, la libertà di espressione e soprattutto si attenta contro la libertà personale.
• che si rispetti l’inviolabilità del Domicilio e la sicurezza Giuridica delle persone.

Antro. Sara Méndez Morales Secretaria Tecnica de la Red Oaxaqueña de Derechos Humanos


ASPETTANDO IL 1 DICEMBRE…

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Il popolo non dimentica e la storia conserva il ricordo di quanto accade…

EN ESPAÑOL

In attesa del primo dicembre giorno dell’insediamento ufficiale di Felipe Calderón alla presidenza del Messico, in Parlamento, al Palazzo Legislativo di San Lazaro, c’è stata una rissa tra i rappresentanti del PAN e quelli del PRD. Monique ci racconta l’attesa e le speranze, la rabbia e la delusione:

“Ostaggi di una ideologia assurda i deputati panisti hanno occupato le tribune del Palazzo Legislativo di San Lazzaro, martedì 28 novembre. In un vergognoso scontro con i deputati di sinistra del PRD l’aula si è trasformata in un campo di battaglia. Nessuno dei due partiti vuol cedere.
A 24 ore dal 1 dicembre, giorno in cui alle 11 di mattina il conservatore Felipe Calderón prenderà la fascia presidenziale dalle mani di Vicente Fox e diventerà futuro presidente del Messico, continuano gli scontri alla Camera.
I giorni sono diventati ore: lì dormono, lì mangiano, lì rimarranno fino al primo dicembre. I deputati del PAN disposti a fare di tutto affinché Felipe Calderón arrivi al palco e quelli di sinistra per evitare l’imposizione del presidente illegittimo.
Queste persone sono coloro i quali il popolo ha scelto con voto popolare. Loro, quelli che fanno le nostre leggi. Lo spettacolo è vergognoso.
All’alba gli animi si sollevano, il colore cambia di tono e l’accordo è lontano. Il Messico sta in attesa di ciò che accadrà domani.
Giungono gli invitati al cambio di potere: Felipe di Borbone, Principe delle Asturie, invitato speciale, ha visitato la Fiera Internazionale del Libro a Guadalajara, Jalisco ed incerta è la presenza del presidente colombiano Álvaro Uribe e quelli dei paesi del Mercosur: Brasile, Paraguay, Argentina e Uruguay. Cuba ha inviato una delegazione ed il presidente del Venezuela ha declinato l’invito. Le scuole pubbliche e private sospendono le lezioni ed alcune aziende daranno la giornata libera ai suoi impiegati.
L’assedio militare offende: 3500 poliziotti intorno al palazzo legislativo è più di 700 allo zócalo. Si temono scontri tra i simpatizzanti di Andrés Manule López Obrador (convocati dal leader alle 7 di mattina ) e la polizia. Oggi a Vicente Foz rimangono solo 24 ore come presidente del Messico. Lascia il paese in una delle peggiori crisi politiche dopo le elezioni del 2 luglio. Un Messico diviso, fratturato che manca di credibilità nelle sue istituzioni. Con 103 milioni di abitanti e più di 60 milioni di poveri, la speranza è fragile.
Questo Messico di Siqueiros, di Orozco, di Diego Rivera, di Tamayo, di Octavio Paz, di José Emilio Pacheco, di Carlos Monsiváis, degli operai, degli studenti, dei cittadini comuni, come me: fa male ma il popolo non dimentica e la storia conserva il ricordo di quanto accade.
Sinceramente non votai per Vicente Fox, né per Felipe Calderón , altrimenti adesso mi troverei in terapia intensiva”.
Monique Camus


L’EX CONSOLE COLOMBIANO A MILANO RICERCATO NEL SUO PAESE PER PARAMILITARISMO

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È notizia di questi giorni che Jorge Noguera Cote, ex direttore del DAS (Dipartimento Amministrativo di Sicurezza, la polizia segreta colombiana) nonché ex console della Colombia a Milano è ricercato nel suo paese e deve rispondere alla Fiscalía per due procedimenti penali e uno disciplinare. Altre indagini in fase preliminare sono state avviate su di lui. Alla data odierna Jorge Noguera non si è ancora presentato alle autorità. Il suo avvocato Orlando Perdomo ha comunicato che il suo assistito si trova momentaneamente all’estero. Il presidente Álvaro Uribe in persona lo ha invitato a rendere conto alla Giustizia in quanto “una persona che ha ricoperto un ruolo pubblico di così elevata responsabilità non può eludere la legge”. Questi procedimenti si riferiscono all’epoca in cui Jorge Noguera era direttore del DAS e riguardano l’eliminazione dagli archivi informatici del dipartimento di sicurezza di dati inerenti a  paramilitari e narcotrafficanti e presunte irregolarità nel trasferimento di un detenuto al carcere di massima sicurezza di Cómbita. Noguera già nel maggio scorso ha reso inoltre dichiarazioni in merito a un’inchiesta per frode elettorale nelle elezioni presidenziali del 2002 ed è anche accusato di aver fornito informazioni riservate a paramilitari.
Jorgue Noguera è stato direttore del DAS dal 2002 al mese di ottobre 2005 quando rassegnò le dimissioni dal suo incarico nel mezzo del più grande scandalo che abbia mai coinvolto la polizia segreta colombiana e venne nominato console a Milano dal presidente Álvaro Uribe. Testimone chiave in queste accuse è stato Rafael García, ex capo del reparto di informatica del DAS, che si trova in carcere dal dicembre 2005 accusato di riciclaggio di denaro e della cancellazione dagli archivi informatici dei precedenti penali di paramilitari e narcotrafficanti. Il 16 dicembre scorso, García rivolgendosi al giudice iniziò così il suo racconto: “sono disposto, signor giudice, ad ottenere i benefici contemplati in caso di collaborazione con la giustizia” spiegando così come fu che Jorge Noguera aprì gli uffici (e le casse) del DAS al servizio dei paramilitari.
In questi giorni, Rafael García sta confermando davanti alla Corte tutte le sue accuse e denunce sulle infiltrazioni dei paramilitari nella politica, mostrando così uno scenario grave e compromettente per cui decine di nomi di politici stanno entrando negli archivi penali e già quattro senatori e quattro deputati sono stati arrestati in uno degli scandali più clamorosi della storia politica della Colombia.
Le accuse di Rafael Garcia a Jorge Noguera sono:
1. Di aver stretto relazioni con i capi paramilitari particolarmente con Jorge 40 capo delle AUC, Hernán Giraldo, capo del Fronte di Resistenza Tayrona, e David Hernández capo delle Autodifese del Cesar.
2. Esecuzioni extragiudiziarie di sindacalisti. Jorge Noguera avrebbe consegnato ai paramilitari della Costa Atlantica liste di sindacalisti, insegnanti, studenti e leader di sinistra che successivamente sono stati uccisi o minacciati.
3. Frode elettorale. Noguera avrebbe organizzato con i paramilitari una frode elettorale durante le elezioni presidenziali del 2002 mentre era direttore della campagna elettorale del presidente Uribe nel Magdalena. Con questa frode, Uribe ottenne circa 300.000 voti in più.
4. Omicidi politici in Venezuela. Secondo García il DAS avrebbe collaborato con i paramilitari nell’organizzazione di un presunto attentato contro il presidente Hugo Chávez e il pubblico ministero Danilo Anderson.
In reltà più di un centinaio di paramilitari colombiani furono poi arrestati vicino Caracas e Danilo Anderson fu assassinato nel Novembre del Novembre del 2004. Uno dei paramilitari in prigione ha confermato che Jorge Noguera era a conoscenza del golpe contro il Venezuela.
Noguera dal canto suo, dall’Italia, dove si trovava, aveva sempre negato queste accuse rispondendo che erano false, che erano manovrate da interessi oscuri e che volevano colpire solo il presidente.
Non si comprende però perché il presidente Uribe ricevendo le dimissioni di Noguera da direttore del DAS lo abbia premiato nominandolo console a Milano.
Si domandò infatti allora Daniel Coronell giornalista di Semana che “se il governo era a conoscenza del grado di coinvolgimento del DAS, perché ha premiato con il consolato in Europa colui il quale lo aveva portato ai livelli più bassi?” E ci domandiamo noi invece, perché l’Italia aveva accettato la nomina di Jorgue Noguera se anche il Canada al quale precedentemente era stata offerta aveva rifiutato? Il presidente Uribe alle domande che sempre più insistentemente gli venivano poste dai media colombiani, rispose a suo tempo che “non avrebbe mai permesso che il Governo fosse coinvolto in uccisioni di sindacalisti, in cospirazioni contro il Venezuela o che si sarebbe fatta strada la tesi secondo la quale lui avrebbe rubato le elezioni del 2002”. In realtà questa tesi ha fatto una strada molto lunga, signor presidente, dal momento che Jorge Noguera deve proprio rendere conto alla giustizia, come lei stesso afferma, in merito a queste accuse.
La posizione che ha mantenuto il presidente Uribe nei mesi scorsi (ha sempre appoggiato Noguera, “uomo integro”, disse di lui) quando la stampa colombiana dette ampio spazio alle dichiarazioni di García fu attaccata molto duramente anche da Human Rights Watch che affermò che il presidente colombiano “aveva risposto in modo aggressivo e squalificante ai giornalisti”. Uribe infatti aveva accusato la rivista Semana di essere frivola e irresponsabile per aver pubblicato le dichiarazioni di García e aveva affermato che queste pubblicazioni ledevano la legittimità costituzionale. Secondo Human Rights Watch la posizione adottata da Uribe, generava preoccupanti dubbi sul suo coinvolgimento nella vicenda in quanto aveva provocato un effetto intimidatorio sull’esercizio della libertà di espressione.
Invece di attaccare i mezzi di comunicazione, disse Miguel Vivano direttore di HRW per il Sud America, Uribe avrebbe dovuto far svolgere un’inchiesta sul DAS.
Il DAS dipende direttamente dal Presidente della Repubblica e già lo scorso mese di Aprile,  Semana lo accusava di essere un organismo profondamente in crisi per essersi “dimostrato un’istituzione inefficiente e vulnerabile” fino a “trasformarsi in una specie di organo repressore senza controllo. Una struttura debole che esegue arresti di massa basati sulla testimonianza di informatori poco affidabili le cui versioni non vengono mai verificate”.
Alla luce anche del recente arresto di Fredy Muños Altamiranda, corrispondente colombiano di TeleSUR accusato di essere un terrorista sulla base di testimonianze di collaboratori di giustizia, tutto ciò appare molto preoccupante.

Ricordiamo inoltre che Roma si trova l’attuale ambasciatore colombiano Luis Camilo Osorio, personaggio molto poco pulito, sicuramente legato al paramilitarismo, che fu fiscal general nel suo paese ( la massima carica della magistratura). A quel tempo insabbiò  più di qualche inchiesta e denuncia su paramilitari e narcotrafficanti. (prossimamente…)

P.s. Un amico, che ringrazio, mi comunica che l’attuale ambasciatore a Roma è Sabas Pretelt, ex ministro dell’interno, Luis Camilo Osorio, è stato trasferito in Messico. La cosa purtroppo non ci rende particolarmente felici, in Messico infatti già hanno i loro loschi personaggi ‚non servivano anche quelli di importazione, quindi prossimamente… notizie più dettagliate sull’ex ambasciatore colombiano a Roma.

La mia lettera di protesta alle autorità italiane del 11 aprile 2006 relativamente ai diplomatici colombiani nel nostro paese.


LEGGENDO QUA E LÀ, OGGI 29 NOVEMBRE

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Leggendo qua e là sui giornali oggi…

• Da Ankara il Papa dice che “come è ben noto (sarà!?) noi non siamo dei politici ma…” auspicando l’ingresso della Turchia nell’UE .
Non è un politico ma fa di tutto  per occuparsi di politica e infatti il premier turco Erdogan che poche settimane fa aveva assicurato che non avrebbe partecipato all’incontro con Benedetto XVI per non essere segnato come il primo leader politico musulmano a stringere la mano al pontefice cristiano accusato di aver insultato l’Islam, evidentemente deve aver cambiato idea allettato dalla mediazione favorevole del Papa a favore dell’ingresso in Turchia nell’ Unione Europea.
• Da Riga, al vertice della Nato, un Bush esaltato più che mai, nel suo delirio globale auspica una Nato (speriamo proprio di no!!) allargatissima anche a paesi lontani, un grande esercito cattolico e ultraconservatore che di fatto servirebbe solo a scatenare una terza guerra mondiale e difende la “battaglia ideologica del Ventunesimo Secolo” affermando e tuonando come Marte che “in questa battaglia noi non accettiamo altro che la vittoria, per i nostri figli e i nostri nipoti” . E tirandoci le orecchie per il ritiro dall’Iraq (ma ci sarà, c’è ancora o c’è stato??, boh??) ci preannuncia che in Afghanistan “dovremo accettare anche compiti difficili” e detto da lui… torture? carri armati che uccidono bambine per strada? prigioni del terrore?
• Alla faccia della libertà di stampa gridata per tanti altri paesi, Cuba in testa, Enrico Deaglio e Beppe Cremagnani, autori di “Uccidete la democrazia” sono stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di “diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico”. Ricordo che tempo fa Human Rights Watch bacchettò il presidente colombiano Uribe perchè invece di aprire inchieste su quello che i media del paese andavano denunciando, (cioè i legami tra i narcoparamilitari e i servizi segreti, legami accertati e che stanno portando in questi giorni a decine di arresti) accusò i giornalisti di turbare la democrazia colombiana. Human Rights watch perché non vieni a dare un’occhiatina anche qui da noi?
Come lo stesso Deaglio ha denunciato infatti, si tratta di “uno sbarramento al giornalismo di inchiesta”.
Ricordiamo che all’indomani del risultato elettorale, lo stesso Silvio Berlusconi e tutta la sua gang si sgolarono gridando al broglio elettorale, in quel caso non ci fu diffusione di notizie false? Non si cercò in qualche modo di turbare l’ordine pubblico?
E cosa dire di tutte le inchieste, forse esagerate nelle conclusioni, forse no, che animano il giornalismo? Porre e porsi domande, cercare risposte, magari ipotizzarle, creare dibattito, seminare dubbi cercando certezze, non è forse questo il vero mestiere del giornalista? Perché se un premier dall’alto di un palco o da uno schermo televisivo può gridare al broglio elettorale, non può farlo un giornalista che sta semplicemente facendo il suo lavoro? Oltretutto Berlusconi lo sentivi e lo vedevi anche non volendo, accendevi la televisione ed era lì o lui o chi per lui a gridare alla frode, il DVD di Deaglio sei sempre libero di decidere o meno di vederlo …

E per oggi basta (e avanza)


“L’ORDINE È ORMAI RISTABILITO” (DICE LUI) .

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LUI È IL GOVERNATORE ULÍSES RUIZ CHE HA UN’IDEA ALQUANTO STRANA DI ORDINE…

Purtroppo la situazione a Oaxaca non accenna a ristabilirsi, manca la volontà politica per trovare una soluzione pacifica al conflitto, mentre si ha sempre più la sensazione che il ricorso alla violenza abbia ormai preso la mano della Polizia Federale. Sabato pomeriggio 25 novembre, alle 17.00 ora locale, la APPO aveva organizzato una manifestazione pacifica che è stata brutalmente repressa dalla Polizia Federale, ci sono stati 3 morti, 80 feriti, 160 persone arrestate e 50 desaparecidos, ricordando tristemente gli anni più bui delle dittature latinoamericane. Purtroppo la situazione politica del paese non permette di essere ottimisti in tal senso, come ci illustra anche Gennaro Carotenuto che dal Messico ci spiega qui cosa voglia rappresentare la prossima nomina a Ministro dell’Interno di Francisco Ramirez Acuña. In parole povere, cosa succede quando la destra prende il potere.
E intanto per oggi sono previste nuove barricate alla Plaza Santo Domingo..
La nostra amica Monique, da Oaxaca, brevemente ci racconta:

Sono qui.
Oaxaca è ancora triste. Piange lacrime di sangue, sembra che sia questo il suo destino. Continuamente aggredita, danneggiata, denudata. La repressione governativa non ha limiti. Offende e umilia.
Gli scontri di sabato 25 novembre sono stati brutali. La APPO aveva organizzato una manifestazione pacifica alle 17:00 e come era da aspettarselo, la Polizia Preventiva Federale si è scagliata contro i manifestanti lanciando gas e proiettili. Ha lasciato tre morti, 80 feriti e 160 detenuti (universitari, maestri, minorenni e popolazione civile) e più di 50 desaparecidos.
L’ufficio provvisorio del leader della APPO, Flavio Sosa è stato bruciato da sicari e poliziotti.
Di fronte a questo scenario, il governatore Ulíses Ruiz si permette ancora di sostenere che la situazione a Oaxaca si sta normalizzando. Il governo Federale lascerà in eredità il conflitto al presidente illegittimo-di destra Felipe Calderón.
Oaxaca sembra un labirinto senza via di uscita, non esiste la volontà politica e la sensibilità di voler dare una via di uscita dignitosa al conflitto.
Le strade che portano in città sono bloccate ma i simpatizzanti della APPO sono decisi a non cedere. Mentre Oaxaca agonizza giorno dopo giorno, il presidente Vicente Fox si intrattiene con i deputati e i senatori del PAN nel suo ranch festeggiando la fine del suo mandato. La storia lo giudicherà per la sua follia e per aver ingannato il Messico”.

Monique Camus


BREVE AGGIORNAMENTO SUL CASO DI FREDY MUÑOZ-APPELLO DELLA RETE IN DIFESA DELL’UMANITA’

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E MENTRE LA STAMPA ITALIANA CONTINUA A TACERE…

Per Fredy Muñoz continua la detenzione in Colombia, nonostante le accuse che gli siano state mosse appaiano sempre più deboli ed incongruenti.
I testimoni che lo avrebbero riconosciuto e identificato come tal Jorge Eliecer, membro delle FARC e autore degli attentati nel 2002 alla centrale elettrica di ElectroCosta sarebbero tre collaboratori di giustizia che dal 2000 sono rinchiusi in carcere.
Questa è infatti la prima incongruenza del caso a cui si aggiunge quella delle presunte ferite e ustioni che riportò l’attentatore e che gli avrebbero dovuto lasciare profonde cicatrici ma che Muñoz non presenta.
I suoi accusatori infine sostengono che Fredy Muñoz, alias Jorge Eliecer, avrebbe trascorso un lungo periodo di tempo nel corso dell’anno 2002 con il Fronte 41 delle FARC, mentre è dimostrato che in quell’anno Muñoz era capo redattore del quotidiano Al Dia .
Il presidente di Telesur, Andrés Izarra nel corso di una conferenza stampa tenuta proprio in questi giorni, si chiede “come sia possibile che le dichiarazioni di tre delinquenti possano avere più importanza della carriera giornalistica di Muñoz” e inoltre si è mostrato molto preoccupato per l’incolumità di Fredy una volta liberato.
Infatti, suona abbastanza inquietante, alla luce degli ultimi scandali in cui il DAS (Dipartimento di Sicurezza colombiano) appare sempre più un “fortino di narcoparamilitari” per dirla con le parole di Maria Jimena Duzan, giornalista de El Tiempo, che Fredy sia stato fotografato e interrogato da agenti del DAS dopo aver subito già un interrogatorio da parte della Fiscalía.
Ricorda Izarra che “il DAS non ha nessun potere di effettuare interrogatori e tanto meno di fotografare persone” ma il suo compito è solo quello di effettuare l’arresto e assicurare i criminali alle autorità.
Il giornalista di TeleSUR inoltre ha espresso preoccupazione perché Fredy Muñoz è stato condotto a Barranquilla regno incontrastato dei paramilitari di Jorge 40, il quale ha un procedimento in corso con le autorità venezuelane con l’accusa di aver partecipato ad attentati contro il presidente Hugo Chavéz.
Le accuse a TeleSUR di promuovere il terrorismo vengono dalla Colombia già da molto tempo prima dell’arresto di Fredy Muñoz e queste, oltre a configurarsi come un attacco alla libertà di stampa, assumono il preciso significato di attentato al processo di integrazione della regione latinoamericana che sempre più si sta affermando con successo e che inevitabilmente vedrà isolati paesi che, come la Colombia, si prestano ai giochi imperialistici degli Stati Uniti.

La Rete in Difesa dell’Umanità ha diffuso un appello contro l’arresto di Fredy Muñoz Altamiranda e contro la criminalizzazione di TeleSUR che si può sottoscrivere indicando nome, cognome, professione e paese, a questo indirizzo libertadparafredyatgmaildotcom  (libertadparafredyatgmaildotcom)  .


La repubblica e le notizie dalla Colombia

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Con gli amici Elio Bonomi (NOTIZIE DALL’IMPERO) ed Antonio Pagliula, (VERO SUD AMERICA) abbiamo deciso di inviare questa lettera al quotidiano La Repubblica rilevando ancora una volta purtroppo lo scarso interesse che il medesimo ha per quanto accade nella “democratica” Colombia di Álvaro Uribe.

Gentile Direttore Ezio Mauro,
meno male che fu lo stesso Omero Ciai, in una discussione sul blog dello storico e studioso di America Latina, Gennaro Carotenuto, ad ammettere che La Repubblica si occupa pochissimo di Colombia: “negli ultimi anni ci siamo occupati di Colombia solo per il sequestro Betancourt” (avvenuto nel 2002).
Così adesso, oltre ad aspettarci di leggere notizie provenienti dalla Colombia solo nel caso che la Betancourt venga liberata, (in quanto a dire di Ciai una guerra civile che va avanti da più di 50 anni non interessa a nessuno), non ci meravigliamo del fatto che l’arresto del corrispondente di TeleSUR in Colombia avvenuto il 12 novembre scorso per La Repubblica semplicemente non sia una notizia per cui valga la pena scrivere almeno poche righe. Il giovane Fredy Muñoz Altamiranda è stato accusato sulla base di semplici testimonianze senza nessun fondamento, di essere un terrorista, ribelle, appartenente alle FARC. L’arresto è stato condannato con forza da tutte le federazioni latinoamericane dei giornalisti nonché da Reporters sans Frontières che ne chiede l’immediata scarcerazione. Il fatto assume un aspetto ancora più inquietante in quanto si ipotizza un tentativo di colpire direttamente l’emittente televisiva TeleSUR e ciò che essa rappresenta nel nuovo panorama politico latinoamericano. Bastavano veramente poche righe.
E proprio mentre oggi, 23 novembre, pubblicate l’editoriale in prima pagina di Timoty Garton Ash, il quale afferma che “i giornalisti si sono tradizionalmente attribuiti un ruolo di vigilanza nei confronti del potere, fosse esso politico, militare o economico” viene spontaneo chiedersi se per La Repubblica questo abbia sempre valore.
Annalisa Melandri
Antonio Pagliula
Elio Bonomi


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